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Autore: Athelye    06/08/2019    2 recensioni
Like a river flows surely to the sea
Darling so it goes
Some things are meant to be
Take my hand, take my whole life too

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Voleva che fosse tutto perfetto, un giorno perfetto, ma non solo per se stesso.
Voleva poterlo ricordare come perfetto in quelle giornate invernali, quelle in cui il ghiaccio disegna fiori blu sui vetri, con la persona che fra poco gli avrebbe giurato di stare al suo fianco per il resto della loro vita.
Voleva poterlo ricordare così, mano nella mano, davanti al fuoco scoppiettante nel camino del salotto, nonostante il tempo avrà inciso la propria firma sui loro visi stanchi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Can’t Help Falling In Love

 


Si controllò ed aggiustò il nodo della cravatta blu per la seicentesima volta, guardandosi allo specchio nella penombra. La serranda era abbassata e lasciava trasparire solo qualche timido raggio di sole.
Passandosi una mano fra i capelli, sospirò con nervosismo. Non ne poteva più, non vedeva l’ora che tutta quell’ansia finisse.
Chi diamine l’aveva detto che era il giorno più bello della propria vita?! Doveva trattarsi di una persona terribilmente spensierata. Già, come quella che proprio quel giorno gli avrebbe detto sì.
Si guardò intorno, osservando le foto che avevano insieme, agganciate alla cornice dello specchio.
Gli angoli delle sue labbra si sollevarono di riflesso nel vedere quel viso familiare sorridergli, catturato da un click e congelato nel tempo. Loro in gita al lago, loro vicino alla ruota panoramica più famosa del mondo, loro davanti alla Tour Eiffel..
C’era almeno una ventina di ricordi a decorare lo specchio di camera.
Cercò di farsi coraggio. Voleva che fosse tutto perfetto, un giorno perfetto, ma non solo per se stesso.
Voleva poterlo ricordare come perfetto in quelle giornate invernali, quelle in cui il ghiaccio disegna fiori blu sui vetri, con la persona che fra poco gli avrebbe giurato di stare al suo fianco per il resto della loro vita.
Voleva poterlo ricordare così, mano nella mano, davanti al fuoco scoppiettante nel camino del salotto, anche quando il tempo avrà inciso la propria firma sui loro visi stanchi.
La porta scricchiolò alle sue spalle, riportandolo alla realtà. Un’esile e minuta figura dai capelli lunghi e neri fece capolino. Indossava un vestito di un delicato color pesca che esaltava i suoi sorridenti occhioni blu.
“Sei pronto, fratellone?”
Respirò profondamente un’ultima volta prima di girarsi e annuire. “Sì, Nanika.”
La ragazza gongolò, aprendo di più la porta e facendo entrare ancora più luce, illuminando il giovane che strinse d’istinto gli occhi azzurri per l’improvvisa luminosità.
“Forza, esci dalla tua caverna! Dobbiamo andare!” Gridò qualcuno dal piano inferiore.
I due risero, scendendo le scale a braccetto. Lì sulla soglia di casa li aspettava un’altra ragazza, l’esatto riflesso di quella che aveva lui affianco, che cercava nervosamente qualcosa nella pochette.
“Ci sei, Alluka?” Chiese la sorella, titubante.
Quella sfoderò le chiavi della macchina, trionfante. “Ora sì!”
Una volta fuori, il sole estivo poté riflettersi sul completo blu notte che, indosso al giovane dai capelli argentati, creava un contrasto da togliere il fiato a chiunque lo guardasse.
Mentre parcheggiava, nello stomaco sentì attorcigliarsi qualcosa, con il cuore che gli batteva all’impazzata nel petto e nelle orecchie.
Contemporaneamente alla loro, si fermarono anche altre macchine da cui scesero diversi volti amici, che infusero un po’ di coraggio al giovane.
Arrivò anche una lussuosissima limousine da cui scesero i suoi famigliari: sua madre con uno dei suoi soliti cappelli con la tesa ampia e un paio di occhiali che avrebbero fatto invidia a Elton John, suo padre con un impeccabile completo come sempre e un cipiglio serio sul viso, e i suoi fratelli, il maggiore e il minore, eleganti ma con un’espressione totalmente indifferente alla situazione.
La donna attaccò immediatamente bottone con una malcapitata signora anziana presente, lamentandosi del caldo, del traffico e di altre inutilità da crisi di mezz’età. Le sentì parlare anche del matrimonio, fra i sospiri angosciati di sua madre, che si chiedeva come un ragazzo di buona famiglia come lui fosse finito con una persona senza né arte né parte.
Killua scosse la testa, cercando di ignorare il fatto che sua madre stesse ribadendo il giorno del suo matrimonio di non aver mai approvato la loro relazione. Le due gemelle accanto a lui, al contrario, risero divertite.
