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Autore: ChiaFreebatch    20/08/2019    11 recensioni
Storia ambientata nel periodo in cui Bucky si trova a Wakanda, dopo la criogenesi. In attesa di ricevere il nuovo braccio in vibranio, Steve si reca a fargli visita. Mini long in due capitoli si svolgerà in tutta la settimana che i due ragazzi trascorreranno assieme. Non tiene conto degli eventi di infinity war, quindi niente Thanos ma solo amore.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James ’Bucky’ Barnes, Steve Rogers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“You are my everything”

Ultimo capitolo di questa mini long buona lettura <3

 

Capitolo due.

 

Il giorno seguente, dopo pranzo, entrambi i ragazzi si recarono a palazzo invitati da T’Challa.

Bucky trascorse il pomeriggio e buona parte della cena in un clima di costante disagio. Sebbene fosse infinitamente riconoscente al sovrano per averlo accolto e curato non riusciva a rilassarsi in mezzo allo sfarzo della corte.

Era troppo abituato a vivere di stenti. Ci era nato, cresciuto e sebbene al momento non avesse problemi a sfamarsi, il suo stile di vita al villaggio era comunque di stampo povero.

Ad aggiungere disagio alla propria condizione vi era il numero smodato di persone che circondavano T’Challa e Shuri costantemente.

Non sopportava tutto quel chiacchiericcio e la visione di dozzine di uomini e donne in una sola ala.

Si era ritrovato a metà della cena a rabbrividire fissando il proprio piatto semi pieno.

Una sorta di sudore freddo si era impossessato del suo corpo e la vista per un attimo gli si era appannata.

Troppa gente. Troppe voci. Troppe luci. Troppa musica.

Steve si era accorto che qualcosa non andasse in lui sin dal primo istante in cui avevano varcato le porte del palazzo e ovviamente anche quel momento di panico estremo non era sfuggito al capitano.

“Bucky”

Lo aveva richiamato sottovoce mentre il re era intento a discutere con la regina madre di un argomento pertinente all’amministrazione locale.

“Buck” Gli aveva posato una mano sull’avambraccio.

James aveva sussultato violentemente, particolare che non sfuggì al commensale di fronte a lui ma che l’uomo ignorò volutamente.

Si era voltato con decisione, gli occhi spalancati come quelli di un animale braccato.

Il cuore di Rogers aveva perso un battito a quella visione.

“Steve…” Lo sguardo si era un poco rasserenato.

“Vuoi uscire di qui?” Gli aveva sussurrato con pacatezza senza lasciargli il braccio.

Barnes si era morso nervosamente il labbro inferiore ed aveva scosso il capo con lentezza.

“Non siamo obbligati a rimanere, posso inventarmi una qualsiasi scusa” Aveva bisbigliato chinandosi ulteriormente verso di lui.

Il profumo naturale di Captain America giunse forte e chiaro alle narici dell’ex soldato d’inverno.

Il ragazzo inspirò a fondo e si sentì al pari di un animale dal fiuto sopraffino.

Sì.

Bucky era convinto che nessuno potesse percepire così a fondo il profumo di Steve.

Nessuno.

Quell’aroma dolce e forte al tempo stesso aveva il potere di calmarlo ed eccitarlo. Contrasti. Contrasti assurdi legati all’intera persona di Steve Rogers.

Sulle labbra del ragazzo si disegnò un piccolo sorriso “No, sto già meglio Steve dico davvero”

Rogers non perse quell’espressione corrucciata e strinse un poco il polso dell’amico.

“Sei sicuro?”

“Sì, prima finiamo questa dannata cena e prima ce ne torniamo a casa… Dai muoviti a mangiare quella tilapia”

“A… Mangiare cosa?” Si era grattato un sopracciglio riacquistando un piccolo sorriso.

Bucky aveva indicato con un cenno del capo il piatto dell’amico. L’espressione ora divertita sul bel volto barbuto.

“Quel pesce affumicato che stai mangiando Rogers, è una tilapia”

“Tilapia” L’aveva punzecchiato coi rebbi della forchetta “Molto bene… Non finisco mai di imparare”

Steve abbandonò la presa sul braccio sfiorando delicatamente il dorso della mano dell’amico.

Bucky si morse la lingua e si dispiacque di quella perdita di contatto.

Si sforzò di mangiare almeno una parte del proprio pesce ma non aveva appetito.

Sebbene quell’attimo di panico era scivolato via grazie alla presenza semplice e preziosa di Steve, il malessere non lo aveva abbandonato del tutto.

Prima sarebbero tornati alla capanna e meglio sarebbe stato.

Shuri non si era persa nemmeno un’istante di quella scena sebbene sedesse piuttosto distante.

Sapeva che nonostante la cura avesse fatto effetto su Bucky, il ragazzo non era a proprio agio con il mondo esterno.

Sapeva che i mesi al villaggio gli erano stati di grande aiuto poiché quella condizione di quasi isolamento lo rendeva tranquillo ed in pace ma che covava in sé una sorta di malinconia e malessere costanti.

Nei pochi giorni trascorsi con il capitano alla propria capanna però Buck era rifiorito.

Se ne era accorta la sera prima, quando si era recata da loro per invitarli a palazzo il giorno seguente.

IL vederlo con quel sorriso ampio e lo sguardo luminoso aveva solo dato confermai alle proprie idee ovvero che al fine, l’unica cura per James Barnes sarebbe stata la presenza costante di Steve Rogers.

Al termine della cena li aveva congedati conscia di quanto quella situazione stesse irritando il fragile ex soldato.

La perplessità manifestata da parte del fratello circa l’ora poco tarda, venne messa a tacere con un’occhiataccia da quelle iridi così scure.

Consegnò loro una bottiglia di distillato di canna da zucchero con la promessa di dedicarle un brindisi al chiaro di luna.

Steve era palesemente arrossito il che le aveva fatto sorgere una risata divertita quanto a Bucky, le aveva riserbato un cenno del capo riconoscente.

Li riaccompagnarono al villaggio sotto un cielo che non prometteva nulla di buono.

Il borbottio lontano dei tuoni apparve sempre più vicino mano a mano che la strada per casa veniva ad accorciarsi.

 Fu solo quando varcarono la soglia della capanna che James potè tirare un profondo sospiro di sollievo e lasciarsi andare a peso morto sul letto.

Steve sorrise posando il liquore sul tavolino ed accendendo un paio di candele.

“E’ finita finalmente” Borbottò Barnes con il naso affondato nel cuscino.

Rogers non replicò, preferì glissare sull’argomento conscio che se Bucky avesse voluto parlarne, avrebbe preso per primo la parola.

Sbirciò oltre la tendina gialla osservando la pioggia scendere con violenza.

“Addio brindisi in riva al lago” Sospirò.

L’amico lo udì sebbene lo avesse appena sussurrato.

Si mise a sedere a gambe incrociate sul materasso e gli riservò una lunga occhiata.

Steve se ne stava ancora di spalle. Il viso puntato verso l’eterno.

Bucky lasciò scivolare le proprie iridi celesti sull’ampia schiena del ragazzo.

La camicia bianca tesa sulle spalle larghe.

La vita sottile ben delineata dai passanti dei jeans scuri.

Inspirò a fondo e richiamò la sua attenzione.

“Possiamo comunque brindare qui alla cara Shuri”

Il capitano si voltò arricciando le labbra in un piccolo sorriso.

“Sì, direi di sì”

Bucky lo osservò scostare la tenda. Lo sentì trafficare nella credenza alla ricerca di un paio di bicchieri mentre nel frattempo si accomodò meglio sul materasso.

Una smorfia attraversò il suo bel viso quando la fascia che gli copriva la placca gli impedì il movimento in maniera fastidiosa.

Chinò il capo fissandola con stizza e la mano la strattonò con decisione.

Steve non si perse quel gesto mentre fece capolino con due bicchieri di vetro stretti nella mano destra e la bottiglia nella sinistra.

“Levatela quella cosa, lo vedo che ti dà fastidio sai…” Si inginocchiò posando accanto al materasso bicchieri e bottiglia.

Bucky borbottò qualcosa nel tentativo di aggiustare la stoffa che in seguito al proprio  stendersi e rialzarsi aveva assunto una posizione poco consona e fastidiosa.

Steve sospirò pesantemente. Si levò le scarpe e si inginocchiò sul materasso.

Si mosse sino a raggiungere l’amico.

James sollevò il viso incrociando quegli occhi acquamarina.

“Sono solo io Buck” Ribadì un concetto così scontato.

L’amico abbassò lo sguardo e sospirò.

