Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Son of Jericho    16/08/2019    2 recensioni
C'è un'autostrada che punta verso il tramonto. E' lunga e tortuosa, ed è tutt'altro che semplice arrivare alla fine.
Quando tra un giorno e un altro non c'è differenza, e tutto ciò a cui riesci a pensare è ciò che è andato storto, è ora di fare il primo passo. Abbandonare tutto e ricominciare da capo.
[Beta]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Highway to the sunset

 

This foolish heart is back on the street, one more time.

 

E’ ora di andare. Non c’è spazio per i ripensamenti, non posso più restare qui.

La città inizia a starmi stretta. Tutto si è fermato intorno a me, la mia mente non sa più dove voltarsi. La fantasia si è arenata, i sogni cristallizzati.

Non vedo niente che mi possa trattenere qui. Se esiste, vorrei che qualcuno si facesse avanti e me lo dicesse.

Monto in auto, il bagagliaio appena caricato.

Il sole è sorto da poco, le serrande degli appartamenti sono ancora abbassate. La città continua a dormire serena.

Beh, lo farà anche senza di me.

Giro la chiave, faccio scaldare il motore. Ci aspetta un lungo viaggio, e non voglio che si fermi finché non glielo dirò io.

Regolo lo specchietto, e lì, incontro il mio riflesso. Quelli non sono i miei occhi, non li riconosco più. Sono quelli di un disperato, di uno che non ha più la forza di chiedere niente. Dietro di loro c’è un’ombra che, come un parassita, cerca di farli muovere appena verso il metro successivo.

Metto in moto ed esco piano dal parcheggio. Non ho svegliato nessuno.

Andare via così non fa tanto male. Almeno, non stavolta.

Le strade sono ancora deserte. I primi chilometri, fino all’imbocco dell’autostrada, filano lisci. Riesco a tenere sotto controllo i pensieri e le ansie.

Al primo bivio, prendo lo svincolo per Bologna. Prendo fiato, come se fossi stato in apnea fino a quel momento.

La strada si allunga di fronte a me, dritta, nel mio immaginario infinita. Sinceramente, non ho idea di quale sia la mia destinazione. So solo che sarà lontano, lontano, più lontano. Fin dove mi porteranno le forze, la testa, il cuore.

Sono partito senza una meta, solo con uno scopo. Riconquistare la mia vita.

Mi viene in mente un vecchio proverbio, o qualcosa di simile. So quello che sto lasciando, ma non quello che troverò. E va bene così.

La prima tappa è un auto-grill, per un caffè e qualcosa da mettere sotto i denti.

Due camionisti, reduci evidentemente da un itinerario notturno, stanno conversando al bancone. Uomini di mondo, che ne hanno viste tante e hanno ormai le spalle abbastanza larghe per sopportarne anche di più. Mi siedo vicino a loro, dopo aver ordinato al ragazzo con la camicia rossa e la targhetta bianca. Li ascolto parlare, mentre sorseggio uno dei caffè più cattivi che abbia mai bevuto.

Uno sta raccontando all’altro che, a volte, vorrebbe mollare tutto e trovarsi un lavoro differente. Sta peggiorando la crisi con la moglie, che lo accusa di non essere mai a casa. A quanto pare, tra qualche anno rimpiangerà di non aver visto crescere sua figlia.

Il compagno di ventura lo rincuora con una pacca sulla spalla e dicendo che, lo sa, il loro è un mestiere del cazzo. E’ dura stare fuori 14 o 16 ore il giorno e mantenere in equilibrio tutto il sistema, i soldi, la famiglia, eccetera, eccetera.

Finisco il cornetto, puntando lo sguardo nel nulla. Bella storia.

Mi alzo e accenno un sorriso a quello che mi pare il più abbattuto dei due. La morale, nel caso qualcuno se lo stesse domandando, è che ognuno ha i suoi problemi. Avrei anche potuto farmi gli affari miei, ma altrimenti dove sta il divertimento?

Lasciato andare il maniglione della porta a vetri, torno alla macchina e mi lascio inebriare dall’aria frizzante del primo mattino. Ripartiamo, siamo solo all’inizio.

Il silenzio si è ormai dissolto. Tanti altri veicoli sono comparsi sulla carreggiata, mi si affiancano, superano e vengono superati. Il ruggito dei motori si mescola alla radio, creando una voce che mi sussurra all’orecchio.

In molti potrebbero dire che sto facendo una cazzata, me li immagino. Ne ho fatte tante nella mia vita, una in più non fa la differenza. Sono tutto tranne che perfetto.

Peccato però che, in tutto questo, nessuno abbia fatto assolutamente niente per fermarmi.

D’istinto, la mano si stringe attorno al volante come una tenaglia. Di nuovo quella sensazione, la stessa che ho provato prima di partire, e ieri notte, e tante altre prima ancora. Una torsione alla bocca dello stomaco, il battito rabbioso, la voglia di battere il pugno sul tavolo e urlare basta.

Il piede spinge sull’acceleratore, fino in fondo. Case, campagne, cemento e verde sfilano ai lati sempre più velocemente, passano senza ritorno. Presto, diventano gli ennesimi puntini sotto un cielo limpido.

I cartelli delle uscite dell’autostrada compaiono e spariscono in pochi secondi, uno ad uno. E’ ancora presto per fermarsi. Gli occhi rimangono concentrati sulla strada, mentre i pensieri vagano tra inferno e paradiso.

Il primo giorno è sempre quello più difficile.

