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Autore: Crudelia 2_0    19/08/2019    11 recensioni
Depresso.
Ecco come Minerva l'ha definito, seduta al salotto della Tana con una tazza di the tra le mani.
"Non l'hai riportato indietro," ti sorride da sopra le lenti squadrate "ma l'hai scrollato."
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Ti appoggi al davanzale e incroci le braccia al petto, infastidita.
Dopo la guerra non eri più stata trattata così, come se non contassi. Ci ha pensato Harry a rendere ben noto il tuo aiuto.
Ma non avevi considerato quell'uomo. Ti ha sempre trovata fastidiosa.
Irritante, saccente, petulante.
Sciocco da parte tua pensare che averlo salvato gli avrebbe fatto cambiare opinione.
Guardi Ron frugare nelle tasche per cercare delle Orecchie Oblunghe. Non che ce ne sia bisogno, Harry dopo vi dirà ogni cosa.
Sta sbrogliando un groviglio di fili color carne, ma capite entrambi che non servono: la risata risuona forte per tutto il corridoio.
 

 
Stringi il collo della bottiglia tra le mani e fissi il campanello.
Una causa persa, l'ha definito Harry, ma tu non ti arrendi. Insomma, sei riuscita a far imparare a Ron le cinque eccezioni note alla legge di Gamp.
Deglutisci e poi premi finalmente il dito sul pulsate dorato.
Si è trasferito in un appartamento babbano dopo la convalescenza al San Mungo su insistenza di Minerva. Non sai come sia riuscita a convincerlo, è evidente che hai ancora molto da imparare dalla tua vecchia professoressa.
Mentre le ultime note sfumano nel silenzio ti rigiri la bottiglia tra le mani. È un vino rosso italiano, corposo e speziato. Ti sembra adatto a lui.
Diversi minuti e scampanellii dopo la porta si apre e te lo trovi davanti, le bende intorno al collo e un'ombra di barba sul mento. Ti guarda con uno sguardo così truce che senti le parole morirti sulle labbra.
Non fai in tempo a balbettare il suo nome che ti ha già sbattuto la porta in faccia.
 

 
Depresso.
Ecco come Minerva l'ha definito, seduta al salotto della Tana con una tazza di the tra le mani.
Parla poco, adducendo come scusa la ferita alle corde vocali, che sai guarita da mesi. Rifiuta i tentativi di conversione di Harry: le lettere via gufo vengono rispedite al mittente e non ha un camino.
Le pozioni, l'unica vera passione che aveva mai avuto, non lo interessano più. L'unica volta che la professoressa di trasfigurazione ha provato a parlargliene è stata buttata fuori di casa.
"Non ha uno scopo" sospira l'animagus "E sa Merlino quanto un uomo come lui ne ha bisogno."
 
 

La seconda volta ti presenti con una bottiglia di Whisky Incendiario invecchiato. Non sai se portare una bevanda magica sia d'aiuto, ma pensi che cambiare approccio non possa far male.
Quando la porta si apre, questa volta con un leggero cigolio, le parole di Minerva ti risuonano nella mente con violenza.
I capelli lunghi si appoggiano molli sulle spalle, trasandati e unti come mai li hai visti. La barba disordinata gli copre metà volto, e per un momento fatichi a riconoscerlo. Non fosse per la cicatrice che rovina il collo e si perde in una camicia bianca che ha visto giorni migliori ti sembrerebbe un altro uomo, forse con dieci anni più di quello che sai dovrebbe avere.
I suoi occhi ti scrutano sotto le sopracciglia aggrottate. Sembra confuso e una campanello di allarme ti trilla da qualche parte nella mente.
Abbassa lo sguardo alle tue mani e lo vedi aprire di più la porta. Sei quasi speranzosa, ma devi ricrederti mentre ti strappa la bottiglia dalle mani e ti lascia sola sullo zerbino.
 
 

Ne parli con Minerva, l'unica persona che pare sopportare, ma l'unica risposta che ricevi è uno sguardo compassionevole.
 

