Storie originali > Soprannaturale
Ricorda la storia  |      
Autore: liu_Qgirl    13/08/2019    0 recensioni
Un perfetto natale dai signori Smith
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un Natale vermiglio


La neve cadeva lenta, toccando e coprendo ogni cosa che incrociasse il suo cammino, ma fu svelta a finire. Alla porta di casa stavano tre set di scarpe colorate spolverate di neve, lasciate all’entrata per non sporcare.


La signora Smith aprì deliziata la prima delle tante scatole che sostavano all’ingresso. Le decorazioni natalizie all’interno di essa riflettevano la forte luce dell’antico lampadario in mezzo alla stanza con efficacia, brillando nella penombra. Quel brillio rincuorò di molto la signora Smith, rassicurandola sul fatto che sarebbe stato un Natale perfetto. In un angolo, l’albero di plastica già montato se ne stava in attesa di essere, come ogni anno, adornato a dovere in ogni suo ramo, vicino ad esso il signor Smith stava lentamente districando i fili delle lucine da apporvici. Il piccolo Smith si soffiò rumorosamente il naso da vicino il fuoco, le guance gonfie di aria, poi si girò verso le scatole che, a suo vedere, stavano lentamente ingombrando il suo passaggio verso l’uscita e, di conseguenza, verso gli amici. Disse con voce giusto un poco polemica: “Ma lo dobbiamo proprio fare tutto oggi?” “Abbiamo tutto qui, perché aspettare?” fece la signora Smith, esibendosi in una delle sue tante espressioni imploranti.


Il signor Smith smise di districare i fili, contento del risultato- a sinistra i fili per l’albero all’interno, mentre a destra, i fili per l’esterno, checché ne facesse il resto del paese, casa sua non sarebbe rimasta senza addobbo da sfoggiare-. “Forza, ho bisogno di aiuto fuori” disse, con rinnovato entusiasmo, degustandosi già le luci splendere nella notte così come facevano nella sua infanzia, un’immagine che gli aveva fatto ritrovare le energie di andare fuori al gelo della sera ed arrampicarsi di nuovo su per le piante e l’abitazione.

La signora Smith si fermò per guardare il marito e il figlio uscire di casa, bardati con pesanti piumini e sciarpe e cappelli: “Aspettate” esclamò a voce alta: “Ricordatevi l’ingresso”. Il signor Smith diede a vedere uno sbuffo, chinandosi verso la moglie: “Agli ordini” disse, dandole un piccolo bacio sulle labbra. La donna sorrise, poi i due sparirono dietro l’enorme porta di legno massiccio, e lei continuò a togliere piano dalla scatola le palline. Ne aveva tre scatoloni pieni, alcune provenienti dalla sua infanzia -intagliate di legno, con giocattolini di plastica, pezza- ma quelle non venivano usate molto spesso. Alternava di anno in anno decorazioni rosse e bianche o palline grandi di vetro fragile, con contorni in oro.

Quest’anno, aveva deciso, a quelle avrebbe aggiunte delle nuove palline, più piccole, in vetro, con magnifiche fantasie rosse. Ma c’era una cosa che la donna amava certamente di più che decorare l’albero, e quello era, senza dubbio, riempire l’interno della casa di rimandi natalizi. Le ultime due scatole erano atte a questo.


All’interno, adorabili pupazzetti di stoffa dividevano il loro spazio con candele e palle di vetro, di quelle che se ribalti velocemente e poi rimetti in posizione puoi guardare per pochi, magici attimi la neve cadere su babbi natali dalle gote rosse e gli occhi spenti che guidano slitte ingombre di ogni ben di dio nascosto sotto carte luccicanti di regalo. Una scatola sola era occupata da altri babbi Natale non imprigionati in bocce di vetro, di ogni forma, materiale e misura. 
C’era il babbo Natale bianco, col sacco ai piedi, talmente grande da essere costretto nella posizione diagonale della scatola, il babbo Natale rosso che più rosso non si poteva, certo, vermiglio, si ricordò la signora Smith, con le gote anch’esse rosse come il vestito e la barba bianca che si allungava su di esso appuntita come il dente di uno squalo, c’era il babbo Natale robot, che veniva dagli anni d’infanzia e che faceva piangere ogni bambino che lo vedesse accesso, con i suoi occhi che brillavano di rosso mentre marciava con un inno natalizio meccanico e lugubre, battendo dei piattini che una volta dovevano essere stati d’oro, mentre ora andavano più ad una sfumatura sul rossiccio, poi tanti altri, tanti piccoli babbi Natale con il corpo a campanello, di stoffa, riempiti di sassi pesanti e sabbia, di cera, con la pelle giallognola e lucida e il berretto quasi totalmente bruciato. Sebbene avessero le loro piccole imperfezioni, la signora Smith amava la sua collezione di babbi Natali. E se il signor Smith storceva il suo naso davanti a qualcuno di essi e il signorino Smith accendeva quelli a candela e li guardava bruciare e fondersi lentamente, grosse gocce di cera che cadevano sui piattini bianchi posti sotto, beh, era un problema fino a un certo punto.


