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Autore: Ocus Pocus    21/08/2019    2 recensioni
Il Principe non era mai stato il combattente prodigioso che il Re aveva sperato diventasse.
Né era mai stato il figlio forte e combattivo che il Re avrebbe voluto.
Non che Trunks pensasse di aver mai soddisfatto una sola aspettativa che suo padre aveva nutrito verso di lui, il suo unico erede e futuro della dinastia.
Non era mai stato fiero e spietato come avrebbe dovuto, agli occhi dei propri sudditi e dei propri nemici, né entusiasta alla prospettiva di combattere.
Si era adeguato a quella vita per puro istinto di sopravvivenza e tendeva a domandarsi spesso quanto valesse la pena vivere un’esistenza che odiava e che era contraria alla propria natura.
Eppure, da quando aveva conosciuto lei, tutto era cambiato.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Marron, Trunks, Vegeta | Coppie: Marron/Trunks
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Trunks si sistemò nervosamente l’armatura sopra la tuta, che per qualche motivo si ostinava a scivolargli sulla spalla, con un gesto secco, e prese un respiro profondo scorgendo in fondo al corridoio il portone di ingresso alla sala del trono. 

Non era psicologicamente pronto ad affrontare di nuovo suo padre, ed era ancor più difficile prepararsi quando non aveva idea di cosa lo aspettasse. Cercò di star dritto con la schiena e di tenere alta la testa, senza abbassare gli occhi, e si ripetè che quella volta non avrebbe spostato lo sguardo di fronte alle occhiate inquisitorie del Re: spinse le enormi ante e guardò dritto avanti a sé, stringendo la mascella. Gli si stagliò di fronte la consueta immagine: Vegeta sedeva regale sul trono di pietra, con entrambi gli avambracci poggiati ai braccioli e lo stesso atteggiamento impassibile che aveva il potere di trafiggerlo ogni volta. 
Eppure, muovendo i primi passi all’interno della stanza, Trunks si era accorto subito che c’era qualcosa di diverso dal solito. Forse nell’atmosfera estremamente tesa o nell’ombra di inquietudine che gli era parso di scorgere, solo per un momento, sul volto del padre. Giunse a pochi passi dalla breve scalinata che lo separava dal Re, e piegò lievemente la testa in un inchino.


“Mi avete mandato a chiamare, padre?”

Vegeta lo fissò senza accennare il minimo cambio di espressione, e aspettò che Trunks lo guardasse a sua volta. Poi, senza scomporsi, ordinò sbrigativamente alle guardie presenti di andarsene. Rimasti soli, si alzò in piedi e si diresse verso la grande finestra che donava una vista sull’intera città.
Visto che il Re non accennava a parlare, intento a osservare fuori, Trunks parlò.


“Che cosa vi ha indotto a fare ritorno così presto? Ci sono guai in vista?”

Vegeta si lasciò scappare un ghigno ironico, senza voltarsi, e incrociò le braccia. Attese un momento, poi rispose.

 

“Conosci l’area 79, ragazzo?”


“Certo” rispose prontamente il Principe “E’ il luogo in cui avete spedito Freezer più di 20 anni fa dopo averlo sconfitto”

 

“E sai cosa c’è, esattamente, in quel luogo?”

 

Trunks deglutì, non capendo bene dove volesse andare a parare con quel discorso, e temette il peggio. 

 

“Il nulla, padre” rispose “nessuno ha mai fatto ritorno, una volta superata la barriera” 

 

Vegeta annuì.

 

“Come sai mi sono incontrato con i nostri alleati e con i nostri uomini che si occupano di tenere sotto controllo quella zona” proseguì il Re, con voce grave “Sono stati registrati insoliti picchi di energia dai nostri sensori solo pochi giorni fa”

 

“E voi avete già un’idea?” 

 

“Oh, certo che ce l’ho” fece, voltandosi verso il figlio e cercando il suo sguardo “ho già avvertito quel tipo di energia una sola volta, in tutta la mia vita”

 

Trunks lo guardò confuso per qualche istante, e quando comprese a cosa Vegeta si stesse riferendo spalancò gli occhi, incredulo.

Aveva già sentito la storia della sconfitta di Freezer migliaia di volte, dato che era considerata da tutto il popolo Sayan come un’impresa leggendaria e che sarebbe rimasta nella loro storia nei secoli a venire. Gli era stato raccontato dell’eroica potenza di suo padre e delle sue incredibili gesta, che gli avevano permesso di sconfiggere quel tirannico mostro prima che riuscisse a distruggere il loro pianeta: quando era un bambino, Nora gli aveva narrato infinite volte di come suo padre fosse tornato da un lungo viaggio nello spazio, portando proprio lui, il suo unico figlio, in braccio, appena in tempo per impedire che tutti gli abitanti di Vegeta venissero spazzati via. 

