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Autore: Carme93    18/08/2019    6 recensioni
Che cosa succede quando due bambine si mettono in testa qualcosa? Sì, sa dissuaderle è quasi impossibile. E se le bambine in questione sono Weasley? Ancora peggio. E Teddy Lupin lo sa, ma nonostante tutto non riesce a non farsi coinvolgere.
E così l'Operazione Prima Magia ha inizio.
[Questa storia si è classificata seconda al contest "La prima volta non si scorda mai" indetto da Blackjessamine sul forum di EFP e partecipa al contest "New Generation Contest" indetto da Veronique97 sul forum "Ferisce la penna"]
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Molly Weasley, Molly Weasley Jr, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Il biscotto della pace
 
 
“Le passioni umane sono una cosa misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi…”.
«Teddiii!».
Dapprima un ragazzino, fino a quel momento assorto nella lettura, sobbalzò e scivolò dal divano nella sollecitudine di raggiungere il tavolino sul quale aveva abbandonato piume, inchiostro e libri, ma quasi immediatamente egli comprese che a chiamarlo era stata una bambina bionda, che gli saltò addosso sventolando una rivista a pochissimi millimetri dal suo viso.
«Vic, che fai?» si lamentò scostando la rivista bruscamente e sedendosi sul tappeto più compostamente.
«Che c’è?» ribatté la bambina non comprendendo a primo acchito cosa lo infastidisse. Victoire Weasley aveva solo dieci anni, ma era particolarmente perspicace: gli occhi le caddero sul libro ai loro piedi e da lì si spostarono sul ragazzino e sui manuali di magia sul tavolino. «Ted Remus Lupin stavi ancora leggendo quel romanzo senza fare i compiti!» costatò solennemente mettendo le braccia sui fianchi a emulazione della nonna.
Teddy incrociò le braccia al petto e la fissò con una smorfia.
Ella scoppiò a ridere e quasi gli si gettò addosso pur di sedersi accanto a lui. «È bello?» gli chiese indicando il libro che il ragazzino stava raccogliendo.
«Ho letto solo l’inizio. Sembra di sì» replicò Teddy lanciando il libro sul divano e premurandosi di coprirlo con un cuscino, in modo che nessun adulto fosse portato a porgli domande esplicite a cui avrebbe dovuto decidere se mentire o meno. Di Victoire non si preoccupava, non avrebbe mai fatto la spia. «Ora, scusami, devo fare i compiti. Se Ginny e Harry tornano e non ho scritto almeno il saggio di Storia della Magia, lo diranno a nonna Andromeda».
«Lo scriverai dopo» dichiarò Victoire. «Devi assolutamente ascoltare quest’articolo che ho trovato sul Settimanale delle Streghe».
«Vic, zio Bill ti ha detto un milione di volte di non leggere quelle stupidaggini» sospirò Teddy, lanciando un’occhiata apprensiva all’orologio.
 «Questo è un articolo scientifico!» ribatté Vic indignata per la mancanza di fiducia nella sua capacità critica. Teddy sollevò un sopracciglio dubitando fortemente che in quel genere di giornale si potesse trovare un articolo culturalmente elevato. «Lo è! Parla dei maghinò!». «E quindi? Cosa c’è di così interessante?» sbuffò Teddy, conscio che il modo più veloce di tornare a studiare – iniziare a farlo, a essere sinceri – fosse assecondarla.
«Ascolta» ribadì la bambina, che prese un bel respiro e iniziò a leggere:

 
 
«Magonò si nasce
di Ralph Byron
 
 
Alzi la mano chi, nei suoi anni di Scuola, non ha odiato Argus Gazza e chi non ha mai desiderato tirare un calcio alla sua gattaccia, Mrs. Purr. Nessuno, eh? Nemmeno Tosca Tassorosso potrebbe trovare qualcosa di buono nell’arcigno e collerico custode sempre pronto a sgridare e punire poveri studenti.
Ebbene, per chi ancora non lo sapesse o non l’avesse compreso durante la propria carriera scolastica, Gazza è un magonò.
 
Come tutti senz’altro saprete, un magonò è “una persona di discendenza magica che non è capace di usare la magia” (Enciclopedia Magica di Curtius). Di fatto il termine ‘magonò’ può essere considerato debitamente come il contrario di ‘Nato Babbano’. I maghinò fortunatamente sono molto rari, al contrario i Nati Babbani sono numerosi, specialmente negli ultimi tempi grazie anche alla politica anti-discriminatoria condotta dal Ministro della Magia Kingsley Schacklebolt.
 
Si ritiene che, nove volte su dieci, i piccoli maghi mostrino i loro poteri entro i sette anni, in caso contrario è altamente probabile che il bambino sia un magonò. Raramente i bambini presentano i poteri magici oltre quest’età. Alcuni studiosi lo definiscono il periodo critico per eccellenza (per approfondire l’argomento consiglio, oltre Curtius, il saggio recentemente pubblicato da Robert Stuart).  Alcuni addirittura ritengono che più piccoli si è quando si compie la prima magia, più potente sarà il mago da adulto.
 
