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Autore: SunVenice    17/08/2019    7 recensioni
Il governo mondiale ordina una strage oltre la Red Line, tre ragazzi sono costretti ad un doloroso esodo per recuperare almeno un pezzo della propria vita, e due mondi, da anni separati, si incontreranno sulla Grande Rotta, svelando un segreto che nessuno avrebbe mai voluto venisse divulgato. "Vuoi sapere chi sono?"
La storia continua dopo quasi tre anni di assenza! (psss! è anche ON HIATUS,perchè? Perchè sono masochista!)
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Barba bianca, Marco, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Sirene di Fuoco'
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33: Nomi sulla lista

“Come sarebbe a dire che non sapete come uscire da qui?”

Allegra aveva davvero faticato a mantenere la voce ferma nel mentre squadrava i suoi “rapitori”, seduti ai piedi della scala davanti a lei, ancora gocciolante e immersa fino ai fianchi. Era rimasta a braccia al petto e con una voglia montante di prenderli a schiaffi a turno, nel sentire la cosa più insensata che avesse mai sentito (dopo i pettegolezzi fantasiosi delle gemelline infermiere della Moby).

Pobs si massaggiò il collo, chiaramente imbarazzato. Ora che lo osservava meglio, Allegra notò che non era solo un energumeno tutto muscoli, mani nervose, sbarbato e testa piccola. Cioè, aveva effettivamente la testa più piccola e leggermente incavata nelle spalle, ma presentava anche quei particolari tipici di chi è sposato e che aveva a casa una moglie pronta a farlo, effettivamente, a fette. Per esempio aveva attorno agli occhi, sottili e gentili, i primi accenni di zampe di gallina, una calotta brizzolata affetta da calvizie, delle guanciotte paffute e rubiconde, vestiti stirati quasi a fresco, ma con svariate macchioline colorate ed appena sbiadite qua e là, sicuramente qualche souvenir lasciatogli da una sessione di gioco con la propria prole. Inoltre, per quanto potesse apparire strano, aveva un sorrisetto bonario che sembrava essergli stato stampato in volto dalla nascita. Era, in sostanza, il classico gigante gentile  che non si può non amare, e questo ebbe il suo peso sulla sua scelta di non infierire su di lui.

Di tutt’altra pasta era fatto Reginald: un cosino smilzo che a prima vista le ricordò un grillo con gli occhi grandi e la faccia lunga. Sembrava, letteralmente, soffrire nel rimanere fermo davanti a lei e persino i suoi occhietti, piccoli e tondi, non smettevano mai di saettare di qua e di là per la caverna, alla ricerca di qualcosa di inesistente. Era il classico smilzo che galleggiava nei suoi stessi vestiti, proporzionalmente insignificante e fragile rispetto a Pobs, di almeno una buona ottantina di centimetri d’altezza. Si vedeva chiaramente dalla sua totale assenza di massa muscolare che su di lui non si poteva fare affidamento né per grandi sforzi, né tantomeno per lavori di resistenza. Non si stupiva che un simile elemento, certamente inadatto a lavori di tipo manuale, si fosse lasciato andare al guadagno facile. C’era però da dire una cosa in suo favore: aveva un volto giovane e nel complesso non proprio sgradevole. Certo, magari con la barba un po’ più curata e i capelli, lunghi e secchi, aggiustati in maniera un poco più ordinata, sarebbe stato anche un tipo a cui Carol avrebbe volentieri ronzato attorno.

“Non guardarci così! Questi sotterranei sono più vecchi di me e Reginald!” protestò dispiaciuto Pobs

“Li hanno costruiti prima che l’arcipelago si spaccasse. Praticamente ai tempi dei nostri bisnonni!”

“E quindi?”

“Quindi, pupette…” scandì Reginald con fare troppo sprezzante per i suoi gusti “…i cunicoli sono spesso e volentieri impraticabili, inclinati all’inverosimile e questa…” indicò con un rapido movimento del braccio la scalinata da cui prima si era lanciata per scappare da quella grotta.

“…è l’unica via che permette di uscire senza doversi improvvisare scalatori.”