Gli amici avevano iniziato ad arrivare numerosi e a prendere posto all’interno della navata. Alluka e Nanika erano rimaste fuori insieme a lui, che intanto stava controllando di avere ancora la rosa bianca all’occhiello, che i bottoni del panciotto arabescato fossero ancora tutti allacciati, che il nodo della sua cravatta non si fosse allentato di un millimetro, che i gemelli viola fossero al loro posto, che..
“Fratellone, rilassati!” Rise Alluka.
“Quando verrà il tuo turno, sarò io a ridere.” Commentò lui, guardandosi nervosamente intorno.
Le due ridacchiarono fra loro, sinceramente divertite dall’ansia del fratello.
“E se ci avesse ripensato?” Chiese, più a se stesso, dopo aver ricontrollato l’orologio.
“Killua, non può averci ripensato, te l’ha chiesto lui!” Lo prese affettuosamente in giro Nanika.
E Killua lo sapeva (o perlomeno, ci sperava veramente tanto) che non ci aveva ripensato. Ricordava ogni istante di quel momento.
Si era inginocchiato davanti ai suoi occhi, e a quelli di tutti i loro colleghi alla redazione, che si erano fermati trattenendo il respiro. Dalla tasca aveva estratto una scatolina che Killua aveva visto da qualche giorno in giro per casa, ma che lui gli aveva spacciato solo come un ‘elegante porta obbiettivo ’.
Bugiardo di un fotografo, aveva pensato mentre il suo cuore si fermava, incredulo.
Era ancora così vivida l’immagine che Killua pensò di poter allungare una mano e toccare i suoi capelli neri e morbidi.
“Visto? Te l’avevo detto che non ci aveva ripensato!”
Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco la realtà, a capire che la figura comparsa a pochi metri da sé non era un ricordo ma la sua dolce metà in carne ed ossa.
Da una vecchia cinquecento giallo zafferano, scesero una donna dai capelli rossi e un’anziana signora dal viso gentile, e dietro di loro comparve un giovane dalla pelle olivastra con un completo color avorio e una rosa rossa all’occhiello della giacca. Sembrava brillare come una stella, la più bella e calda che Killua avesse mai visto.
Alla sua sola vista, le labbra di Killua si stirarono in un enorme sorriso, mentre l’ansia che l’aveva divorato scivolava via dal suo stomaco.
Si diede immediatamente del cretino per tutta l’agitazione che si era messo addosso da solo in quei giorni, perché non importava cosa sarebbe successo adesso, se qualcosa fosse fuori posto o non fosse andato come previsto: la persona più importante della sua vita era lì, a pochi passi da lui. Qualsiasi altra cosa sarebbe passata in secondo piano.
Le due ragazze corsero ad aiutare l’anziana e accompagnarla dentro la chiesa, insieme alla donna, che salutò commossa Killua prima di entrare.
Il giovane lo raggiunse con un sorriso da mille watt, mentre l’altro cercava di controllare il proprio e darsi un contegno.
Per la prima volta in cinque anni, si guardarono senza sapere cosa dire.
“Allora.. Ci siamo, eh?”
“Già..” Si sorrisero ancora, come se fossero in imbarazzo.
“Emozionato?”
“Secondo te?” Sbuffò, divertito dalla domanda. “Mia madre è già dentro, sei ancora in tempo per fuggire, Gon.”
Quello rise. “Non ci penso nemmeno!”
“Sicuro? Guarda che poi ti toccherà sopportarla ogni Natale.”
Gon stava per rispondere quando, con una sgommata micidiale, una macchina inchiodò in mezzo al parcheggio. Scesero affannandosi quattro figure ben familiari ai due giovani promessi sposi. I loro migliori amici.
Dal lato guidatore scese un uomo alto e snello che si sistemò gli occhialetti da sole borbottando qualche imprecazione, cercando di trovare la serratura per chiudere la macchina, mentre dall’altro lato uscì un bellissimo giovane biondo che stava palesemente rimproverando il primo di fare sempre tutto all’ultimo; le ultime due persone erano un giovane dai capelli rossi e un’elegante donna vestita di viola, che si affannarono a raggiungere la chiesa. I quattro, non appena li videro, rimasero pietrificati davanti ai due, come se non sapessero cosa fare a quel punto.
Killua rise scuotendo la testa, mentre il moro rivolse loro un divertito “Forza ragazzi, entrate, non abbiamo ancora cominciato.”
Il gruppetto mormorò una serie di ‘scusa’ e si fiondò all’interno.
“Aveva dubbi, caporedattore?”
“Nessuno.”
Risero ancora insieme, forse anche per allentare la tensione. Dall’ingresso decorato da fiori e nastri, sentirono arrivare le prime note della marcia nuziale, e il cuore di entrambi fece una capriola.
“Tocca a noi.”
“Vogliamo davvero entrare?”
“Io lo voglio.”
“Quello devi dirlo dopo, Gon.”
               
