Capitolo 3
Il pugnale
What
if
I'm wrong, what if I've lied
What
if
I've dragged you here to my own dark night
And
what
if I know, what if I see
There
is
a crack run right down the front of me
(If
a be
wrong, Wolf Larsen)
Questa
è la storia di un inganno, di una bugia, di una trappola
architettata con cura
fin nei più piccoli particolari, di un conto in sospeso
esistente tra gli dèi
in un’epoca in cui questi erano ancora soliti camminare su
Midgard.
Da
molto tempo Odino non si mescolava più tra gli uomini, ma
quando la giovane
Sigyn sparì da Asgard lasciando Freya e Frigga e tutte le
sue sorelle in
lacrime, decise di indossare di nuovo le sue vesti stracciate, di
viandante,
per camminare, ancora una volta, sulle strade e i sentieri della terra
degli
uomini. Loki, però, gli venne incontro con passo sicuro,
ostruendo il suo
cammino.
“Restituiscila
alla sua casa, alla tua casa,” disse
Padre Tutto colpendo la terra
brulla con il suo bastone nodoso, come se avesse la preziosa Gungnir
tra le
mani. “Questo non è il posto per lei, per voi.”
Loki
non s’impressionò affatto vedendo il genitore,
anzi. Aspettava la sua visita da
quando la figura sottile di Sigyn si era palesata alla sua soglia.
Scosse la
testa e sorrise, scoprendo i denti bianchi, con la stessa espressione
sorniona
di un grosso gatto.
“Non
posso, Padre Tutto. Vorrei, ma non posso,”
puntualizzò con falsa
condiscendenza, allargando le braccia. Accanto al sovrano, immobile e
severo,
c’era anche il nobile Thor. Lo fissava con occhi torvi e
preoccupati, ma rimase
ugualmente in silenzio, in disparte. Da quella disputa voleva rimanere
fuori.
Loki gli lanciò uno sguardo fugace, brillante,
senz’altro foriero di qualche
trama crudele. L’ingannatore non faceva mai niente per niente
e quel ciondolo
che gli pendeva sul petto, esibito come un trofeo, ne era una prova,
anche se
non la più visibile ed evidente. Lingua d’Argento
spostò di nuovo le iridi
chiarissime su Odino e, lentamente, trasse dalla bandoliera, che la sua
magia
rendeva logora e umile, un foglio di pergamena arrotolato.
“La
vostra preziosa Sigyn ha firmato con me un patto. Un regolare accordo,
valido
sotto tutti i punti di vista, rispettoso delle tue leggi, Padre.”
Lo
sbeffeggiava. Lo provocava.
Il
vecchio sovrano si avvicinò al contratto siglato e firmato
da Sigyn. Strinse le
labbra e lesse ogni riga e postilla, maledicendo il cuore incauto e
tormentato
dei giovani, che si lasciano travolgere dalle passioni, ingannare da
una
trappola agghindata come un aiuto.
Loki
alzò il mento, continuando a sfidare il genitore.
“Sapeva a cosa andava
incontro,” sibilò rapido.
“Davvero?”
Odino alzò il suo unico occhio, grifagno e terribile, su di
lui, scuotendo la
testa canuta. “Tu sei un ladro, figlio mio. Lo eri quando ti
ho cacciato dalla
mia casa e lo sei ora, con questa gabbia.”
L’ingannatore impallidì. Sul suo
volto il perenne ghigno spavaldo si spense, lasciando il posto a una
smorfia
irata.
“Hai
preso al laccio lei, una ragazzina, quando il tuo vero e unico
obiettivo sono
io. Come sempre, del resto. Cos’è, questo, Loki?
Una competizione, una gara? La
dimostrazione che conosci i miei punti deboli, un tentativo meschino di
attirare la mia attenzione?”
“Mi
chiami ladro, credi che non sia capace di ottenere nulla senza
ingannare,
tradire, mentire. Ma questo è un valido patto, Padre.
Formulato, siglato
e firmato regolarmente. Credi di essere il centro dei miei pensieri, ma
forse
ti sbagli. Sigyn ha scelto – mi addolora che la sua decisione
ti rechi tanta
sofferenza – ma non l’ho costretta in alcun modo a
venire da me, a chiedere il
mio aiuto.”
La
voce roca di Loki aveva, in sé, una punta d’ironia
che il fabbricante di bugie
non si stava neanche sforzando di camuffare. Era soddisfatto della
piega che
avevano preso gli eventi. Lo suggeriva il brillio fugace che gli
illuminava gli
occhi.
“Un
accordo
legale e leale, dici.” Padre Tutto posò la mano
poderosa sulla carta vergata
con la calligrafia del figlio, sulla firma rapida di Sigyn.
“Redatto
a regola d’arte,” ribadì Loki.
“Non puoi fare nulla. Persino il tuo seiðr
è inutile,
contro di me.”
“Contro
il tuo patto,” puntualizzò Padre Tutto con voce
secca. Era una minaccia velata?
“Bada, figlio, a ciò che fai,”
l’avvertì torvo.
Sigyn
si palesò in quel momento. Aveva le mani gonfie e rosse a
causa dei lavori
domestici di cui si sobbarcava per rendersi utile; era visibilmente
stanca e
spossata. Della sua bellezza d’Æsinna, rimaneva
l’immancabile coda lucente che
tratteneva i suoi lunghi capelli color dell’oro in nome di un
complimento
antico, che l’aveva fatta arrossire. Era uscita dalla casa in
cui dormiva – una
capanna di legno, piena di spifferi, ammobiliata con qualche pelle
d’animale,
alcuni utensili e poco altro[1].