I conti tornavano, in un certo senso, ma Allegra non riusciva a non smettere di fulminare Reginald. Era vero che prima si era dimostrato disperato e pentito, ma, adesso che non la stava più implorando di non prendere il largo, si stava dimostrando un po’ altezzoso.

“E il punto da dove siete entrati?” incalzò nuovamente. Non voleva lasciare nulla al caso. Per quel che ne sapeva, potevano star benissimo ancora complottando di venderla, facendole credere di non poter condurla fuori da quelle grotte.

“Si blocca ogni volta che viene utilizzato. L’ho scoperto per sbaglio tempo fa: il meccanismo riapre il passaggio solo dopo ben 12 ore.” un brivido lo scosse “Credevo sarei morto sepolto vivo.” bisbigliò tremante.

Sembrava sincero, ma non abbastanza per convincerla completamente.

“Ma se sapevate di dovervene andare per forza via mare, perchè non avete preparato una barca?”

La sua obiezione fece il suo effetto: i due abbassarono le teste pieni di vergogna. Si vedeva lontano un miglio che avrebbero preferito poter dirottare il discorso su un argomento meno spinoso. Aveva centrato nel segno. Cosa non le stavano dicendo? Sentiva puzza d’inganno.

“Ehm…”

Incrociò le braccia il petto, spazientita. Il suo sguardo oscillò da uno all’altro, venendo, nonostante ciò, continuamente evaso, in una specie di giochino infantile che ben presto la stancò.

“Il patto era che una volta consegnata a lui ci avrebbe ceduto la propria barca e lasciato andare via con la ricompensa.”

Allegra non avrebbe mai potuto credere a una simile versione e in un primo momento si era detta che mai e poi mai l’avrebbe fatto. Certo, sarebbe stato semplice, se solo quei due bacucchi non si fossero rannicchiati pietosamente su loro stessi, rossi più delle fiamme di sua cugina ed evidentemente sconvolti dalle loro stesse parole. Erano stati sinceri.  Avevano veramente creduto che mettersi alle spalle al muro con un perfetto sconosciuto che doveva loro dei soldi, sarebbe stata una buona idea.

Si massaggiò la base del naso. Non era colpa loro. Dovette ripeterselo più volte in quel breve lasso di tempo che la separò da quella che fu, senz’ombra di dubbio, la reazione più ponderata e trattenuta della sua intera vita.

“E non avete pensato fosse una pessima idea?”

Reginald si coprì gli occhi con una mano ossuta, le gote oramai rosse di vergogna che spiccavano attraverso le dita. Pobs, invece, iniziò a trovare stranamente affascinanti le venature rocciose della parete alla sua destra.

Se non altro ci stavano pensando in quel momento.

Allegrà sospirò: non c’era altra scelta.

“Ok. Ho un piano. Ma vi avverto: non vi piacerà.”

 

——

Non era così che doveva andare.

Teach, fulminò con odio la Hell Glory da dietro le fronde di un arbusto provvidenziale. Per sua fortuna le pareti rocciose del Corno Destro non mancavano di vegetazione ed insenature dove nascondere una piccola scialuppa come la sua, ma le correnti erano insidiose e la sua pazienza stava venendo messa a dura prova.

La sue dita s’intrecciarono nervosamente su un ramoscello a portata di mano. Quella stupida imbarcazione gli impediva di dirigersi, senza essere avvistato, verso l’entrata della grotta dove il suo bottino lo attendeva. Il ramoscello si spezzò. A quanto sembrava la sfortuna non aveva smesso di perseguitarlo.

La dentatura marcia del pirata stridette, dente contro dente. Normalmente non si sarebbe fatto tanti problemi a passare sotto il naso di una nave pirata avversaria, magari sventolando una bandiera bianca di fortuna come precauzione, ma non poteva concedersi un simile passo falso. Non con la nave del Bianco a pochi chilometri di distanza.