 

“Ma… non è possibile” farfugliò il Principe “voi lo avete sconfitto”

 

Vegeta non rispose e gli diede di nuovo le spalle. 

 

“Le cose stanno così” continuò “non ho bisogno di nessun’altra conferma. Deve essere sopravvissuto, in qualche modo…”

 

Trunks fissò la schiena del Re, sconvolto, senza riuscire a formulare una frase coerente. 

Aveva solo tre anni quando la guerra contro Freezer era iniziata, aveva avuto il privilegio di non dover vivere direttamente gli orrori e le sofferenze di quel conflitto, ma le conseguenze che quest’ultimo aveva generato erano state davanti ai suoi occhi per tutta la sua vita. In seguito alla carneficina che Freezer aveva perpetrato, prima del ritorno di Vegeta, una buona metà della popolazione del pianeta era stata sterminata e con essa anche suo nonno, il vecchio Re; tutte le città erano state distrutte ed erano in rovina, compresa la capitale, e i sopravvissuti erano in ginocchio, allo stremo delle forze. Solo la guida salda di Vegeta aveva permesso alla razza Sayan di rimettersi in piedi, di ricostruire i propri centri abitati e di riacquistare l’orgoglio e la forza che scorreva nelle vene di ogni individuo nato sul loro pianeta. 
L’idea che la più grande minaccia che il suo popolo avesse mai incontrato potesse ripresentarsi lo terrorizzò.

 

“Che… che cosa dobbiamo fare?” 

 

“Ascoltami bene, ragazzo” tuonò Vegeta. 

 

Trunks si riprese da quell’attimo di panico e puntò gli occhi sul Re.

 

“Quell’insulso mostro farà ritorno. E per quel che ho sentito, la sua energia non si è indebolita, al contrario. E’ aumentata a dismisura” fece una pausa, come se gli costasse un grande sforzo pronunciare le parole successive “non abbiamo i mezzi per abbatterlo”

 

Il Principe lesse, con sorpresa, una sottintesa nota di insicurezza. Vegeta, il Re dei Sayan, stava forse cercando di dirgli che pensava di non essere in grado di avere la meglio su quel mostro?

 

“Lo avete già battuto una volta” rispose deciso “potete batterlo di nuovo”

 

Vegeta si avvicinò, sciogliendo le braccia dalla posizione rigida in cui le aveva intrecciate poco prima, finché non giunse di fronte a Trunks, che ormai da diverso tempo lo aveva superato in altezza. 

 

Guardò quel figlio, così diverso da lui in tutto e per tutto, e in cuor suo prese una decisione. 

 

“Devi fare una cosa per me, Trunks” 

 

Il Principe poteva contare sulle dita di una mano le volte che si era sentito chiamare per nome dal suo unico genitore, e ogni volta sentirlo rivolgersi a lui in quel modo gli provocava un inspiegabile moto di orgoglio, come se in quei momenti Vegeta lo stesse effettivamente riconoscendo come proprio figlio e non come il totale fallimento che si sentiva costantemente ai suoi occhi. 

 

“Anni fa, poco prima che tu nascessi, intrapresi un lungo viaggio nello spazio. Mio padre sapeva che Freezer sarebbe arrivato, entro pochi anni, ad attaccare il nostro pianeta, seminando morte e distruzione tra il nostro popolo. Mi mandò a cercare… un tesoro. Le sfere del Drago Shenron”

 

“Sfere?”

 

“Allora era solo una leggenda, nessuno aveva mai avuto prova della loro esistenza… Si raccontava che esistessero in un pianeta remoto sette sfere che, se riunite, avevano la capacità di evocare il Drago Shenron, un essere dai poteri straordinari in grado di soddisfare un unico desiderio di colui che lo aveva richiamato.”

 

Trunks tacque, in ascolto. 

 

“Partii alla ricerca di quelle sfere, persi mesi a vagare nello spazio mentre Freezer stava distruggendo chiunque gli si opponesse, solo a poche galassie di distanza da noi. Poi, finalmente, dopo un anno di nulla lo trovai. Trovai il luogo in cui erano nascoste le sfere: il pianeta Terra”

 

“Terra?”

 

“Esattamente. E’ grazie a quelle sfere se, più di 20 anni fa, sono riuscito a sconfiggere Freezer. Le trovai, evocai il drago e gli chiesi di limitare i poteri di Freezer in modo tale da poterlo distruggere”

 

Trunks corrugò la fronte, confuso. 

 

“Ma allora non corriamo rischi! Anche se Freezer dovesse tornare, non potrebbe tornare più potente di quanto lo era quando lo avete sconfitto.”

 

Vegeta, impassibile, scosse la testa.