Il popolo di Erik viveva semplicemente in un agglomerato urbano ben
lontano
dallo sfarzo di Asgard e persino il figlio del conte dimorava in una
casa in
legno, anche se imponente e fortificata. Tutto ruotava attorno al porto
che si
allungava nel fiordo. Vedendo Odino si commosse e gli corse incontro;
piangendo,
prese le mani dell’anziano re e
s’inginocchiò, nel tentativo di chiedergli
perdono non per la sua fuga, ma per il dolore che aveva inferto a lui,
a
Frigga, a Freya e a tutte le sue sorelle. Padre Tutto la fece sollevare
da
terra, le accarezzò la fronte e la benedisse, ma lo fece con
un tono amaro,
disincantato, come se fosse in grado di vedere oltre il tempo o,
semplicemente,
stesse ricordando la profezia che le Norne avevano declamato quando
Sigyn era
venuta al mondo. Con voce atona si erano decise a proclamarla la dea
della
fedeltà e, sentendo tale annuncio, Odino aveva aggrottato la
fronte.
“Che
il tuo cuore ti mostri la via,” disse alla ragazza.
Detto
ciò, riprese il suo cammino verso Asgard.
♥
Che
il tuo cuore ti mostri la via, aveva detto
Padre Tutto. Ma, se è proprio lui a tradire,
cosa fare? Come interpretarne i moti, se esso è bugiardo,
esitante o s’infiamma
al ricordo di un bacio incantato, di un abbraccio strappato?
L’estate è una
stagione magnifica, piena di colori, profumi, notti fresche e tiepide
impreziosite da un cielo trapunto di stelle. Ogni volta che il sole
s’inabissava nel mare, Sigyn si tormentava nervosa le ciocche
bionde, pensando
al tempo che le scorreva via tra le dita, sfuggendo al suo controllo.
Lei, che
era un’Æsinna con una vita lunga decine di secoli
davanti, tremava al pensiero
delle poche settimane che le rimanevano prima che l’autunno
cacciasse
definitivamente via la bella stagione. Tutto le sembrava vacuo, vano.
In un
certo senso, anche Erik era differente da ciò che si era
sempre aspettata. Non
amava più raccontarle storie ed era taciturno, sebbene
sempre affabile e
gentile. Le sembrava fosse perennemente con la testa altrove, impegnato
com’era
nella ricerca di una donna che ricordava di aver visto nei boschi
vicino ad
Asgard, ma che non poteva certo essere lei, perché aveva una
voce melodiosa.
Dov’era finito l’animo curioso e sagace che
l’aveva stregata?
Colpa
di Loki.
Le
aveva infettato l’anima con le sue allusioni beffarde, il suo
cinismo
razionale, i ragionamenti arguti fatti il giorno in cui avevano stretto
il
patto e, soprattutto, dopo.
Viveva
con lei, camuffato da artigiano. Con le sue belle dita abili, di mago,
riparava
utensili, spade, brocche; qualsiasi cosa. La sera si sedeva attorno al
fuoco e
pareva divertirsi immensamente nell’aggiustare ogni oggetto
nato dall’ingegno
umano. Era l’unica cosa di Midgard che gli piacesse e
valutasse come
interessante. Talvolta, se era d’umore particolarmente
allegro e ben disposto[2],
apportava persino qualche piccola miglioria all’arma o al
manufatto.
All’inizio,
Sigyn si era seduta nell’angolo più lontano della
capanna con le gambe strette
al petto. Non desiderava la sua compagnia. Non amava vederlo lavorare,
non
capiva quale gioia traesse nell’osservare i suoi fallimenti
giornalieri con
Erik. E poi, Lingua d’Argento era incapace di tenere per
sé i commenti cattivi
con cui giudicava l’intera situazione. Adorava criticare,
valutare, analizzare
ad alta voce, beffarsi di lei e della sua dabbenaggine. Aveva
sacrificato la
propria libertà per cosa? Per uno che sognava
un’altra e non aveva memoria di
lei. Certo, era un uomo gentile, nobile, affabile, con cui era
piacevole
trascorrere il tempo, ma non sapeva guardarla in altro modo che con
occhi
velati dall’amicizia e dalla pietà. Si sentiva in
dovere di proteggerla, perché
per lui non era altro che questo – una povera ragazza muta e
graziosa. Nulla
più.
Sigyn
lo ascoltava con le ciglia umide e il mento fieramente sollevato,
conscia della
sua condizione, senza poter ribattere, parlare. La sua fermezza, la
fede e la
perseveranza che spendeva in quell’amore deciso dalle Norne
erano la sua voce. Loki
la guardava di sottecchi col suo sorriso sbieco che gli attraversava le
labbra
sottili e beffarde e, vedendo come le sue mani si erano sciupate
lavorando,
sentendola starnutire e tremare nonostante fosse piena estate, le
rimproverava
la sua scelta sciocca e irrazionale: lei era una nobile
Æsinna, non una serva
di Midgard. Erano gli uomini a doversi inchinare di fronte a lei, non
viceversa. Ma la ragazza, quando giungevano a questo punto
dell’orazione,
distoglieva lo sguardo e si allontanava. Sarebbe tornata più
tardi, perché il
timbro roco del dio degli inganni aveva in sé qualcosa di
stregato. Starlo a
sentire, a volte, era piacevole e la calmava, facendole dimenticare
quanto il
tempo scorresse velocemente.
Fu
mentre aggiustava un arco che Loki le concesse di rispondere alle sue
battute.
Aveva la sua voce sempre appesa al collo, del resto, chiusa nel
ciondolo. Di
fronte al suo muto stupore, stese le labbra in una smorfia perfida.
“Me
l’hai stupidamente ceduta per essere un’umana.
È mia, ne dispongo come voglio.”
Sigyn
rimase colpita da quell’inaspettata novità.