 
La terza volta stringi al petto un libro. Ti riprometti che sarà l'ultima volta, non puoi aiutare qualcuno che non vuole essere aiutato. Non ricordi più chi l'ha detto.
Premi il campanello, leggermente ossidato, e non lo lasci finché non vedi la porta aprirsi. Ti aspetti di scontrarti con il suo sguardo furente, ma se possibile ti apre in condizioni peggiori della volta precedente.
L'odore di alcool ti colpisce il naso e lo stomaco, invadendoti la gola con il suo sapore amaro.
Gli tendi il trattato che hai tra le mani con la determinazione che ti è rimasta, cercando di ricordare che sotto l'aspetto di uomo arreso c'è il professore esigente che apprezza l'arte delle pozioni.
Guarda la copertina rigida tra di voi con la ruga tra le sopracciglia che si fa via via sempre più pronunciata.
Lentamente, con esitazione esasperante, allunga una mano pallida. Non appena vedi le dita sfiorare le pagine lasci il libro.
Senti il tonfo sordo sul tappeto, ma non te ne curi. Prima che sia lui a cacciarti ti volti e te ne vai.
 
 

Accompagni Harry a Godric's Hallow di sera. Ti intenerisce sapere che il Ragazzo d'oro del Ministero ha bisogno di sostegno, ma oggi è un giorno speciale.
Ginny è al San Mungo con il loro primogenito, James, ed è per questo che siete nel freddo cimitero con il vento che vi stroppiccia i capelli.
Nonostante ti abbia chiesto di accompagnarlo ti allontani, vuoi lasciargli un momento per sé.
Vaghi ricordando l'ultima volta che hai pestato quelle strade, e non ti stupisci di fermarti davanti la casa dei Potter.
Quello che ti sorprende è non essere sola.
Osservi il lungo mantello nero agitarsi nel vento. Ti sei fermata a diversi passi di distanza, ma quando si volta incrocia i tuoi occhi senza esitazione.
Sembra che il tempo non sia passato, lo rivedi sbarbato e con i capelli più corti e puliti. Quando ti avvicini puoi quasi sentire le pietre dei sotterranei di Hogwarts sotto le suole.
Lo guardi e non sai cosa dire. Paradossale, dal momento in cui ti sei presentata a casa sua con l'arroganza di strapparlo al suo guscio.
Ti osserva impassibile ancora per un momento prima di spostare lo sguardo alle tue spalle.
Capisci che Harry ti ha raggiunta e, mentre il suo volto non mostra nessuna emozione, provi l'istinto di alzare una mano e accarezzare la cicatrice che gli sfigura la pelle.
"Non l'avevo ancora salutata."
La sua voce ti giunge lenta e molto più roca. Quasi ruvida sulla pelle.
Vedi Harry annuire, al tuo fianco. Poi tendere una mano.
Lentamente, come quel giorno davanti alla sua porta, Piton allunga il braccio.
Una stretta solida, breve, ma va bene così.
Incrocia il tuo sguardo ancora una volta, poi scompare.
 
 

Minerva ti ha scritto un gufo per incontrarti.
Febbraio è freddo a Londra, ma ti trovi a rimpiangerlo mentre ti stringi nel cappotto che comunque non ti ripara dal vento scozzese.
Affondi le mani ancora più in profondità nelle tasche, ma ti senti scaldare quando arrivi davanti al pesante portone di legno. Un calore interno, che ti scalda dentro.
Hogwarts ti manca come non avresti creduto possibile.
I corridoi di pietra echeggiano al suono dei tuoi passi fino all'ufficio del preside.
Mentre stringi una calda tazza di the tra le mani davanti alla professoressa che con gli anni è diventata tua amica senti anche l'ultima traccia di gelo lasciarti, sostituita da un tiepido tepore che porta con sé piacevoli ricordi.
È quasi alla fine del vostro incontro, dopo aver parlato di lavoro e trattati, che si chiarisce che il motivo della visita non è fare una chiacchierata amichevole.
Ti ringrazia.
"Non l'hai riportato indietro," ti sorride da sopra le lenti squadrate "ma l'hai scrollato."
Non deve specificare a chi si riferisce, hai capito. E sorridi.
 