I maghinò vengono solitamente relegati ai margini della nostra società, in quanto fonte di vergogna per le famiglie di origine, in particolare per quelle purosangue. Le condizioni di vita di questi soggetti, tendenzialmente disprezzati e spesso nascosti dai loro stessi familiari, sono disagiate. Per lo più i genitori più compassionevoli, una volta certi della mancanza di poteri, spingono il figlio ad ambientarsi nella società babbana. Famiglie purosangue, soprattutto in passato, pur di evitare che il proprio lignaggio venisse insozzato da una simile sciagura si sono, invece, premurate di diseredare la prole non magica (esempio senz’altro significativo è la famiglia Black che a metà del secolo scorso cancellò dal proprio albero genealogico Marius Black).
I maghinò, però, non sono dei Babbani, essi, nascendo e crescendo in una famiglia magica, conoscono perfettamente la magia e naturalmente psicologicamente ne risentono, basti pensare ad Argus Gazza.
Arabella Figg, nota membro dell’Ordine della Fenice, durante le due guerre magiche, ha dato un notevole contributo alla lotta contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e i suoi seguaci e, inoltre, ha vissuto per gran parte della sua vita adulta in un quartiere del Surrey abitato esclusivamente da Babbani, almeno fino all’arrivo di Harry Potter. Di certo una donna coraggiosa e unica Magonò che può vantare l’Ordine di Merlino Prima Classe.
 
Naturalmente oggi la vita dei maghinò è migliorata rispetto al passato, ma effettivamente ancora non esiste una legislazione apposita che li protegga dalle angherie dei maghi e spesso anche delle loro stesse famiglie.
 
A questo punto sorge spontanea la domanda: Perché un bambino figlio di genitori maghi, magari anche molto capaci e affermati, nasce magonò? Non esiste ancora una risposta univoca a questo quesito, ma sappiamo per certo che all’interno dell’Ufficio Misteri esiste un’equipe che lavora proprio su questa questione, a cui capo vi è Robert Stuart.
Da decenni ormai, però, circolano due ipotesi: quella purosanguista e quella babbana. La prima ritiene che la nascita di un magonò dipenda dalla contaminazione della famiglia con sangue babbano (ipotesi supportata dalla stessa famiglia Black: Cedrella Black sposò un Weasley, famiglia notoriamente filobabbana, e Isla Black alla fine dell’800 sposò un Babbano, così si spiegherebbe la nascita di Marius Black).
L’ipotesi filobabbana si basa, invece, su concetti di matrice genetica e di Medimagia Comparata, accreditata da Guaritori di un certo spessore: l’abitudine negativa di sposarsi tra consanguinei, ancora una volta la famiglia Black ne è un triste esempio, provocherebbe gravi danni, specialmente di generazione in generazione, e potrebbe portare, com’è accaduto, alla non trasmissione della magia. Perciò le famiglie purosangue sarebbero causa dei loro mali».

 
Teddy aveva ascoltato con attenzione per comprendere che cosa avesse colpito la ragazzina, ma alla fine dovette porre esplicitamente la domanda.
 
«Come non hai capito?» sbottò Victoire sorpresa.
 
«No, non ho capito» sbuffò Teddy. «Cosa c’è da capire? Magari sono tutte baggianate».
 
«Che leggete di bello?».
 
Victoire e Teddy si voltarono e osservarono una bambina avvicinarsi.
«Non eri fuori a giocare con gli altri?» le chiese Teddy, chiedendosi se l’avrebbero lasciato studiare prima o poi. O meglio prima che arrivasse Ginny e lo uccidesse.
 
«Fanno giochi infantili» replicò la ragazzina, sedendosi accanto a loro e raddrizzandosi gli occhiali sul naso.
 
«Siete bambini, Molly» sospirò Teddy alzando gli occhi al cielo.
 
«Io sono più intelligente e matura» ribadì ella con sicumera. «Allora che cosa leggete?».
 
«Un articolo sui magonò» rispose Victoire porgendole la rivista.
 
Molly era, alla tenera età di otto anni, una lettrice avida e rapida. Quanto però comprendesse veramente di certi libri che si ostinava a leggere, Teddy aveva smesso di chiederselo.
 
«Almeno tu capisci qual è il problema?» chiese Vic appena l’altra finì di leggere. Teddy incrociò le braccia al petto, non essendo abituato a essere messo in secondo piano: era lui il più grande, era lui ad avere sempre tutte le risposte. E in quel benedetto articolo non c’era nulla di interessante! Non per loro almeno.
 
Molly corrugò la fronte come sempre quando rifletteva su qualcosa di complesso.
«Albus!» disse a un certo punto con voce ansiosa.
 
Teddy si guardò intorno pronto a fare segno al bimbo, preferendo giocare con lui che farsi trascinare nei ragionamenti assurdi di quelle due. Ma Albus non c’era, non c’era nessun altro a parte loro nel piccolo salottino della Tana. Si voltò verso le ragazze e si accorse che lo fissavano con un’irritante espressione di superiorità. Non era mica stupido lui! Aveva persino frequentato il primo anno a Hogwarts, ottenendo ottimi risultati agli esami finali! «Albus cosa?» si costrinse a domandare.
 
«Sei un pessimo fratello maggiore» lo redarguì Molly con una serietà ridicola sul volto di una bambina. Vic annuì solennemente, mostrandosi concorde con la cugina.
 