Comprese che il dio degli inganni
aveva iniziato ad annoiarsi e desiderava parlare, litigare, scontrarsi
con
qualcuno che poteva ribattere punto per punto alle sue considerazioni,
per non
intavolare sempre e solo un discorso a senso unico.
“Adesso
riesco a parlare,” mormorò, nonostante le
bruciasse la gola.
“Solo
qui. Solo con me,” puntualizzò lui. “Ora
ti penti della tua scelta
irrazionale?”
“L’ho
fatto per amore, solo per amore,” ricordò fiera,
alzandosi in piedi e
stringendo i pugni.
Loki
inclinò il capo da un lato, come per squadrarla meglio.
“E sei ancora così
innamorata di lui? Anche ora che lo conosci meglio? Lo rifaresti? La
notte, dimmi,
lo sogni?”
Fu
come se l’avesse colpita in pieno viso con uno schiaffo.
Sigyn impallidì e,
nonostante avesse una momentanea occasione per replicare al figlio
ribelle di
Odino, non trovò la risposta adeguata da assestargli. Scosse
la testa con
sdegno e si allontanò in fretta, preferendo rifiutare
immediatamente quel dono
crudele, concessole da Lingua d’Argento unicamente per avere
un’occasione in
più per ferirla.
♥
Le
sere estive erano dolci, ma brevi. L’alba arrivava in fretta
portando con sé sole
e calore – un nuovo giorno che trascorreva, uno in meno da
passare al fianco di
Erik e del suo sorriso gentile, del suo abbraccio affettuoso e
fraterno, ma non
intenso come avrebbe dovuto essere.
Che
il tuo cuore ti mostri la via, le aveva detto
Padre Tutto, ma quel pezzo di sé la
ingannava, accelerando il battito con chi non doveva, calmandosi,
invece, di
fianco all’uomo per cui aveva sacrificato ogni cosa e che non
riconosceva, per
le Norne!
Sigyn
e il figlio del conte avevano trascorso insieme pomeriggi e mattinate
intere e
lui si era aperto con lei come con nessuna, confidandole desideri e
sogni,
progetti e idee. Continuava a ritenerla un’amica fedele
– la più fedele che
avesse mai avuto – perché la menomazione che
l’affliggeva rendeva ogni discorso
sicuro. Sigyn ascoltava, annuiva, sorrideva e cercava di farsi capire
con gesti
e sguardi, ma quegli incontri, dopo un iniziale entusiasmo, la
lasciavano
semplicemente sgomenta. In Erik, nel suo sguardo celeste come il cielo
mattutino, non riusciva più a ritrovare il guizzo sagace che
aveva scorto sulla
spiaggia proibita di Asgard, dove l’aveva salvato e medicato.
Forse la
terribile esperienza del naufragio e il passaggio tra un mondo e
l’altro lo
avevano cambiato. Loki, con il consueto disinteresse, aveva ipotizzato
che una
cosa del genere poteva essere plausibile, sì, ma mentiva
palesemente. Era stato
sincero, invece, quando le aveva spiegato il motivo della sua
sfiancante e
sempre maggiore debolezza.
La sera
prima, come sempre, avevano parlato e litigato e lei era si era
infervorata,
appassionandosi a un discorso, a una teoria. A un tratto,
però, la testa aveva
preso a girarle vorticosamente, la vista le si era appannata e ogni
cosa si era
fatta grigia e sfocata. Lui era balzato in piedi lesto e le aveva
impedito di
cadere, sorreggendo il suo corpo esile, provato da una stanchezza
ingiustificabile.
“Tu
non possiedi il seiðr come me, come Odino. Il tuo spirito di
Æsinna brucia e
corrompe questo fisico debole, di donna umana,” le aveva
sussurrato
all’orecchio, senza smettere di tenerla tra le braccia.
“Lo consuma. Ma era
l’unico modo, per vivere qui, con questa gente cieca e
stolta.”
“Persone
che tu aiuti,” aveva boccheggiato Sigyn, aggrappandosi al suo
braccio – e allora
il suo cuore le era parso più leggero, il respiro si era
fatto corto.
La
tormentava una figura che non voleva chiamare per nome, con un paio di
occhi
brillanti e chiari.
Loki
di Asgard aveva avvicinato le labbra alla sua guancia tanto da
sfiorarla. “Gente
che tu dici di amare al punto da sacrificare te stessa.” Era
un’accusa.
Sigyn
sbatté le palpebre, aggrappandosi alle spalle larghe
dell’ingannatore. “Uno
solo.”
“Sicura?”
Chi
sognava lei, di notte?
♥
Che
il tuo cuore ti mostri la via, le aveva
mormorato Padre Tutto, ma a Sigyn sembrava che il
suo petto battesse al ritmo della più totale confusione. Nel
dio degli inganni
c’era spesso qualcosa di simile al guizzo sagace che cercava
in Erik e anche di
più. Uno sprazzo vitale al tempo stesso giocoso e profondo,
luminoso e oscuro,
irriverente e cortese, caotico e puntuale. La vedeva soffrire,
struggersi per
un amore non corrisposto e, per tutta risposta, raccontava, parlava e
litigava
con lei finché l’amarezza non scivolava via dal
suo spirito e il sonno la
cullava nel suo dolce oblio. In quei momenti, ritrovava
all’improvviso il
brivido che l’aveva fatta fremere tra le braccia del
più bugiardo tra gli dèi. Non
era altro che un cedimento naturale e comprensibile, scontato, provato
dalla
ragazza nei confronti dell’unica persona che, su Midgard, era
a conoscenza di
ogni risvolto del patto stretto. Questa era la spiegazione che Sigyn si
dava. E
poi, Loki non la consolava affatto. Tentava di piegarla, di dimostrarle
che lui
aveva ragione e lei si era illusa, confondendo una simpatia o
un’infatuazione
per un vincolo scarlatto tanto potente da unire le anime persino dopo
la morte.