Ne approfitti per visitare la biblioteca. Come tutto, ti è mancata.
Passeggi tra gli scaffali accarezzando le copertine distrattamente. Ti fermi quando lo vedi.
Ogni sua apparizione ha del surreale, pensi. Tanti anni nel mistero devono aver lasciato il segno.
Sai che non insegna, quindi ti chiedi perché è lì.
Nonostante la curiosità ti volti e inizi a tornare indietro. Hai avuto ciò che volevi.


 
Non pensavi di tornare.
Sei uscita per comprare i regali, l'idea ti è venuta dopo aver visto il libro. Non sai se conosce la letteratura babbana, ma, di nuovo, un tentativo va fatto.
Suoni alla porta per niente sorpresa della mancanza di decorazioni. L'hai sempre visto sbuffare nei tuoi anni a Hogwarts, non pensavi fosse diverso.
Aspetti due minuti prima di suonare di nuovo.
Alla terza volta decidi di insistere nuovamente. Premi il pulsante e non hai intenzione di lasciarlo finché non ti apre.
"Granger."
Sobbalzi al suono della sua voce, non ti aspettavi arrivasse alle tue spalle.
Ti volti e non sai se sorprenderti di più per la busta marrone tra le sue braccia o il cappotto lungo alle ginocchia.
Nel dubbio, non fai nulla.
Si avvicina estraendo una chiave dalla tasca.
"Non ti offenderai se non ti faccio entrare."
Ci pensi.
"Sì."
Si blocca, la chiave nella toppa. Ti guarda e con deliberata lentezza alza un sopracciglio.
Sostieni il suo sguardo con una disinvoltura che avresti applaudito durante i tuoi anni scolastici.
"È Natale." Ti stringi nelle spalle.
Lo vedi alzare gli occhi al cielo, ma ti apre la porta e ti fa passate in un beffardo gesto di cavalleria.
Entri nel corridoio buio esitante, non sai cosa aspettarti. Ti guida in un piccolo salotto e accende le luci. Ti sorprendi nel scoprirlo pulito e ordinato, ma asettico. Impersonale.
Lo vedi scomparire in quella che immagini la cucina e rimani sul tappeto soffice. In imbarazzo, ti guardi intorno senza sapere cosa fare. Vedi addossata a una parete una libreria, ti rattrista vedere occupati solo due scaffali.
Capisci che è tornato perché senti il suo sguardo sulla pelle. Si muove senza far rumore in un modo disarmante. Se ne sta dall'altra parte del salotto perfettamente immobile, le braccia incrociate sul petto.
Dopo minuti che sembrano eterni alza un sopracciglio.
Hai la gola secca, il tempo scorre in uno strano modo intorno a lui.
"Pensi di dirmi perché sei qui o devo indovinare, Granger?" Ti chiede sprezzante, la voce arrochita.
Ti senti arrossire e non riesci a far altro se non tendergli il pacco. La carta blu scuro scricchiola sotto le sue dita.
"Dovrebbe aprirlo domani, signore." Ti senti dire quando ti accorgi che sta per togliere il magiscotch che hai usato.
Sbuffa, ma posa il pacchetto sul basso tavolino di vetro al tuo fianco. Te lo ritrovi così più vicino di quanto pensassi. Puoi sentire il suo profumo, e capisci che ancora beve più di quanto dovrebbe. Fuma, anche.
"Immagino che dei ringraziamenti siano d'obbligo." Dice lentamente.
"Oh." Non te lo aspettavi. "No, non davvero."
Alza un angolo della bocca.
"Bene, non c'è motivo perché tu rimanga qui allora."
Ti afferra per un gomito e prima che tu te ne renda conto sei fuori dalla porta.


 
Il Natale lo passi a Grimmauld Place. È l'unico posto abbastanza grande da ospitare tutto l'Ordine, o ciò che ne è rimasto. In più, a Harry piace ricordare l'unico Natale passato con Sirius. Spesso lo vedi con lo sguardo malinconico. Pensa che nessuno se ne accorga, la verità è che tutti avete qualcuno da piangere.
In ogni caso ci sono i bambini, e con loro la festa pare più significativa. Molly non è mai stata più contenta di cucinare per così tante persone, cerca di colmare un vuoto. È nel caos che precede il pranzo, mentre tutti sono intendi ad inaugurare i nuovi regali che ti chiama dalla cucina.
"C'è un gufo per te, cara." Ti dice mente mescola il sugo sul fuoco.
Osservi l'animale volare nel cielo di Londra dopo che gli hai offerto poche briciole di pane. La pergamena è ruvida sotto le tue dita, ma riconosci senza esitazioni la calligrafia sottile che ha vergato il tuo nome.
 