Doveva essere cauto. Una sola lumacofonata, una minima incomprensione e il suo piano sarebbe andato a rotoli, smascherandolo in così poco tempo che neanche la più forte delle tempeste sarebbe riuscita a sottrarlo all’ira di Barbabianca e la sua ciurma.

Un altro paio di rami vennero gettati nel mare, senza pietà.

I suoi occhietti stralunati puntarono il vuoto, carichi di odio.

Quando sarebbe giunto il momento Eustass Kidd e la sua marmaglia di pagliacci sarebbero stati tra i primi sulla lista.

 

——

 

Marco aveva sfrecciato freneticamente da parte a parte del ponte per almeno 5 volte, il cuore nelle orecchie, l’aria fendente sul petto. Le ali infuocate avevano iniziato a dolere di stanchezza, ma lui le aveva volutamente ignorate.

Ancora nessuna traccia. Niente.

Mille orribili possibilità gli bussavano alla testa e ormai non riusciva più a scacciarle via.

Scosse la testa rapace, costringendosi a non cedere al panico. Doveva restare calmo e controllarsi.

Optò per ispezionare le coste orientali del Corno Destro. Battere troppo su un unico punto lo stava consumando mentalmente.

Le sue ali lo portarono velocemente nella direzione desiderata. Fortunatamente la sua forma animale gli permetteva una libertà di movimento superiore a quella di un normale essere umano. Certo, come tutti i volatili, anche lui era legato ai capricci delle correnti d’aria, ma la sua stazza giocava sempre a suo favore, offrendogli la possibilità di andare anche controvento all’occorrenza.

Si ritrovò davanti una nave.

Una nave? Ormeggiata da quelle parti?

Sentì i sensori olfattivi del suo becco venire stuzzicati da un immaginario fetore di marcio.

Strinse gli occhi e la studiò meglio. Una polena a forma di pipistrello, ornamenti a forma di teschio ed un ponte così variopinto da fargli dubitare seriamente della sanità mentale del capitano. Poi riconobbe l’imbarcazione: la nave di Eustass Kidd.

Tsé. Ovviamente. Tra le nuove leve della pirateria quella testa calda aveva un senso estetico tutto suo ed inconfondibile.

Cosa ci faceva comunque da quelle parti? Per di più in una posizione così nascosta… e in un momento come quello. Non lo convinceva.

Curvò di lato, iniziando a tracciare un paio di cerchi sopra la Hell Glory. Non c’erano strani movimenti a bordo, anzi, se proprio doveva azzardare un’opinione, quella nave sembrava essere stata ormeggiata, e abbandonata alla custodia di pochi svogliati, da sole poche ore.

Si accorse di qualcosa di insolito: rannicchiato contro un parapetto di prua, quasi celato dalle ali invadenti della polena a forma di ratto volante, era seduto un bambino. Un bambino su una nave pirata? La cosa assumeva dettagli sempre più loschi.

Osservò il corpo gracile del bimbo, tentando di cogliere qualcosa che gli rendesse possibile capire qualcosa di più. Era visibilmente teso, ma, per quanto si fosse concentrato, non aveva intravisto nemmeno un accenno di tremore. Se fosse stato prigioniero sarebbe stato in grado di scappare con pochissimo sforzo e gli stessi uomini lì a pochi passi da lui non sembravano dare peso alla sua presenza.

No, si disse, non è prigioniero. Sembra più preoccupato.

Decise che non avrebbe fatto colpi di testa ed avrebbe risparmiato la Hell Glory di una sua visita, ma per il momento Eustass Kidd e la sua ciurma rimanevano, per lui, sulla lista dei potenziali sospettati.

Un paio di colpi d’ala ed eccolo diretto nuovamente altrove, pronto a riprendere la ricerca da dove l’aveva interrotta.

Un’altra cosa gli balzò all’occhio, interrompendo i  suoi propositi di allontanarsi: una barchetta dotata di singola vela, mezza nascosta e traballante dietro un pezzo di roccia e della rada vegetazione. Osservò meglio: vi era un uomo sulla piccola imbarcazione ed assomigliava… no un momento… eppure la stazza e i lineamenti….

“Teach?”