 

“I poteri del drago non possono superare quelli della divinità da cui è stato creato. La potenza di Freezer era così smisurata che neanche il drago stesso avrebbe potuto fare nulla per contenerla. Così, gli chiesi se fosse possibile indebolirlo solo per un periodo limitato di tempo. Mi concesse il desiderio.”

 

Il Principe abbassò la testa “Adesso non c’è più nulla che possa fermarlo” disse, a bassa voce.

 

“Forse qualcosa c’è”

 

“E cosa? Utilizzare le sfere non cambierebbe niente, lo avete appena detto voi”

 

Vegeta si girò e percorse le poche scale che lo separavano dal trono. 

 

“I terrestri possiedono una tecnologia molto avanzata” riprese il Re “già al tempo del mio viaggio si vociferava della possibilità di realizzare uno strumento molto, molto interessante”

 

“E sarebbe?” 

 

Vegeta sorrise, di quel sorriso sardonico che contraeva il suo viso in una smorfia canzonatoria. 

 

“Una macchina del tempo.”

 

 

_____

 

 

Trunks era rimasto piuttosto scioccato. 

Mentre si impegnava a raccogliere le proprie cose da cassetti, scrivania e ripiani e a riporli in una sacca, non poteva fare a meno di ripercorrere mentalmente quanto accaduto solo poche ore prima con suo padre.  Gli sembrava così assurdo anche solo ripensandoci, non gli sembrava possibile: da un momento all’altro le sorti dell’intero pianeta Vegeta avevano preso a gravare su di lui e quasi ne sentiva sulle spalle il peso soffocante. Sentendo parlare di una macchina del tempo, aveva pensato che suo padre lo stesse prendendo in giro e non era riuscito a nascondere un’espressione piuttosto scettica: “come può esistere qualcosa del genere? Assurdo”, aveva pensato; tuttavia, quando Vegeta gli aveva raccontato per filo e per segno come e dove agire nello specifico, tutte le riserve che Trunks aveva avuto sull’argomento erano scomparse, seppur fosse rimasto perplesso. 
Era corso nella propria stanza a prendere il necessario per la partenza, fissata per il giorno successivo, cercando mantenere la calma e di processare quella valanga di informazioni e sensazioni contrastanti che ne erano scaturite. Da una parte si sentiva schiacciato, incaricato di un compito che non era certo di poter portare a termine; dall’altra non riusciva a capire esattamente perché il Re avesse deciso di riporre le speranze proprio in lui, che non si era mai dimostrato essere un vero Sayan, ma si sentiva quasi nutrito di nuova linfa vitale, come rinato. Aveva una sola, unica possibilità per dimostrare il proprio valore, ed era ben consapevole che, se non ce l’avesse fatta, sarebbe stata sicuramente l’ultima, perché non ci sarebbe stato più nessun pianeta da proteggere o da conquistare, né un popolo per cui combattere. Freezer avrebbe distrutto tutto, e nessuno si sarebbe salvato. Neanche suo padre. 

Chiuse con un gesto secco la sacca e se la mise sulla spalla, avviandosi velocemente verso la soglia. Un momento prima di andarsene, si voltò, osservando quella stanza che era stata sua da quando riusciva a ricordare, e si sentì sciocco avvertendo un profondo dispiacere all’idea che, forse, non l’avrebbe mai più rivista.

 

“Signore? Siete di nuovo in partenza?”

 

Trunks sobbalzò appena, e riemergendo dai pensieri vide Nora che si avvicinava a lui dal corridoio.

 

“Oh” disse lui “sì, parto domattina”

 

Lei cercò di dissimulare l’espressione contrita che le si disegnò sul volto e piegò appena la testa, sorridendo con dolcezza.

 

“Capisco. Quando tornerete?”

 

Trunks le sorrise a sua volta, non sapendo bene come risponderle. 

 

“Non lo so, Nora” rispose lui, sentendo gli occhi inumidirsi appena “non lo so”

 

La donna si avvicinò piano, e con fare materno gli sistemò il colletto della tuta, senza smettere di sorridergli: anche lei parve commuoversi appena, come se, in qualche modo, avesse intuito, e cercò di infondergli tutto il conforto che poteva. 

 

“Fate buon viaggio” 

 

Trunks annuì, e senza pensarci due volte, la abbracciò di cuore.

 

“Spero di rivederti, Nora” 

 

Lui si staccò e si diresse verso l’astronave, senza guardarsi indietro.

 

“Oh, Signore!” Disse Nora ad alta voce “domani non vi vedrò, devo dirvelo ora!”

 

Trunks la guardò, senza capire. 

 

“Buon compleanno!”