Le mani cercavano veloci nelle scatole, tirando fuori con brevi movimenti meccanici le palline e attaccandole con cura al ramo prescelto, curandosi che non si vedesse nulla dello scheletro dell’albero, attorniato malamente di foglie di pino finte che gli davano, ad un’occhiata più attenta, un’aria da vecchio bastone mascherato per ben altra festa. La donna si fermò solo una volta finito, rimirando il risultato soddisfatta. Alla sommità mancava il puntale, ma non aveva ancora deciso cosa metterci, anche se la sua mente propendeva verso il babbo Natale rosso, non rosso, vermiglio, con la tunica cava. Chissà per quale motivo, ma era sicura che sarebbe stato un vero gioiello a squadrarli da lassù. Impilò le scatole una sopra l’altra, le decorazioni inutilizzate erano riposte con cura all’interno di esse, poi passò alle ultime scatole.


Ogni cosa era perfetta, messa al suo posto, tre piatti e bicchieri e set di posate e i piccoli babbi candela avrebbero fatto la loro figura come segnaposto quella sera. Sulla tovaglia decorata con pungitopo e bacche rosse ce ne stavano quattro, tutti radunati in centro tavola.


I suoi uomini rientrarono e la donna guardò preoccupata il pavimento chiaro e lindo sotto le scarpe dei due, poi si rasserenò non vedendo cadere una briciola di sporco. Si appuntò comunque di dare una spazzata all’ingresso mentre i due si toglievano le scarpe e rimanevano con i calzetti invernali addosso. “E’ un freddo fuori” fece il ragazzo, l’espressione stanca e il viso pallido su cui spiccava il rosso delle guance colpite dal vento gelido. Il signor Smith aveva la pelle più dura del ragazzo e una carnagione più scura, ma si distingueva comunque il naso un po’ più rosso del resto del viso: “Non hanno messo niente nemmeno quest’anno in paese, è una vergogna” si lamentò. Il Natale nei suoi ricordi era pieno di luci e suoni, mentre ora tutto il mondo sembrava essere calato in una notte scura e silenziosa che li circondava. La donna sorrise: “Li metteranno poi, ma non saranno mai belli come i nostri”. In cucina, bolliva un brodo caldo, e i piatti erano già posti sul tavolo per loro tre.


La serata era piacevole e le luci, preimpostate, si accesero appena il sole sparì al di là della collina. Erano riusciti con successo a porre il babbo Natale come puntale all’albero e, si fecero una risata con i borbottii stanchi del ragazzino che lo definiva -un uccello del malaugurio che pendeva sulle loro teste-. “Troppo Dante fa male” fece il signor Smith, accarezzandosi i baffi neri, mentre guardava soddisfatto al di là della finestra, alle piccole luci poste sull’albero di fronte a casa loro che si accendevano e spegnevano ad intermittenza. Non era ancora Natale, ma con un simile lavoro sembrava di respirarne già l’aria pungente ed elettrica di quel periodo. Quando si decisero a ritirarsi nelle proprie stanze le lingue di fuoco del caminetto stavano perdendo la loro battaglia con il ciocco che malauguratamente il ragazzo aveva infilato nel fuoco. La stanza era immersa nella penombra ora, illuminata solo dalle luci che, anche di notte, svolgevano senza pause il loro lavoro in silenzio. Le palline di vetro aiutavano a diffondere una flebile luminosità nella stanza che accarezzava il piccolo esercito di decorazioni natalizie sparso. L’unico non toccato da questa idea di luce era il babbo Natale più in alto, che sembrava lanciare una pesante ombra nel lato alto della stanza. Se un paio di occhi fossero stati lì, avrebbero visto certamente qualche ombra apparire e sparire appena fuori dalla loro visuale. Se la signora Smith fosse stata lì, avrebbe rassicurato quegli occhi del fatto che era solo il gioco delle luci, e che erano troppo suggestionate dal buio che stava cadendo sulla casa mentre le ultime fiamme si estinguevano sul ciocco nero.


I giorni dopo furono tranquilli, intervallati da piccole tempeste di neve che cadevano veloci sulla casa, adagiando la sostanza bianca su tetti, alberi e prato. Il signorino Smith brontolava sempre più spesso perché, complice qualche linea di febbre, era rimasto intrappolato in quella casa, e passava le giornate nella poltrona vicino al camino, nascosto dall’enorme coperta che la signora Smith avvolgeva attorno a lui dandogli un bacino in fronte, passando dal sonno alla veglia con relativa facilità, gli occhi che a volte si perdevano tra le lingue di fuoco del caminetto. Il signor Smith con quel tempo non lavorava, e anche la signora Smith era in pieno periodo di vacanze, e ogni giorno si dilettava a decorare la tavola come in uno di quei vecchi film natalizi, con la luce soffusa per tutta la stanza e le persone che sorridono ai capi della tavolata. Si arrabbiò qualche volta con il ragazzino, prima con dolcezza e divertimento, poi man mano sempre più aspra. No, non era divertente che le si spostassero i babbi Natale che aveva predisposto con cura estrema negli angoli della casa, e sebbene il forte dissenso del figlio che continuava a proclamarsi non colpevole, il clima cominciava ad essere teso.