«Io sono un ottimo fratello maggiore!» sbottò Teddy punto sul vivo. Ginny e Harry spesso, quando erano occupati, li affidavano le tre piccole pesti e lui non li aveva mai delusi! A volte aveva persino cambiato il pannolino a Lily. Poi da che pulpito veniva la predica: Vic non faceva che litigare con Dominique e Molly non poteva nemmeno vedere la sorellina Lucy.
 
«Allora perché non fai nulla?» gli chiese Molly.
 
«Ma di che cavolo parlate?».
 
«Albus è l’unico a non aver mai compiuto la sua prima magia! Persino Louis, che non ha ancora compiuto un anno, fa volare i sonagli dalla culla!» rispose Vic.
 
Quelle parole lasciarono spiazzato il povero Teddy che no, non ci aveva proprio pensato.  «E allora? Albus è un mago proprio come noi» si affrettò a dire ponendosi sulla difensiva.
 
«Non ha ancora compiuto la sua prima magia» insisté Molly.
 
«E non è un buon segno. Lily e James hanno già dato mostra dei loro poteri» soggiunse Vic.
 
Era vero, Lily aveva compiuto la sua prima magia a Natale e doveva compiere ancora due anni e James già a dieci mesi. Albus, però, non aveva dato ancora segni di magia.
«M-ma ha solo quattro anni» balbettò leggermente scioccato da quelle costatazioni.
 
«C’è un alto tasso di rischio che Albus non sia un mago!» dichiarò con fare da so-tutto-io Molly.
 
«Alto tasso…? Ma come parli?» borbottò Vic.
 
Molly sorrise compiaciuta come se quello fosse un complimento.
 
«È un’ipotesi stupida» sbottò Teddy decidendo di non farsi trascinare dalle due bambine. «Avete sentito zio Neville qualche sera fa, no? Lui aveva otto anni quando ha compiuto la sua prima magia. Semplicemente ognuno ha i suoi tempi».
 
«Sì, ma suo zio s’è impegnato molto per spingerlo a compiere una magia. Ho ascoltato con attenzione tutto il racconto» obiettò Molly, come a sfidarlo a mettere in dubbio che non si fosse bevuta una per una le parole pronunciate da un adulto, per giunta professore di Hogwarts e Direttore di Grifondoro. No, se Teddy gliel’avesse chiesto, Molly avrebbe ripetuto ogni parola a memoria. Sia lui sia Vic si guardarono bene dal chiederglielo. «Mi meraviglio che gli zii non facciano nulla» sospirò Molly scuotendo il capo in modo melodrammatico.
 
Teddy si sentì punto da quell’affermazione. «Harry e Ginny sono attentissimi ai loro figli!».
 
«Beh, non è che se non dicono nulla significa che non siano preoccupati. I grandi non ci dicono mai nulla» intervenne Vic.
 
«Ecco, infatti» commentò Teddy. Non aveva problemi a trascorrere del tempo in compagnia di Molly, ma mal sopportava quando ripeteva a pappagallo quello che sentiva dire ai genitori senza comprenderne pienamente il significato.
 
«Però potremmo fare qualcosa noi» propose Vic. «Proprio come ha fatto lo zio di Neville».
 
«Mi sembra un’ottima idea» replicò Molly spingendosi gli occhiali sul naso. «Sono sicura che gli zii saranno felici, se otterremo un buon risultato».
 
Per un attimo Teddy si figurò Molly, sempre pronta a compiacere gli adulti, tenere uno spaventato Albus per i piedi e tentare di calarlo in un fiume. «No!» si oppose gridando. «Siete impazzite per caso? Al è un bambino! Finiremo per fargli male».
 
«Ma lo zio del professor Paciock l’ha fatto» ribatté Molly.
 
«E se Neville fosse stato veramente un magonò anziché rimbalzare per strada si sarebbe spiaccicato nel giardino!» sbottò Teddy.
 
«Staremo attenti» tentò Victoire.
 
Teddy la fulminò con lo sguardo. «Non rischieremo di ferire Albus» sibilò.
 
«Va bene, va bene. Non lo faremo penzolare dalla finestra della vecchia camera di zio Ron» sbuffò Molly con tono seccato come se il ragazzino le stesse rovinando chissà quale piano geniale.
 
«Non l’hai pensato sul serio» ribatté Teddy trasecolato.
 
«Beh, avresti voluto andare a Villa Paciock?».
 
È una bambina, è una bambina si ripeté Teddy tentando di non perdere la pazienza.
 
«Bene, allora, buttiamo giù qualche idea non pericolosa» decise Victoire impadronendosi della pergamena, su cui Teddy avrebbe dovuto scrivere il tema di Storia della Magia, di piuma e di inchiostro. «Avete qualche idea? Io intanto darei un nome a quest’operazione».
 
«Operazione Prima Magia Albus» propose subito Molly.
 
«È troppo lungo» si lamentò Vic, sotto lo sguardo seccato di Teddy.
 
«Possiamo usare una sigla» replicò Molly. «O.P.M.A.».
 
«È orribile» sentenziò Victoire scuotendo la testolina bionda. «Teddy, tu non proponi nulla?».
 