Rogers avvicinò con lentezza le mani allo stretto nodo.

Sfiorò la stoffa blu scuro. Pollice ed indice tremarono appena.

Indugiò un paio di secondi prima di iniziare a scioglierlo con gesti sicuri.

Il nodo si aprì facilmente in un pugno di stoffa stropicciata.

Steve la scostò con cura lasciandola cadere dalle spalle di Bucky.

Barnes rabbrividì avvertendo le dita dell’amico scivolare sulla propria spalla sana nell’accompagnare la stoffa scura sul materasso.

La camicia sbracciata che indossava mostrava ora parte della spalla metallica e la placca di chiusura al moncone.

James avvertì il proprio respiro farsi più veloce ed una sorta di tensione mista ad imbarazzo pervaderlo.

Non ebbe la forza di cercare gli occhi di Steve.

Tenne i propri bassi, fissi sui bottoni della camicia bianca dell’amico.

Rogers accarezzò la spalla metallica per pochi istanti poi con tranquillità si scostò.

“Meglio senza quella roba no?” Domandò con naturalezza.

James annuì senza proferire verbo.

Posò meglio il proprio cuscino contro il muro e vi si appoggiò con la schiena.

Steve stappò la bottiglia e riempì entrambi i bicchieri. Optò per un atteggiamento di totale naturalezza onde evitare ulteriori imbarazzi all’amico. Sapeva che se si fosse comportato in maniera naturale, James ne avrebbe solo giovato.

Si sedette al proprio posto e passò il bicchiere all’altro.

Li fecero tintinnare l’uno contro l’altro.

“A Shuri” Lo levò all’insù sorridendo.

Bucky sorrise a sua volta ed annuì “A Shuri”

Lo sorseggiarono e Steve arricciò il naso non apprezzandolo appieno.

Barnes si accorse di quella smorfia e sorrise.

“Non ti piace?” Domandò voltandosi alla propria sinistra.

“Insomma… Sembra…”

“Rum?” Suggerì.

“Sì, esatto!”

“Bè, il rum è sempre un distillato della canna da zucchero, è molto simile”

“Ma questo è più forte” Si passò la lingua sulle labbra.

Bucky si perse un istante nel cogliere la punta della lingua fare capolino tra quella bella bocca dalle labbra lucide.

“Bè” Distolse lo sguardo “Attento a non ubriacarti allora” Ne bevve un sorso generoso.

Steve scosse il capo con un sorriso amaro.

Posò poi la nuca contro il muro alle proprie spalle.

“Se fosse possibile non ti nascondo che lo avrei fatto più spesso di quanto tu possa credere”

James corrugò le sopracciglia assumendo un’espressione confusa.

“Cosa vuoi dire?”

“Non posso ubriacarmi Buck” Rigirò il liquido ambrato nel bicchiere.

“Sì che puoi! Ti ho visto stramazzare a terra per un bicchiere in più di punch!” Sbuffò divertito.

“Sì, prima del siero” Si volse verso destra incrociando gli occhi di Bucky.

“Il siero ti ha reso immune?!” Si stupì.

“Esattamente”

“E come lo sai? Voglio dire… Non ricordo che al campo tu abbia mai provato ad ubriacarti”

Rogers inclinò il capo annuendo con espressione triste. Una stretta al cuore lo colpì e dovette inspirare a fondo più di una volta prima di parlare.

I grandi occhi azzurri lo fissavano incuriositi.

“Dopo che…” Deglutì gesticolando con la mano cercando di acquistare un poco di forza per proseguire “Dopo il tuo incidente…” Sussurrò “Ho passato ore a bere” Continuò a fatica.

James colse gli occhi di Steve farsi lucidi. Rabbrividì ed il proprio cuore si strinse in una morsa.

“Ho tentato di affogare la mia disperazione, il mio senso di colpa nell’alcol senza avere nemmeno la soddisfazione di riuscirci” Sul viso sorse un sorriso amaro.

“Quale senso di colpa?” Domandò cupo.

“Dovevo salvarti Buck e non ci sono riuscito” Ne uscì un sussurro così flebile che Barnes faticò ad udirlo.

L’ex soldato d’inverno scosse il capo con decisione.

“N…No. No” Decretò.

“Sì invece” Si morse la lingua, lo sguardo basso.

Bucky si mosse d’istinto. Allungò la propria mano verso il viso di Steve. Ne sfiorò il mento e gli sollevò il volto.

Gli occhi dell’amico erano ancora lucidi. Lucidi e tanto tristi.

“Non è stata colpa tua”

Rogers afferrò la mano di Bucky ora posata sulla sua guancia e non disse nulla. Posò il proprio palmo sul dorso di quella dell’amico e scosse il capo.

James lo tirò a sé stringendolo in un abbraccio scomposto.

Il capitano lo ricambiò con forza nascondendo il viso contro il suo collo.

Il naso affondò nei capelli castani e tremò.

“E’ stato orribile Bucky, orribile”

James si limitò a stringerlo a sé.

“Ti ho visto cadere nel vuoto e sono rimasto lì, impotente, ho visto la mia vita volare via con te in quel crepaccio” Strinse con forza le dita alla camicia dell’amico.

Barnes avvertì distintamente una lacrima bagnargli il collo.

L’idea che Steve stesse piangendo, che stesse soffrendo al ricordo di quanto fosse successo gli spezzò il cuore.

Avvertì i propri occhi farsi umidi e si impose di non piangere. Si disse che non sarebbe servito a nulla lasciar scivolare delle stupide lacrime sul proprio viso.

Non aveva mai versato una singola stilla né per le proprie vittime né per la propria situazione disgraziata.

No. James Barnes non era un uomo in grado di piangere.

Si scostò un poco e strinse il palmo sulla nuca di Steve.

Cercò i suoi occhi.

Li trovò umidi nella penombra e la conferma dei propri sospetti lo colpì come una coltellata.

Era sempre stato estremamente sensibile alla sofferenza dell’amico. Più che alla propria.

“Non piangere Punk o farai piangere anche me, ed io non posso permettermelo” Gli regalò un sorriso piccino asciugandogli l’angolo dell’occhio con la nocca dell’indice.

“Certo, non puoi piangere perché sei un cretino” Sorrise scuotendo il capo.

“Forse sì” La mano scivolò nuovamente sul collo e gli strinse i capelli sulla nuca.

“E’ la prima volta che lo ammetti da quando ti conosco”

“Sarà colpa di quel maledetto liquore” Sorrise posando la fronte contro quella di Steve “Mi fa straparlare”

Chiusero entrambi gli occhi restando in silenzio.

Lo scrosciare della pioggia unico suono a riempire la capanna.

“E’ stato tremendo Jerk” Mormorò incapace di pensare ad altro.

“Lo so” Sussurrò.

“E scusami se ti sembro un ragazzino petulante perché se ripenso a quello che hai passato tu, la mia sofferenza è nulla” Si scostò quasi vergognoso.

James si sentì orfano di quel contatto.

Vide l’amico stendersi supino e chiudere gli occhi posando entrambi i palmi sul volto.

Barnes inspirò a fondo e si sdraiò a sua volta.

Timidamente gli si affiancò sino a che la propria spalla malandata toccasse contro quella solida di Steve.

Il capitano sussultò voltandosi.

James si mise su un fianco osservando il viso dell’altro ad un palmo dal proprio.

“La sofferenza non va paragonata Punk” Sussurrò. “E’ stato uno schifo per entrambi”

Rogers tirò le labbra annuendo.

“Ma adesso siamo qui, il destino ha voluto che ci ritrovassimo, con il nostro bagaglio di ferite ma di nuovo insieme” Sorrise.

“Sei diventato saggio Buck” Gli sorrise.

“E’ la vecchiaia” Scherzò.

Captain America si raggomitolò su un fianco e vincendo l’imbarazzo si avvicinò all’amico.

Mise il capo sul suo cuscino.

Con il naso sfiorò il collo dell’ex sergente e chiuse gli occhi.

James avvertì il proprio cuore battere con forza. Inspirò a fondo il profumo di Steve immergendo il naso nella folta chioma bionda.

Abbassò le palpebre a sua volta lasciando scivolare la mano sulla vita sottile del capitano in un abbraccio delicato.

Si godettero quel contatto dolce ed amorevole mentre fuori la pioggia batteva impazzita.

Un forte vento si insinuò dalla finestrella spegnendo in un istante entrambe le candele.

“Dovrei alzarmi e riaccenderle” Mormorò Rogers assonnato.

“Scordatelo” Replicò piano.