La cerimonia scorse tranquilla, se escludiamo il caldo terrificante che patirono tutti gli uomini presenti, rigorosamente in completo. Alluka e la zia di Gon si commossero più di una volta, mentre sua nonna annuiva soddisfatta del nipote. Sua suocera, invece, era abbastanza chiaro che stesse sperando in un improvviso ripensamento, cosa che faceva ridacchiare dentro di sé entrambi i giovani.
Lui e Killua si lanciarono occhiate felici tutto il tempo.
Gon sentiva a malapena le parole dell’officiante, ripercorrendo ogni singolo ricordo che l’aveva portato a vivere quel momento.
Quando si era proposto come fotografo alla testata locale, non aveva minimamente immaginato niente di tutto quello. Non avrebbe mai pensato di trovare dei colleghi fantastici, degli amici insostituibili, né tantomeno di innamorarsi del caporedattore, la stessa persona che all’inizio lo snobbava come il peggiore dei novellini che potessero capitargli, nonostante l’avesse scelto lui stesso fra i vari candidati.
Il primo sorriso che gli aveva rivolto, il primo appuntamento che aveva accettato, la sua proposta di convivere (a cui Gon aveva risposto ancor prima che finisse la domanda). Tutti i loro viaggi e le loro avventure insieme..
Cinque anni di ricordi, ognuno dei quali era un mattoncino di quel solido ponte che li aveva portati fin lì, quel giorno.
Stava sorridendo talmente tanto che a fine giornata, ne era certo, gli avrebbero fatto malissimo le guance. Ma come poteva non farlo?
Era accanto alla persona più bella che avesse mai incontrato, nonché l’amico migliore che potesse avere. Quando lo guardava, vedeva la sua metà perfetta. Non avrebbe saputo immaginare un finale diverso o più felice per sé.
Nonostante la famiglia Zoldyck avesse provato a mettergli i bastoni fra le ruote plurime volte, Gon non si era mai perso d’animo.
E ora era lì, a dire “” alla persona che amava.
In quel completo blu notte, così a contrasto col suo color avorio, c’era il ragazzo sfrontato che spegneva il telefono alle tre di notte e lo riaccendeva alle sei, che passava la giornata a controllare articoli, coordinare i giornalisti e che, con una quantità di caffè superiore all’emoglobina nel sangue, mandava avanti l’attività di famiglia.
Gon a volte si era chiesto perché, fra tutte le persone che gli facevano il filo, Killua avesse scelto proprio un fotografo da due lire come lui. Ok, molte facevano il filo soprattutto al suo portafogli, ma le altre?
Un giorno gliel’aveva domandato. Killua l’aveva guardato come al solito e aveva detto semplicemente “Ma sei stupido?” e poi era scoppiato a ridere, baciandolo dolcemente sulle labbra, lasciandogli il sapore amaro del caffè.
 