 

 

Hell Glory~

Quando Kidd pestò rumorosamente i piedi oltre la gli scalini della passerella, furono gli occhi neri grandi e preoccupati del mocciosetto, Morgan se non ricordava male, ad accoglierlo. Una rapida occhiata al ponte della Glory gli bastò per capire che la sua fatina bionda non era ancora tornata alla nave.

“Ehi Capitano!” lo salutò uno dei suoi. “Già di ritorno! Già di ritorno dalla bettola del vecchio-…?”

“Iniziate i preparativi per la partenza. Leviamo le tende.” lo interruppe senza tanti preamboli, oltrepassandolo.

“Ma…ma come?! Siamo appena arrivati!” Kidd non fece caso alle proteste del proprio sottoposto e si concentrò sul piccoletto orientale che, sentendo odore di guai e vedendolo puntare proprio verso di lui, indietreggiò, accennando un tentativo di fuga. Il Capitano lo battè sul tempo e, avvertita la sua intenzione di scappare, si lanciò su di lui, afferrandolo per il collo della maglietta prima che potesse anche solo pensare di infilarsi dietro uno dei mucchi casse lasciate lì all’aria aperta.

Morgan emise un rantolo di panico, nel ritrovarsi faccia a faccia con il volto squadrato ed evidentemente infuriato del capitano. Le labbra dipinte del pirata erano oramai una linea nera e sottile, deformata dalla smorfia di pura rabbia su suo viso.

Iniziò a tremare, tentando di incavare la testa nelle spalle, senza successo.

“D-dov’è…V-viola?” balbettò, non riuscendo a collegare il malumore dell’uomo a qualcosa che potesse aver fatto. Era sempre rimasto fermo ad aspettare che sia Arch che la signorina Viola tornassero. Non si era mosso di un millimetro! Quindi perchè il capitano lo stava guardando in quel modo. Pensò di tramutarsi in drago per un istante, almeno per tentare di spaventarlo ed intimargli di lasciarlo andare, ma la voce dell’uomo dinanzi a lui lo distrasse, grattando sui suoi timpani come un artiglio affilato e nervoso su una lastra di metallo.

“La tua amichetta ha pensato bene di dare fuoco al ponte dell’Arcipelago, poppante lagnoso.” ringhiò a denti stretti Kidd, mollandolo si colpo e lasciandolo cadere con un tonfo sordo sul pavimento. “E io mi sono stancato di farle da balia. Quindi non appena Angioletto Infido arriva, noi leveremo le tende. Sta a te scegliere se rimanere o seguire quella disgrazia ambulante.”

“NO.”

Morgan intravide oltre la pelliccia ispida del cappotto di Kidd, il viso ansante ed appena arrossato di Archetto, appeso alle travi dei parapetti con la disperazione di uno che appena percorso di corsa un tragitto troppo lungo per amore dei propri polmoni. Dietro di lui facevano capolino i volti di tutti coloro che erano tornati dalla locanda, .

Kidd si mosse lentamente, quasi meccanicamente, finché non si ritrovò ad osservare il ragazzo da sopra la propria spalla con sguardo truce.
Una cosa che fece rabbrividire Morgan.
“No?”

La domanda che venne da Eustass fu calma. Calma e pericolosa. Eppure Arch non subì quell’occhiataccia, non visibilmente almeno.
Tutto ciò che il biondino fece fu ingoiare con aria sofferente l’aria che continuava ad uscire dal suo corpo ansimante e spingersi in avanti in uno slancio disperato, braccia tese lungo i fianchi, pugni stretti e passo deciso.

“Non ce ne andremo…finché Viola non sarà tornata.”

Kidd era decisamente il tipo da grandi scatti di rabbia. Oh, sì. Killer ne era a conoscenza. Alcuni dei migliori, o peggiori, a seconda, scatti del suo capitano erano stati in grado di dare vita alle più raccapriccianti e spettacolari carneficine che Killer avesse mai visto.
Eppure, in quel momento, nonostante Angelo Infido stesse letteralmente tentando di dettare regole sulla sua nave e l’intera ciurma attendesse a fiato sospeso lo scatto finale del loro capitano, Kidd… non fece nulla.