“E dovremmo anche cambiarci per la notte” Soffocò uno sbadiglio.

“Stai zitto Punk” Lo strinse maggiormente a sé.

Steve sorrise contro il suo collo ed annuì.

Il ciuffo biondo solleticò il naso di Bucky che scostandosi un poco gli posò la bocca sulla fronte.

Si addormentarono così, con il sorriso impresso sulle labbra.

……

Una settimana era trascorsa da quando Steve era arrivato al villaggio.

Quel mattino Bucky si era alzato alle prime luci dell’alba dopo una notte per lo più insonne.

Rogers lo aveva sentito rigirarsi tra le coperte senza avere pace e di riflesso non aveva riposato a propria volta.

Lo osservava ora camminare avanti ed indietro tra l’orto e le capre che lo fissavano perplesse brucando l’erba attorno allo steccato.

Steve sorrise a braccia conserte sull’uscio della capanna.

Sapeva che il motivo di tutta quell’agitazione fosse da attribuire all’imminente visita di T’’Challa e Shuri con il nuovo braccio in vibranio.

Vide Barnes sbuffare con forza e appoggiarsi con la mano allo steccato.

Lo raggiunse sfiorandogli la schiena in una carezza delicata.

James sussultò voltandosi verso l’amico.

“Stai tranquillo Buck”

“Sono tranquillo” Distolse lo sguardo fissando il lago poco distante.

“Sì certo, è evidente” Lo canzonò infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni color kaki.

“Cretino” Borbottò allontanandosi.

Rogers sorrise “Andrà tutto bene”

“Sì… Durante l’ultima prova, il mese scorso, sembrava che le funzioni fossero perfette, Shuri mi disse che andava sistemata solo la parte… Estetica” Storse le labbra.

“E allora a maggior ragione rilassati” Gli si sedette accanto sulla piccola panca in legno posta vicino alla capanna.

James annuì mordicchiandosi il labbro inferiore.

“Sarà strano” Mormorò dopo una manciata di minuti silenziosi.

Steve sorriso comprensivo “Sarà bello”

“Sì” Si voltò sorridendo a propria volta all’amico “E non dovrò più indossare queste dannate fasce …” Battè la mano sulla stoffa celeste.

“E io potrò finalmente scoprire se effettivamente sei quel pesce che dici di essere”

“Oh andiamo!” Rise “Sul serio?!”

“Certo, mi ricordo la tua sbruffonata di qualche giorno fa… Ti aspetta una sfida Barnes, chi arriva primo all’isolotto dei fenicotteri”

“Sei serio?”

“Certo! Me ne hanno parlato al villaggio e quando mi sono allontanato a nuoto giorni fa l’ho visto un po’ più a nord…”

“Sì, lo so dove si trova” Lo sgomitò.

“Molto bene allora preparati alla sfida”

“Va bene Punk… Va bene” Sorrise furbo “Sarà un piacere stracciarti”

“Non cantare vittoria troppo presto Jerk”

Un rumore interruppe quello scambio di battute.

Entrambi si voltarono verso destra, il viso rivolto alla cima del piccolo colle.

T’Challa se ne stava in piedi con il suo solito piccolo stuolo di sudditi al seguito.

Barnes tese la mano verso Steve senza distogliere lo sguardo dal re che scendeva il vialetto sterrato.

Gli strinse con forza l’avambraccio.

A Rogers quella ricerca di coraggio e affetto scaldò il cuore.

Posò la propria mano su quella dell’amico e la strinse.

“Coraggio Bucky” Sussurrò.

Il ragazzo si voltò regalandogli un piccolo sorriso.

“Vieni con me?” Si alzò in piedi.

“Lo sai no?” Arricciò le labbra in un sorriso.

Buck scosse il capo sorridendogli a sua volta “Insieme fino alla fine”

Steve annuì mentre i reali di Wakanda giunsero al loro cospetto.

………

Il braccio in vibranio si rivelò essere perfetto e a Bucky non parve vero poter tornare ad utilizzare due mani.

Si era talmente abituato a gestirsi con un arto solo che quasi fece fatica ad utilizzare il secondo a dovere.

Per tutta la giornata si era accorto di tenerlo spesso immobile e di gestirsi unicamente con il destro come ormai era abituato a fare.

Quella sera entrambi i ragazzi erano stesi sull’erba vicino al lago.

Il clima era insolitamente fresco e la luna splendeva tonda nel cielo.

Steve osservò l’amico senza farsi troppi scrupoli.

La luce della torcia poco distante illuminava il suo corpo ed il nuovo braccio in vibranio.

Bucky lo teneva sollevato e muoveva le dita della mano tese verso il cielo.

Le muoveva con delicatezza infinita quasi stesse suonando uno strumento invisibile.

Rogers restò affascinato di quei gesti lenti e dell’espressione assorta sul bel viso.

Gli inserti in oro brillarono alla luce calda del fuoco.

“Come lo senti Bucky?” Domandò con le braccia piegate sotto il capo.

James volse il viso verso di lui.

IL braccio ancora sospeso verso il cielo.

“Bene, anche se mi sembra ancora impossibile. E’… Perfetto, più di quanto lo fosse quello vecchio”

“Ed è anche più bello” Puntualizzò con un’occhiata divertito.

“Sì lo è” Ghignò abbassandolo.

Portò il palmo dritto dinnanzi al proprio volto e non smise di muovere le dita metalliche.

Steve si mise un fianco.

Posò un gomito a terra, il busto un poco rialzato.

“Posso?” Tese la mano libera verso Barnes.

Il ragazzo restò supino ed annuì.

Il capitano sfiorò con delicatezza il dorso della mano a palmo pieno.

I polpastrelli risalirono poi tastando il polso e l’avambraccio.

Una delicata carezza innanzi ed indietro che risaliva sempre un poco di più.

Bucky inspirò a fondo ed avvertì una sorta di eccitazione ingiustificata. Il braccio era privo di sensibilità tattile quindi si dette dello stupido ad emozionarsi per quello sfiorare del semplice metallo.

Si insultò ripetutamente e si disse che diavolo avrebbe combinato se Steve, quelle carezze sempre più insistenti, le avesse dedicate al proprio braccio di carne e ossa.

Osservò il viso dell’amico nella penombra.

L’espressione concentrata.

Troppo.

Quasi severa.

Le dita raggiunsero il bicipite ed indugiarono. L’indice premette la congiunzione delle placche sino a raggiungere la spalla scoperta dalla solita camicia sbracciata.

“Steve?” Lo richiamò sottovoce.

“Sì” Sussultò mettendosi a sedere “Scusami” Distolse lo sguardo.

Bucky si sedette a sua volta.

“Non devi scusarti” Scosse il capo.

“Sì invece… Non volevo infastidirti ero solo…Curioso” Si grattò la nuca.

Un leggero rossore gli imporporò le guance sotto la barba bionda.

Barnes sorrise e lo sgomitò “Non mi hai dato fastidio”

Rogers lo sbirciò con la coda dell’occhio ed annuì sorridendo.

Restarono un poco in silenzio.

Il viso di entrambi verso il lago.

“Non hai sensibilità vero?” Domandò stropicciando i ciuffi d’erba vicino alla propria coscia.

L’ex soldato scosse il capo tirando le labbra in un’espressione un poco rassegnata.

“No… Ma va bene così, è più di quanto potessi desiderare” Si accarezzò gomito ed avambraccio.

Steve annuì e non aggiunse altro.

Bucky allora tese la propria mano metallica afferrando quella dell’amico.

È strano” Attaccò “Non è che non abbia completamente sensibilità” Prese a rigirare le dita di Steve tra pollice e indice “Diciamo che non percepisco il calore… Le sensazioni fisiche che la pelle può percepire e trasmettere… Avverto la consistenza, il peso… Nulla di più”

Intrecciò le proprie dita a quelle del capitano e Steve si ritrovò a rabbrividire.

Osservò i propri polpastrelli premere contro il dorso della mano in vibranio.

La propria pelle pallida di contrasto contro il metallo scuro.

Non riuscì a scorgere ora gli intarsi oro.

Buck da seduto oscurava la fiaccola limitando quasi totalmente la luce su quell’intreccio di mani.

“Tu come lo senti?” Azzardò.

Rogers sollevò i propri occhi incrociando quelli così grandi ed espressivi dell’amico.

Dovette deglutire un paio di volte prima di decidersi a rispondere.

“E’…Liscio”

“Liscio?” Sorrise divertito.

“Sì…” Sorrise a sua volta un poco imbarazzato.

“E poi?”