Miss Granger,
vedo un'allegoria che fingerò di ignorare, nel tuo regalo. Mi vedo comunque costretto a ringraziarti, mi hai offerto una piacevole lettura e un credibile pretesto per allontanare chiunque creda io abbia bisogno di compagnia in questo giorno.
In ogni caso, buon Natale.
S.P.
 
Non ti accorgi di star sorridendo finché non te ne chiedono il motivo. Dici che sei felice, in fondo lo sei.
 
 
 
Non sei mai stata un'esperta di bevute, ma sei convinta che per un regalo non ci si possa accontentare di alcool da poco prezzo.
Brancoli letteralmente nel buio, tra gli scaffali semibui dell'enoteca. Tuo padre beve raramente, ma quando se lo concede è alquanto esigente.
Tendi la mani verso la bottiglia più costosa quando una voce ti ferma.
"Non sai che prezzo non è sinonimo di qualità, Granger?"
Ti volti e ti scontri con il sorriso beffardo che hai già riconosciuto.
"Sì." Incroci le braccia. "E so anche che non bisogna esagerare." Non hai resistito.
Alza le sopracciglia mentre passa qualcosa nei suoi occhi. Non è sorpresa, ma ci assomiglia.
"Touché." Borbotta.
Soffochi la sorpresa quando ti consiglia nell'acquisto e ti accompagna fuori dal negozio, nell'aria fredda di fine inverno.
Camminate piano, fianco a fianco. Rompi il silenzio quando lo vedi accendersi una sigaretta.
"Dovrebbe smettere." Dici stringendo le labbra. "Il fumo fa male." Ti senti subito infantile, l'undicenne che ripete a memoria le frasi dei libri.
Si stringe nelle spalle mentre soffia una nuvola di fumo. "Se sono fortunato," inizia aspirando una nuova boccata "morirò prima."
 
 

Depresso.
Ti ritorna alla mente. È passato del tempo da quando te l'ha detto, e sei stata tanto ingenua da pensare che grazie a te non lo fosse più. L'hai visto piano avvicinarsi all'uomo che era prima, ma sai che la depressione è uno spettro così astratto e impalpabile da essere invisibile il più delle volte.
Hai deciso di fare qualcosa quindi. Qualcosa di concreto, questa volta.
 
 

"Pet terapy." C'è tutto il disgusto di cui è capace in quelle due frasi.
Annuisci sorridendo, contenta che abbia capito la tua spiegazione.
Vedi alzarsi pericolosamente un sopracciglio. "Non ne ho bisogno." Quasi sputa le parole.
"Oh, sì, invece." Cerchi di tenere un tono leggero, ma la voce si è un po' indurita.
"No." Ringhia questa volta.
"Io dico di sì." Incroci le braccia sperando di mettere fine a quello scambio che ha del puerile.
"E da quando faccio ciò che dici, Granger?" Sibila minaccioso.
Ti mancano le parole. Apri la bocca, ma non esce nessun suono.
Raccogli la tua borsa stizzita e te ne vai, lasciandolo in compagnia dei miagolii acuti del gatto.
 
 
 
Pensavi che con il tuo gesto avessi messo fine a quello che c'era tra di voi, qualsiasi cosa fosse. Saresti già stata sorpresa se ancora ti avesse rivolto la parola, di certo non ti aspettavi suonasse alla tua porta.
Oh, si è arrabbiato. È stato sprezzante, sarcastico e maleducato, ma alla fine l'ha ammesso.
È preoccupato.
"Il tuo animale" ha detto con disprezzo al centro della tua piccola cucina "è malato."
E nonostante ti avesse appena fatto infuriare non hai potuto non trovarlo adorabile.
 