Nulla di orribilmente violento, per lo meno.

Al contrario, si girò lentamente, cosicché da poter guardare direttamente il ragazzo, torreggiando sopra di lui, dall’alto verso il basso, la sua espressione che lasciava trasparire solo una minima parte dell’enorme rabbia che stava trattenendo.

“Stammi a sentire ora, femminuccia coi calzoni…”

Se prima la ciurma aveva semplicemente trattenuto il respiro, nel momento in cui Kidd aprì bocca, tutti, persino Killer, sentirono l’irrefrenabile istinto di indietreggiare di non meno di un paio di passi.

Arch stava simpatico, oramai, a buona parte della ciurma, vero, ma nessuno sfidava Eustass Kidd.
Nessuno sopravviveva abbastanza per raccontarlo.

Il ragazzo non si mosse di un millimetro, tuttavia, forse proprio a causa dell’alito rancido ed intriso di alcol che gli si infranse in faccia, il suo naso si storse, accentuando la sua espressione seria e per nulla accomodante.

“Non sei tu che decidi cosa non si può o non si può fare, su questa nave. IO decido. Se io dico di andarcene a far baldoria, ce ne andiamo. Se dico di levare il culo da questo schifo di isola, cugina o non cugina, noi. ce. ne. andiamo.”

La calma con cui Kidd aveva parlato non era un buon segno. Oramai Killer e Jack cominciavano a temere per la vita del biondino.
Gli occhi cobalto di Arch si ridussero a due fessure. Più il tempo passava, più il giovane pareva voler perforare la faccia del capitano con lo sguardo.

“Allora l’accordo salta.”

Un coro di rantoli si levò tutt’attorno a loro.
Oh cavolo. Nessuno si sarebbe aspettato una conclusione pacifica per una discussione tanto tesa, ma…

-Forse…- Killer rifletté, guardando Arch voltarsi e dirigersi silenziosamente verso la passerella che lo avrebbe riportato a terra, il tutto sotto lo sguardo esterrefatto di Eustass. - Forse è anche peggio che si sia conclusa così..-


Morgan stava per seguire il ragazzo, ma non fece in tempo a fare un passo,  che il pirata variopinto si era già gettato in avanti, un movimento violento ed unico che tutti, tranne Killer, non si sarebbero aspettati. Il rantolo sorpreso di Arch e la sua faccia contorta dal dolore, fecero intuire al Massacratore che nemmeno il biondino si sarebbe aspettato un’azione tanto immediata.


Killer, però, non era il braccio destro di Kidd tanto per fare scena.

Per lui il suo capitano era come un libro aperto. Conosceva ogni minima cosa di lui, cosa amava, cosa odiava, che tipo di persone risvegliavano in lui i suoi incontrollabili appetiti sessuali e… cosa lo faceva incazzare.


E in quel momento.. Kidd era incazzato.

Era sufficiente guardare il modo in cui stava stritolando l’avambraccio di Arch Angelo per capirlo. Le dita di una singola mano avviluppate attorno il sottile arto del giovane, le unghie nere conficcate nel tessuto bianco della sua camicia, quasi a volerla perforare e, soprattutto, lo sguardo.

Arch trattenne il fiato non appena riuscì a focalizzare il volto del pirata.

Se prima Kidd si era semplicemente imposto come figura autoritaria, resasi prepotente nella vana speranza di fargli suonare i tacchi da bravo soldatino, ora si era tramutato nel suo perfetto opposto: una bestia rabbiosa. Occhi fiammeggianti e le labbra contorte in un ringhio di una violenza a stento trattenuta.
Sarebbe stato anche divertente, ripensando al fatto che era stata propria la violenza di Viola, la sua Essenza, a provocare tutto quello, ma ad Arch non era in vena di una risata. Non rideva mai quando la sua vita o quella di altri era in bilico. E la sua vita era decisamente in pericolo.
Lo poteva sentire dal modo in cui Eustass gli stava stritolando il braccio.
Gli venne automatico pensare al modo in cui il pirata aveva tentato di afferrarlo, costringerlo a baciarlo e fare molto peggio insieme a lui, e quasi lo rimpianse. Il tocco che stava usando Kidd non era quello di un bastardo in cerca di contatto umano, ma quello di una leone pronto a sbranare e lacerare ogni singolo lembo della sua pelle, se necessario a farlo rimanere.