Voleva vincere e aveva scommesso sulla sua sconfitta, per il gusto e il
piacere
di osservare la sua disfatta dalla prima fila. Del resto, si era
persino
abbassato a riparare le zappe, le spade e le pentole di un misero
villaggio
umano, pur di godersi appieno il momento della sua vittoria.
♥
“Mi
sposo, cara Sigyn. L’ho ritrovata. La donna che mi
salvò mentre vagavo nel
bosco. È lei. Si chiama Aslaug ed è la figlia di
un grande jarl[3].”
La
ragazza per poco non cadde, sentendo un simile annuncio. Le giornate si
stavano
facendo sempre più brevi e frizzanti, come l’aria
di quella sera. Più
l’equinozio si avvicinava, più il suo corpo si
faceva debole e perdeva forza e
resistenza. Senza l’amore del giovane figlio del conte,
sarebbe morta come
umana, tornando a essere un’Æsinna. E poi?
Il destino sancito dal patto stretto con Loki avrebbe
avuto il suo
compimento: sarebbe stata sua, per sempre vincolata a quel principe
doppio e
infido – al suo sorriso saputo e sferzante, alle sue labbra
bugiarde che,
talvolta, la sfioravano. Un brivido, rapido e profondo, la scosse: un
misto
oscuro di terrore, curiosità e qualcos’altro
d’indefinibile e potente le serrò il
respiro. Sentì nuovamente la testa girarle, la vista
appannarsi. Fu Erik a
sostenerla, stavolta, ma il suo cuore non rispose come avrebbe dovuto;
provò
nostalgia per un altro tocco, invece; uno proibito,
estraneo e familiare
a un tempo.
“Sei
pallida. Stai bene?” Erik le prese le mani e si
spaventò, perché le trovò
eccessivamente fredde.
Lei
annuì.
Odino le aveva detto di seguire il proprio istinto, ma, di fronte alla
confessione del midgardiano, Sigyn scoprì un dolore
annichilente e sordo. Si
era illusa. Gli aveva sacrificato ogni cosa e in mano, ora, non aveva
nulla, se
non una manciata di sabbia. A cosa era servito rinunciare a se stessa?
Era
rimasta vittima di un’illusione.
Loki
aveva ragione.
Aslaug
era bella. I suoi capelli erano ricci e rossi, gli occhi avevano una
delicata
sfumatura color foglia, ma non le assomigliava affatto.
Raccontò con molti
particolari di come avesse trovato Erik al limitare di una foresta,
confuso e
delirante, per poi parlare di una lunga febbre che lo aveva costretto a
letto
per giorni e di certi cacciatori che lo avevano portato via da lei e
dalle sue
cure, separandoli. Per fortuna, però, alla fine si erano
rincontrati. Nel pronunciare
tali parole, sorrise e intrecciò le dita con quelle del suo
promesso sposo.
Sigyn
li osservò a lungo. Loki era poco distante di lei, come
sempre: un’ombra scura
e beffarda che era in ogni luogo e in tutti. In quel preciso istante,
ignorava
totalmente la giovane coppia appena formatasi che sanciva,
inevitabilmente, la
sua vittoria. Indossava un mantello che gli copriva quasi del tutto il
capo e,
con un corno colmo di idromele in mano, raccontava qualche mito o
leggenda di
Asgard. Talvolta faceva così: si mescolava ai midgardiani
quel tanto che
bastava per affascinarli con i suoi racconti, facendoli sognare con
storie di
tesori e di draghi che avevano per protagonisti gli dèi di
Asgard o guerrieri
intrepidi e valorosi. Aslaug ed Erik si amavano. Lei possedeva una voce
bassa e
melodiosa e lui la fissava come se si trovasse davanti a una stella del
cielo o
a un’Æsinna. Sigyn, di fronte a questo pensiero,
sorrise mesta e giocò con le
punte dorate della sua bella acconciatura; cosa c’era tra lei
ed Erik? Per lui
aveva rischiato tutto e adesso l’intrepido navigante, al
posto suo, guardava
un’altra.
Aveva
provato ad affascinarlo, a sedurlo, a rammentargli in ogni modo la
spiaggia
lontana del loro primo incontro, ma tutto era stato vano e, ormai,
l’ultimo
tramonto d’estate si avvicinava inesorabile. Cosa avrebbe
dovuto fare, nella
manciata di giorni che la separavano da quel momento? La data fatale
coincideva, per un crudele scherzo del destino e delle Norne beffarde,
al
giorno delle nozze del figlio del conte.
Sigyn
ne osservò il profilo regolare e virile, ascoltando per
l’ennesima volta la
storia del naufragio e della tempesta improvvisa e di come il drakkar
dalla
punta snella, su cui viaggiava assieme al suo intrepido e sfortunato
equipaggio, si fosse spinto fino all’estremo nord, evitando
agilmente scogli
letali. Abbassando gli occhi e carezzando la mano della bella Aslaug,
Erik
rimpianse i compagni coraggiosi e, in particolare,
l’abilità di uno di loro,
esperto di rotte, tragicamente morto assieme agli altri. Ma dal male e
dalla
sventura, talvolta, nasceva il bene e l’uomo fu costretto ad
ammettere che,
senza quella disgrazia, non avrebbe mai incontrato la sua futura
moglie. Il
racconto fu tanto appassionato che persino Loki lo ascoltò
in silenzio, con
severa attenzione.
