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Autore: koan_abyss    03/08/2019    2 recensioni
Tom Ludlow, investigatore privato, tende a gettarsi nei suoi casi con tutto se stesso, e quando Maria Butler lo assume per ritrovare il padre scomparso, si sente immediatamente legato alla vicenda. Ma sembra che ci siano anche altri interessi in gioco e Tom si ritrova presto avvolto in più trame e strattonato in più direzioni.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII Capitolo


Tom rimase pietrificato a guardare l’amico. Nessuna possibilità che si sbagliasse, era troppo vicino. Poteva perfino sentire quello che uno degli altri due uomini gli disse.
“Nessun problema se volete dare un’altra occhiata, Maggiore, ma quelle foto rimangono qui, almeno fino a domani…” disse un tipo vestito di scuro con tono derisorio.
Raggiunse James nei pressi del tavolo. Anche l’altro uomo si girò, con un sorrisetto sulle labbra.
James fece una smorfia.
“Non possono sbrigarsi?” chiese con voce aspra, accennando ai due che caricavano le armi. “Non ho intenzione di rimanere qui tutta la notte.”
“Ci sono un paio di questioni da ribadire, Maggiore. Giusto per essere sicuri che nessuno di noi si ritrovi in guai grossi. Domani la Commissione dichiarerà chiuse le indagini, non è così?”
James annuì: “Sì. Faranno finta che non sia successo, o quanto meno che una sanzione disciplinare possa sistemare le cose. Non avete nulla di cui preoccuparvi.”
“Bene,” approvò l’uomo.
Aveva un paio di baffi sottili che continuava ad arricciare.
L’altro uomo aveva l’aria molto rozza, a giudicare dalla sua posa e dalla sua espressione.
“Le armi saranno a dimora, sparpagliate per tutta la città entro il week end. Nelle mani dei nostri, ovviamente. I messicani e gli italiani avranno vita dura,” continuò l’uomo con i baffi.
“Anche la polizia, se ci capiterà tra i piedi!” aggiunse l’altro.
James li ascoltò in silenzio, con aria truce.
“Rimane da decidere cosa fare dell’investigatore. Possiamo gestire la polizia, abbiamo i mezzi giusti. Ma quel tipo…sarebbe più saggio ucciderlo.”
“Uccidere l’investigatore? E perché?”
L’uomo con i baffi finse sorpresa: “Me lo domandate, Maggiore? Eppure la responsabilità è vostra: siete stato voi a rivolgervi a quell’uomo, che si è messo a indagare su Andrew Butler.”
James scosse le spalle: “Vi ho già spiegato che non mi sono affatto rivolto a lui. Ho fatto visita a un vecchio amico, tutto qui.”
“Davvero? E allora cos’ha spinto quel Ludlow a interessarsi di Butler?” chiese con voce accusatoria il tipo rozzo.
“Butler era scomparso, la figlia ha assunto un investigatore per ritrovarlo. Avete creato questo casino completamente da soli. Se non aveste ucciso quel Butler, Ludlow non si sarebbe mai interessato a questa faccenda. E ancora non capisco perché l’avete fatto.”
L’uomo coi baffi fece spallucce: “Andy era un chiacchierone. Se il vostro amico detective fosse arrivato lui, avrebbe finito per fargli vuotare il sacco. È stato un eccesso di prudenza, una misura di sicurezza messa in atto quando vi siete rivolto all’investigatore privato.”
James rispose esasperato: “Non mi sono affatto rivolto all’investigatore perché indagasse! E quando i vostri capi mi hanno domandato perché Ludlow si interessava della faccenda, io ho fatto il possibile per convincerlo a starne fuori. Ma voi, dopo aver ammazzato Butler, non siete neanche riusciti a evitare che la polizia ritrovasse il cadavere e il proiettile! Vorrei sapere chi è il deficiente che lo ha ucciso con una delle pistole rubate!”
“Datti una calmata, amico!” fece il tipo rozzo, facendosi più vicino a James. “Io non me le bevo queste stronzate! Ti sei rivolto a quel tizio perché volevi provare a fregarci, poi hai avuto paura che le foto sarebbero venute fuori comunque e hai lasciato perdere…”
“Pensala come ti pare, feccia. In ogni caso, io vi servo, perché qualcuno deve rispondere alla Commissione d’inchiesta, domani. Quanto ad uccidere l’investigatore, non farà che attirare ancora di più l’attenzione della polizia su questa storia. È un errore,” gli ripose James, guardandolo dall’alto in basso. “Abbiamo finito?” chiese poi, rivolgendo lo sguardo sull’altro uomo, che era rimasto a osservare lo scontro.