Teddy sbuffò: «Voi siete pazze». Lo ignorarono e continuarono a proporre nomi strampalati per almeno una decina di minuti.
 
«Va bene, dai, Operazione Prima Magia» sospirò infine Victoire rassegnata alle insistenze di Molly.  
 
«Ora, dobbiamo decidere come provocare una reazione magica in Albus» esclamò quest’ultima, strappando la pergamena dalle mani della cugina.
 
«Comincio io» decise Teddy per paura di quello che avrebbero potuto inventarsi quelle due.
 
 
 
 
 
Operazione Prima Magia
Piano A (a cura di Ted Remus Lupin)
 
 
 


«Devi proprio usare il mio nome completo?» bofonchiò Teddy lanciando un’occhiataccia a Molly.
 
«Naturalmente, non stiamo giocando» ribatté la bambina.
 
«Bene, pronti per il piano A?» chiese Victoire, annoiata: Teddy aveva impiegato più di un’ora per mettere a punto il proprio piano.
 
«Continuo a pensare che sia banale» commentò Molly.
 
«È il mio piano» sbuffò Teddy. «Se non dovesse funzionare, ci proverete voi, visto che siete tanto brave». Detto ciò il ragazzino uscì dal loro nascondiglio, il tavolino del salotto, e si mosse a disagio verso il suo obiettivo: un libro di fiabe babbane intitolato Le fiabe della buonanotte. Al momento era il preferito di Albus e il bambino se lo portava appresso ovunque andasse, ma di solito tentava di tenerlo lontano dal fratello e dal cugino Fred, perciò l’aveva nascosto sotto il cuscino di una poltrona. Teddy lo prese e lo appoggiò sulla mensola del caminetto: il bambino non avrebbe mai potuto recuperarlo da solo. Il piano era molto semplice di fatto, ma, a differenza di Molly, riteneva che fossero i piani più banali a dare risultati migliori: Albus amava abbastanza quel libro da appellarlo con una magia involontaria.
 
Conclusi i preparativi per il suo piano, il ragazzino, ritornò dalle due bambine. «Fatemi spazio» si lamentò spintonando Victoire.
 
«Non capisco perché ci stiamo nascondendo» borbottò Molly. «Stiamo facendo la cosa giusta».
 
«Nonno Arthur dice che quando si fa del bene non bisogna sbandierarlo» replicò Victoire. «Teddy mi fai il solletico» aggiunse ridacchiando.
 
«Ma se non entro». Teddy aveva accolto la proposta di Vic di assistere di nascosto al risultato del suo piano, per il semplice motivo che non era per nulla convinto di quello che stavano combinando: checché ne dicesse Molly, dubitava che gli adulti ne sarebbero stati contenti.
 
«Sicuro che viene?» sussurrò Molly.
 
«Certo» ribatté Teddy. «Tra poco nonna chiamerà per la merenda e Al verrà a controllare il suo libro».
 
«Ne sono sicura anch’io» aggiunse Vic. «Da quando Fred gliene ha gettato uno nel laghetto, ha sempre paura di un nuovo scherzo».
 
«Fred fa scherzi stupidi» sentenziò Molly. «E dire che ha sei anni!».
 
Teddy e Victoire si guardarono bene dal commentare e rimasero in silenziosa e trepidante attesa. La loro pazienza fu ben presto ricompensata dal suono di alcuni passettini rapidi in avvicinamento.
 
«Eccolo» sussurrò Molly eccitata, stringendo la piuma pronta a prendere appunti sul loro esperimento.
 
Il bimbo entrò in salotto, corse direttamente alla poltrona e lanciò uno strilletto quando s’avvide che il libro non c’era. Vic e Molly erano eccitate e non vedevano l’ora di osservare la sua reazione, ma Teddy, notandone gli occhi lucidi, si sentì subito in colpa.
 
«Che fai? Vieni in cucina! Nonna ha fatto la torta al cioccolato». Una voce attirò l’attenzione del piccolo Potter e dei tre nascosti sotto al tavolino.
 
«Fred e James mi hanno preso il libro» disse Albus alla bambina appena entrata.
 
«Impossibile» dichiarò l’altra con sicumera. «Sono stati con noi tutto il tempo» poi si guardò intorno e indicò la mensola. «Eccolo, non vedi? L’avrà spostato la nonna riordinando». La bambina alzò gli occhi al cielo con superiorità. «Vado a chiamare Vic e gli altri».
 
«Ci siamo» bisbigliò Vic, ignorando la sorella che correva verso i piani superiori a cercare loro. Albus si avvicinò al caminetto e lo fissò con intensità.
 
«Vuoi vedere che funziona?» sussurrò stupita Molly.
 
I tre si allungarono pronti per assistere alla prima magia del bambino, ma Albus si guardò intorno e si diresse verso una sedia in un angolo, tolse tutti i gomitoli e i ferri da lana della nonna e la trascinò di fronte al caminetto; alla fine vi si arrampicò sopra e s’impossessò tutto contento del suo libro di fiabe.
 
Teddy non distolse gli occhi dal più piccolo neanche per un attimo temendo che cadesse, incerto su come avrebbe dovuto comportarsi. In quel frangente giunse la nonna.
 
«Albus! Che stai facendo?».
 