♥
Odino
aveva detto a Sigyn che avrebbe dovuto seguire il suo cuore, ma la
ragazza era
ormai convinta che nemmeno lui sapesse dove andare. Si sentiva
smarrita,
sgomenta, persa. Vedere Erik assieme ad Aslaug era stato terribile, ma
gli
sguardi che la coppia si era lanciata, i baci scambiati con dolcezza,
avevano
fatto capire a Sigyn che, nonostante il suo triste destino, non sarebbe
stata
capace di dividerli o di separarli. Non era nella sua natura farlo e,
in fondo
al suo petto, sentiva che non era nemmeno ciò che desiderava
davvero. Avrebbe
condannato un’altra al suo dolore, posto che, in qualche
modo, nel giro di
pochi giorni Erik s’innamorasse di lei come non aveva mai
fatto durante tutte
quelle settimane. Mordendosi le labbra e soffocando le lacrime, si era
resa
conto di essere rimasta vittima della peggiore delle illusioni: aveva
creduto
di essere innamorata di lui, quando invece non provava altro che una
tenera
amicizia. Si era infatuata del figlio del conte vinta dal suo aspetto o
perché,
salvandolo sulla spiaggia bianca di Asgard, aveva creduto di
precipitare in una
fiaba bella come quelle che raccontava alle sue sorelle. Dopo aver
passato
tanto tempo in sua compagnia, però, il sentimento che
provava nei suoi
confronti si era fatto sempre più tiepido e fraterno. Erik e
Aslaug, decise,
dovevano essere felici. Lei sarebbe rimasta in disparte, come quella
sera – e
non poteva fare altro, del resto, perché il cuore del figlio
dello jarl non le
era mai appartenuto.
Ecco
perché il peso del patto che la tratteneva su Midgard fino
alla fine
dell’estate le sembrò, quella sera più
di tutte, terribilmente amaro. Le
sofferenze che aveva patito presso gli uomini e le lacrime inghiottite
con
orgoglio non erano servite a nulla. L’amore non esisteva e
lei stessa si era
ingannata circa la sua esistenza. Le Norne ridevano di lei e non
avevano
intrecciato nessun filo rosso con quello del giovane incontrato sulla
battigia.
Loki Laufeyson era solo stato terribilmente sincero – in
fondo, lì sta
l’abilità di colui che inganna: nel confondere,
mescolando assieme, l’una con
l’altra, menzogne e verità.
La
giovane Æsinna si lasciò cadere sulla sabbia
umida. La spuma del mare le lambì
dolcemente la gonna di tessuto grezzo e robusto che indossava.
Pensò alla sua
casa, ad Asgard: al magnifico palazzo di Fensalir dove Frigga,
amorevole come
una madre, le insegnava i segreti di erbe e piante, alle sue sorelle
che
avevano tentato di spiegarle che Midgard non era sinonimo di
felicità. Avrebbe
voluto gridare, ma aveva ceduto la sua voce a Loki per inseguire un
sogno. E
lui l’aveva avvertita.
Cosa
sarebbe successo quando, al tramonto dell’ultimo giorno
dell’estate, avrebbe
dovuto pagare al dio degli inganni il prezzo promesso in caso di
fallimento?
L’Ase era stato vago, ventilando, tra le varie
possibilità, che lei rimanesse presso
di lui, come una proprietà. Il pensiero di dover trascorrere
la sua esistenza
col dio degli inganni, come sua schiava, era qualcosa che aveva vissuto
spesso
nei suoi sogni, in quelle ultime settimane. Incubi strani da cui si
risvegliava
spaventata, confusa, infuriata. Rabbrividì, offesa e turbata
anche solo dal
pensiero di dover trascorrere la sua esistenza accanto
all’Ase. Loki era
crudele e lei lo sapeva. Al guizzo brillante dei suoi occhi quasi
trasparenti,
all’intelligenza spiccata e all’arguzia, occorreva
accostare altro – il caos e
il rancore che gli mordevano lo spirito, il bisogno di ferire chi aveva
accanto
con la sua lingua affilata, la naturale propensione a ingannare e a
tradire che
l’avevano allontanato da Odino. Era il suo trofeo e si
sarebbe stancato della
sua presenza fin troppo presto, dimenticandola per dedicarsi ad altri
progetti,
vendette, trame. E allora, decise, meglio essere la spuma del mare o il
riflesso dorato del sole al tramonto.
Un
paio di stivali di pelle si avvicinarono a lei con passi rapidi,
decisi. Sigyn
osservò, alla luce della luna, le onde lambirne appena le
punte logore solo
all’apparenza. Lo aveva riconosciuto e sapeva anche
perché fosse lì. Desiderava
compiacersi ancora una volta delle sue disgrazie.
Se
non avesse barattato la propria voce in cambio della
possibilità di inseguire
un amore che si era rivelato vano, lo avrebbe cacciato,
perché non aveva
affatto bisogno delle sue considerazioni perfide. Si tirò
su, rifiutando
sdegnosa la mano che l’Ase le tendeva – era
falsamente cortese, nient’altro – e
lo guardò dall’alto in basso, fiera
com’era sempre stata, tentando di
cancellare il resto. Nel giro di una manciata di giorni, forse sarebbe
diventata la sua schiava, un giocattolo da dimenticare, ma, fino ad
allora, era
e sarebbe rimasta Sigyn. Fino alla fine.
Alla
luce della luna, il volto di Loki pareva ancora più
affilato. Un vento marino
pungente s’infilava tra le pieghe del suo mantello, nelle
ciocche scure che gli
ricadevano sulle spalle.
“Ho
vinto. La sposerà e non potrai fare niente per
fermarlo,” annunciò sicuro.
“Forse nemmeno lo vuoi,” decise. “Non lo
ami, in fondo, come lui non ama te. Ti
sei accorta di aver inseguito per tutto questo tempo una chimera, il
fantasma
di qualcuno che non esiste. Avevo ragione. Nessuno dei due è
stato capace di
vedere oltre all’apparenza, mia piccola, dolce Sigyn. Ti
trovava carina, ma non
abbastanza da amarti, da innamorarsi.”