“Ma sì, lasciamolo andare, Smitty,” intervenne il tipo più odioso, “il Maggiore avrà da fare. Se si sbriga, riesce magari a trovarsi un ragazzino per la serata…” concluse, con un ghigno.
James lo afferrò per il collo e lo sollevò, con una mano sola, il viso una maschera di granito.
Tom non lo aveva mai visto così furioso. Sembrava capacissimo di uccidere l’uomo che si divincolava nella sua stretta.
“Andiamo, Maggiore Biggs, non fate così. A che servirebbe, poi?” cercò di rabbonirlo l’uomo coi baffi, Smitty. Puntò una colt M1911 alla schiena di James, senza perdere il sorriso. “Su, mettetelo giù. Ricordate, avrete le foto, quando tutto sarà finito, se vi atterrete al copione e non ci farete arrabbiare.”
James digrignò i denti, la mascella contratta. Con uno sforzo che parve sovrumano, lasciò cadere a terra l’altro delinquente. Fece un passo indietro e si mise le mani nelle tasche del cappotto, poi si girò di tre quarti per guardare Smitty, che fece per abbassare la pistola.

Tom si preparò a filarsela, per elaborare quello che aveva sentito, quando un boato infernale esplose dal fondo del magazzino.
Tutti sobbalzarono, mentre il suono si ripeteva, una due tre volte, come se qualcosa di pesante fosse scagliato contro del metallo.
Tom ricordò l’uomo richiuso nel container, che ora stava con tutta probabilità prendendo a calci la porta.
Con l’attenzione di tutti rivolta verso il rumore alle sue spalle, lui si trovava in piena linea visiva, alzato per metà da dietro il suo nascondiglio.
Passò meno di un nanosecondo prima che qualcuno gridasse: “Ehi! Chi diavolo è quello?!”
Tom si rituffò a terra mentre il primo colpo di pistola gli sibilava sopra le orecchie e rimbalzava su una superficie metallica dietro di lui. Per fortuna anche il rimbalzo del proiettile lo mancò. Si rannicchiò a terra, prima di riprendere a pensare razionalmente.
Non poteva rimanere fermo.
Strisciò nella direzione opposta a quella da cui era arrivato e si spostò dalla linea di tiro di qualche metro. Poi si sporse per avere una visuale libera e sparò un paio di colpi.
Tutti si sparpagliarono, cercando un riparo e allontanandosi dal camion carico di armi.
Il tipo rozzo, che si era dovuto alzare da terra, fu meno lesto degli altri. Si girò a sparare in corsa, per coprire la ritirata, ma Tom era molto più a sinistra di quello che lui credeva e non ebbe difficoltà a colpirlo in pieno petto.
L’uomo crollò a terra, lasciando la pistola.
Ci fu un istante di stallo.
Poi l’uomo con i baffi parlò dal suo nascondiglio: “Il detective Ludlow, scommetto! Come siete arrivato qui?”
Tom lo ignorò: cercava di farlo parlare per individuare la sua posizione.
“Ci avete trovato seguendo il soldato? Eravate d’accordo, o siete venuto qui pensando di fare un favore a un amico, per trovare invece un complice di noi altri delinquenti?” All’improvviso, Smitty schizzò in piedi e sparò, in due direzione diverse.
A Tom sfuggì un’imprecazione: il secondo colpo non era arrivato affatto lontano.
“A sinistra!” sbraitò Smitty ai due uomini che stavano caricando il camion. “Sparate a sinistra, idioti, è lì dietro!”
Tom si ritrovò di nuovo sotto il fuoco delle semi automatiche. Un proiettile di rimbalzo gli strappò un lembo del soprabito e lui capì che doveva togliersi di lì al più presto.
I due scagnozzi smisero di sparare per un attimo e Tom ne approfittò per spostarsi, rimanendo basso. Non si arrischiò ad alzarsi e a rispondere ai colpi, temendo che Smitty fosse lì ad aspettare proprio quella mossa.
Inoltre, non aveva idea di cosa avrebbe fatto James.
Per fortuna il magazzino era un dedalo di stretti passaggi tra i container e lui riuscì ad allontanarsi di nuovo e a mettersi (relativamente) al sicuro.
“Così non funziona! Si è nascosto, cercatelo!” sentì gridare il tipo con i baffi.