“E… Tiepido.” Mosse le dita senza sciogliere l’intreccio.

“Sul serio?” Inarcò un sopracciglio.

“Sì bè… So che può sembrare strano, si potrebbe pensare che sia freddo ma…Non lo so” Distolse lo sguardo “Per me non lo è”

Bucky sorrise compiaciuto “Bene” Decretò.

“Bene?” Rogers si mosse un poco e nel farlo si avvicinò ulteriormente all’amico.

Fianco contro fianco.

“Sì, mi fa piacere che tu non lo senta come gelido metallo”

Il capitano non seppe bene come replicare. Se ne stette in silenzio e per un tempo indefinito anche Bucky non emise fiato.

Restarono seduti uno accanto all’altro. Le mani ancora intrecciate.

Le dita di entrambi che si muovevano con lentezza in una carezza delicata.

“Volevo dirti una cosa” Esordì Rogers dopo aver preso un bel respiro.

“Che cosa Steve?”

“Ha a che fare con il motivo della mia presenza qui” Proseguì.

“Credevo fossi venuto qui per supportarmi in… Questo” Sollevò il braccio senza sciogliere la stretta.

“Sì certo, quello è il motivo principale e… Il resto è una conseguenza direi”

“Vale a dire?” Domandò corrugando le sopracciglia.

Rogers inspirò di nuovo.

“Quando arrivai qui ti chiesi una cosa a proposito del Wakanda. Una cosa a cui tu mi dicesti che avresti risposto in un altro momento…”

Steve colse le iridi di Barnes vibrare.

“Mi domandasti se mi piacesse vivere in un mondo parallelo… Perché è così che ci si sente qui nel Wakanda” Sussurrò.

“Esattamente Bucky” Annuì “E’ proprio quella la domanda a cui mi riferivo” Gli sorrise “Ti senti in grado di rispondermi ora?”

“Perché lo vuoi sapere Stevie?” Inclinò il capo.

Quel nomignolo fece battere il cuore di Rogers con forza.

Gli occhi azzurri ora fissi nei propri gli fecero arrossire le guance.

Battè le palpebre ed in quel momento si sentì di nuovo il piccolo Steve Rogers di Brooklyn trafitto dalle iridi bellissime dello scanzonato Bucky Barnes.

“P…Perché avrei una proposta da farti” Balbettò e si odiò per quella perdita di controllo “Ma se tu mi dicessi che qui stai bene, che questa vita… Parallela è ciò che fa per te, beh io non mi azzarderei nemmeno a fartela” Sospirò stringendo con forza la mano nella propria.

“Io vorrei comunque sentirla se per te va bene. A prescindere dal mio pensiero su questo posto” Parlò piano e con voce sommessa.

Rogers rabbrividì e non resse quello sguardo così limpido.

Riportò il viso verso il lago.

La fermezza dell’acqua gli fu d’aiuto.

Si concentrò su quella superficie così immobile sebbene sotto di essa vi fosse la vita.

“La mia proposta è quella di… Lasciare il Wakanda e trasferirti a New York”

“A New York?” Domandò “E… Dove? Non ho niente Steve. Non ho un centesimo… Non…”

“Quello non è importante” Lo interruppe voltandosi.

Bucky battè le palpebre. L’ espressione confusa.

“Sì che lo è” Annuì “Sono un poveraccio Stevie, posseggo solo i quattro stracci che mi hai visto addosso in questi giorni. Non ho nulla non…”

“Ma io sì” Lo interruppe di nuovo.

James spalancò gli occhi.

“Io ho un bell’appartamento a Brooklyn, più grande di quanto sia necessario. Ho un buon conto corrente… I soldi non saranno più un problema per noi Buck.”

“Vuoi che venga a vivere con te?” Sussurrò.

Un sussurro così lieve che se Steve fosse stato poco più lontano non lo avrebbe udito.

“Sì” Arrossì e distolse lo sguardo “Se ti va… A me farebbe piacere”

“Non posso farlo Stevie, non posso farmi mantenere da te”

“Tu ci sei sempre stato per me. Ti sei spezzato la schiena per pagarmi medicine e dottori dopo la morte di mia madre. Se… Se tu non ci fossi stato io sarei morto di malattia negli anni Trenta del secolo scorso” Sospirò “Quando non avevo nulla… Avevo te”

James avvertì il cuore battergli con forza nel petto.

Rafforzò la presa sulla mano pallida dell’amico.

Si morse ripetutamente il labbro inferiore.

Non seppe cosa rispondere. Troppe emozioni.

“Non voglio andarmene e lasciarti qui Bucky” Proseguì sommesso.

“Non voglio essere un peso per te Punk” Mormorò tenendo il capo chino.

Gli occhi fissi sulle loro mani intrecciate.

“Sei un cretino non un peso!”

Cercò di sdrammatizzare e stemperare l’imbarazzo sciogliendo la stretta e spingendolo un po’.

Barnes spalancò gli occhi e vacillò sotto quella spinta.

Vide Rogers alzarsi in piedi e dargli le spalle.

Si alzò a sua volta e restò un passo indietro a lui.

“Cosa potrei fare a Brooklyn?”

“Ho appuntamento con Tony settimana prossima. Stiamo cercando di recuperare il nostro rapporto. Di appianare le nostre divergenze per il bene degli Avengers. Dobbiamo ricostruire il gruppo e tu…. Tu potresti farne parte” Si voltò cercando nuovamente i suoi occhi.

“Stark mi odia Steve” Si grattò la nuca.

“Gli ho già detto che sarei venuto qui da te e che ero intenzionato a farti questa proposta” Si infilò le mani in tasca.

“Sei matto lo sai vero?”

“Forse” Storse le labbra “Ma il risultato è che Tony ha accettato. Dopo tutto ciò che è accaduto in Siberia, si è reso conto a mente fredda che tenere il punto su quanto successo in passato sarebbe stato controproducente. Ha capito che hai agito perché manipolato mentalmente da quei pazzi criminali. Ha però specificato che non potrai mai stargli simpatico e che si limiterà a sopportarti optando per un regime di tolleranza per il bene comune”

Bucky si passò nervosamente le mani sul viso.

Inspirò a fondo prima di ridurre a zero la distanza che lo separava dall’amico.

Lo abbracciò con forza e Steve sorrise avvertendo la barba castana solleticargli il collo.

Ricambiò la stretta.

“Devo dedurre che tu preferisca Brooklyn al mondo parallelo?” Domandò.

“Tu cosa vorresti che facessi Steve?” Rispose con una domanda senza sciogliere quell’abbraccio.

Rogers inspirò a fondo massaggiandogli l’ampia schiena.

“Io vorrei che tu facessi quello che desideri senza vincoli e costrizioni. Vorrei che d’ora in avanti ti sentissi libero di fare qualunque cosa tu voglia fare senza farti condizionare in alcun modo da nessuno. Direi che di gente che ti abbia dato ordini o imposizioni tu ne abbia già avuto abbastanza per le prossime cento vite” Sbuffò sfiorandogli la nuca con la mano destra.

“Il tuo parere conta per me Punk, non sarebbe un’imposizione” Sorrise sfiorandogli il collo con le labbra.

Steve stette in silenzio qualche istante.

Le dita indugiarono ulteriormente sulla nuca accarezzando ora con lentezza i capelli castani.

“Io vorrei che tu venissi a vivere con me. Come una volta… Così mi sembrerà che tutto lo schifo di questi settant’anni sia stato solo un brutto incubo da cui ci siamo svegliati” Mormorò sfiorandogli una tempia con le labbra.

Bucky inspirò a fondo e chiuse gli occhi, si godette quelle carezze leggere avvolto dal silenzio totale.

Il vento si alzò e si ritrovò a rabbrividire.

Si scostò a malincuore.

Cercò gli occhi di Steve e li trovò sfuggenti. Scorse quell’imbarazzo costante sul suo viso e sorrise di gioia.

“Lo sai che potrei essere pesante da sopportare vero?!” Si mise in viso quell’aria scanzonata che riportò Steve diretto agli anni Quaranta.

“Anche io potrei esserlo” Fece spallucce.

“E non pensare che nel frattempo io abbia imparato a cucinare”

“Non nutrivo molte speranze a riguardo in effetti” Rise.

Restarono a fissarsi qualche istante prima di darsi un altro abbraccio veloce ed una pacca sulla spalla.

“Rientriamo?” Rogers indicò la capanna con un cenno del capo.

“Sì… Questo vento inizia a infastidirmi”

Si incamminarono verso la capanna.

Il braccio di Steve sulle spalle di Bucky.

