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Autore: ShinyaR    19/08/2019    1 recensioni
In tutto ciò mi ha colpito quella domanda, ricorrente, sembrando più piccolo, che trasformava gli sguardi preoccupati e compassionevoli di chiunque in freddezza pura pochi istanti dopo: "Sei minorenne?". Per quanto a volte mi sembri di esser nato qualche anno fa, beh, non lo sono più, e quest'uomo adulto deve affrontare il mondo che sia nella sua stanza o chissà dove.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ho convissuto con l'isolamento fin da piccolino, sono sempre stata una persona introversa, ma il tutto si è cronicizzato verso i miei dodici anni, finché poi per motivi di salute al culmine dei diciotto anni non ho iniziato a chiedere aiuto, sia online che offline.

Durante il periodo da hikikomori più intenso, non ho avuto letteralmente contatti con nessuno, al minimo coi miei genitori e pressapoco zero online, preferivo semplicemente spaziare nel web con la mente, al massimo leggevo le discussioni altrui senza mai partecipare, ma la maggior parte del tempo ho vissuto leggendo e guardando media.

Di quell'esperienza mi porto dietro sia quelli che comunque considero lati positivi, che i negativi, come i problemi di salute risultanti, l'abuso di farmaci nel momento in cui mi sono stati prescritti e quel senso di vuoto, di dubbio, di ripensamento, il quale inizia a fare capolino soltanto quando ti rimetti in gioco anche soltanto online, ad esempio con spazi come questo.

Ultimamente ho avuto la riprova di qualcosa su cui riflettevo circa da qualche mese, cioè che attualmente visti i miei problemi e il contesto in cui mi ritrovo, non ho possibilità di scelta, se volessi non potrei agire. Ciò mi ha portato a fare un ragionamento paradossale... vista la mia natura molto probabilmente avrei fatto passare altri anni in una bolla di autocoinvincimento ma ora, da pedone che non può far la propria mossa e si sente sotto scacco, mi sento privo della mia autorità decisionale. Cos'è la mia esistenza alla fine, sono stato davvero il fautore delle mie scelte o sono semplicemente una statistica? La dimostrazione di una tesi universitaria, il risultato di una catena d'eventi?

Dopotutto il vero isolamento non me lo sono scelto io, è stato il risultato del bullismo e una situazione familiare molto particolare, il mio carattere rimane quello d'un tempo ma non so quale forma avrebbe potuto assumere in altre circostanze, e se forse, in qualche modo, in qualche luogo, anche io avrei potuto pacificamente funzionare senza tradirmi troppo ed essere utile in qualche modo non alla società brutta e cattiva, ma a quel poco che io ritengo giusto?

Eppure ora di scelte ce ne sono poche, l'opzione che ha più senso è far prevalere il mio istinto primario e col tempo ritornare ad un'ignoranza sommaria di come stiano davvero le cose, puntare di nuovo più sull'egocentrismo che sul dubbio, per confermare come la realtà doveva e tu volessi finisse così, per non essere continuamente spento e distratto da quei farmaci, unica via d'uscita in uno spiraglio di profonda depressione, ironicamente alimentata da quella che rappresentava la speranza, preferendo invece l'apatia e la disonestà verso sé stessi.

Una volta mi è stato fatto notare come il vero hikikomori non possa esistere in Italia, perché al contrario dei paesi asiatici qui alla fine si sente meno la pressione della società e quindi si tenta di chiedere aiuto disperatamente, non avendo paura di danneggiare l'altro come singolo, allora io di cosa sono il risultato? Di un masochismo perverso? Se il contesto non permette aiuti, come un sistema sanitario nazionale scarno, è quindi un hikikomori giustificato a continuare la sua condotta? Ormai sono stato forgiato così, il mio pedone non ha altre mosse, avrei potuto scendere a piccoli compromessi, ma se dall'altro lato manca lo stesso volere, beh, è tutto inutile.