 
 
"Ginger Ale."
"Sì, è arancione."
"Non se ne parla."
"Ma dai, è carino."
"Non avrà un nome ridicolo."
"Non è ridicolo."
"È escluso."
"Ma che t'importa, tanto non lo chiami mai!"
Sbuffa.
Sorridi.
 
 
 
Non era più successo e non puoi evitare di preoccuparti. Ti apriva sempre subito, il fatto che stia suonando da dieci minuti non fa che acuire la tua ansia.
"Granger!" Quasi urla, ma non te ne curi che sei già precipitata dentro casa.
"Per Merlino, ero preoccupata!" Senti la porta chiudersi. "Cosa ti costava aprirmi sub-" La frase ti muore sulla bocca quando capisci il perché. Scalzo, i capelli bagnati e solo un asciugamano bianco addosso.
Senti che ti strattona per un gomito.
"Tieni Granger, così la prossima volta eviti di sorprendermi nudo." E sei di nuovo fuori dalla porta.
Abbassi lo sguardo alla tua mano e apri le dita: ti ha dato le chiavi di casa.
 
 
 
"Ho avuto un'idea." Ti annunci entrando in casa. Lo senti gemere dal salotto.
"Dovremmo fargli conoscere Grattastinchi."
"Non mi piacciono, le tue idee." Neanche alza lo sguardo dal libro che sta leggendo. Non ti curi della risposta. Sbuffi mentre raccogli Ginger Ale che miagola per protesta.
Lo accarezzi contenta delle sue fusa mentre ti siedi accanto a lui sul divano.
"Cosa leggi?" Chiedi.
Non risponde.
"È bello?"
"Mh."
"Hai fame?"
"Mh."
Ghigni. "Posso rimanere per cena?"
"Mh."
Sorridi trionfante, per te è un sì.
 
 

Lo guardi mentre taglia una carota. La affetta in modo quasi maniacale, in piccoli cerchi praticamente identici. Anni da pozionista hanno vergato abitudini dure a morire.
Si interrompe un momento e incrocia il tuo sguardo. Alza un sopracciglio in una muta domanda.
Ti limiti a sorridere, scuotendo la testa.
 
 
 
Alla fine quella che doveva essere una cena è diventata un'abitudine. Mangiate in compagnia spesso.
A volte in silenzio, il più delle volte tu parli. Raramente dice qualcosa.
Non ti pesa, sai che non lo fa con cattiveria. Lo capisci dal suo volto, che vedi rilassato e assorto. Trova interessante ciò che dici, e non puoi che sentirti lusingata.
Ad essere sinceri, un po' più che lusingata. Ti ritrovi a raccontare le tue giornate e quando incontri la sua approvazione senti un piacevole calore scaldarti.
Sale dallo stomaco alle guance, e ti accelera il cuore.
Ma il tuo momento preferito è quando finite di mangiare. Vi sedete sul divano, Ginger Ale sonnecchia tra di voi, o sulle tue gambe (mai sulle sue, lo sposta con una smorfia se solo ci prova. Ogni volta ti fa ridere). Ti offre un bicchiere di vino a volte, altre legge e ti ignora convinto che così tu te ne vada prima. Ma c'è un momento, quando brindate, mentre i bicchieri appena alzati raggiungono le labbra per il primo sorso, che i vostri occhi si incontrano.
E il caldo che senti non è il vino che scende verso lo stomaco.
 
 
 
Ti butti gemendo sul divano. Chiudi gli occhi e l'unico movimento che fai è alzare la mano ad accarezzare pigramente Ginger Ale che si è acciambellato sulle tue gambe. Ami il tuo lavoro, ma certe giornate sono davvero estenuanti.
Senti la porta aprirsi e chiudersi, Ginger Ale salta via per andare incontro al suo padrone ingrato.
Apri gli occhi e lo guardi togliersi il cappotto.
"Hai fumato." Non è una domanda.
Annuisce solamente, mentre ti lancia un'occhiata.
Senti la rabbia salire, pensavi avesse smesso.
È quello che gli dici.
Ti guarda nuovamente, di nuovo quell'espressione imperscrutabile.
Si limita a stringersi nelle spalle.
"Ancora, seriamente?" Sei arrabbiata, fatichi a trovare altre parole.
E lui ti guarda, in silenzio.
Gemi frustrata, senti la rabbia accumularsi nello stomaco e sai che non trovi parole per esprimerla.
"Ancora quella storia? Ancora vuoi morire?" Sai di essere ripetitiva.
Lo vedi aprire la bocca per risponderti, ma lo fermi. Non vuoi sapere, non davvero. Non se la risposta è quella che tu pensavi di aver cambiato.
Te ne vai, triste e delusa.
Lui non ti ferma.
Illusa.
 