Quello di Bucky stretto alla vita di Steve.

………..

James Buchanan Barnes fissò con sopracciglio inarcato la distesa d’acqua innanzi a sé.

Steve Rogers accanto a lui si stava spogliando dei propri abiti.

“Sei sicuro di volermi sfidare Steve? Sei ancora in tempo per ritrattare”

“Se stai cercando di sfuggire alla sfida Jerk dillo chiaramente” Ripiegò t-shirt e pantaloni.

“Non fare il cretino è solo che stavo analizzando la distanza da qui all’isolotto dei fenicotteri e mi chiedevo se per te non fosse troppo” Fece spallucce chinandosi poi a slacciare le scarpe.

Il capitano ripose gli abiti in un’insenatura tra due grossi massi.

“Ti sto ignorando” Gli rispose.

Si chinò senza riflettere mostrando sfacciatamente il fondoschiena all’amico ancora accucciato a terra.

James si ritrovò suo malgrado ad arrossire.

Distolse lo sguardo dal fondoschiena più bello d’America e si schiarì la voce.

“Come vuoi” Borbottò.

Rogers arricciò le labbra in un sorriso divertito mettendosi poi a braccia conserte appoggiato ai massi.

“La smetti di fissarmi?” Buck si fece acido slacciando con sin troppa lentezza i bottoncini della camicia.

“Sto semplicemente aspettando” Si dipinse in viso un’espressione angelica.

“Sì come no…” Borbottò.

“Il fatto che tu stia tergiversando nello spogliarti nonostante il tuo braccio nuovo nuovo mi fa pensare che tu non sia poi così convinto di questa sfida…”

“Non sto tergiversando!” Si tolse con un gesto secco la camicia gettandola a terra.

Steve si perse un istante ad osservare il torace dell’amico. Meno muscoloso di un tempo ma perfettamente definito.

Gli occhi acquamarina scivolarono sino al punto in cui il braccio in vibranio si collegava alla spalla.

Il contrasto con la pelle pallida ed il metallo scuro.

Gli inserti oro brillarono al sole.

Deglutì arrossendo sulle gote trovando il tutto inaspettatamente eccitante.

Distolse lo sguardo e si chinò a raccogliere la camicia.

La ripiegò con gesti metodici cercando di ignorare il fatto che Buck in quel momento si stesse togliendo anche i jeans.

James sorrise divertito cogliendo distintamente il rossore oltre la barba bionda e sul collo muscoloso.

“Vuoi ripiegarmi anche i pantaloni?” Lo canzonò porgendoglieli.

Rogers glieli strappò di mano con poca grazia senza dedicargli mezza occhiata.

“Dammi qua… Sei rimasto disordinato come cent’anni fa” Borbottò.

“E come cent’anni fa ci sei tu a compensare le mie mancanze” Puntualizzò.

Steve scosse il capo divertito e ripose gli abiti dell’amico accanto ai propri.

“Mi stai dicendo che dovrò passare le giornate a raccattare i tuoi vestiti per casa?”

Si voltò e finalmente si decise a guardare Bucky rimasto solo con i corti boxer scuri.

“Te l’ho detto che non sono migliorato Rogers, semmai sono peggiorato” Gli sorrise.

Uno di quei sorrisetti scanzonati che Steve si godette con una fitta al cuore in ricordo dei bei tempi.

“Me ne farò una ragione” Sospirò spalancando le braccia.

Barnes ridacchiò raggiungendo la riva insieme all’amico.

Indugiò quando l’acqua tiepida gli sfiorò i piedi.

Steve lo guardò con la coda dell’occhio.

Lo vide sfilarsi un elastico dal polso e legarsi in capelli in un codino.

Captain America dovette inspirare a fondo ed imporsi fermezza. Imporsi di non guardarlo approfonditamente perché quel piccolo insignificante dettaglio lo aveva reso se possibile ancora più attraente.

Si morse la lingua e rammentò al proprio corpo di non indossare abiti e che palesare la propria attrazione in quel momento non fosse esattamente un’idea brillante.

I corti boxer blu non gli avrebbero concesso alibi.

“Se il signorino ha finito di farsi bello…” Sdrammatizzò guardando verso l’isolotto.

Bucky lo sgomitò e Steve si volse a guardarlo.

Il sole colpiva i suoi grandi occhi azzurri conferendogli delle sfumature verdi.

Si guadagnò una linguaccia infantile che lo fece sorridere.

“Smettila di fare il cretino e cominciamo”

James si lanciò in acqua senza preavviso sotto le proteste di un capitano offeso di quell’atto sleale.

Risero entrambi nuotando con velocità in direzione dell’isolotto.

Rogers si sentì felice come non gli capitava da secoli.

Felice di essere con Bucky ma soprattutto felice nel vederlo così rilassato e divertito.

Aveva notato quanto l’umore dell’amico fosse migliorato nel corso dei giorni. Quanto si fosse progressivamente rilassato e a detta di Shuri era solo merito suo.

Gliene aveva parlato quella sera a palazzo, prima che li facessero riaccompagnare al villaggio.

Era stata esplicita, in quel modo disarmante come solo lei sapeva essere.

Le aveva detto semplicemente di essere una vera e propria medicina per l’ex sergente Barnes.

Lì per lì si era imbarazzato, aveva negato e sminuito la cosa ma… Riflettendo tra se e se aveva avuto modo di rendersi conto che il miglioramento da parte dell’amico era stato palese dal giorno del suo arrivo.

“Sei lento Punk!!”

L’urlo di Bucky gli giunse forte e chiaro da una mezza dozzina di metri più avanti.

Rise accelerando le bracciate.

“Sei tu che sei partito prima Jerk! Non è leale!!”

Recuperò terreno.

Schizzi d’acqua dolce sul viso.

Si urtarono volutamente e procedettero cercando di prevalere l’uno sull’altro.

Urlandosi contro reciprocamente toccarono la riva dell’isolotto pressoché nel medesimo istante.

Ansimando affaticati si misero entrambi supini sulla sabbia bagnata.

I piedi di Steve ancora nell’acqua.

Una mano sul torace.

James ad occhi chiusi tese le braccia verso l’esterno.

Una mano sfiorò quella dell’amico che non si mosse di un millimetro.

Restarono così per svariati istanti cercando di recuperare fiato.

L’indice di Bucky agganciò quello di Steve.

Lo tirò un poco.

Giocherellarono gettandosi uno sguardo divertito.

“Quindi?” Domandò Barnes senza sciogliere quel piccolo intreccio.

“Quindi siamo pari… Anche se ti meriteresti una penalità per essere partito prima” Puntualizzò.

“I tuoi eterni principi morali sono noiosi Punk” Sbuffò mettendosi a sedere.

Steve restò sdraiato per qualche istante godendosi la vista della schiena di Bucky.

La sabbia si era attaccata qua e là sulla pelle pallida e Rogers ebbe l’istinto di sfiorarlo con delicatezza sino a togliergli ogni granello.

Scosse il capo mordendosi la lingua e si mise a sedere a propria volta.

Le gambe tese dinnanzi a sé a sfiorare ancora l’acqua.

Quelle di James strette al petto.

“Noioso eh” Afferrò un sassolino rigirandoselo tra le mani.

James si volse a guardarlo e gli sorrise.

“Non sempre”

“Oh grazie, ben gentile”

“E dai Steve… Sai cosa intendo”

Rogers gettò il sassolino in acqua. Pose i palmi sulla sabbia, le braccia tese un poco indietro.

Chiuse gli occhi levando il naso all’insù verso il sole.

Non replicò all’amico. Inspirò a fondo e si godette il sole, la pace ed i soli suoni della natura.

Bucky si prese il permesso di guardarlo spudoratamente.

Le palpebre del capitano serravano quelle iridi così chiare e gli concedevano il diritto di guardarlo con attenzione.

La figura perfetta.

Sfacciatamente perfetta in ogni singolo muscolo.

In ogni singolo dettaglio.

I capelli biondi apparivano così chiari sotto la luce del sole di metà pomeriggio.

Osservò la barba del medesimo colore ed ebbe l’istinto di sfiorarla con le proprie dita.

Dovette stringerle in un pugno per trattenersi.

Quel particolare così insolito sulla figura di Steve lo attraeva in maniera spudorata.

Prima del siero la sua pelle era così liscia che nemmeno un singolo pelo biondo vi aveva mai fatto capolino. Particolare che creava disagio a Rogers relegandolo costantemente in una condizione di ragazzino nonostante avesse passato i venti.