Tom si alzò in piedi e si avvicinò velocemente e in silenzio alla zona di carico, andando incontro ai due scagnozzi. Si nascose dietro la porta di un container vuoto. Uno dei due passò lentamente davanti al suo nascondiglio, riluttante ad addentrarsi in quella selva di angoli ciechi perfetti per un’imboscata.
Tom aprì di scatto la pesante porta di metallo quando l’uomo gli passò davanti e lo colpì, facendogli perdere l’equilibrio. Gli sparò mentre quello inciampava e passò oltre. Sentì gridare gli altri uomini e quello ancora rinchiuso nel container arancione continuare a prendere a calci la porta. Nessuno aveva ancora pensato di farlo uscire.
Tom si spostò di nuovo lontano dallo spiazzo in cui si trovava il camion.
Il rumore del suo ultimo sparo poteva suggerire la sua posizione a Smitty o al suo uomo.
“Non saresti dovuto venire qui, Tom,” sentì dire a James, con voce amara. ‘Dannazione, dannazione, dannazione!’ imprecò mentalmente Tom.
Era vero. Avrebbe preferito non sapere niente del coinvolgimento di James. E probabilmente non ne avrebbe avuto il minimo sospetto, se non fosse stato proprio l’amico a raccontargli dell’assalto al convoglio militare. Per quale diavolo di motivo l’aveva fatto, se aveva paura che Tom scoprisse che lui vi aveva preso parte? Aveva ragione quel tipo con quei ridicoli baffetti? James aveva pensato di fregare gli uomini di Collins mettendo in mezzo Tom, ma aveva poi desistito?
E soprattutto: cosa avrebbe fatto adesso, James? Era un ottimo tiratore. Se Tom avesse sporto troppo la testa da dietro un angolo, James gliela avrebbe fatta saltare come fosse stato niente più che un ratto?
Tom scosse la testa per schiarirsi le idee: non era il momento di pensare a una cosa simile. Doveva concentrarsi per non farsi ammazzare in quello squallido magazzino.
Forse l’opzione più sensata sarebbe stato tornare verso la porta da cui era entrato per scappare e tornare con la polizia. Ma dubitava di riuscire a raggiungere la porta. Sentiva dei movimenti in quella direzione, provocati sicuramente da Smitty o James che si erano mossi per bloccargli ogni via di fuga. Oltretutto, anche se fosse riuscito a fuggire, non sarebbe mai riuscito ad avvertire Kuntz in tempo: gli uomini di Collins e le armi sarebbero sparite in un lampo, volatilizzate e impossibili da rintracciare, ormai.
Doveva restare. Era l’unica scelta.
Si ritrovò in uno stretto passaggio tra due file di casse e materiali, carrelli, pile di bancali e persino un muletto parcheggiato e coperto da un telo.
All’altra estremità del passaggio apparve lo scaricatore rimasto, con la pistola sollevata. Anche lui impugnava una colt M1911, una delle armi rubate. L’uomo individuò immediatamente Tom e si voltò verso di lui, lanciando un’imprecazione colorita. Sparò d’impulso, cercando allo stesso tempo di coprirsi la testa e di mettersi al riparo. Praticamente, sparò ad occhi chiusi.
Tom, molto più freddo e suo malgrado abituato agli scontri a mano armata, si addossò a una cassa.
I colpi dell'altro lo mancarono di diversi metri.
Prima che lo scaricatore avesse il tempo di indietreggiare fino all’angolo e mettersi al riparo, Tom prese la mira e sparò, ben fermo sulle gambe.
Non aveva mai smesso di allenarsi al poligono, dai tempi dell’accademia di polizia. Ci andava almeno due o tre volte al mese, con un amico del quartiere che aveva un negozio di armi. Non c’era possibilità che lui sbagliasse un colpo così semplice.
Lo scaricatore cadde a terra, gridando e chiedendo aiuto.
Smitty non accorse.
“Che cosa conta di fare, investigatore? Uccidere tutti?” gli gridò Smitty.
Tom aveva ragione: si era spostato verso l’unica via d’uscita. Forse stava cercando di liberare l’uomo che lui aveva rinchiuso nel container.
Tom l’aveva perquisito e non gli aveva trovato armi addosso, ma niente impediva che Smitty ne avesse una in più da passargli.
Dcise di tentare il tutto e per tutto: se si fosse fatto vedere, forse il gangster avrebbe preferito provare a eliminarlo subito, invece di andare a cercarsi dei rinforzi. Corse di nuovo verso il camion, facendo rumore. Si lanciò di corsa in mezzo allo spiazzo, mirando a un gruppetto di latte di metallo che un tempo dovevano aver contenuto olio, da usare come riparo.