Il signor Smith era l’unico che, ciclicamente, usciva di casa al freddo, al gelo, alla neve, per prendere i ciocchi per fare continuare il camino. Anche la signora Smith poteva farlo, notava, ma alla signora Smith mancava la voglia di uscire e sottoporsi a quella dura prova. Inoltre, come faceva notare lei, era l’addetta alla cucina, e prima o poi si sarebbe dovuto anche fare un giro a comprare qualche vivanda in più, magari dopo Natale, che andava avvicinandosi a passo più veloce, o almeno così a loro sembrava, degli altri anni. Non era inusuale per il signorino Smith addormentarsi nella stanza dell’albero, vicino al camino, ma ora sembrava ricusare ogni cosa, facendo cenno a ombre che si muovevano troppo veloci per essere viste e uno stato d’inquietudine generale. Non aiutava il fatto che durante una delle sue numerose dormite il babbo Natale robot si fosse accesso e chissà come, avesse percorso senza essere notato parte della stanza, probabilmente con il suo meccanico jingle bell a guidarlo, gli occhi rossi che splendevano tra le luci dell’albero.


Il ragazzino si svegliò di colpo, trovandosi il babbo Natale a pochi centimetri dalla mano, i piccoli piatti rossicci che battevano facendo un rumore, a suo dire, assordante. Il signorino Smith ora dormiva in camera. Aveva chiesto alla signora Smith la chiave e la signora Smith gliel’aveva data solo dopo tante preghiere, e sotto la promessa di non chiudere a chiave. A nulla valsero i brontolii sull’inutilità della cosa, i signori Smith si fecero fronte comune e la porta rimase solo chiusa, la chiave nel buco. Quando, qualche giorno dopo, la chiave sparì, il signorino Smith fu veloce a far cadere la colpa sulla signora Smith, che si scusò dicendo che forse era finito nell’aspirapolvere con cui ogni giorno puliva le stanze. Il signorino Smith rimase piuttosto immusito dalla cosa, ma ritornò in soggiorno, aggirandosi però nella stanza solo nelle ore di luce e riscoprendosi a rigirarsi di scatto solo per vedere i vuoti occhi di un babbo Natale scrutarlo silenziosamente alle sue spalle.


Era la vigilia di Natale oramai, le quattro calze erano ordinatamente state disposte dalla famiglia lungo il camino, stranamente spento. La signora Smith, pur di dare un contentino al figlio, lasciò che accendesse i quattro segnaposto a babbo Natale. Il signorino Smith rimase a guardare la fiamma che consumava la candela facendo cadere le grosse gocce di cera sul piattino bianco che la madre poneva sotto. Rimase a guardarli bruciare finché il loro inquietante viso venne sformato dal calore e divorato dalla fiamma dello stoppino, poi ci soffiò sopra le gote che non avevano perso colore in quei giorni dentro casa, finché del fuoco rimase solo una sottile linea di fumo che usciva dallo stoppino nero arricciato su sé stesso. Allora si disse soddisfatto e andò a letto, sentì la madre accarezzargli la fronte nel sonno e passargli sopra la mano, spostandogli i capelli dal viso.


Il giorno dopo il signore e la signora Smith erano a tavola per la cena dopo un giorno di duro lavoro, la signora Smith aveva apparecchiato alla perfezione: due piatti e bicchieri e set di posate e i quattro piccoli babbi Natale-candela come segnaposto radunati nel centro tavola sulla tovaglia decorata con pungitopo e bacche rosse, la pelle giallognola e i piccoli berretti bruciati. C’erano delle scatole impilate ancora in soggiorno, ma tutte le decorazioni ormai erano al loro posto. Il signor Smith brontolava sul fatto che i vicini non avessero messo luci, che ai suoi tempi era diverso, e la signora Smith notava che, anche se lo avessero fatto, la loro casa sarebbe stata la più bella. Entrambi risero alla cosa. Le guance del signor Smith erano rosse dopo essere state colpite dal vento gelido. Sull’albero addobbato con cura in modo da nascondere lo scheletro verde come un palo ricoperto malamente di foglie verdi di plastica stava un babbo Natale vermiglio, la punta della barba bianca appuntita a sembrare il dente di uno squalo. Il suo corpo, a detta del signor Smith, sembrava gettare ombra su tutta la stanza, come una promessa di sventura. La signora Smith aveva riso di gusto a quella affermazione. Fuori nevicava a tratti persino sulle due paia di scarpe all’entrata, come se qualche bambino capriccioso si divertisse a ruotare una palla di neve e a rimetterla velocemente al suo posto per vederla ancora cadere per pochi, magici attimi.

-----Autrice ---

Primo tentativo di horror, spero vivamente che vi sia piaciuto

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: liu_Qgirl