Dopo il siero beh… Bucky rammentava dettagli al campo in cui l’amico era stato fianco a fianco a lui nel tentativo di radersi riflessi in piccoli specchietti che si passavano l’un l’altro i commilitoni.

Quindi sì. Dopo il siero la barba aveva fatto capolino sul viso di Rogers ma l’amico era così solerte nel radersi che non aveva mai avuto modo di vederlo col volto barbuto.

Mentre era intento nella propria opera di ammirazione, il capitano aprì gli occhi e lo colse in fallo.

“Che c’è?” Gli domandò inarcando un sopracciglio.

James scosse il capo alzandosi in piedi.

“Niente”

L’amico lo imitò.

“Sicuro? Avevi una faccia strana”

“E’ la mia faccia cretino” Lo spintonò su una spalla allontanandosi dall’acqua.

Steve lo seguì addentrarsi tra le decine di palme caratteristiche di quel piccolo appezzamento di terra.

Gironzolarono tra le piante chiacchierando e scherzando.

L’isolotto era di dimensioni limitate tanto che lo scoprirono tutto in un tempo estremamente ridotto.

Sul lato sud Steve scavalcò un grosso masso ed incuriosito si chinò verso quelle che sembravano noci di cocco.

“Ehi Bucky guarda quante” Richiamò l’amico poco distante.

James lo raggiunse inginocchiandosi a sua volta.

Levò il naso all’insù verso la palma da cocco assottigliando lo sguardo.

“Tendenzialmente cadono quando sono mature, ma qui ci ne sono alcune verdi… Direi che il forte temporale dell’altro giorno deve averle fatte cadere”

Rogers se ne rigirò qualcuna tra le mani bussandovi sopra con le nocche.

“Ma che fai?” Scosse il capo Barnes.

“Se suona vuota è perché è matura” Inarcò un sopracciglio con sufficienza.

“Da quando sei un esperto di noci di cocco?” Ne raccolse una alzandosi in piedi.

“Anziché fare domande cretine, che dici se la apriamo?” Ne fece roteare una da una mano all’altra.

Bucky annuì e con un balzo saltò il grosso cumulo di frutti avviandosi verso una piccola zona erbosa al limitare della spiaggia.

Steve lo seguì e gli si sedette poco distante.

“Allora, Captain America… L’apri tu?” Barnes sorrise posando a terra una noce.

Un ciuffo castano sfuggi all’elastico scivolandogli sul viso.

Sfiorò il naso perfetto e Steve si trattenne dallo scostarglielo dietro l’orecchio.

Distolse lo sguardo e si passò con gesti decisi una mano nel ciuffo biondo.

Le ciocche ancora un poco umide.

Fece spallucce e con un colpo secco picchiò il cocco su un sasso di dimensioni notevoli.

Una parte del guscio schizzò via e James chiuse gli occhi d’istinto.

Quando li riaprì trovò sul viso di Rogers un’espressione colpevole.

“Ops…”

“Oh andiamo Stevie! Lo hai spappolato!” Indicò i residui di frutto visibili sul sasso.

“Non sapevo quanta forza metterci per aprirlo!” Si giustificò.

“Beh dovresti imparare a calibrarla!” Rise afferrando tra pollice ed indice una scheggia del guscio.

“Hai ragione” Sorrise grattandosi la nuca “Ci riprovo?”

“Sì” Gli lanciò un altro frutto.

“Ok” Lo fece rimbalzare da un palmo all’altro.

“Piano Steve…” Si mise a braccia e gambe incrociate.

“Vuoi farlo tu?” Domandò sospirando.

“No… Non vorrei rovinare il mio braccio nuovo…” Si rimirò la mano metallica.

“Jerk” Gli gettò addosso un pezzetto di guscio.

James rise e Steve ebbe l’ennesima conferma di quanto amasse qual sorriso aperto sul suo volto.

“Muoviti dai…” Lo incitò.

Il cocco venne picchiato con forza più moderata. Si rivelò un colpo efficiente, tanto che il frutto si divise in cinque o sei pezzi.

“Così si fa!” Bucky lo additò.

Il capitano recuperò la parte più grossa ancora attaccata al guscio e senza sforzò la ripulì porgendola poi all’amico.

Barnes sorrise afferrandola con delicatezza.

“Grazie” Annuì.

Steve distolse lo sguardo da quei grandi occhi azzurri e deglutì concentrandosi sulle altre parti del frutto rimaste sul sasso.

Ne mangiucchiò un poco senza troppa voglia ignorando volutamente James che sgranocchiava soddisfatto il proprio pezzo.

Sapeva che se lo avesse guardato in viso, lo sguardo gli sarebbe sfuggito automaticamente sulle belle labbra piene intente a mordere il frutto.

Arrossì dei propri pensieri e si disse che quella situazione stesse rapidamente trascendendo.

Quel pomeriggio riusciva a gestire le proprie emozioni meno del solito.

Con tutta probabilità il proprio disagio era da attribuirsi a fatto che Bucky fosse pressoché nudo davanti ai propri occhi.

Si vergognò di se stesso e decise quindi di limitare i propri problemi sfuggendo a visioni involontariamente provocatorie.

L’insolito silenzio palesato ed il capo volutamente chino incuriosirono Barnes.

“Ehi Steve… Tutto bene?”

“Cosa?” Si volse con uno scatto verso l’amico.

“Sei diventato silenzioso” Lo sguardo un poco scuro, ancora un pezzetto del frutto tra le mani.

“Sì? Non è nulla, stavo solo… Guardando il mio ottimo lavoro” Scherzò sfiorando i pezzetti di guscio scivolati sull’erba.

James non parve molto convinto.

Si mise in ginocchio e ridusse quei due o tre metri che lo separavano dall’amico.

Gli si sedette accanto e Rogers cercò di ignorare il braccio muscoloso sfiorare il proprio.

Tenne il capo chino, le gambe incrociate.

“Che c’è Punk?” Gli sfiorò l’avambraccio con la mano.

La voce gli giunse bassa e grave e si chiese se fosse frutto della propria immaginazione o se l’amico l’avesse appositamente modulata in quel modo.

In quel modo che gli mandava brividi in ogni parte del corpo.

Si insultò per l’ennesima volta rendendosi conto di quanto quel pensiero fosse bislacco. Che motivo avrebbe mai potuto avere Buck di rivolgersi a lui con quel tono volutamente?

Senza sollevare il viso sbirciò con la coda dell’occhio le dita sottili dell’amico ancora posate sul proprio braccio.

Inspirò a fondo e scosse il capo.

“Niente te l’ho detto”

“Lo sai che detesto quando mi menti… E poi ti scopro subito, sei un pessimo bugiardo”

La presa si fece più forte, tanto che attirò il braccio a sé.

Steve avvertì la propria pelle entrare in contatto con quella della coscia destra di James.

Se solo non avesse tanto detestato le parolacce avrebbe imprecato.

Si voltò.

Il viso di Barnes ad un soffio dal proprio.

“Io sono un pessimo bugiardo ma tu sei fastidiosamente insistente” Replicò grave.

Gli occhi limpidi scivolarono sulle labbra dell’amico com’era logico che fosse.

Si sentiva così prevedibile.

Deglutì e notò una piccola scheggia lignea sulla barba di Bucky.

Sorrise ed allungò la mano verso il suo viso.

“Troppa forza anche questa volta” Sussurrò afferrandola tra pollice ed indice.

Bucky avvertì il proprio cuore battere con forza nel petto.

“Almeno non hai spappolato il frutto” Sorrise con una sorta di nervosismo in corpo.

“No, ma ho rischiato di ferirti gli occhi e…” Scosse il capo distogliendo lo sguardo.

Gettò via la scheggia e sospirò.

James lasciò scivolare la propria mano ancora posata sull’avambraccio dell’amico.

Scese lenta sino al polso per poi raggiungere la mano e stringerla nella propria.

Rogers ricambiò la stretta senza aggiungere altro.

“E?” Lo incentivò a proseguire.

Il capitano inspirò a fondo e sorrise nervoso.

“E’ che sono talmente belli che non sarei riuscito a perdonarmelo” Storse le labbra in uno di quei sorrisi gentili e al tempo stesso provocatori.

James trattenne il fiato per qualche istante.

Deglutì con forza e poi emise una mezza risata carica di imbarazzo.

Temette d’essere arrossito e se ne vergognò.

Si sentì come una delle ragazze alle quali era tanto a bravo a fare la corte. Una di quelle che arrossivano per i suoi complimenti sdolcinati.

Una di quelle che faceva roteare sulla pista da ballo.