“Tu…” il ringhio del capitano vibrò fin dentro le sue ossa, facendolo tremare, per un attimo e forse un paio di secondi in più. “Resti dove sei.”
Una parte di Arch, quella più umana e spaventata, quella che gli stava facendo sudare senza controllo le tempie e gli occhi, lo tirò dalla parte opposta a Kidd, quasi fosse stata un’altra persona avvinghiata al suo altro braccio, gareggiando col pirata in una sorta di tiro alla fune dove lui era la corda che, a giudicare dalla forza con cui Eustass lo strattonò per farlo tornare al suo posto, si sarebbe spezzata molto facilmente.

Eppure lui strattonò nuovamente all’indietro. Paura nei suoi occhi. Kidd poteva vederlo chiaramente. Erano larghi, disperati, come quelli di una cerbiatto sorpreso nel bosco dalla lanterna di un cacciatore.
Notarlo gli fece salire una strana scarica di soddisfazione quasi animalesca. Finalmente. Era ora che la fatina capisse chi comandava.

“Se l’accordo salta…”

Arch deglutì, un nodo gli stava stringendo la gola. Sapeva bene dove voleva andare a parare.
Il suo braccio cercò di ritirarsi ancora una volta ed ancora una volta Eustass rispose in maniera brutale, bloccandogli definitivamente la circolazione dell’arto.
Solo in quel frangente Arch si permise di lasciarsi scappare un sottile singhiozzo di dolore.

“Nulla mi impedirà di prenderti e sbatterti in cambusa.”

Tutti sapevano cosa intendesse Kidd con ‘sbattere’. Arch era stato saggio a stabilire come una delle condizioni dell’accordo la totale immunità propria e degli altri due, ma adesso… si trovavano entrambi in una situazione di stallo.
Non poteva rompere l’accordo senza dare a Kidd un motivo per riprendere dove avevano interrotto settimane fa, quando per la prima volta aveva fatto visita ai personalissimi alloggi del capitano, ma al tempo stesso… non rompere l’accordo avrebbe significato levare gli ormeggi e lasciare indietro Viola.

Arch strinse gli occhi al solo pensiero, il suo stomaco in subbuglio alla nauseante prospettiva, e le sue labbra tremanti strette nella morsa dei propri denti.

“Ma cos’avete voi umani che non va?”
La voce di Arch era parsa un singhiozzo, quasi il preludio di un pianto, una cosa che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Kidd osservò a mascella lenta gli occhi del ragazzo farsi lucidi.
Stava… piangendo?
La presa sull’altro gli si allentò per lo shock, permettendo ad Angelo Infido di recuperare il proprio braccio con uno strattone, ma solo per essere riacchiappato pochi istanti dopo per il polso.
La visione era… angosciante a dir poco. Nel breve lasso di tempo in cui Arch era riuscito a liberarsi dalla stretta di Kidd, le braccia del ragazzo erano andate automaticamente al proprio viso, asciugando in velocità quella che era parsa a tutti come… un lacrima.
“Che diavolo ti prende ades-..?”
“SONO STANCO DI PERDERE LA MIA FAMIGLIA A CAUSA DI VOI UMANI!”

Il silenzio che piombò rese possibile udire il garrito spaventato di un gabbiano proprio sopra di loro.