Capì che il suo piano aveva funzionato quando un proiettile gli sibilò sopra la testa, mancandolo di pochi centimetri. Tom incassò di più il capo tra le spalle e accelerò. Vide Smitty sbucare dalla penombra del magazzino alla zona più illuminata della zona di carico e sparò a sua volta. Ma, dato che stava correndo, il suo colpo fu tutt’altro che preciso.
Smitty si chinò d’istinto sentendo il rumore dello sparo, ma Tom non era andato neanche vicino a sfiorarlo.
Raggiunse i bidoni e ci si tuffò dietro.
Smitty continuava ad avanzare in campo aperto e Tom, fattosi prendere dall’agitazione sparò di nuovo, prima di riuscire ad assumere una posizione più agevole che gli avrebbe permesso di essere preciso ed efficace. Mancò di nuovo il bersaglio.
“Credo che abbiate finito i proiettili, detective. Mi sbaglio?” gli disse il gangster, con voce soave.
“Avvicinati e te lo faccio vedere, se ti sbagli,” borbottò tra sé e sé Tom.
Controllò la sua arma. Cristo. Il tipo aveva ragione. Rimase un istante a fissare il caricatore vuoto, sconvolto.
Era nei guai. Era davvero nei guai.
‘No, calma. Devo mantenere la calma. C’è un intero fottuto camion di armi e munizioni, alle mie spalle!’ si disse, riscuotendosi.
Si girò a valutare la distanza dalle casse ancora a terra. Poteva farcela. Forse.
Fece per alzarsi e scattare in avanti, convinto che si sarebbe beccato una pallottola nella schiena, quando si accorse che il tipo con i baffi si era avvicinato molto più velocemente di quello che Tom si sarebbe aspettato. Era in gamba, il bastardo.
Ma forse, si era avvicinato molto più di quanto fosse prudente fare.
Invece di correre verso il camion e basta, Tom schizzò in piedi e sollevò uno dei fusti di metallo dietro cui si era nascosto e lo scagliò contro Smitty, ormai a solo un paio di metri di distanza.
L’uomo venne colto di sorpresa e il bidone lo colpì in pieno al braccio e alla spalla destra, facendogli cadere la pistola.
D’improvviso, l’arma a terra era molto più a portata di mano di quelle nelle casse e Tom si lanciò in avanti per prenderla.
Lo stesso fece l’altro uomo, con una smorfia feroce di dolore e sorpresa sul volto.
Tom arrivò per primo e si chinò per prendere l’arma, ma Smitty gli rifilò un calcio sul lato del collo che gli tolse il fiato.
Mentre il gangster si buttava in ginocchio per recuperare la propria colt, Tom gli assestò un pugno sul naso, piuttosto debole, però.
I due uomini finirono entrambi a terra, rotolando avvinghiati, lottando per il possesso della colt.
Smitty riuscì a mettersi in ginocchio, stringendo le mani sulla pistola, le mani di Tom sopra le sue.
Il gangster lasciò la presa con la destra e colpì Tom sul naso, rompendoglielo. Accecato dal dolore e dal sangue che schizzò dappertutto, Tom mollò la presa.
Un colpo partì accidentalmente, assordando i due uomini.
Prima di rimettersi in piedi Smitty colpì ancora Tom con il calcio della pistola sulla tempia.
Stordito, l’investigatore crollò all’indietro. Smitty si affrettò ad alzarsi e impugnò saldamente l’arma.
“Avete qualcosa da dire, detective?” domandò con rabbia, respirando affannosamente, tenendo sotto tiro Tom, riverso a terra a tenersi il naso.
L’investigatore sollevò lo sguardo su di lui, cercando di snebbiarsi la mente e continuare a combattere.
Smitty si preparò a sparagli in faccia.  
“’Fanculo,” gli rispose Tom, calciando l’altro a una caviglia, centrando in pieno il malleolo.
L’uomo barcollò in avanti, perdendo parzialmente l’equilibrio.
Il colpo partì, ma invece di spappolare il cranio di Tom si piantò a terra, a mezzo metro dal suo orecchio sinistro.
Beh, tanto era già assordato dallo sparo di prima.
Il gangster riprese l’equilibrio, ringhiando: “Ora hai davvero finito, buffone…”
Tirò di nuovo il grilletto, ma quello scattò a vuoto, con un clic assordante, anche per le orecchie martoriate di Tom.