Steve Rogers era riuscito ad imbarazzarlo con quel semplice complimento.

Lo stesso Steve che non aveva mai regalato mezzo apprezzamento a nessuna ragazza.

Lo stesso timido e impacciato ragazzino che con tutta probabilità era al momento uno degli uomini più belli d’America e che arrossiva nel dirgli quella frase così semplice eppure di forte impatto.

“Adesso mi fai i complimenti Punk?”

Strinse maggiormente la sua mano e piegando il gomito portò quell’intreccio vicino al proprio viso.

Osservò la propria più sottile legata a quella forte dell’altro.

Le fissò incapace di reggere gli occhi limpidi di Steve.

Rogers inspirò a fondo e ruotò il proprio busto in direzione dell’amico.

Sorrise nel leggere imbarazzo sul volto dell’ex sergente.

Sorrise nel vedere quanta fatica facesse l’altro a guardarlo in viso.

Un piccolo senso di potere si impossessò di lui. Se un tempo gli avessero detto che sarebbe riuscito a mettere in imbarazzo Bucky Barnes molto probabilmente si sarebbe fatto una risata e avrebbe dato del folle a chiunque avesse avanzato quell’ipotesi.

Eppure, in quel momento, il ragazzo che amava da tutta la vita era lì accanto a lui.

Con le gote un poco rosse sotto la barba castana.

Con la propria mano intrecciata alla sua.

Con gli occhi bassi fintamente concentrati su quell’intreccio di dita.

Il proprio cervello gli suggerì di ponderare bene ogni mossa.

Di frenare l’istinto. Di non essere precipitoso.

Di rendersi conto che James aveva accettato di seguirlo a Brooklyn. Che aveva tempo per palesargli propri sentimenti e che se lo avesse turbato, molto probabilmente si sarebbe giocato la possibilità di tornare a vivere con lui a New York.

Il cervello già.

Ma Steve Rogers era un poco stanco di essere così assennato. Stanco di dovere reprimere i propri istinti, i propri sentimenti. Si disse che quell’imbarazzo manifestato da Bucky ed il suo comportamento tenuto i giorni precedenti nei propri riguardi lo facevano ben sperare quindi, perché attendere?

Perché attendere ancora dopo decenni passati ad amare quel ragazzo?

Non avevano sofferto entrambi abbastanza?

Perché non azzardare e concedersi una possibilità?

“Bucky” Lo richiamò.

Il ragazzo spalancò i grandi occhi azzurri e si voltò quasi allarmato.

Rafforzò la stretta.

“Sì” Ne uscì una replica così flebile che Steve a stento la udì.

Il capitano sollevò la mano libera e gli sfiorò una guancia con delicatezza. Il pollice indugiò sul mento.

Il palmo scivolò poi lungo il collo sottile soffermandosi sulla nuca.

Gli occhi di Barnes se possibile si fecero ancora più grandi.

Steve nonostante i propri propositi coraggiosi faticò a gestire quelle iridi così belle ed espressive.

Dovette abbassare le palpebre e con delicatezza posare la fronte su quella dell’amico.

“Sto per fare una cosa Buck e… Spero proprio che non sia la più grossa sciocchezza fatta nella mia vita” Sussurrò sorridendo.

James abbandonò la presa sulla mano.

Portò entrambi i palmi sui bicipiti dei Steve. Li accarezzò con lentezza raggiungendo le spalle.

Vi si aggrappò per qualche istante.

Poi lo attirò a sé in un abbracciò morbido.

Sorrise ancora, fronte contro fronte.

“Tu falla questa dannata cosa Punk e poi ti do il mio personale parere”

Rogers tremò appena e sorrise sfiorandogli con il naso la guancia.

Indugiò un poco sulla barba.

La punta del naso sfiorò poi quella di Bucky.

Restarono qualche istante con le labbra ad un soffio le une dalle altre.

Entrambi con il respiro corto.

“Sto aspettando Stevie” Sussurrò con le palpebre abbassate.

Il capitano sorrise e chiuse quella bella bocca con la propria.

Si immobilizzarono entrambi per una manciata di secondi. Troppi anni in attesa di quel contatto. Troppi.

Si ritrovarono a rabbrividire percependo la consistenza soffice delle loro labbra piene.

Fu inizialmente un lento sfiorarsi. Piccoli delicati baci a stampo.

Poi Bucky si strinse con maggior forza al suo corpo solido.  La mano metallica corse decisa alla nuca dell’amico. Le dita strinsero i capelli biondi.

Si scostò di un soffio e morse lentamente il labbro inferiore di Steve.

Una, due, tre volte poi la lingua vi scivolò sopra maliziosa.

Ripetutamente innanzi ed indietro dedicando poi meticolosa attenzione anche a quello superiore.

Rogers gemette stringendolo a sé.

Afferrò con i denti quella lingua dispettosa per poi lasciare scivolare la propria nella bocca dell’amico.

Il gemito roco a cui si abbandonò Barnes fece fremere l’altro che senza interrompere quel bacio tanto desiderato lo spinse delicatamente a terra.

 James non abbandonò la presa sulla sua nuca né sulla sua schiena.

Gli si aggrappò se possibile con maggior forza rispondendo a quel bacio con egual passione.

Steve affondò la propria mano nell’erba soffice sostenendo il proprio peso ma la stretta totalizzante di Bucky lo fece vacillare e per poco non cedette su quel corpo caldo sotto al proprio.

Si scostò appena per riprendere fiato.

Il ciuffo biondo scomposto contro la fronte di James.

Il naso sfiorò quello perfetto dell’altro.

Gli occhi cristallini fissi in quelli così azzurri.

L’ampio sorriso che si dipinse sul volto di Barnes gli strinse il cuore e lo fece sorridere di rimando.

“Ci ho riflettuto” Buck parlò con voce roca “La più grossa sciocchezza che tu abbia mai fatto nella tua vita non è stata questa” Deglutì.

“A no?” Storse le labbra divertito baciandogli la punta del naso.

“No” Gli accarezzò con lentezza la guancia “E’ stata quella di non averlo fatto prima” Ghignò.

Steve fece per replicare ma le labbra di Bucky erano nuovamente sulle proprie ed il suo cervello si ritrovò sovraccarico.

Il corpo sotto il suo si mosse con gesti scomposti.

Steve si ritrovò con una gamba di Bucky allacciata alla propria vita.

Spalancò gli occhi avvertendo l’eccitazione dell’amico spingere con forza contro la propria già sveglia.

Gemettero entrambi.

Le dita in vibranio di James contro la schiena di Steve. La artigliarono. La graffiarono.

Bucky sollevò un poco il viso premendo con forza la bocca sul collo muscoloso.

Lo morse sino a raggiungere l’orecchio.

Sfiorò il lobo con le proprie labbra.

“Steve”

Rogers rabbrividì con forza. La voce profonda vibrò nel suo orecchio scuotendogli corpo e mente.

La bocca di Buck su di sé.

Quello stringerglisi addosso con tanta forza, quasi temesse che potesse sfuggirgli.

Inspirò a fondo e serrò le palpebre godendosi quelle belle labbra piene e quella presa possessiva.

Lasciò scivolare il proprio palmo lungo la coscia muscolosa.

Premette con forza su quella pelle bollente tirandolo ulteriormente a sé.

Bucky ansimò avvertendo per l’ennesima volta l’erezione di Steve premere contro la propria.

Imprecò mordendosi un labbro.

Gettò il capo all’indietro.

Gli occhi chiusi.

L’erba gli sfiorò le guance.

Le mani scesero possessive stringendosi al fondoschiena del capitano.

“Oh cazzo Stevie” Ringhiò.

Rogers lasciò scivolare lentamente la propria lingua lungo il collo.

Lo morse piano dedicandosi poi alle clavicole.

Lambì la pelle calda e ghignò soddisfatto all’ennesimo gemito dell’amico.

Si godette le mani strette al proprio sedere che con poca delicatezza lo incitarono a muovere il bacino.

Lo accontentò ed il contatto forte che ne conseguì gli procurò una scarica così forte dal farlo ringhiare a sua volta.

Si mosse convulso, la mente poco lucida.

Sopraffatta dalla moltitudine di sensazioni che quell’esperienza così tanto desiderata gli stava dando.

Bucky dal canto proprio era vittima delle medesime sensazioni.

Il contatto con la realtà perso completamente.

C’era solo Steve.

Il suo corpo forte e caldo premuto contro il proprio.

Le sue labbra, i suoi occhi lucidi fissi nei propri.

La sua voce profonda ed i gemiti rochi.