Ce ne sono alcuni che vorrei solo dimenticare, che vorrei non fossero mai accaduti. Giorni in cui non aspettavo altro che addormentarmi e dire “Ce l’ho fatta. Oggi sono un sopravvissuto”. Magari è stato anche così, ma i segni, quelli in profondità, alla fine torneranno a galla.

Il sole splende alto, e il cellulare, buttato sul sedile del passeggero, inizia a squillare.

Ci siamo. Inizia la parata di telefonate e messaggi preoccupati. Da chi non mi ha visto arrivare a lavoro stamattina, da chi non ha mie notizie, da amici e parenti.

Chiunque sia, che vada al diavolo.

Butto giù il groppo in gola. E in quel momento, mi risuona in testa la voce del mio amico d’infanzia. Una frase che aveva detto molto tempo prima, in una di quelle serate annegate nella malinconia e nell’alcol.

Ecco, lui forse sarebbe stato l’unico che, se si fosse sforzato un po’ di più, avrebbe potuto convincermi a restare. Forse.

Spero solo tu possa trovare la pace di cui hai bisogno”.

E’ quello che vogliamo tutti, non è vero?

 

 

Bologna è passata da un pezzo, così come quello che avrebbe dovuto somigliare a un pranzo. Quel panino preso al bar ha riempito solo parzialmente il vuoto in pancia.

Ma, seduto al tavolino, ho controllato il cellulare. 9 chiamate perse e 16 messaggi da leggere. Li ho lasciati lì, non mi sono neanche preoccupato di vedere di chi fossero.

A dire il vero, non sono nemmeno sicuro che mi interessi saperlo. Dopotutto, sono convinto che niente o nessuno mi farebbe più cambiare idea.

Ho spento la radio. Adesso, nell’abitacolo dell’auto c’è tutto ciò di cui ho bisogno. Silenzio.

La mano sul cambio mantiene la quinta. L’alta velocità, i muscoli in tensione, le curve prese dando gas all’ingresso, come i grandi piloti, mi danno una scarica di adrenalina lungo la schiena. Le gomme aggrediscono l’asfalto e lo divorano, la strada sembra sempre più parte di me.

All’orizzonte si presenta il tramonto, acceso, profondo. Una visione stupenda come poche altre al mondo.

So che non dovrei farlo, mi conosco. Ma mentre osservo il sole rosso che va a nascondersi dietro le montagne, non riesco a fare a meno di ripensare a tutte le cose che ho lasciato indietro. Le vedo con estrema chiarezza.

L’abbandono di un genitore, l’ipocrisia di una ragazza, il tradimento di un amico. Ferite e cicatrici con cui dovrò convivere. A volte, vorrei solo che qualcuno mi insegnasse come fare, perché io, da solo, non l’ho ancora capito.

E magari, prima o poi, quei segni sopra e sotto la pelle mi renderanno più forte.

Com’era facile aspettarsi, una lacrima si forma all’angolo dell’occhio. Scende libera, mi accarezza lo zigomo, la guancia, fino a inumidire le labbra.

Ancora non so fin dove mi spingerò. Nel bagagliaio lo zaino, troppo piccolo per un lungo viaggio, ma abbastanza per ricominciare da un’altra parte. Non so nemmeno se tornerò.

Sto guidando verso la fine di questo giorno, anche se so che sarà lo stesso domani, e il giorno dopo ancora, e tutti quelli che riesco a immaginare.

La verità, se mai ci fosse bisogno di ammetterla per l’ennesima volta, è che sto scappando. Dai demoni, dagli incubi, da un palco oscuro. Da me stesso.

Mi illudo che possa servire a qualcosa.

 

 

La sera è calata sulla strada. Il traffico si è notevolmente ridotto, solo i fari a indicarmi la via. A quest’ora, saranno tutti a casa in compagnia delle persone a cui vogliono bene. Felici loro.

La presa sul volante non è più tanto salda. Gli occhi iniziano a farsi pesanti, corpo e nervi mi chiedono una tregua. Ho perso il conto delle ore alla guida. Forse è il caso di fermarsi.

Individuo un motel in una piccola cittadina, fuori dai radar. Sembra carino e tranquillo.

Due chiacchiere con la ragazza alla reception, non fa domande a cui non voglio rispondere. Subito dopo, crollo sul materasso.

Dalla finestra filtra la luce di un lampione, si allunga sul pavimento creando un fascio che va da parete a parete. C’è un odore strano, di polvere o di muffa.

Disteso con le mani incrociate dietro la nuca, rimango a fissare il soffitto. I pensieri si affollano e si sovrappongono, una serie di immagini mi passa davanti, fino a che le palpebre non cominciano a calare e si fa ancora più buio. Il respiro si quieta.

L’ultima cosa di cui mi rendo conto, è che le labbra mi si sono piegate in un debole sorriso.

 

Chissà dove si nascondono, quella pace e quella libertà che sto cercando.

 

Stanotte spero di dormire, perché domattina si riparte.






Angolo dell'autore:
Prima di tutto, grazie a chi spenderà un po' del suo tempo a leggere questo mio ultimo scritto. Ho inserito la dicitura "beta", nella descrizione, perché non sono ancora convinto al 100% del risultato. Sono partito con un'idea, ho proseguito cambiando direzione, e ho finito cambiando di nuovo. L'unica cosa di cui sono sicuro è che avevo bisogno di mettere per iscritto un po' di sensazioni e pensieri.
Lascio a voi il responso, fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima,

S.o.J.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Son of Jericho