“Credo che abbiate finito i proiettili, Smitty,” gli disse Tom, con un sorriso beota, spossato dal sollievo.
L’uomo fissò per un istante l’arma, ormai inservibile, poi volse lo sguardo alle sue spalle.
Tom non era in condizioni di approfittare di quell’attimo di distrazione.
“Maggiore Biggs. Alla buon’ora,” disse l’uomo, incontrando lo sguardo di James.
Anche Tom lo guardò, distogliendo l’attenzione da Smitty.
James avanzò fino alla zona di carico, poi verso loro con passo lento, tenendo la pistola all’altezza del fianco. Si fermò a due metri di distanza dagli altri due uomini.
“Tom. Ti avevo detto di starne fuori, o no?” domandò.
“Già. Avresti dovuto dirmi anche perché. Forse ci avrei fatto un pensiero,” gli rispose Tom, fissando la bocca della pistola d’ordinanza di James.
“Volete ucciderlo sì o no, Maggiore? Con tutti questi spari la polizia ci piomberà addosso da un momento all’altro. Immagino non vogliate essere trovato qui, con le foto e tutto il resto…” fece Smitty.
Si spostò dalla linea di tiro e cominciò a rassettarsi gli abiti scuri.
Non troppo lucido, Tom pensò che tanto la camicia era da buttare, macchiata com’era del suo sangue.
“Sì. Non ho nessun desiderio di farmi trovare qui,” gli rispose James, guardando Tom.
Poi si girò verso il gangster e lo uccise con un colpo al petto.
Tom ebbe l’ennesima dimostrazione del potere di fuoco della calibro 45, mentre Smitty cadeva a terra con il torace sfondato.
Si tirò cautamente in piedi.
“L’hai ucciso,” disse.
James si strinse nelle spalle: “L’ho desiderato dal primo istante in cui l’ho visto,” rispose. “Come hai trovato questo posto?” domandò poi.
“Mi interesserebbe di più sapere che cazzo ci fai tu, qui, James!” esplose Tom. “Che cosa hai a che fare con questa gente, si può sapere? Avete organizzato tutto insieme?”
James scosse la testa. Sembrava perfettamente calmo, ma ancora non aveva riposto la pistola nella fondina.
“Non ho organizzato io l’assalto al convoglio. Perché avrei dovuto, visto che la responsabilità sarebbe ricaduta su di me? Mi ricattavano. Avrei dovuto autorizzare la partenza del convoglio, anche se le condizioni di sicurezza non era state rispettate, e poi avrei dovuto prendermene la responsabilità, senza insistere per ulteriori indagini, altrimenti mi avrebbero rovinato,” spiegò.
“Ti ricattavano? Per cosa?” gli chiese Tom.
Ricordò le foto a cui Smitty e il suo compare continuavano a fare riferimento e si girò verso il tavolo.
James gli rivolse un pallido sorriso: “Per cosa, mi chiedi? Tom, cos’è che nascondo da tutta la vita? Cosa avrebbe potuto costarmi la carriera nelle forze armate?”
Tom si avvicinò al tavolo e prese le foto.
“Sono venuti da me a Encino, in un locale che frequentano gli ufficiali, ogni tanto. Un uomo e due guardaspalle. Lui mi ha detto di chiamarlo Burton, uno degli uomini era quello coi baffi.  Mi hanno fatto vedere le foto. Hanno minacciato di diffonderle, se non avessi fatto quello che chiedevano. Ma non mi hanno detto subito quello che volevano. Hanno aspettato che mi crogiolassi due giorni nell’angoscia,” continuò a raccontare James.
Guardò Tom prendere le foto, ma distolse lo sguardo, con una smorfia. Non riusciva a guardarle.
Tom le studiò tutte, con attenzione. Ritraevano James e un ragazzo dai tratti ispanici mentre facevano sesso. Ce n’erano sei, in diverse pose. James era perfettamente riconoscibile.
Non che avesse poi tutta questa importanza: nell’ambiente militare anche solo un’insinuazione poteva costare la carriera. E si era già molto al di là dell’insinuazione, in quelle foto.
Sembravano scattate da non molto lontano, forse da un foro nella parete della stanza dove si trovavano i due amanti.
“Dove eravate?” gli chiese Tom.
“In un motel, vicino al confine, non ricordo nemmeno dove,” gli rispose James, fissando il pavimento. Poi sollevò di scatto la testa: “Mettile via, falle sparire, non sopporto di vederle. Sono oscene. Non posso credere che sia così ripugnante…” si interruppe e respirò a fondo per calmarsi.