 
 
Alla fine sei tornata. Perché lo fai sempre.
Non sai più se è per lui o per te stessa. Presumi sia per te, lui non pare aver avuto vantaggio dalla tua vicinanza.
In effetti, perché sei qui?
Hai perso anni dietro quest'uomo, convinta di poterlo salvare dall'oscurità da cui era circondato, ma hai finito per innamorartene come se fossi ancora un'adolescente.
Lo realizzi adesso, in piedi sul suo pianerottolo e le sue chiavi nella serratura.
Entri con un groppo in gola che rischia di soffocarti. Senti Ginger Ale miagolare da qualche parte, ma fingi di non sentirlo.
Posi le chiavi sul tavolino e vedi che c'è un libro.
Lo prendi tra le mani, incapace di resistere.
Il Conte di Montecristo, il primo regalo che gli hai fatto. Lo lasci cadere a terra ed esci. Spazzi via le lacrime con rabbia.
 
 

Agosto a Londra è quanto di più soffocante puoi immaginare. L'umidità ti si appiccica addosso come una coperta. Se si unisce alle lacrime che rischiano di strozzarti non appena fai vagare un po' la mente devi ammettere che rischi la morte almeno tre o quattro volte al giorno. Approfitti della tua settimana libera per andare al mare.
 
 
 
Odi l'ascensore, ma ti costringi a prenderla per ritornare al tuo appartamento senza trascinare la valigia per sei piani di scale. Cerchi le chiavi nella borsa, ma ti blocchi a metà corridoio.
Lui è lì, appoggiato alla parete a braccia incrociate, e ti guarda.
Senti il sangue fluire e non sai a quale emozione è dovuto.
Deglutisci e raccogli il coraggio che tanto ti ha resa famosa.
"Spero non ti offendi se non ti faccio entrare." Imiti le sue parole di tanto tempo prima, escono più velenose di quanto intendessi.
Distacco, pensi.
"In realtà, sì." Ti risponde, e sai che sta sorridendo anche se non lo vedi.
Sospiri e poi lo guardi. Forse non ti ama, ma è qui e a te tanto basta.
 
 

Sei di nuovo a casa sua.
Avete mangiato insieme, ha cucinato lui. È dannatamente bravo, devi ammetterlo.
Chiudi gli occhi mentre ti reclini.
"Hermione?"
"Mh?" Hai preso le sue abitudini.
"Vai a casa, devi dormire."
"Adesso vado." Trovi la forza di borbottare.
Allunghi una mano per accarezzare Ginger Ale, senti le sue fusa da qualche parte vicino a te, ma incroci un altro palmo.
Stringi le sue dita, sono calde.
La sua spalla è ossuta, ma andrà bene come cuscino.
 
 
 
Come per le cene, dopo la terza volta che ti sei addormentata sulla sua spalla ti ha offerto il letto. Sei arrossita la prima volta, ma poi hai capito che saresti stata da sola.
Non sai dove dorme mentre tu stai tra le lenzuola che hanno il suo profumo. Forse sul divano, forse sulla poltrona.
Forse non dorme affatto.
 
