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Autore: KiarettaScrittrice92    06/08/2019    3 recensioni
Midoriya Izuku ha finalmente ottenuto la licenza provvisoria per eroi, ma improvvisamente qualcosa che sembra essere diventata più importante del suo sogno di diventare un eroe, si fa strada nel suo cuore: un sentimento che cambierà drasticamente la sua vita alla UA.
Bakugo Katsuki ha sempre odiato quella mezza calzetta che gli sta tra i piedi fin da quando erano bambini, ma da quando ha scoperto il segreto del suo quirk non riesce più a guardarlo nello stesso modo e questa cosa lo irrita ancora di più.
Todoroki Shōto è cresciuto con l'idea che nessuno l'avrebbe mai potuto apprezzare davvero, ma fin da quando ha affrontato il suo compagno di classe al Festival, ha compreso che dipendeva soltanto da lui. Da quel giorno è cambiato e in qualche modo sono cambiati anche i suoi sentimenti verso le persone.
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AVVISO!
Questa fan fiction comincia dopo la terza stagione dell'Anime, perciò non sto calcolando gli avvenimenti successivi già visti nel Manga e casomai non la finissi prima dell'uscita della quarta stagione: continuerò a non calcolarli.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Shouto Todoroki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Threesome, Triangolo, Violenza
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I sentimenti di Midoriya
 

Chiusi la porta della mia stanza, poggiando la schiena su di essa e lasciandomi scivolare in basso, finendo con il sedere per terra.
Come ero arrivato a quel punto? A ridurmi in quel modo? 
Era una sensazione strana e a dir poco angosciante. Nemmeno la voglia di avere anche io un quirk o la paura dei villain e di Tomura Shigaraki, mi aveva fatto sentire così male.
Fin da piccolo ero sicuro che il mio unico sogno, il mio unico obbiettivo, sarebbe stato ottenere un quirk e diventare un eroe. Per questo motivo stavo sempre dietro a Kacchan: perché lo ammiravo, perché per me lui era una forza della natura, proprio come gli avevo confessato alla prima esercitazione di All Might qui alla UA. 
Crescendo però le cose erano cambiate. Avevo ottenuto un quirk e non un quirk qualsiasi, ma il One for All di All Might; ero entrato nella UA; mi ero fatto nuovi amici e avevo scoperto che essere un supereroe significava affrontare gente pazza è pronta a tutto per il proprio scopo, gente che utilizzava le proprie unicità per il lato sbagliato.
In tutto questo era cambiata anche un altra cosa: io, i miei sentimenti, il mio corpo, le mie emozioni. Non me n'ero reso conto prima di allora, ma ero cresciuto e insieme a me erano cresciuti i miei interessi verso qualcosa a cui solitamente da bambini non si pensa. 
Chissà forse non era vero che quando ero piccolo stavo sempre con lui perché lo ammiravo, forse già allora provavo qualcosa per lui, nonostante lui si fosse sempre comportato in modo cattivo e scontroso con me. Com'è che si chiamava? Sindrome di Stoccolma: quella patologia in cui t'innamori del tuo aguzzino. No, Kacchan non è mai stato il mio aguzzino; insomma poteva essere scontroso, irascibile, pieno di sé, ma io avevo sempre visto sotto quella sua corazza, avevo sempre visto il grande eroe che era e che voleva diventare: un ragazzo dai grandi ideali e dal cuore d'oro che nascondeva tutto dietro una rabbia che aveva semplicemente ereditato da sua madre. In fin dei conti era quello che mi aveva dimostrato nell’ultimo combattimento di una settimana prima, quello che ci aveva portato entrambi ad essere puniti per rissa; in quel momento avevo visto il suo lato debole, quello che solo io conoscevo e sapevo tirar fuori.
Eppure mi resi conto dei miei sentimenti solamente a quel maledetto ritiro nei boschi. Ricordo ancora l'assoluto panico e la sensazione d'impotenza nel momento in cui i nemici me lo stavano portando via e lui, con uno sguardo che non gli avevo mai visto addosso, mi disse di non andare a salvarlo. Era preoccupato, e non per se stesso, ma per me; anche se forse solo io avevo compreso quello sguardo. Non voleva che lo andassi a salvare perché sapeva che sarei stato disposto a rischiare la vita per lui. Fu proprio in quel momento, mentre tra le lacrime mi lanciavo verso il buco nero di Kurogiri, incrociando il suo sguardo rosso carico di preoccupazione, che mi resi conto di cosa davvero provavo. Me lo stavano portando via, il mio Kacchan, senza che potessi fare nulla per salvarlo.
Per questo motivo dopo che lo salvammo non mi sentii affatto sollevato, sentivo ancora il dolore per non essere riuscito ad aiutarlo in quel momento, ma soprattutto sentivo il peso di quei sentimenti che non avevo il coraggio di confessare. Per lo stesso motivo diedi tutto me stesso in quel combattimento notturno, perché sapevo era l’unico modo per comunicare con lui, ma nemmeno quella volta riuscii a confessarmi. Nel momento in cui mi atterrò, ricominciando a insultarmi e dicendomi che nonostante tutto mi aveva battuto, io ero pronto a dirglielo, anche a costo di prendere altre botte da lui, ma proprio in quel momento intervenne All Might.
Mi sentii quasi sollevato quando il mio mentore decise di raccontargli tutto: era ingiusto nascondere un segreto così grande alla persona a cui tenevo di più in assoluto. Ero sicuro al cento per cento che lui non mi avrebbe mai tradito, rivelando a qualcuno quel segreto, anzi a dirla tutta forse lo sapevo anche quel giorno dopo la prima esercitazione, quando gli confessai che il mio quirk era in prestito.
Con la punizione, l’inizio delle lezioni e la scoperta dei tirocini, quasi dimenticai le tribolazioni del mio cuore, esattamente come le avevo dimenticate durante l’esame per ottenere la licenza temporanea.
Quel giorno però era successa una cosa che le aveva fatte riemergere come un fiume in piena, non solo facendomi sentire nuovamente male per quell’amore non confessato che continuava a opprimermi, ma anche perché improvvisamente mi ero ritrovato a deludere la mia migliore amica: quella che prima che mi accorgessi del mio orientamento reputavo anche carina.
Lei, al contrario di me, si era presa di coraggio ed era venuta a confessarmi che le piacevo ed io l'unica cosa che ero riuscito a risponderle era che non potevo, per poi scappare via e rinchiudermi nella mia stanza.
Mi passai le mani tra i capelli, incapace di pensare ad altro se non a quello. Dovevo trovare un modo per risolvere la situazione, ma come? Innanzi tutto dovevo scusarmi con Uraraka, spiegarle la situazione e magari avrei potuto chiederle consiglio. Scossi la testa, meglio di no: meno persone avrebbero saputo di quei miei sentimenti, meglio era. Una cosa però era certa, dovevo dirlo a Kacchan e già solo quel pensiero mi metteva addosso un ansia pazzesca.