“Il ragazzo è maggiorenne?”
James lo fissò con espressione scioccata: “Come puoi farmi una domanda simile? Aveva almeno vent’anni!”
“E non è escluso che fosse d’accordo con quegli uomini. Sto cercando di capire come stanno le cose, ho bisogno di più elementi possibile,” gli rispose Tom. “James, non capisco. Perché hai accettato? In fin dei conti questa faccenda poteva comunque concludersi con il congedo con disonore, stando a quello che mi hai detto.”
“Non era sicuro. Avevo almeno una possibilità di cavarmela. E non avrei dovuto sopportare l’umiliazione di dover rispondere di quelle…” fece James, a voce bassa.
Tom buttò le foto sul tavolo, con esasperazione: “Ma Cristo, James! Possibile che tu non abbia pensato alle conseguenze? Permettere che dei gangster rubassero un carico d’armi! Non hai pensato ai morti che avresti avuto sulla coscienza?”
Tom fissò l’amico, furioso.
“Ci ho pensato. Certo che ci ho pensato. Ho pensato di rifiutare, di denunciare il fatto, avevo pensato persino di dimettermi prima che mi dicessero quello che volevano che facessi. Ma ero…terrorizzato, all’idea che qualcuno vedesse quelle foto. Che qualcuno vedesse quello che sono. Persino in mano a te mi terrorizzano. Avrei voluto chiederti aiuto, lunedì sera. Avrei voluto dirti tutto, scongiurarti di trovare quelle armi e rimediare ai miei casini. Ma non ce l’ho fatta. Te l’ho sempre detto che tra noi due sono io quello vigliacco,” rispose James.
Rivolse a Tom un sorriso triste.
Tom sospirò: “Quelle foto non rappresentano quello che sei. E non sono altro che foto: sono squallide, certo, e l’intera situazione è davvero un casino, e ci sono stati due morti, ma non ti avrei mai rifiutato il mio aiuto.”
“Non sapevo che avrebbero ucciso Butler, l’autista. Neanche l’omicidio del conducente era previsto. Non lo avrei permesso, ricatto o non ricatto.” James scosse la testa. “Mi dispiace, Tom,” disse, con voce rotta.
Poi sollevò la pistola e se la puntò alla tempia.
Tom scattò prima di rendersene conto. Caricò James con una spallata e lo atterrò, afferrandogli il polso. Gli scosse il braccio finché l’altro non lasciò la presa sull’arma. “Che cazzo fai! Cosa credevi di fare, eh?” gli gridò, con tutto il fiato che aveva.
“Che cosa mi resta, da fare? Due uomini sono morti per causa mia, ho quasi fatto ammazzare te, e sono rovinato,” ribatté James, senza fiato.
“Sei un idiota! Mi hai appena salvato la vita! E non sei rovinato: le foto sono qui e quelli sono morti.” Tom si ricompose, alzandosi da sopra l’altro. “Vedo una facile via d’uscita,” gli disse, con il suo tono abituale.
Prese le foto dal tavolo e le fece scivolare nella tasca interna del soprabito. Le avrebbe distrutte, semplicemente.
“A che servirebbe?” gli domandò James, alzandosi a sua volta. “Sono solo copie. Burton non era che un tirapiedi.”
“Di Marcus Collins,” fece Tom. “Senti, non abbiamo molto tempo, ma vediamo di chiarire una cosa per volta. Che cosa ti ha chiesto esattamente, questo Burton? Di comunicargli la data del trasferimento di armi?”
“No. Ha detto che quando ci fosse stato il trasferimento, io avrei dovuto autorizzarlo, anche se non era sicuro.”
“Come faceva questa gente a sapere che il trasferimento non sarebbe stato sicuro?” indagò Tom.
“Te l’ho detto, forse avevano un informatore nel mio ufficio.”
“E ti hanno avvicinato in un posto frequentato da ufficiali,” rifletté Tom ad alta voce. Poteva essere importante? “Quel tipo ˗Smitty˗ ha detto che hanno ucciso Butler perché pensavano che se io l’avessi trovato, lui avrebbe finito per confessare tutto…”
“Sì. Pensavano che ti avessi assunto io per tirami fuori dai guai. La faccenda è venuta fuori martedì: gli affari che avevo da sbrigare in città erano incontri con questa banda di delinquenti, per riferire dei progressi delle indagini.”