«Tagliamo la corda» decise Victoire, trascinando Molly e Teddy verso le scale. Il ragazzino si sentì maggiormente in colpa mentre la nonna sgridava Albus per essersi arrampicato e non gli sfuggì l’occhiata indagatrice che la donna rivolse a loro tre, mentre fuggivano al piano di sopra.
 
«Decisamente il piano A è andato male. Ora ci provo io» ansimò Victoire, mentre si chiudevano alle spalle la porta della sua camera.
 
 
 
 
 
Operazione Prima Magia
Piano B (a cura di Victoire Fleur Weasley)
 
 
 
«L’idea di fondo di Teddy era buona, ma Albus è intelligente e noi l’abbiamo sottovalutato» spiegò Victoire a Teddy e Molly, camminando avanti e indietro come un comandante Auror di fronte alle proprie truppe pronte per una missione.
«Dobbiamo creare una situazione in cui Albus non può servirsi dell’ingegno».
 
Teddy sospirò: quell’Operazione Prima Magia si stava rivelando assurda, proprio come aveva previsto. Lui, Molly e Vic avevano consumato la merenda insieme agli altri bambini ed erano riusciti a eludere le domande della nonna, ma ella ormai sospettava che stessero combinando qualcosa – come darle torto - e questo non andava di certo a loro favore.
 
«E, modestamente me, ho l’idea perfetta» dichiarò Victoire soddisfatta di sé. «Seguitemi».
 
La bambina li guidò nella cameretta, che Albus condivideva con altri cugini quando si trovava alla Tana, e prese il peluche preferito del bambino: un cagnolino con indosso una salopette verde a pois bianchi e con le orecchie pendenti.
 
«Che intenzioni hai?» sbottò Teddy turbato: Albus era troppo affezionato a quel peluche.
 
«Suscitare una reazione magica in Albus, naturalmente» rispose Molly con tono pomposo.
 
Nel frattempo Victoire aveva tirato fuori dalla tasca un rotolo di nastro adesivo magico colorato. «Questo è super resistente» esclamò iniziando ad avvolgere il povero cagnolino. «Non riuscirà mai a liberarlo da solo».
 
«Giusto! Dovrà per forza usare la magia» concordò Molly.
 
Teddy era molto scettico e si chiese se fosse il caso d’iniziare a trovare qualche buona scusa per giustificare quello che stavano combinando.
 
«Non fare quella faccia» lo redarguì Victoire «Io volevo travestirmi da chimera. In quel modo sì che avrebbe reagito!».
 
«Non se ne parla» ripeté il ragazzino per la millesima volta. Aveva accettato di prendere parte a quella follia, ma non avrebbe permesso che Albus fosse messo in pericolo. Già quando si era arrampicato sulla sedia, gli era preso un colpo, essendo troppo lontano per acciuffarlo se avesse perso l’equilibrio. «Lo chiamiamo e gli mostriamo il pupazzo?» chiese per sviare un po’ la conversazione. Sentiva un peso sullo stomaco che nulla aveva a che vedere con la torta della merenda.
 
«Oh, no. Facciamo prima così» intervenne Molly prendendo il pupazzo dalle mani della cugina e, avvicinatasi alla finestra, lanciò il cagnolino nel giardino sottostante.
Teddy si mise le mani in faccia; corse alla finestra giusto in tempo per vedere il pupazzo colpire Albus in testa. «Ho una mira perfetta» si elogiò da sola Molly.
 
Se quelle due avessero scritto un libro su come traumatizzare un bambino, avrebbero scalato ogni classifica di vendita e poi probabilmente sarebbero finite ad Azkaban, non poté fare a meno di pensare il ragazzino.
Albus, come previsto, non prese per nulla bene la vista del suo peluche preferito in quelle condizioni e scoppiò in lacrime. A Teddy strinse il cuore, sentendosi proprio meschino.
 
«Dai»
 
«Forza, Al».
 
Le due bambine non sembravano toccate dalla situazione e continuavano a fare il tifo; Molly persino a prendere appunti. Teddy era del parere che ogni traccia di quel piano assurdo invece sarebbe dovuta scomparire, conscio che se fosse finita in mano a uno degli adulti sarebbero stati guai. Egli si lasciò scivolare a terra ai piedi della finestra: non sopportava vedere piangere tanto disperatamente quello che in fondo era il suo fratellino.
 
«Oh, oh, è corso dentro» borbottò Vic.
 
«Andiamo, dobbiamo tenere d’occhio il nostro esperimento» trillò Molly correndo fuori dalla cameretta. Prima di seguirla gli altri due si scambiarono un’occhiata e Teddy fu sicuro che Vic si fosse pentita del suo piano B.
 
Corsero di sotto appena in tempo per vedere un Albus ancora in lacrime stringersi al petto il peluche tornato come nuovo. Nonna Molly tentava di consolarlo: «Hai visto che tutto ok? L’abbiamo sistemato in quattro e quattr’otto! Mr. Dog sta benissimo. E, ti prometto, che concio per le feste chi ti ha fatto questo scherzetto, eh? Lo vuoi un biscotto, Al?».
 
Il bambino tirando su con il naso annuì alle parole della nonna, ma con più entusiasmo all’ultima proposta.
 