 
 
In un primo momento non capisci perché sei sveglia.
È notte, è buio, non senti più il calore di Ginger Ale vicino a te. Quando dormi lì sta sempre con te, non sai se è così anche quando il letto è occupato dal suo legittimo proprietario.
Forse sì, non te ne stupiresti, in fondo.
Poi senti delle voci.
Scosti le coperte e ti alzi. Afferri la vestaglia (la sua vestaglia) e ti avvicini al salotto.
La prima cosa che vedi è la sua schiena, è perfettamente vestito, la camicia non ha neppure una piega. Sta appoggiato pesantemente allo schienale della poltrona, la testa china. Le nocche bianche tanta è la forza con cui stringe le mani.
"Severus?" Ti avvicini, entri nella luce del salotto. Si volta di scatto.
"Hermione." Si avvicina di un passo. "Non volevo svegliarti." Si ferma  a metà strada, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
"Hermione?" La voce profonda di Shacklebolt ti scuote. Attraverso il velo di sonno e la preoccupazione che si sta facendo strada riesci a cogliere la sua sorpresa.
Ti sposti e lo vedi.
"Minerva è in ospedale."
 
 
 
Come tutti gli ospedali, anche il San Mungo ha una strana atmosfera di notte.
Stringi due tazze di caffè nero mentre ti avvicini a Severus. Sta guardando fuori dalla finestra, le braccia incrociate sul petto, ma sai dalla profondità della ruga tra le sue sopracciglia che non vede realmente qualcosa.
Ti accosti al suo fianco e gli porgi una tazza, la accetta con un cenno del capo. Le vostre dita si sfiorano.
Sai che è preoccupato, dopo la guerra Minerva è stata l'unica sua amica. Non che nessun altro ci abbia provato, in principio, ma ricordi  bene come si era ridotto.
Non sai come siano le dinamiche tra di loro, dubiti lo saprai mai, ma va bene così.
Appoggi la testa sulla sua spalle e aspettate, insieme.
 
 
 
Arrivate a casa superate abbondantemente le quattro.
Vi sedete in cucina in perfetto silenzio. Avete tra le mani due tazze di the, intonse.
La preoccupazione si è intorpidita, lasciando il posto a una profonda spossatezza. Si era rivelato un semplice malore, una febbre trascurata. Tempo prima non sarebbe stato grave, ma, come Minerva stessa ha sottolineato, sta invecchiando.
"Vado a dormire." Ti alzi.
Annuisce, si alza e lo guardi mentre getta il the rimasto e lava le tazze.
"Severus?"
"Mh?"
"Dormi con me stanotte?"
Chiude il getto d'acqua, ti abbraccia.
 
 

Quando ti svegli si è già alzato. Una parte di te sperava rimanesse, ma sapevi non era davvero possibile.
Immagini sia andato da Minerva, in ogni caso non lo scoprirai fino a sera.
Ti vesti e vai a lavorare.
 
 
 
Entri in casa e ti blocchi, la porta ancora aperta.
Qualcosa non va, non è il silenzio, quello c'è sempre, eppure appena hai fatto il primo passo lo stomaco si è contratto.
"Severus?"
Non ricevi risposta, ma non te ne aspettavi davvero una.
Mentre ti togli il cappotto lo vedi.
La finestra aperta, i gomiti poggiati al davanzale. Fuma.
Ti avvicini e gli togli la sigaretta dalle dita. Non oppone resistenza.
Nell'altra mano tiene una lettera, te la porge.
"Mi ha chiesto di sostituirla."
Lo immaginavi, appena hai visto lo stemma di Hogwarts ne hai avuto conferma.
"No." Secco, conciso. Risponde prima ancora che glielo chiedi.
Immaginavi anche quello, puoi capire cosa gli ricordi essere preside.
Non dici nulla, appoggi il viso tra le sue scapole e lo abbracci.
 
 
 
"Adesso basta!" Gli strappi la sigaretta dalle labbra con forza.
È arrabbiato, non sai per cosa e non ti interessa, odi il fumo.
Ti afferra il polso e stringe, forte. Poi incontri i suoi occhi. Non ti guardava con così tanta rabbia da tempo.
Te ne vai.
 