“Ma Andy Butler è stato ucciso il mercoledì precedente, la sera stessa o la notte che è scomparso. Noi ci siamo visti solo lunedì. Anche se ti tenevano d’occhio, come potevano sapere che saresti passato a farmi visita? Lo sapeva qualcuno del tuo ufficio?”
James scosse la testa, confuso: “No. Non ne ho parlato con i miei uomini. Certo non dopo aver pensato che uno di loro era un informatore di Burton, o di Collins, o di chi diavolo ne so.”
“Non lo sapeva nessuno? Ne sei certo?” insisté Tom.
“Io…forse posso averlo accennato a un superiore, al tenente colonnello Sterling. Ho chiesto a lui il permesso per i giorni di licenza prima degli incontri con la commissione.”
“E Sterling conosceva le date dei trasferimenti, sapeva che in questo periodo siete a corto di uomini…”
“Beh, sì, come un’altra dozzina di uomini. Pensi che possa aver passato lui queste informazioni? Che la fuga di informazioni non partisse dal mio ufficio ma venisse da più in alto?” gli chiese James.
“Può darsi. È stato lui a proporti per quella promozione? Quella che ti ha reso responsabile dei rifornimenti degli armamenti?”
James rimase a bocca aperta.
“Sì, è stato lui,” rispose alla fine.
“Ed è stato lui ad avvertire gli uomini di Collins che avevi un appuntamento con me. Aveva tutte le informazioni necessarie per fare il colpo insieme agli scagnozzi di Collins, ma aveva bisogno che qualcuno si prendesse la colpa. Così ti ha promosso, e Collins ti avrà fatto pedinare per trovare qualcosa da usare per ricattarti e costringerti a tenere la bocca chiusa,” concluse Tom.
Aveva senso.
“Ci è riuscito, purtroppo. Ma a cosa serve, Tom?” chiese James, scoraggiato. “Non cambia nulla. Non possiamo dimostrarlo.”
Tom ci pensò: “Forse invece sì. Quando hai chiesto la licenza?”
“Martedì. Poi ti ho telefonato, ricordi? Per dirti che sarei venuto in città,” rispose l’altro.
“E quel giorno Sterling è rimasto alla base?” James annuì. “Anche il giorno successivo?” Di nuovo un cenno affermativo. “Allora, dato che Butler è stato ucciso mercoledì sera, Sterling deve aver passato l’informazione ˗che ti eri rivolto a un investigatore˗ martedì o mercoledì. Deve aver parlato con Collins, o con uno dei suoi. Si possono richiedere i tabulati telefonici e la chiamata risulterà.”
James lo guardò speranzoso per un istante, poi scrollò la testa: “Non posso richiedere i tabulati della base senza prove concrete. Senza contare che Sterling potrebbe aver chiamato da casa.”
“Meglio, se ha chiamato da casa,” rispose Tom, cominciando a camminare.
James lo seguì: “Dobbiamo andarcene?” gli chiese.
“Non ancora. Ho un’idea.”
Si diresse verso la porta da cui era entrato. Si fermò davanti al container arancione. L’uomo che vi aveva rinchiuso aveva smesso da un pezzo di dare calci alla porta. Una volta terminati gli spari doveva aver capito che i suoi amici avevano avuto la peggio, dato che nessuno era andato a liberarlo. Forse sperava che gli altri si dimenticassero di lui.
Tom fece cenno a James di stare pronto e aprì il container.
L’uomo, rinchiuso al buio da diverso tempo non sembrò molto soddisfatto di trovarsi davanti agli occhi accecati dalla luce il tipo che lo aveva steso e il soldato, con l’aria più truce che mai.
Si rannicchiò contro una parete metallica, mentre il tipo con il soprabito scuro gli diceva, con feroce allegria: “I tuoi complici sono tutti morti. Ma tu ci puoi servire. Eccoti la scelta: tu mi dici dov’è il nascondiglio di Collins, la sua casa o il posto dove fa affari abitualmente, e io ti lascio uscire di qui. Ti lascio proprio scappare, prima che arrivi la polizia. Altrimenti, ti sparo, trascino il tuo corpo vicino agli altri e dico che si è trattata di legittima difesa nel corso di una sparatoria. Sarà difficile confutare la mia ricostruzione, dato che sarò l’unico sopravvissuto. Allora, cosa preferisci?”
L’uomo si leccò le labbra secche.
“Ma se io ti dico dove sta Collins, sarà lui a farmi fuori!” obbiettò ragionevolmente.