Steve era sempre stato il suo tutto. E quella perdita di controllo da parte di entrambi. Quella passione confusa e potente era la degna conclusione di sentimenti e sensazioni sopraffatte per decenni.

Fu breve ed intenso.

Accecante.

Lo strinse a sé con così tanta forza che temette d’aver causato dolore all’indistruttibile super soldato.

L’urlo che abbandonò le proprie labbra soffocato nella bocca di Rogers.

Il capitano cedette accasciandosi.

Bucky allentò la presa.

La rese morbida. Sentimentale.

Annaspò cercando di ritrovare il fiato con il naso affondato nei biondi capelli dell’amico.

Li baciò con delicatezza.

Massaggiò la schiena muscolosa con la mano sana.

Quella in vibranio scivolava morbida tra i fili dorati.

Steve si godette quelle carezze senza muoversi di un millimetro.

Il volto premuto contro la guancia di Bucky.

Le labbra ansimanti contro la barba castana.

Dopo un tempo indefinito ebbe la forza di scostare appena il viso e cercare il suo sguardo.

Gli occhi di James, quegli occhi così grandi ed espressivi erano lì.

Lo fissavano, lucidi e felici.

Quelle iridi che aveva sempre considerato le più belle del mondo ricambiavano il suo sguardo.

Steve battè le palpebre.

Le lunghe ciglia bionde sfarfallarono e per un istante temette di essersi sognato ogni cosa.

Per un istante temette di essere nel proprio appartamento a Brooklyn, profondamente addormentato con Barnes disperso chissà dove.

Prima dello scontro con Tony.

Prima di aver ritrovato il proprio amico. Il proprio unico e grande amore.

Avvertì gli occhi pizzicare.

Colse l’espressione di Bucky farsi seria. Le sopracciglia corrugate.

“Steve” Lo richiamò.

La sua voce gli parve lontana. Ovattata.

Non rispose.

“Steve!” Il richiamo più deciso.

Le dita in vibranio sul proprio viso lo fecero sussultare.

Si riscosse scuotendo un poco il capo.

“Ehi Punk… Stai bene?” Un sussurro a fior di labbra.

Si lasciò baciare piano accarezzando poi a propria volta il viso dell’altro.

“E’ tutto vero Bucky?” Mormorò pianissimo.

Sul viso di James si aprì un ampio sorriso.

“Ma certo che lo è!”

“Per un attimo ho pensato che tutto questo fosse un sogno. Che tu… Che non fossi mai tornato… Che….” Scosse il capo sbuffando.

Si sdraiò sull’erba.

Fianco a fianco.

Bucky lo zittì posandogli il palmo sulle labbra.

“Non è un sogno. O almeno spero” Sorrise “E se fosse un sogno per favore non svegliarmi”

Rogers afferrò la mano nella propria.

Sorrise baciandogli la punta delle dita con dedizione.

“E’ solo che… Ho sognato questo per così tanto tempo che… Dio mi sembra impossibile.”

“Lo stesso vale per me” Annuì godendosi le labbra di Steve che si stavano dedicando ora al proprio polso.

Rogers terminò a malincuore quella coccola e lo avvicinò a sé.

Lo abbracciò chiudendo gli occhi con un sospiro.

Il mento posato sul capo.

Barnes sorrise accoccolandosi contro quel corpo possente.

Spinse Steve supino. Posò il capo sul suo torace e con l’indice prese a sfiorare i pettorali.

Disegni immaginari corsero sulla pelle pallida.

Rogers chiuse gli occhi.

Avvertì i raggi del sole insinuarsi tra le palme e sfiorargli il volto.

Sollevò una palpebra accarezzando la spalla di Buck.

La luce gli colpì l’iride cristallina.

La riabbassò infastidito.

Si beò in quel clima bucolico. Si beò della pace e della presenza calda di James stretto a sé.

Si assopì e con tutta probabilità l’amico fece lo stesso.

Non seppe dire quanto tempo fosse trascorso ma le labbra di Bucky lo svegliarono quando la forte luce del pomeriggio aveva lasciato posto a quella rossastra del tramonto.

Si sedette stropicciandosi gli occhi posando un bacio sulla fronte dell’amico.

“Comincia a fare freschino Stevie” Si alzò in piedi tendendogli la mano.

Il capitano la afferrò. La strinse e con un agile movimento fu in piedi.

James sussultò con un sorriso ritrovandoselo completamente addosso.

“Ciao Rogers” Soffiò sulle sue labbra.

“Barnes” Inclinò il capo a modi saluto.

Posò le mani sulla sua vita sottile e lo strinse a sé.

“Spostati o non lasceremmo mai questo isolotto” Lo minacciò bonariamente l’ex sergente.

“Non è una brutta idea….” Gli scostò i capelli lunghi dal collo.

L’elastico del codino finito chissà dove.

Bucky ridacchiò divertito e rabbrividì in risposta alle labbra soffici di Rogers che gli stuzzicavano la pelle.

“Lo è per me… Preferisco di gran lunga tornare alla capanna e stendermi con te sul mio materasso” Gli afferrò il mento sollevandogli il volto.

“Guastafeste” Gli baciò la punta del naso.

Barnes gli afferrò una mano e scostandosi a malincuore lo trascinò dietro di sé.

Raggiunsero la riva ed entrambi rabbrividirono puntando il piede nell’acqua.

“Non è stata una grande idea quella di addormentarsi fino al tramonto” Borbottò Steve mettendosi con le mani sui fianchi.

“E ringraziami d’essermi svegliato! Se fosse stato per te avremmo trascorso la notte sotto quelle palme” Si immerse.

Rogers restò a riva fissando l’acqua contrariato.

“Dai datti una mossa Punk. Prima ti butti, prima ce ne torniamo a casa” Dette un paio di bracciate.

Il capitano sorrise all’idea che Buck chiamasse casa quella capanna.

Sorrise all’idea che il giorno seguente avrebbero lasciato il Wakanda e che entro sera sarebbe stati sul serio in quella che entrambi avrebbero definito casa propria.

“Perché ridi?” Lo richiamò.

“Non sto ridendo! Semmai sorridendo” Si immerse a sua volta.

“Va bene precisino. Perché sorridi?”

Rogers lo raggiunse in poche bracciate.

Lo afferrò per la vita con un gesto deciso tirandolo a sé.

Bucky spalancò gli occhi stupito aggrappandosi alle sue spalle.

“Sorrido perché penso che domani sera saremmo in quella che davvero sarà casa nostra”

“Oh…” Battè le palpebre.

“Sorrido perché hai accettato di seguirmi. E sinceramente è la cosa più bella che mi sia mai capitata da che ho memoria” Sospirò.

Bucky percepì d’essere arrossito sulle gote.

Distolse lo sguardo imbarazzato di quella propria debolezza.

“Smettila di essere così romantico Punk…Mi confondi” Borbottò.

Steve gli afferrò il mento con pollice ed indice riportandolo ad avere il proprio sguardo su di sé.

Gli sorrise. Un sorriso di quelli così ampi che fecero perdere un battito del cuore a Barnes.

“Jerk” Gli sussurrò baciandogli la punta del naso.

James sorrise sempre più imbarazzato e Steve gli dette tregua scostandosi.

Si mosse agile allontanandosi verso la riva del Turkana.

“Ti aspetto da vincitore questa volta” Gli urlò.

“Ehi non vale! Sei partito in anticipo!” Gridò in risposta.

“Anche tu all’andata” Rise continuando a nuotare.

James arricciò le labbra divertito e lo seguì senza metterci troppa forza.

Preferì godersi la figura di Steve che procedeva sicura nell’acqua.

Preferì riflettere tra se e se e realizzare che fosse tutto vero.

Che il giorno dopo avrebbe raggiunto Brooklyn con Steve. Il suo Steve.

Che sarebbero tornati a vivere insieme proprio come da ragazzi.

Anzi, con qualcosa di molto più prezioso di un tempo.

La consapevolezza dei reciproci sentimenti.

La palese attrazione fisica e mentale.

L’amore incondizionato di l’uno per l’altro.

Rogers toccò la riva con un distacco considerevole.

Lo vide sollevare le braccia in segno di vittoria e ridere.

Lo trovò bellissimo.

Il cuore gli battè forte nel petto.

Quello era Steve. Il suo Stevie. E lo sarebbe stato per sempre.

Insieme, fino alla fine.

 

 FINE.

Eccoci qua ragazze al termine di questa mini long. Mi auguro con tutto il cuore che possa esservi piaciuta <3

Un abbraccio Chia.

   
 
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