 

Il giorno successivo, dopo aver preso il mio vassoio con la colazione, alla mensa del dormitorio, andai come tutte le mattine al tavolo con Uraraka e Iida. Era presto e ancora molti nostri compagni erano nelle loro camere a cambiarsi oppure a dormire; perciò per me sarebbe stato più facile scusarmi con lei.
Non appena mi sedetti il nostro capoclasse mi diede il buongiorno, mentre lei fece appena un cenno di testa. 
«U… Uraraka, poi… possiamo parlare? – le domandai, vedendola voltarsi verso di me con un aria gentile, ma che nascondeva un velo di tristezza che credevo di vedere solo io – Voglio chiederti scusa per il mio comportamento di ieri. Credo… Credo di doverti delle spiegazioni.» aggiunsi, leggermente imbarazzato.
«Tranquillo Deku, non ce n'è bisogno.» rispose lei, sempre con la stessa espressione leggermente delusa, ma che comunque cercava di mascherare con un sorriso.
Scossi la testa, sicuro della mia idea: anzi forse era l'unica cosa di cui ero convinto. Mi fidavo di Uraraka ed ero sicuro che avrebbe capito.
«È importante per me Ur... Ochako.» dissi, chiamandola per nome per la prima volta da quando ci conoscevamo.
Lei sembrò rimanere stupita da quelle mie parole, lo vidi nei suoi profondi occhi castani che sgranarono leggermente; dopodiché con un sospiro accettò la mia richiesta, suggerendo di vederci poco prima delle lezioni, nel cortile davanti all'ingresso della struttura principale della UA. Tutto questo sotto lo sguardo attento di Iida, che però non si azzardò a intromettersi, e ancora lo ringrazio per quello: probabilmente a lui non sarei riuscito a spiegare la situazione per intero, per lo meno non in quel momento.
Quando io e Uraraka ci trovammo quasi un'ora dopo nel cortile, ero ancora più nervoso del giorno prima, ma cominciai subito a parlare, senza darle il tempo di dire nulla.
«Ascolta Uraraka, io... – mi portai una mano alla nuca, percependo il groviglio dei miei capelli verdi sul palmo – Sono onorato di... Beh di quello che mi hai detto ieri e mi sento uno stupido a non essermene mai accorto. Se devo essere sincero, anche tu mi sei piaciuta fin da subito quando ci siamo conosciuti ma...» non riuscii a continuare l'imbarazzo stava prendendo possesso di me, ma soprattutto la preoccupazione che lei non avrebbe capito. Non pensavo affatto che lei fosse omofoba, o robe simili, ma mi resi conto che nonostante tutto, fare quello che nel mondo moderno chiamavano coming out era più complicato di quanto sembrasse.
«Ma...?» m'incoraggiò lei, e devo essere sincero non capii affatto se era scocciata del fatto che le stessi facendo perdere tempo, visto che ormai l'avevo già delusa, o semplicemente fosse curiosa di capire il motivo di quel mio rifiuto.
«Il fatto è che... da... da un po' di tempo io... io ho capito che mi piacciono i ragazzi…» dissi, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo e iniziando a fissarmi i piedi.
«Oh…» riuscì appena a dire lei e subito mille pensieri m’inondarono la testa, facendomi rimuginare come mio solito, portandomi a film mentali assurdi.
«Ieri non sapevo come dirtelo, per questo sono scappato. A dirla tutta non lo sapevo nemmeno io, l’ho compreso da poco e poi quando tu ieri mi hai detto quella cosa, io ho capito che non riuscivo a ricambiare i tuoi sentimenti. Sono stato tutta la notte a pensarci e…» continuavo a parlare, a mezza voce, come una macchinetta.
Solamente quando lei mi mise le mani sulle spalle, chiamandomi con quel soprannome che, grazie a lei aveva ottenuto un altro significato rispetto a quello offensivo che gli aveva affibbiato Kacchan, riuscii ad alzare lo sguardo su di lei.
«Non c’è nessun problema Deku, dico sul serio; anzi sono contenta che tu me l’abbia detto. – mi disse con un sorriso dolcissimo – Non si possono decidere i propri sentimenti e se hai scoperto questa cosa, nonostante mi abbia confessato che ti piacevo, vuol dire che è vero. Perciò va bene così. L’importante è che rimaniamo amici e che d’ora in poi non ci nascondiamo niente. Promesso?» domandò infine, mostrandomi il mignolo, come a voler suggellare un accordo.
Ci pensai qualche secondo, in fin dei conti le stavo già nascondendo qualcosa: le avevo detto che ero gay, ma non le avevo certo confessato chi mi piacesse. Era decisamente troppo presto per farlo, ancora me ne vergognavo e poi, dovevo riuscire a dirlo prima a lui che a chiunque altro. Nonostante tutto però, allungai la mano e intrecciai il mio mignolo al suo.
«Promesso.» risposi con un sorriso.

