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Autore: Lady_Crow    03/08/2019    2 recensioni
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Ma di cosa sono fatti i sogni? Cosa significa: “Vissero per sempre felici e contenti”?
 Isabeau e Navarre sono finalmente insieme, ma i loro guai non sono finiti. Marquet, il Capitano della Guardia al servizio del Vescovo, è ormai stato sconfitto; tuttavia, a Roma, suo fratello Leroy preme perché gli vengano assegnati degli uomini, in modo da poter riconquistare Aguillon e vendicarsi.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Etienne Navarre, Imperius, Nuovo personaggio, Philippe Gaston
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Isabeau e Navarre s’incamminarono verso l’ingresso della cattedrale, attraversandone la navata principale.
Lei gli stringeva il braccio con forse un po’ troppa forza, dovuta all’euforia, facendo fatica a staccare gli occhi dal tanto amato volto, che negli ultimi due lunghissimi anni aveva solo talvolta potuto intravedere all’alba e al tramonto; guardarlo, inevitabilmente, sembrava persino più importante che badare a dove mettesse i piedi.
Anche lui, di tanto in tanto, non riusciva ad evitare di rivolgerle qualche occhiata. La luce del sole, filtrando dalle vetrate, illuminava i suoi capelli biondi, adesso così assurdamente corti. Lo sguardo del cavaliere, spesso attento e tagliente, adesso era luminoso e pieno di gioia. Forse li aveva tagliati come segno di cordoglio per quella che fino ad oggi era stata la loro disperata condizione, o forse – più semplicemente – perché non rimanessero impigliati fra i rami, nel bosco, quando di notte dava la caccia ai conigli. Doveva essere particolarmente brava, considerando il numero di volte in cui gliene aveva fatto trovare uno pronto per essere consumato al risveglio.  Non si erano visti per due anni, eppure era riuscita a trovare modi per fargli giungere piccoli indizi dell’amore che provava nei suoi confronti, ben prima di Philipe e della sua licenza poetica nel riferire presunti messaggi.
Passarono, incuranti, davanti alla vetrata che poco prima era stata rotta dall’elmo di Marquet. Solo sulla soglia Navarre, per un attimo, fu colpito dalla consapevolezza che il cadavere del Vescovo fosse ancora inchiodato allo scranno dalla sua spada. Non era concepibile abbandonare il cimelio appartenuto per generazioni alla propria famiglia, soprattutto adesso che – avendo compiuto la propria missione – avrebbe finalmente potuto far incastonare nell’elsa la sua gemma.
“Perdonami. Aspettami qui” disse poggiando la mano su quella di Isabeau, divincolandosi dolcemente dalla sua stretta.
Lei dapprima parve confusa e lo seguì con lo sguardo mentre tornava indietro, poi i suoi occhi si posarono sul truce spettacolo costituito dai resti mortali del loro persecutore, dunque comprese e decise di rivolgerli verso l’esterno della chiesa. Percependone la malvagità, aveva detestato il Vescovo già da ben prima della maledizione, eppure quella vista la turbava profondamente. Sospirò. Non poteva comunque negare di sentirsi alleggerita dalla consapevolezza che lei e il suo amato non sarebbero mai più stati costretti a fuggire e a nascondersi. Non era la morte del loro nemico a renderla felice, ma l’idea della vita che da lì in avanti avrebbero condotto senza di lui alle calcagna.
Alle sue spalle Navarre, osservato da alcuni monaci, mentre altri preferivano guardare altrove, estrasse la spada dal corpo del Vescovo. Ne usò poi la bianca veste per ripulirla dal sangue. Più che una mancanza di rispetto o di un’ulteriore vendetta, si trattava di semplice giustizia: abiti sporchi di sangue si addicevano all’ormai defunto uomo di chiesa molto più di quelli candidi dentro cui s’era sempre nascosto. Il classico esempio di lupo travestito da agnello; e lui, di lupi, se ne intendeva come forse nessun altro al mondo.
“Celebratene pure le esequie, se lo ritenete necessario, ma non voglio sentire le campane di Aguillon suonare per lui” intimò Navarre lapidariamente a monaci e frati.
Taluni distolsero lo sguardo mentre talaltri, addirittura, scossero la testa in segno di diniego. Il cavaliere inspirò profondamente e alzò un sopracciglio mentre si voltava per tornare dalla sua amata. Per qualche strana ragione, l’idea che neppure loro avrebbero avvertito la mancanza di quell’essere viscido e corrotto fino al midollo, non lo sorprendeva.
Giunto accanto alla propria dama, Navarre le offrì il braccio e lei lo prese, stavolta senza eccessive tensioni, sorridente. Uscirono dalla cattedrale, finalmente insieme, per la prima volta come uomo e donna nella piena luce del giorno.

   
 
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