Gli lanciarono addosso almeno un chilo di riso non appena misero piede fuori dalla chiesa, mano nella mano. Piovvero complimenti e congratulazioni da tutte le parti, e insieme a bolle leggere volavano risate di felicità.
Il tempo era qualcosa di completamente astratto in quel momento per Killua. Gli sembrò di arrivare in un attimo al ricevimento, con il cielo che iniziava a tingersi di viola e uno spicchio di luna a far compagnia alle poche, timide stelle che si facevano strada nel buio.
La cena si tenne in un giardino pieno di rose gialle e bianche e rosa. Su tutti i tavoli elegantemente apparecchiati c’era una campanellina argentata per ogni invitato, con un’etichetta che diceva “Kissing Bell”. Potete immaginarne l’utilizzo e anche che, almeno all’inizio, ci fu uno scampanellio continuo da ogni tavolo.
Ad ogni accenno di tintinnio, Gon si allungava per baciare il bellissimo giovane alla sua sinistra. Un paio di volte l’aveva fatto di riflesso anche al suono delle posate poggiate su un piatto, molte altre ai vari brindisi partiti da un tavolo o da un altro in loro onore.
“Gon! Non ha suonato nessuno stavolta!” Lo rimproverò ridendo all’ennesimo tintinnio di posate.
“Non posso baciare mio marito quando voglio?”
Marito. Quella parola gli risuonava nella mente ancora così assurda ed estranea. Eppure era così, e Killua non poteva sentirsi più felice, con qualcosa di caldo che gli vibrava nel petto ogni volta che sentiva l’altro pronunciare quella parola. Si allungò verso il suo viso per unire le loro labbra in un bacio dolce.
Più tardi venne messa della musica e gli invitati iniziarono ad alzarsi per andare a chiacchierare agli altri tavoli. Si avvicinò alla coppia il gruppetto di amici, nonché colleghi, che era quasi arrivato in ritardo alla cerimonia.
“Ah! Vi siete fregati, così giovani e già sposati!” Esordì Leorio, il caposervizio dello sport. Aveva riposto gli occhiali da sole nel taschino della giacca e si era già liberato della cravatta.
“Giusto, per te, scapolo e vicino alla pensione, dev’essere un bello smacco.” Ribatté con un sorriso ironico Killua, scatenando le risate degli altri.
“Dovresti dire lo stesso a Palm. La nostra esperta di moda non è mica tanto più giovane di me!”
“Già il fatto che tu stia indossando un completo nero a un matrimonio è da cafoni, non ti conviene calcare la mano!” L’elegante donna vestita di chiffon viola gli rifilò una manata sulla nuca, visibilmente stizzita. “Voi due, piuttosto, cercate di non sposarvi più d’estate. Pensavo di squagliarmi!”
I due neosposi si guardarono, perplessi.
“Beh, l’idea è di non doverci risposare in realtà..” Disse il moro, ridacchiando imbarazzato.
Il giovane dai capelli biondi si passò una mano sul viso, esasperato, chiedendosi se finire come protagonista nella stessa rubrica di cronaca nera di cui era responsabile pur di chiudere il becco a quei due.
In quello stesso momento Alluka e Nanika lanciarono i loro bouquet. Uno finì proprio in mano a Palm, che lo sbatté in faccia a Leorio, esultando.
Ikalgo, il giovane dai capelli rossi che curava la sezione di cultura, attaccò con una dettagliata spiegazione dell’origine di quell’usanza.
Fortunatamente, forse, le sorelle di Killua arrivarono in loro soccorso, obbligandoli a fare un gioco di coppia.
 