 
 
 
 
Operazione Prima Magia
Piano C (a cura di Molly Audrey Weasley)
 
 
 
Teddy, Vic e Molly ritornarono sui loro passi per nulla desiderosi di venire associati a quello scherzo. Appena furono al sicuro nella camera delle ragazze tirarono un sospiro di sollievo.
 
«Non dovremmo preoccuparci così tanto» mormorò allora Molly in tono di rimprovero, sedendosi alla scrivania e scorrendo i suoi appunti. «Se raccontassimo alla nonna quello che stiamo facendo, sarebbe fiera di noi».
 
Gli altri due non erano per nulla d’accordo.
 
«Lasciamo perdere» esclamò allora Teddy. «Rovinare il quel modo il suo peluche è stata veramente un’azione cattiva».
 
«Volevo solo che compisse la sua prima magia» si difese Victoire, sentendosi palesemente in colpa.
 
«Sì, lo so, ma nonna Andromeda dice sempre che la strada dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni».
 
«Va bene, lasciamo stare» sospirò Vic mortificata.
 
«Assolutamente, no! Non è scientifico abbandonare un esperimento così. Quando si comincia una cosa, la si deve sempre finire».
 
Tutti i cugini odiavano quando Molly ripeteva a pappagallo le frasi paterne e i due le lanciarono un’occhiataccia.
 
«Molly, abbiamo superato il limite. Gli adulti non saranno per nulla contenti» tentò Teddy.
 
«Non è vero. Far piangere Albus era necessario» ribatté Molly.
 
«Cavolate» sbottò il ragazzino.
 
«Tocca ancora a me. Il piano C me lo dovete, voi avete fatto quelle che volevate!» s’impunto, però, Molly.
 
«No, basta» replicò bruscamente Teddy.
 
«O mi fate provare con il mio piano C o racconterò tutto alla nonna!».
 
«Ehi, così non vale» intervenne Vic.
 
«Invece sì. Quelle erano idee vostre non mie».
 
«Potremmo lasciarla provare» borbottò Vic infastidita per essere stata messa nel sacco dalla più piccola.
 
«Dai, che vi costa! Prometto che non toccherò nulla di caro ad Al» insisté Molly.
 
Teddy si ritrovò ad annuire riluttante: si vergognava troppo di far sapere a Ginny e a Harry i dispetti tirati ad Albus quel pomeriggio. Se fosse stato James, sarebbe stato diverso, ma Al non dava fastidio a nessuno e quindi non meritava neanche il più piccolo scherzetto.
 
«Bene, allora, vado a chiamare Al e lo convinco a venire a giocare qui con me e strada facendo recupero un po’ di cose che mi servono» dichiarò Molly.
 
Vic e Teddy si scambiarono un’occhiata impotente.
 
«Che avrà in mente?» domandò la bambina incerta, quando rimase sola con Teddy.
 
«Non sono sicuro di volerlo sapere» mormorò il ragazzino, sedendosi alla scrivania, sperando di riuscire a scrivere qualcosa prima del ritorno della cugina.
 
Effettivamente Molly ritornò quasi tre quarti d’ora dopo.
 
«Ma che fine avevi fatto?» l’accolse immediatamente Vic sollevandosi dal letto il tanto che bastava per lanciarle un’occhiata.
 
«Ho dovuto prendere un po’ di cose, invitare Albus a giocare con noi e in più la nonna mi ha bloccato per chiedermi perché ce ne stiamo rintanati quassù» replicò Molly con tono seccato. «Non ho dormito io».
 
«Non dormivo» ribatté Vic, aiutando Albus a sedersi sul letto.
 
«Che gioco facciamo?» chiese il bambino interessato.
 
«Giochiamo ad acconciare i capelli».
 
Teddy rovesciò mezza boccetta d’inchiostro su un promettente paragrafo che avrebbe dovuto essere parte del suo compito delle vacanze e gemette rassegnato all’idea di doverlo ricopiare su una pergamena pulita.
 
«Ma è un gioco da femmine» si lamentò Albus.
 
«Non è vero. Anche voi maschi vi pettinate i capelli!» ribatté Molly pestando i piedi per terra. «Vuoi fare una bella sorpresa a mamma? Zia si lamenta sempre dei tuoi capelli disordinati! Vedrai, io sono la migliore».
 
Vic tossicchiò. «È Domi la più brava in questo gioco» borbottò guadagnandosi un’occhiataccia dalla più piccola.
 
«Non è vero e lo dimostrerò. Ci stai, Albus?».
 
Il bambino non appariva per nulla convinto e si voltò verso Teddy.
 
«Naturalmente Teddy giocherà con noi!» trillò Molly inorgogliendosi per aver trovato il modo giusto per convincere il cuginetto a collaborare. «Vic si occuperà dei suoi capelli».
 
«Ihihihi sono diventati rossi e neri» ridacchiò il bimbo indicando i capelli del più grande.
 
«Già. Chissà perché?» sibilò Teddy a denti stretti.
 
«Che c’è? Non ti fidi di me?» chiese candidamente Victoire, facendogli segno di sedersi sul letto accanto ad Albus.
 