“Non sarò io a dirgli che sei stato tu, stanne certo.”
“Lo verrà a sapere comunque!”
“Mettiamola così: se io non ti uccido adesso, avrai il tempo di scappare e lasciare la città. Ti ho reso la scelta meno penosa?” insisté Tom, facendo qualche passo all’interno del container, impugnando la sua arma (scarica, certo, ma che ne sapeva il pover’uomo nel container?).
“D’accordo. D’accordo. Sta dietro al club ‘Lions’, sulla Stafford Avenue. C’è un appartamento, lì, ci passa spesso la notte, dopo aver fatto affari nel club.”
“E lo troverò lì, stanotte?”
“Sì, sì. Dovevamo passare a fare rapporto per le armi…”
“C’è un’entrata autonoma? O bisogna passare dal club?”
“Si può passare dalla cantina.”
Tom sorrise, nonostante il naso gli si stesse gonfiando come un melone e avesse solo voglia di prendere a pugni qualcosa: “Molte grazie. Vattene pure, ora. Noi siamo dietro di te.”
L’uomo si mosse con cautela. Passò di fianco a Tom come se si aspettasse che l’investigatore gli saltasse addosso all’improvviso. Ebbe un attimo di esitazione davanti a James, che aveva davvero una faccia spaventosa, bisognava ammetterlo, e poi si mise a correre, buttando a terra lo scudo della dignità per correre più veloce. Infilò la porta e sparì.
Tom e James lo seguirono, avviandosi alla macchina a passo svelto.
“Capisci?” chiese Tom. “Se dai tabulati della linea di Collins risultasse una chiamata da Sterling, o a lui, avremmo dimostrato il collegamento. Potrebbero essercene più d’una, se hanno concordato i dettagli del piano. Forse sono stati prudenti e hanno usato cabine telefoniche per comunicare, ma credo che almeno la telefonata che li avvisa del mio coinvolgimento sia stata fatta d’urgenza, dimenticando la cautela. E il telefono di Collins può essere controllato senza problemi: non ci crederai, ma ho l’appoggio di Kuntz. Poi ti spiegherò,” terminò in fretta, mentre salivano in macchina.
Mise in moto e partì.
“Ma se coinvolgerò Sterling, lui farà spuntare le foto. Non c’è modo di impedirglielo.”
“Tirare in ballo le foto servirebbe solo ad aggiunger il ricatto alle già lunga lista di reati di cui sarebbe accusato.”
“Ma sarebbe una magnifica vendetta.”
“Non se per allora le foto non esisteranno più,” rispose Tom, criptico.
“Che hai in mente, Tom? Non vorrai rischiare ancora di farti ammazzare, stanotte?”
“Non ti preoccupare. So perfettamente cosa faccio. Ti lascio qui,” disse, cambiando argomento. Accostò al marciapiede. “Devo chiamare Kuntz e spiegare cos’è successo. Chiama un taxi, e torna in albergo.”
“Tom, non ho intenzione di lasciarti andare da solo ovunque tu abbia deciso di andare,” fece James, deciso.
“Va tutto bene. Ho l’appoggio di Kuntz, ti ho detto. Mi deve altro che un favore, per aver ritrovato quelle armi e aver risolto il caso Butler, non credi? Scendi, ho detto.”
Dato che James non si muoveva, fu Tom a scendere dall’auto.
Fece il giro e si appoggiò alla portiera: “Sistemerò tutto, preparerò le prove e i rapporti della polizia. Domani, va all’incontro con la commissione: ti porterò tutto il materiale, la tua difesa e il vero responsabile. Lo giuro.”
Di controvoglia, James scese dall’auto: “Non sopporterei che tu ti facessi ammazzare perché io non sia umiliato da delle foto compromettenti, Tom. Lascia perdere. Ho già abbastanza colpe, non credi?”
Tom strinse le labbra: “Farò del mio meglio senza mettermi troppo nei guai,” concesse. “Ora devo chiamare Kuntz e farmi trovare là. Ci vediamo domani.”
James annuì, lanciandogli uno sguardo intenso: “A domani.”
Poi si girò e si avviò lungo il marciapiede, per cercare un taxi.
Tom individuò uno studio medico dall’altra parte della strada e corse a suonare il campanello. Sperò che gli dessero del ghiaccio da mettere sul naso, mentre chiamava la polizia.

Note:
Spero sia tutto comprensibile e sensato, in questo capitolo, anche per chi non è nella mia testaXD
   
 
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