Li fecero sedere schiena contro schiena, dando a entrambi una rosa bianca, che indicava Killua, e una rossa, che indicava Gon. Il funzionamento era semplice: Nanika e Alluka avrebbero fatto delle domande sui due ragazzi e loro avrebbero dovuto alzare l’una o l’altra rosa per rispondere.
Immediatamente si affollarono intorno a loro gli invitati, curiosi di vedere a quante domande avrebbero risposto nello stesso modo.
“Cominciamo con una domanda semplice: chi ha fatto la proposta?”
Entrambi sollevarono la rosa rossa, sorridendo.
“Molto bene. Ma chi si è dichiarato per primo?”
Ci fu un attimo di esitazione, poi sollevarono le rose bianche.
“E chi ha detto ti amo per primo?”
Stessa rosa, a cui seguì per qualche strano motivo un applauso da parte degli invitati.
“Chi è il più disordinato?”
Rose rosse.
“Quindi chi pulisce casa?”
Alzarono entrambe le rose.
“Oh, davvero?” Chiese Alluka, perplessa dalle ultime due risposte.
“Sì, è un totale disastro nel tenere ordinata casa, ma si impegna per cercare di pulirla al meglio.” Commentò Killua, facendo ridere sia Gon che i loro amici.
“Ahahahah! Bene, direi che per ora state andando alla grande. Un paio di domande sul lavoro. Chi lavora di più?”
Alzarono le rose bianche, con un sospiro di Killua.
“E chi guadagna di più?”
Nanika non finì la domanda, che le due rose rosse erano già per aria. Gon, oltre ad essere uno dei fotografi ufficiali del giornale, lavorava anche in uno studio privato. E questo era anche il motivo per cui non avevano assunto fotografi, ma si erano affidati agli scatti degli amici.
“Chi è il più ritardatario?”
Entrambi alzarono la rosa rossa. “Però lui ci mette una vita a prepararsi!” Aggiunse ridacchiando Gon, facendo ridere tutti.
“Non posso negarlo.” Sorrise l’altro.
Alluka rise prima di leggere. “Chi.. è il più geloso?”
Rosa bianca.
“Chi spende di più?”
Killua sollevò immediatamente la rosa rossa, mentre Gon rimase fermo a pensare.
“Attenzione signori, qua c’è dell’attrito!” Esclamò Nanika, divertita.
Il giovane dai capelli argentati voltò un po’ il viso verso la propria spalla, inarcando le sopracciglia con un sorriso stupito.
“Non è vero!” Esclamò Gon, dopo aver visto la rosa rossa alzata in mano all’altro.
“Gon, hai comprato sei obbiettivi e due set da quattro lenti in meno due settimane.” Ribatté ridendo lui.
“. . . Diamine è vero.”
Gli invitati risero di gusto, mentre le due ragazze si apprestavano a continuare con le domande.
“Ora qualche domanda più.. Intima.”
Leorio emise una specie di ululato da tifoseria, sostenuto da Zepile, un suo corrispondente. Entrambi erano già più che brilli. Killua scosse la testa con un sorriso a metà fra il divertito e lo sconsolato.
“Chi russa di più?”
I due si fermarono a pensare. Dopo qualche secondo, scossero la testa più o meno in contemporanea.
“Uhm.. Non ti ho mai sentito russare in realtà.. Forse solo una volta.” Disse Killua, voltandosi a dare un’occhiata al fotografo.
“Neanche io, ora che ci penso..” Rispose quello, sforzandosi di ricordare.
“Oh, beh, allora andiamo avanti!” Annunciò l’altra gemella. “Chi prende l’iniziativa/è più passionale in camera da letto?”
Killua chiuse gli occhi ridacchiando mentre Gon si morse il labbro sorridendo. Alzarono la stessa rosa nello stesso momento. Rosa bianca.
Gli invitati applaudirono la risposta facendo ridere di più i due sposi. Le ragazze annunciarono la fine del gioco e l’arrivo della torta. Era una torta a due piani, un millefoglie decorato con delle rose e le loro iniziali scritte con il cioccolato.