Che
vuoi, ancora, da me? Sigyn
non poteva parlare, non aveva voce, ma fissò Loki a testa
alta, con quella
domanda muta negli occhi.
“Ho
vinto,” ripeté l’ingannatore.
“È stato facile. Non basta un bel viso, per poter
rubare un cuore, ma la voce forse sì, era indispensabile.”
Una
lacrima orgogliosa rigò la guancia di Sigyn, scendendo calda
sulla sua pelle.
Nel buio della spiaggia notturna, Loki levò un braccio e le
sfiorò la gola con
la punta delle dita e poi salì all’altezza delle
labbra, restituendole
momentaneamente ciò che le aveva sottratto – che
la sventurata Æsinna aveva
barattato in cambio di una possibilità. Un brivido basso e
violento la scosse a
quel contatto inaspettato. Ecco l’ombra che abitava i suoi
incubi, di notte.
“Sei
soddisfatto? Mi hai privata di ciò di cui avevo
più bisogno. E lo sapevi.”
L’Ase
increspò le labbra in un ghigno soddisfatto. “La
soddisfazione non è nella mia
natura, temo. Ho vinto. Te l’ho dimostrato. Ti ho sottratta a
Odino nella
maniera più legale possibile,
dimostrandogli che non mi serve rubare ciò
che gli appartiene.” Fece una lunga pausa, come se volesse
scegliere le parole
più adatte, sfiorandole di nuovo il viso con una carezza
leggera che la fece
sussultare – l’ennesima.
Sigyn
sbatté le ciglia nere, mentre un pensiero nuovo e terribile
si affacciava nella
sua testa: com’era stata ingenua! Il dio degli inganni
l’aveva usata per fare
un torto a Odino, promettendole un aiuto che si era rivelato una
trappola. Si
morse le labbra che lui aveva appena accarezzato, quasi volesse
scacciare ogni
prova esistente di quel tocco – o, viceversa, per via di
qualche oscuro
incantesimo che l’irretiva, ritrovarne il sapore.
“Ecco
perché ti propongo una via d’uscita onorevole,
Sigyn,” proseguì Loki,
implacabile e fiero come sempre. “Tra tre giorni il tuo tempo
su Midgard si
esaurirà, ma io ho già vinto.”
“Vuoi
rompere il nostro patto? Propormi qualche altro inganno?”
L’Ase
assottigliò le palpebre. “Nessun inganno. Tu
sapevi, tu hai scelto.”
“Lo
so.”
“Ma
lui deve pagare per il tuo dolore,” le suggerì,
facendole scivolare tra le dita
un pugnale intarsiato. Sigyn saggiò il peso di
quell’arma affilata. L’elsa era
decorata con le insegne dell’ingannatore in persona ed era
stata forgiata, come
la lama scintillante, dai Nani fabbricanti di gioielli[4].
“Bagnalo col sangue dell’uomo che ami, per cui hai
sacrificato ogni cosa: considererò
il tuo debito saldato. Prima che il sole tramonti sull’ultimo
giorno
dell’estate, colpiscilo, rendi rosso l’acciaio.
Sarai libera di tornare dalle
tue sorelle, a Fensalir.”
Alla
luce della luna, Sigyn guardò il coltello che Loki le aveva
dato e pensò alla
perduta Asgard, alla famiglia che piangeva la sua triste sorte, a Erik
e ad
Aslaug, alle parole di Odino.
“Non
posso, non riesco,” boccheggiò.
“Perché lo fai?”
Loki
le rivolse un’occhiata torva. “Te l’ho
detto. È stata una vittoria facile.”
“Non
ti credo. Cosa vuoi dimostrare?”
“Dillo
tu a me.”
“Che
l’amore è un inganno e non l’ho mai
amato,” ammise. “E, per liberarmi, io che
l’ho salvato e mi sono scontrata persino con Padre Tutto,
arriverei persino a
ucciderlo.”
“Brava
ragazza. L’alternativa, del resto, è smarrirti per
l’eternità o diventare mia
schiava,” le rammentò tetro, piegando le labbra in
un sorriso laterale e
crudele.
♥
C’è
un momento in cui non è più giorno e non
è ancora sera e la luce e le tenebre
si confondono tra loro. Il sole aveva quasi smesso di rosseggiare e si
stava definitivamente
inabissando nel mare, le stelle ancora non si erano affacciate nel
cielo. Sigyn
camminava sulla spiaggia di Midgard. Tra le mani, stringeva il pugnale
che Loki
le aveva dato. Non era riuscita a usarlo e l’estate era
finita. Nel giro di una
manciata di minuti, il suo destino si sarebbe compiuto.
Anche
Loki osservava l’ultimo tramonto concesso a Sigyn. Aveva
ripreso il suo
consueto aspetto principesco e fiero e teneva le mani incrociate dietro
la
schiena. Attese che la ragazza si avvicinasse, colse il
baluginìo della lama
tra le sue dita.
“Avresti
dovuto seguire il mio consiglio,”
l’apostrofò severo. Le melodie allegre che
accompagnavano la festa per le nozze di Aslaug ed Erik giungevano fino
alla
spiaggia isolata, ma c’era, in loro, una tristezza sottesa,
nascosta, pari solo
al dolore che affliggeva il cuore spezzato di Sigyn. Eppure, nonostante
avesse
perso ogni cosa, i suoi occhi grigi grandi e rotondi scintillavano
carichi di
una fierezza e di una forza che Loki non comprese. Le poggiò
una mano sul collo
e la ragazza, come sempre, s’inarcò, tendendosi,
come se volesse offrirsi a lui.
Le dita dell’Ase indugiarono sulla pelle calda e morbida
della ragazza; scesero
appena a lambirle le scapole e le spalle, in un contatto non
necessario, ma, in
quel momento bramato.