 
 
Torni tardi. Apri la porta e ad accoglierti c'è il profumo caldo dell'arrosto, ha cucinato.
Vai in cucina e lo vedi seduto, ma non ha mangiato. Ti aspettava.
Si alza e in silenzio ti riempi il piatto, con la solita precisione che ti colpisce.
Aspetta che inizi a mangiare per parlare.
"Non volevo ti arrabbiassi." È il suo modo di scusarsi.
Sospiri. "Devi cercare smetterla, di sostituire il vizio con altro."
Alza un sopracciglio per invitarti a continuare, e la spiegazione scivola fluida.
"Ogni volta che vuoi fumare devi pensare ad altro, qualcosa che ti piace." Inizi, posando la forchetta per muovere le mani. "Ad esempio, al posto di prendere una sigaretta tra le labbra, devi mangiare una caramella." Finisci.
Mastica lentamente, pensa.
"Traslazione." Dice infine. Annuisci.
"Non mi piacciono le caramelle." Dice quando ormai i piatti sono finiti.
Alzi gli occhi al cielo, inizi a ripulire il tavolo.
"Era un esempio, ci sarà pur qualcosa che ti piace fare."
"No." Risponde in fretta, probabilmente per darti fastidio.
Fai un verso a metà tra l'indignazione e la condiscendenza. "Non ci credo."
"No, infatti, qualcosa c'è."
Senti la sua mano tra i capelli, poi le sue labbra.
 
 
 
"Severus?"
"Sì?"
"Cosa siamo?"
"Mh?"
"Noi. Noi intendo. Cosa siamo?"
Silenzio.
"Sev-"
"Non lo so!"
Di nuovo silenzio.
"Cosa vorresti che fossimo?"
Ancora silenzio.
"Hermione?"
"Sì?"
"Ho voglia di fumare."
Questa volta il silenzio è inghiottito dai baci.
 
 
 
"Ecco, questa è l'ultima." Posi soddisfatta la scatola nel salotto. Sono poche, una decina, forse meno.
Lo guardi sorridendo. "Sono poche!"
Storce le labbra, sai che fa così per non sorridere.
"Avevi già spostato tutte le tue cose, comunque."
Guardi Grattastinchi allargarsi sul divano vicino a Ginger Ale. Glielo fai notare.
"Te l'avevo detto che era una bella idea farli incontrare."
Alza gli occhi al cielo.
 
 
 
"Severus?"
L'ultima volta che quel freddo ti ha accolto quando sei entrata in casa l'hai trovato a fumare alla finestra.
Questa volta, mentre entri nel salotto immerso nella penombra, lo vedi seduto in poltrona. Le braccia incrociate sul petto, lo sguardo corrucciato.
Poi ricordi.
L'ultimo giorno di ottobre non è mai una buona giornata.
Ti stai avvicinando quando è lui che si alza. Di scatto, ti spaventa.
In due grandi passi è davanti a te.
Ti prende il viso tra le mani e ti guarda negli occhi. A lungo, profondamente.
"Hermione." Un sussurro sulle labbra. Non dice nient'altro.
Continua a guardati, quasi cercasse qualcosa.
"Hermione." Ripete. Il tono è più caldo questa volta.
"Non sei il surrogato di nessuno, lo sai, vero?"
Senti i polmoni svuotarsi di colpo. Non sai perché te lo stia dicendo, non sai come abbia fatto a capire che ogni tanto hai dei dubbi, che a volte sei insicura. Senti le lacrime premere sugli occhi e sbatti le palpebre per scacciarle.
Ti accarezza con i pollici, come se volesse toglierle anche se non sono scese.
"Nessuna ombra del passato, nessuna donna presente reggerebbe il tuo paragone." Lo dice con una semplicità disarmante. Senti le ginocchia cedere e per fortuna ci sono le sue braccia.
Ti ritrovi seduta sul divano a singhiozzare sulla sua camicia.
"Ti amo." Bisbigli, anche se ti senti quasi soffocare, il cuore impazzito.
"Mi ami, Severus? Ami solo me?" Ti aggrappi alle sue spalle, stringi la camicia tra le dita.
Incontri i suoi occhi.
Ti bacia.
"Sempre."


 
Eccoci qui!
Mi sono particolarmente affezionata alla storia, mentre la scrivevo e correggevo. Si è scritta praticamente da sola, e devo ammettere che sono piuttosto soddisfatta.
Spero piaccia a voi quanto a me, se vorrete lasciare i vostri pensieri saranno più che graditi. Qualsiasi consiglio e opinione è sempre utile.
Un abbraccio,

Crudelia  
   
 
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