Gli invitati li bombardarono di foto mentre si baciavano prima di procedere al taglio, anche se per Gon la cosa più dolce di quel giorno era lo sguardo innamorato di Killua ogni volta che l’aveva guardato. Un azzurro così caldo che sussurrava ti amo ad ogni battito di ciglia.
In quel momento Killua lo stava guardando con un’incredibile dolcezza, e Gon non riuscì a resistere. Prese uno sbuffo di panna e lo spalmò sulla punta del naso dell’altro, che lo arricciò in una smorfia divertita prima di fargli una linguaccia. Risero come due ragazzini, poi Gon si sporse per dargli un bacino e togliere la panna.
Venne servito il dolce, poi molti invitati iniziarono ad andare a ballare, mentre i famigliari degli sposi rimasero al tavolo a parlare.
Forse a causa dell’open bar, Leorio aveva conquistato il centro della pista in preda a un raptus di tecktonik, nonostante la musica che stava suonando fosse reggaeton. Kurapika si precipitò a ballare con lui per assicurarsi che non stendesse accidentalmente i quattro invitati intorno a lui, fra cui il fratello minore di uno degli sposi.
Killua e Gon invece ballavano sorridendosi, cantando e divertendosi a far piroettare a turno l’altro. Quando improvvisamente partì un lento, gli amici si fermarono in cerchio intorno a loro, che si erano presi per mano e avevano iniziato a ballare sulla voce di Presley.
Si guardarono e, per tutta Can’t Help Falling In Love, Killua pensò che ci fossero solo loro due in quel giardino.
Solo lui e gli occhi caldi e ambrati di Gon.
Solo lui e la mano con un nuovo anello del suo migliore amico sul suo fianco.
Solo lui e il sorriso della persona che amava.
Solo lui e suo marito.
Quando Elvis smise di cantare, Killua si mosse in avanti senza pensarci per baciarlo ancora. Avrebbe avuto tutta la vita per farlo, ma non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire neanche un’occasione.
Come ad ogni bacio quella sera, giunsero alle loro orecchie gli applausi e gli schiamazzi gioiosi dei loro amici.
Fu un bacio molto dolce ma appassionato. Aveva avvolto il collo di Gon con le braccia e l’aveva stretto vicino mentre lo baciava. Fecero sfiorare i loro sorrisi guardandosi con gli occhi socchiusi, poi strofinarono dolcemente i loro nasi come due gatti quando si fanno le fusa.
Riattaccò la musica dance, ma loro rimasero abbracciati fra gli invitati che ricominciavano ad agitarsi nel ballare.
 
Forse, chiunque l’avesse detto, non aveva tutti i torti. Quello era davvero il giorno più bello della sua vita. Il primo di tanti.








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Note dell'Autrice

Zalve! Oggi storia bonus rispetto alla mia solita scheda di pubblicazione.
Perché? Così, a caso. Lol.
No, vabbè, contestualizzo: ho scritto questa storia per un prompt (più d'uno in realtà) da un post su tumblr della mia fanartist preferita (click!). Sssso, mi è uscita questa cosa qui.
Inizilalmente doveva essere solo il loro matrimonio, poi ci ho preso la mano ed è saltata fuori praticamente un'intera AU, che credo riporterò in futuro su EFP o su tumblr perché ho tipo mille idee in testa a riguardo. Damn it.
Anyway! Ringrazio la mia MAGICA beta, che l'ha letta ed approvata e per la pazienza che ha sempre con me che le rompo sistematicamente le scatole. Grazie sis ❤
Ringrazio in anticipo chiunque leggerà e deciderà di farmi sapere cosa ne pensa :3

Un abbraccio a tutti e ci si legge venerdì come al solito con il nuovo capitolo di Exactly Another Teen Story!


Athelyè ~
   
 
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