“Hai
vinto. Pagherò per le mie scelte,”
boccheggiò Sigyn.
Il
dio degli inganni avvertì la punta del pugnale premergli sul
fianco. Ghignò,
sentendo l’acciaio a contatto con la corazza di pelle
intrecciata. “Avresti
dovuto infilzare Erik, con questo,” notò.
La
ragazza scosse il capo. “L’uomo che amo sei
tu.”
Loki
di Asgard s’irrigidì, sorpreso da
quell’ammissione, ma non mutò atteggiamento.
“Allora, se verserai il mio sangue, stupenda principessa,
sarai libera,”
suggerì, sardonico e crudele.
“Cercavo,
in Erik, qualcosa che lui non possedeva. Ma l’ho ritrovato in
te,” spiegò l’Æsinna
con la sua voce recuperata. “E ciò che sento nel
mio cuore, che ho tentato di
soffocare, esiste perché è stato alimentato dai
nostri discorsi, litigi,
racconti. La seduzione vera, l’innamoramento, riguarda
l’anima, non l’aspetto.
L’ho capito tardi. L’uomo che amo sei tu, Loki, ma
non posso usare su di te
questa lama.” Dalle ciglia le scese una lacrima, una sola.
“E tu, tu non mi
darai un bacio di vero amore prima del tramonto.”
“No,”
confermò il dio degli inganni. “Non lo
farò. E il tuo tempo è già
finito.”
Sigyn
guardò il mare e il cielo e perse le forze. La lama le
scivolò di mano e cadde
sulla sabbia. Barcollò e l’ingannatore, di nuovo,
la sostenne, la prese tra le
braccia.
“Quando
mi hai tolto la voce, tu mi hai baciata…”
rifletté.
“Eri
infatuata di un’ombra. Non avrebbe avuto effetto.”
“Della
tua?” Era una domanda, una speranza, un sospetto
concretizzatosi quando ormai
il giorno si era esaurito e la notte era scesa su di loro. Il corpo
mortale di
Sigyn soffriva e il suo sguardo, grigio e febbricitante, cercava solo
una
conferma.
Che
gusto c’è a ingannare, se poi non si
può svelare la propria trama? Questa è la
storia di come il dio dell’inganno riuscì a
raggirare gli dèi di Asgard grazie
a uno dei suoi molti, perfidi, imbrogli. Sa di salsedine e vento, il
racconto.
“Erik partì con un equipaggio di nove uomini. Uno
di loro era un esperto di
rotte. Lui li condusse ad Asgard, attraverso una rotta nota a lui solo.
Il
drakkar naufragò a causa di una tempesta. In otto morirono.
Due si salvarono.”
“Eri
tu.” Sigyn chiuse gli occhi. Pensò al giorno in
cui era andata a chiedere aiuto
all’ingannatore e alle mappe che aveva scorto nel suo studio.
“Perché?”
“Odino
mi ha bandito dalla sua casa, ma Frigga non ha fatto lo stesso con
Fensalir.
Nel suo palazzo, sono un ospite gradito, nonostante tutto. Ti ho
sentita
raccontare molte delle mie storie. Eri brava. Sottrarti ai tuoi cari
sarebbe
stato interessante. Il resto, credo che tu l’abbia capito:
Padre Tutto e io
avevamo un conto in sospeso – dice, di me, che sono un
bugiardo e un ladro.
Posso tollerare la prima affermazione,” ammise con un ghigno,
“ma la seconda
no. È un’accusa indegna.”
“Sei
sempre stato tu,” mormorò Sigyn. “La mia
voce ti appartiene perché tu l’hai
saputa e la sai ancora ascoltare. Ecco perché hai vinto, ma
sei stato crudele,”
disse. “Hai vinto, ma l’amore esiste, Loki. Lo sai anche
tu.” Poi, perse
i sensi e sognò di essere la spuma del mare o uno spirito
dell’aria. La notte,
ormai, era scesa su Midgard.
♥
Ogni
sera, al tramonto, Sigyn s’incantava a osservare il sole che
s’inabissava nel
mare, le onde che si infrangevano implacabili, col loro moto perenne,
sulla
scogliera che proteggeva il fiordo di Asgard. Il palazzo del dio degli
inganni
aveva una vista magnifica, tale da smuoverle il cuore.
Respirò l’aria
marittima, pungente e fresca, sorridendo alla massa azzurra che si
tingeva di
blu e d’argento. Al petto, le scintillava un ciondolo dorato
e lucente.
“Sei
di nuovo qui.” La frase di Loki la
raggiunse dall’interno della stanza. Si voltò
nella sua direzione. Era poggiato
contro lo stipite della porta e la corazza di pelle intrecciata era
slacciata,
lasciando intravedere il torace tonico e scolpito. Le si
avvicinò e anche lei
gli andò incontro.
Non
c’era modo di spezzare il vincolo che la univa al dio degli
inganni. Nemmeno
Odino in persona, con tutta la sua sapienza, poteva riuscire a
sciogliere i
nodi di un patto così vincolante e ben strutturato in ogni
sua parte; l’inganno
perpetrato da Loki alla base non lo inficiava abbastanza.
Le
cinse la vita, l’attirò a sé,
carezzandole i capelli color dell’oro, le cercò
le labbra strappandole un bacio sfacciato, avido, intenso, profondo.
Una
spallina dell’abito sottile scese, scoprendole la pelle e
parte del seno.
“Cosa
sono diventata, Loki? Il trofeo che sfoggi con Odino, la tua schiava
preferita?”
mormorò Sigyn, mentre l’Ase posava le labbra
sottili e beffarde sulla pelle
appena scoperta. “Avresti voluto baciarmi, su quella
spiaggia. Ma dovevi
vincere, non è vero?”