 

Le lezioni quel giorno furono molto tranquille, trattarono il primo soccorso, un qualcosa che un bravo eroe doveva conoscere in modo da prendersi cura delle vittime prima dell'arrivo delle ambulanze. Avevamo avuto già un assaggio di quel lato del nostro futuro mestiere: nella seconda prova per ottenere la licenza provvisoria, ma di certo non era come studiarle. Venne proprio Recovery Girl a farci lezione, ovviamente affiancata dal professor Aizawa.
Presi appunti molto attentamente, come facevo sempre, ma ad un certo punto Mineta con quel suo solito tono lascivo e leggermente fuori controllo fece una domanda che imbarazzò tutti.
«Non ci può spiegare qualcosa sulla respirazione bocca a bocca?»
Improvvisamente a quella domanda il mio cervello andò in tilt; non sentii nemmeno più cosa gli rispose Recovery Girl. Il mio cuore aveva cominciato ad accelerare i battiti e i miei occhi furono calamitati dall'acconciatura bionda ed esplosiva, proprio come il suo potere, del ragazzo davanti a me, mentre mi domandavo come sarebbe stato fare la respirazione bocca a bocca a lui.
Lui però si accorse in qualche modo del mio sguardo addosso, forse distratto dall'osservare Mineta che sbavava sul banco, perciò quando accadde mi aggredì come suo solito.
«Cosa cazzo hai da guardare, nerd?!» domandò, puntandomi con il suo sguardo rosso fuoco e facendomi tornare in me.
Aizawa lo rimproverò e lui si voltò di nuovo, ma la sensazione di disagio che si era creata in me per quell'assurda situazione rimase. Non capivo cosa cavolo mi stava succedendo, perché tutto all'improvviso mi sentivo a quel modo? Fino a quel momento avevo sempre studiato tutto ciò che riguardava gli eroi e i super poteri, non mi ero mai soffermato su altri argomenti, a meno che in qualche modo non mi servissero per la battaglia, perciò comprendere che quella era l'età in cui gli ormoni di un adolescente si risvegliavano era un qualcosa a me completamente sconosciuta, che mi lasciava sempre più spiazzato.
Una cosa però era certa, non potevo aspettare un giorno di più: anche a costo di tornare nella mia camera pieno di bruciature e lividi, io sarei andato in fondo a quella situazione, aspettando che Kacchan tornasse dal suo corso di recupero per ottenere anche lui la licenza temporanea e confessandogli ciò che provavo.
Mai però mi sarei aspettato sarebbe andata in quel modo.

  
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