«Mi fido» si costrinse a dire il ragazzino, per nulla entusiasta di quella situazione: aveva messo se stesso e Albus nelle mani di quelle due.
 
«Tranquillo» trillò Vic passandogli una mano tra i capelli.
 
Come faceva a stare tranquillo se Molly aveva in mano delle forbici e tagliava i capelli ad Albus con esagerato entusiasmo? «Non ti azzardare a tagliarmeli» mormorò lanciandolo un’occhiata di sbieco a Vic.
 
«Molly, non stai esagerando un tantino?» proruppe Teddy stesso dopo un po’ mentre Vic lo pettinava con il gel – chissà a chi l’aveva fregato Molly, la santarellina di casa Weasley. Ciocche su ciocche di un nero brillante si accumulavano sul letto e sul pavimento a una velocità preoccupante e in alcune zone della testa del bambino si vedeva persino il bianco del cuoio capelluto.
 
«No, non sei bellissimo, Al?».
 
Il bambino prese lo specchio che l’altra gli porgeva e i tre complici si tesero per osservare la sua reazione. Una smorfia si dipinse sul volto di Albus.  «Non sono troppo corti?» mormorò titubante.
 
«Molly, hai esagerato» sbuffò Teddy. Anche Vic sembrava scioccata.
 
«Forse un pochino».
 
Albus passava gli occhi dall’ uno all’altro. «Non mi piacciono, rivoglio i miei capelli». Teddy vide i suoi occhi riempirsi di lacrime.
 
«Li vedi sono tutti a terra» disse tranquillamente Molly, come se fosse sempre stato quello il suo obiettivo. «Ora chiudi gli occhi e immagina che tornino sulla tua testa» lo istruì.
 
Albus ricacciò indietro le lacrime ed eseguì. I tre lo videro stringere gli occhietti. Per un attimo Teddy fu sicuro che avrebbe visto i capelli salire su fino alla testa del bimbo, ma non accadde nulla.
 
«Mi sono ricresciuti?» domandò speranzoso Albus allungando le manine verso lo specchietto. Molly non glielo diede e lo rimproverò.
 
«Non ti sei concentrato abbastanza!».
 
Albus si affrettò a ripetere l’operazione, ma non accadde nulla ancora una volta. I tre si scambiarono un’occhiata: adesso persino Molly cominciava a inquietarsi.
 
«Allora?» chiese Albus riaprendo gli occhi.
 
Nessuno dei più grandi trovava le parole per rispondergli. Teddy avrebbe voluto scomparire.
 
«Teddy! Rivoglio i miei capelli!» strillò il bambino rivolgendogli un’occhiata lacrimosa.
 
«Teddy, fa’ qualcosa» disse Vic nel panico stringendogli il braccio.
 
«Che devo fare?».
 
«Sei l’unico che possiede una bacchetta magica!» sbottò Vic.
 
«Non può usare la magia fuori dalla Scuola» ribatté Molly al posto suo con un tono quasi ovvio, che Teddy dovette impedire a Vic di tirarle i capelli. Il ragazzino, però, non sapeva come comportarsi.
 
«Ragazzi, allora siete qui… Oh, Merlino benedetto, Albus che hai combinato ai capelli?!».
 
I quattro si voltarono verso Ginny Potter che fissava inorridita il figlio.
 
«Mamma, io mi sono concentrato lo giuro! Ma non tornano in testa!» singhiozzò il bimbo correndo verso la madre. Ginny lo prese in braccio e fulminò gli altri tre con gli occhi.
 
«Eccovi… perché Al piange?». Ora erano al completo, Harry li osservò per un attimo dalla soglia e poi entrò a braccia conserte.
 
«Vedi se riesci a fartelo spiegare» sbottò Ginny palesemente furiosa. «Vado giù da mia madre, lei saprà sicuramente far ricrescere i capelli… Al, stai calmo, la nonna sistemerà tutto…».
 
Teddy sentì la porta chiudersi, ma non ebbe il coraggio di alzare gli occhi sul suo padrino. Sperò che Vic trovasse una spiegazione plausibile al loro comportamento, ma, con suo sommo orrore, fu Molly a parlare: tirò fuori i suoi fedeli appunti e si avvicinò allo zio. Ella gli citò a memoria alcuni passi dell’articolo de Il settimanale delle streghe e poi illustrò passo passo il loro piano per aiutare Albus. Tutto per filo e per segno. Teddy si chiese quando Harry sarebbe scoppiato visto che, sebbene apparisse particolarmente seccato, non interruppe nemmeno una volta la nipotina durante tutta la spiegazione.
 
«Grazie Molly, sei stata esauriente» sospirò Harry. «Nonna Molly sta apparecchiando la tavola, perché non vai a lavare le mani e l’aiuti?».
 
«Sì, certo, zio Harry» disse la bambina soddisfatta e saltellò fuori dalla stanza.
 
Teddy si lasciò scivolare sul letto e ascoltò senza fiatare la ramanzina del padrino: sapeva tutto, sapeva che l’idea stessa era profondamente stupida ma soprattutto che erano stati molto cattivi con Albus. Ed era questo il suo problema più grande: come avrebbe potuto farsi perdonare dal bambino?
 