Viviamo però anche in una società sempre più decadente, di recente mi è accaduto un fatto spiacevole e perdendo le staffe mi sono sfogato con una persona in particolare, spinto da conclusioni di suoi discorsi, mi è stato risposto che chiunque ha vissuto i propri momenti di disperazione e insuperabili ed era inutile pensare a chi sta messo peggio o meglio. Mi sono sentito incompreso, perché sono il primo a non agire in quanto sa che col senno di poi chissà quali situazioni al mondo esistono di peggiori e sono io in primis ad odiare i paragoni, ma se tale risposta mi è stata data da una persona da cui io comunque credevo di poter ricevere un minimo di comprensione, come posso ad esempio parlare col mio medico di base sulla settantina il quale consiglio migliore è: "andare a correre"?

Forse in alcuni casi è meglio prendere coscienza delle proprie decisioni passate e decidere di non muoverlo quel pedone, di illudersi o forse ricredendosi, vivere, nel mondo virtuale, accontentandosi ad esempio già della fortuna di avere una connessione ADSL.

Soltanto io mi chiedo, con quale diritto ad esempio, alcune persone provano ad imputare chi compie atti come il suicidio, parlando di opzioni le quali sarebbe stato possibili e rendendo tutto così semplicistico? Se non si vuole soltanto richiedere attenzioni, anche inutile in contesti di povertà, e non si vuole scatenare ulteriore preoccupazione, la scelta più logica sarebbe quella di dichiarare direttamente che se a tale problema non c'è risoluzione, si preferisce terminare la propria vita. Ma se se ne parlasse, così vis a vis con una persona del mestiere, come potrebbe davvero crederci non potendo leggere la tua mente, o vivere la tua vita in un istante?

Ciò vale anche per l'hikikomori, è facile dire che si poteva fare questo e quello, considerare possibilità avute per poter esperenziare altri modi di vivere quest'esistenza, ma se non fosse quello il caso? Può il primo essere almeno giustificato del suo sottrarsi al normale flusso della società?

In un impeto di claustrofobia, forse dettato anche dai farmaci, qualche settimana fa decisi che pur non avendo i mezzi di vedere una determinata cosa, mi ci sarei recato a piedi, accontentandomi di una mia piccola vittoria. L'orario non era indicativamente nemmeno troppo proibitivo, sulle 20:00. Dopo una mezz'oretta allontanatomi da casa, forse per il mio stile trasandato, una mera casualità, o uno scherzo del destino, ho subito un'aggressione totalmente ingiustificata che mi ha reso cosciente di un altro pericolo da hikikomori che non usciva da anni e quindi dal cui pensiero si era completamente distaccato: la violenza fisica e la fragilità del VERO corpo umano.

A seguito di tale aggressione, ho subito una perforazione al timpano sinistro, subendo una diminuzione del 60% del mio udito e l'impossibilità ad utilizzare in casa uno dei miei mezzi principali per evadere a casa la notte: le cuffie.

La membrana sembra destinata a crescere, forse questione di mesi, se una certa operazione andrà a buon fine, intanto la mia sfida mi è quasi costata una delle poche cose che ancora mi mantiene in vita dentro casa, e ciò non si sa nemmeno per quale ragione, la perfidia intrinseca di certe persone? O magari sono anche loro semplice statistiche vittime del susseguirsi della loro esistenza?

Al pronto soccorso mi sono reso ancora più conto di come siano davvero messe male le cose per alcune persone e della mia totale impotenza al di fuori delle mura di casa. Ero solo, non potevo essere riaccompagnato da nessuno a casa, e fortunatamente verso le due di notte qualcuno si è offerto di portarmi a casa, fidandosi di uno sconosciuto. In tutto ciò mi ha colpito quella domanda, ricorrente, sembrando più piccolo, che trasformava gli sguardi preoccupati e compassionevoli di chiunque in freddezza pura pochi istanti dopo: "Sei minorenne?". Per quanto a volte mi sembri di esser nato qualche anno fa, beh, non lo sono più, e quest'uomo adulto deve affrontare il mondo che sia nella sua stanza o chissà dove. Ma converrete che in uno scenario il quale potrebbe portare alcuni alla pazzia, forse, distaccarsi di nuovo da tutto per la propria salvaguardia personale, non è così ingiustificabile.

   
 
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