Morgan premette di più le mani sulla propria bocca, grosse e pesanti lacrime gocciolanti dalle proprie ciglia.Non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Era tutto troppo veloce, ma sentiva che qualcosa nel signor Arch si stava sgretolando. Il suo autocontrollo e …

Kidd non disse nulla, non una reazione, non un verso, non un cenno di cambiare espressione. Era troppo preso dall’assurdità della situazione per collegare i propri pensieri al cervello. Era questo che stava succedendo? Stava costringendo un ragazzino solo e spaventato… l’ultima persona che sapesse essere ancora in vita della propria famiglia? Di colpo l’equivalete di un pugno lo colpì alla bocca dello stomaco. Era la prima volata che si sentiva… uno stronzo. Non era una cosa a cui era abituato.
D’altra parte… continuava a non capire. Perché il biondino non faceva altro che ripetere ‘voi umani’? Voi umani. Voi umani. Voi umani. Quelle parole continuavano a rimbombargli nel cranio, alimentando la propria irritazione.
Cosa cazzo c’era che non andava in lui??

[Io non sono un uomo.]

Di colpo entrambe le mani di Kidd scattarono e Arch si ritrovò nuovamente bloccato dalle sue enormi braccia.
Eustass avvertì le sue spalle dell’altro tremare sotto i propri palmi callosi, tradenti una paura che, per la prima volta, Kidd non si sentiva felice di aver provocato.

Eustass digrignò i denti, sentendosi ancor di più irritato, e con uno strattone costrinse Arch a guardarlo in faccia. Il biondino era rimasto inerme alla propria stretta, senza nemmeno curarsi di alzare le braccia per tentare di liberarsi.
Le iridi cobalto di Arch Angelo Infido rilucevano dietro la patina acquosa delle proprie lacrime.

Dannazione.
DANNAZIONE.


“Rispondi a questa mia domanda, Arch…” disse con respiro affannato, il suo viso sempre più vicino a quello del biondo, fino a far sfiorare i loro nasi.
Nell’istante in cui le punte dei loro nasi collisero, Arch capì: Kidd era arrivato al limite della propria pazienza.
“…e io ti lascerò scendere da questa nave….”

Arch deglutì, i singhiozzi a stento trattenuti di nuovo aggrovigliati sul fondo della sua gola. Non credeva alle proprie orecchie.
Una domanda? Bastava solo quello?

“Domanda …allora.”

“Sei umano?”

Tutti guardarono Eustass come se avesse improvvisamente fatto crescere sulla propria testa un corno circondato da cuoricini ed arcobaleni. Se era umano?! Che razza di domanda era quella? Ovvio che Arch fosse umano!
“Non é che il Capitano é già ubriaco?” qualcuno sussurrò a Killer, il quale scosse la testa in senso di diniego.
Kidd era lucidissimo e, se glielo avessero chiesto, il Massacratore avrebbe detto che condivideva a pieno di dubbi del suo capitano.

Arch smise di respirare, il suo petto scosso da un lungo e percepibile tremito. Kidd lo avvertì, sentendosi male e con la bile a solleticargli il palato.

“…Io…”
Abbassò lo sguardo.
“Io non lo so.”

“Io… non dovevo nascere così.”

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*rotola* Wow.
Madonna quanto tempo. eh? Vi sono mancata? ...oh beh, immagino che molti miei lettori si siano ritirati ormai. Colpa mia. 
Lo ammetto. Sono stata una pessima autrice in questi anni. Ho messo questa fanfiction prima in Hiatus e poi in pausa a tempo indeterminato, non pretendo di avere ancora un seguito dopo tanto tempo, ma... beh. ^^''' Diciamo che non me la sentivo di lasciare un'altra cosa in sospeso.
Di recente ho ritrovato la mia vena scrittoria e penso che nei prossimi mesi riuscirò a terminare questo e altri progetti.
Molte cose sono successe, sono passata in un lungo periodo di depressione e di mancanza di autostima. Posso dire che aver trovato una strada da percorrere adesso: diventare Fumettista a tutto tondo. Non so quanto le mie storie, anche quelle originali, possano attirare l'attenzione di altre persone, ma sto lavorando anche su quello.
*abbraccia il pubblico*
Vi ringrazio per tutto quanto. Quest'anno sarò a Lucca con dei compagni di corso di fumetto. Spero di incontrare qualcuno di voi, anche per puro caso.
<3 Bacioni a tutti e... al prossimo capitolo! ^.-

   
 
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