«Oh, zio mi dispiace per i capelli! Nonna glieli farà ricrescere, vero?» chiese Vic, sinceramente pentita.
 
Harry sospirò e annuì. «Sì, ma, per favore, la prossima volta che vi viene in mente un’idea tanto geniale, dimenticatevela».
 
Vic ridacchiò e persino Teddy si aprì in un leggero sorriso.
 
 
 
 
Più tardi, dopo cena, i due si rintanarono nella stanza del ragazzino.
 
«Non è giusto» sbuffò Victoire probabilmente per la millesima volta.
 
«La puoi smettere?» sbottò Teddy concludendo un paragrafo e appoggiando la piuma sulla scrivania.
 
«Insomma Molly non è nemmeno stata rimproverata ed è giù che si abbuffa di biscotti!» insisté però Vic.
 
«Sai com’è fatto zio Percy» sospirò Teddy, al quale la questione lo toccava ben poco non essendo riuscito a parlare ancora con Albus. «Harry e gli altri sono terrorizzati alla sola idea di rimproverare Molly, sanno che se lo fanno poi dovranno litigare con lui».
 
«Peccato che mio padre non si faccia questi problemi» sbuffò la ragazzina. «Che poi zio Harry ci aveva già rimproverato, era necessario togliermi il dolce?».
 
Teddy fece spallucce e fece per riprendere la piuma, ma in quell’istante un traballante Albus - i cui capelli erano ritornati perfettamente folti e arruffati come sempre - entrò nella stanza portando con sé un piattino con tre grossi biscotti. Vic si sollevò da terra quel tanto che bastava per aiutarlo e non farlo cadere. Teddy si affrettò a raggiungerli e sedersi vicino a loro. «Al non possiamo mangiarne» gli disse ragionevole ignorando l’occhiataccia di Vic.
 
«Non mi vuoi bene?» replicò Albus sul punto di piangere.
 
«Certo che sì!» rispose subito Teddy. «Ma tu non ce l’hai con me? Sono stato cattivo con te oggi».
 
Albus scosse la testa. «Molly mi ha raccontato tutto. Volevate solo vedere come so fare le magie».
 
«Più o meno» sospirò Teddy. «Quindi mi perdoni?».
 
Il bambino sorrise e si allungò per dargli un bacio sulla guancia. «Anche a me?» chiese Victoire. E Al diede un bacio anche a lei e poi le porse un biscotto.
 
«No, non posso, non hai sentito mio padre? Dallo a Teddy, a lui in fondo non è stato vietato».
 
«Ho chiesto il permesso a zio Bill» replicò il bambino senza smettere di tendere il biscotto.
 
Vic, tutt’altro che intenzionata a deluderlo, afferrò il biscotto felice e abbracciò il cuginetto. «Sei il migliore Al!».
 
Il bambino ridacchiò contento e porse un altro biscotto a Teddy che lo prese altrettanto felice.
 
Albus stava per addentare il proprio quando James corse dentro la cameretta. «Vi ho trovato!» gridò. «Mi dai un biscotto Al? Mamma ha detto che ne ho mangiati troppi!».
 
«È mio» strillò il bambino sgranando gli occhi. E il biscotto volò verso il soffitto pochi secondi prima di essere agguantato da James, che rimase a mani vuote.
 
«Dai Al!» lo supplicò James. «Ti prego, ti prego. Ti voglio bene!».
 
«Ma è mio» si lagnò Albus.
 
«Sono tuo fratello» disse allora James melodrammatico. «Dividiamolo, ti prego» soggiunse congiungendo le mani come se pregasse.
 
«Va bene» capitolò Albus. «Ma lo divido io».
 
James accettò all’istante.
 
Il biscotto scese lentamente e si adagiò sui palmi spiegati di Albus, che lo spezzò attento a farne due pezzi perfettamente uguali. James felicissimo s’impadronì della sua metà e se la ficcò in bocca, poi, prendendosi appena il tempo per dire: «Non lo dire a mamma… Io vado a giocare con Freddie», corse via velocemente così come era arrivato.
 
Albus nel frattempo aveva messo la sua metà tutta in bocca, probabilmente spaventato all’idea che il fratello si prendesse anche quella. Solo dopo che James se n’era andato, si voltò verso Teddy e Vic notandone le espressioni sbalordite. Vic gesticolava indicando prima il piattino, poi il soffitto infine la bocca di Albus.
«Oh, lo volevate voi?» chiese realmente dispiaciuto il bambino togliendosi il biscotto mangiucchiato dalla bocca e porgendoglielo.
 
 
 
Angolo dell’autrice:
 
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento.
Ho solo qualche appunto da fare:
  1. L’incipit del racconto è una citazione de La storia infinita di Michael Ende.
  2. L’enciclopedia magica di Curtius in realtà non sarebbe altro che Potterpedia da cui sono tratte alcune informazioni sui magonò. Altre informazioni me le sono inventate (tra cui le due teorie). Per quanto riguarda l’idea che la magia compaia entro i sette anni sono sicura di averla letta da qualche parte (ho cercato nei commenti di Silente alle Fiabe di Beda il Bardo, ma non l’ho travata).
 
Nella speranza di avervi strappato almeno un sorriso, scopo di questo racconto, vi auguro una buona serata.
 
   
 
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