Chiuse
gli occhi, buttò indietro la testa offrendogli il collo. Gli
apparteneva. Aveva
siglato un contratto col proprio sangue, consapevole delle clausole
terribili
che vi erano scritte. Le loro anime erano legate dal filo rosso delle
Norne.
Loki
l’afferrò per i fianchi e la sollevò,
deponendola, senza troppa grazia, sul
letto poco distante; fu subito sopra di lei per imprigionarle le
braccia,
continuare a baciarla, slacciarsi i pantaloni. Farla sua.
“L’amore non esiste,”
le ricordò. “Non sarebbe servito.”
Lei
vibrò e si tese di fronte a quell’intrusione
improvvisa e desiderata.
Boccheggiò stupita, tentando di liberare almeno una mano per
afferrare i
capelli scuri del mago, stringerli tra le dita, carezzarli mentre il
suo corpo
rispondeva agli affondi decisi del dio degli inganni.
Il
vincolo non prevedeva esplicitamente anche
questo, ma era successo e continuava a capitare. Entrambi non potevano
farne a
meno. Perse il controllo – era passato, ormai, il tempo in
cui cercava
fieramente di contenersi, di frenarsi, di non fargli sentire quanto le
piacesse far l’amore con lui. Loki la raggiunse pochi istanti
dopo, incapace di
trattenersi oltre, per poi rilassare i muscoli ancora tesi su di lei,
calmare
il respiro rotto.
“Tu
mi ami,” mormorò Sigyn. “Sei un
bugiardo, un impostore.”
Lo
aveva capito quando lui l’aveva raggiunta sulla spiaggia,
mentre lei, distrutta
dal dolore e col suo pugnale ancora tra le dita, singhiozzava, i piedi
bagnati
dalla spuma del mare.
“Tu
sei mia. Per contratto, sei mia. E lo sarai per sempre,”
puntualizzò Loki con
voce feroce.
L’Æsinna
sorrise. “Anche tu.”
The
night expands, I am expanding
I
watch
your hands like butterflies landing
All
among the myths and the legends we create
And
all
the laughing stories we tell our friends
Close
the windows, clear up the mess
It's
getting late
It's
darker and closer to the end
(Push
the sky away, Nick Cave and the Bad Seeds)
Fine
Note Autore
Caro Lettore,
Ebbene sì: “Prima
che il sole tramonti” è una
rivisitazione in chiave norrena della
bellissima fiaba de La Sirenetta. Si tratta di una storia che ho
scritto per il
contest “Villains against Heroes”
indetto sul forum di Efp. La
particolarità del pacchetto che ho scelto sta nel fatto che,
alla fine, dovevano
vincere i cattivi, cioè Ursula/Loki. Solo che
questa è una Loki/Sigyn e
Loki, come sappiamo, ama sbancare. Si è preso una rivincita
con Odino, con
Sigyn e, alla fine, si è preso pure Sigyn stessa. Come
Ursula, ha giocato
sporco, prendendo, all’inizio della storia, il posto del vero
Erik, per poi
lasciare che Sigyn lo salvasse.
Quattro erano gli
elementi che dovevo utilizzare da regolamento: la storia è
ambientata per metà
su Midgard, precisamente in Danimarca; come nella
versione Disney, Loki
rinchiude la voce di Sigyn all’interno di un ciondolo
– che usa a suo
piacimento, concedendo, talvolta, alla ragazza di poter parlare. Nel
testo sono
presenti alcune battute del corpus MCU (in particolare le battute di
Loki in
Thor: The dark world) e quelle di Ursula del classico film Disney, tra
cui il “forse
potrei aiutarti” richiesto. La coda
di Sigyn non è di pesce (sarebbe
stato un dettaglio inutile, qui) ma è
un’acconciatura di capelli, visto che nel
mio canone una delle caratteristiche del personaggio è di
avere una bellissima
capigliatura dorata (del resto è una dea vichinga).
L’estate
invece è il periodo in cui è ambientata tutta
l'azione.
La mia versione è un
mix tra quella Disney e l’originale di Andersen: ecco dunque
che ricompare il
pugnale presente nella fiaba danese e il concetto della fiaba stessa.
Scusate
lo spiegone, ma tra le varie letture che è possibile fare di
questa fiaba non
facile (ha diversi archetipi dietro) c’è quello
che concerne la voce.
È l’unico elemento dissonante della mia versione
(Loki concede a Sigyn la
possibilità di rispondergli). Il messaggio è che Erik
non si può innamorare
di Sigyn perché non può ragionarci insieme. Per
amare davvero qualcuno, occorre
conoscerlo, parlarci, confrontarcisi. Un bell’aspetto non
basta. Ecco perché
Loki ha bisogno di discorrere con Sigyn.
Se la storia vi ha
colpito, utilizzate le liste: farete felice
un’Autrice ♥ (Fa anche rima). La Fatina
dell’Ispirazione necessita sempre delle
vostre cure per poter spandere i suoi glitter!
Per ulteriori info e
un po’ di divertimento… c’è
la mia pagina Facebook
♥ https://www.facebook.com/Shilyss
Grazie per essere
arrivati fin qui.
Dedicato a chi mi ha
sopportata e a chi
l’amerà.
Shilyss
[1]
Il villaggio danese di Erik in cui Sigyn e Loki vivono ricalca quelli
visti
nella serie TV Vikings.
[2]
Ho scelto la grafia divisa, ma è corretta anche quella
unita, così come
espresso nei principali dizionari.
[3]
Aslaug è un tipico nome norreno. Consideratelo un omaggio
alla serie TV
Vikings.
[4]
“Nani fabbricanti di gioielli” è una
formula ricorrente nell’Edda che indica,
appunto, le abilità dei Nani.