 

 

 

 

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Il sonno le pesava sugli occhi, a quell’ora, ma si impose di resistere ancora per qualche minuto. Doveva assolutamente finire di compilare quel resoconto e, finalmente, sarebbe potuta tornare a casa e rilassarsi dopo una lunga settimana in ufficio. Si passò la mano tra i lunghi capelli biondi, chiudendo gli occhi, e li riaprì dopo qualche secondo per controllare l’ora: le 22:15. 
“Quando si è fatto così tardi?”, pensò, constatando che ormai i corridoi erano del tutto deserti e che il silenzio lì intorno era interrotto appena solo dal leggero ticchettio delle proprie dita sulla tastiera del computer: erano andati via tutti da un bel pezzo, gli ultimi colleghi che aveva salutato se l’erano filata almeno un paio d’ore prima. Marron, finalmente arrivata all’ultima pagina di quel file infinito, fece un breve ricapitolo mentale, pensando a quello che avrebbe dovuto fare quel fine settimana, e si ricordò che avrebbe dovuto avvertire i suoi che non sarebbe riuscita ad andare a trovarli: nonostante il lavoro le concedesse un po’ di respiro, non poteva lasciare indietro l’università, con quel mattone di esame che la attendeva dietro l’angolo… 
Quasi sobbalzò nel sentir vibrare  il telefono sulla scrivania. Lo controllò velocemente e lesse il messaggio che aspettava da almeno 20 minuti. 

 

“Se sua maestà mi fa l’onore di scendere, prometto che mi farò perdonare per il ritardo”

 

Marron sorrise. 

 

Aveva smesso di sperare che il suo migliore amico potesse mai sorprenderla e riuscire, almeno una volta nella sua vita, ad arrivare in orario. Non che ormai ci cascasse più, se capitava di doversi dare appuntamento per qualsiasi cosa aveva capito che l’unica tecnica da adottare era dire a Goten di arrivare mezz’ora prima dell’orario effettivo. Salvò il file, raccolse velocemente le proprie cose e, prima di andarsene, passò velocemente dall’ufficio della Direzione a lasciare dei documenti che le erano stati chiesti nel pomeriggio. Quando arrivò di fronte alla porta, non si sorprese nello scovare una chioma azzurrina tra schermi da computer di varie dimensioni. 

 

“Ehi, Bulma”

 

La donna, che non aveva minimamente notato la presenza di Marron, si sporse di scatto.

 

“Oh, Marron! Scusami, non ti avevo proprio sentito” esclamò lei “entra pure!”

 

“Devo solo lasciarti questi, sono i documenti che mi avevi chiesto per l’accordo con la Aito” 

 

“Oh, magnifico” fece prendendo in mano il plico e sfogliando velocemente le pagine “ottimo lavoro” disse, soddisfatta, andando a riporre a colpo sicuro il documento tra le centinaia di diversi scompartimenti in cui erano suddivisi i cassetti. 

 

“Il presidente della Aito Electronics è proprio un uomo d’altri tempi” riprese Bulma, con tono leggermente canzonatorio “voglio dire, chi più usa firmare documenti cartacei? Non ne vedevo uno da almeno 5 anni!”

 

Marron rise appena. 

 

“Comunque, vorrei che lunedì mi accompagnassi tu all’incontro con il Signor Aito. Ho già assegnato resoconti e mansioni varie ad altri, per cui non preoccupartene. Ci troviamo direttamente lunedì mattina qui alle 8, d’accordo?”

 

La bionda la guardò con gratitudine. Sapeva quanto la siglatura di quell’accordo fosse fondamentale per la Capsule Corporation, e poter stare a fianco di una donna brillante come lei in un momento così importante per la compagnia la riempiva di orgoglio.

 

“Certo Bulma, grazie mille”

 

Bulma era sempre stata una donna dalle mille risorse, piena di energie, e la ragazza si sorprendeva sempre di come lei riuscisse ad essere perennemente attiva, nonostante non fosse più una ragazzina, e in perfetto controllo della situazione: Marron, sin da quando era bambina, non era mai riuscita a nascondere la propria stima nei suoi confronti, nonostante l’ammirazione che nutriva fosse diversa rispetto a quella che provava nei confronti di sua madre. Sapeva quanto Bulma le volesse bene e aveva sempre apprezzato la sua generosità e i suoi modi affettuosi: le aveva sempre riservato un affetto particolare, sin da quando era venuta al mondo, e la complicità che le aveva sempre legate era invidiabile. 

 

“Spero tu abbia intenzione di uscire, stasera” fece Bulma, guardandola quasi con tono quasi accusatorio. 

 

“In verità sono stanca morta…” rispose la bionda “pensavo di andare a casa e riposarmi, questo fine settimana dovrei anche studiare”

 

Bulma alzò gli occhi al cielo. 

 

“Marron, è venerdì sera…” disse “dovresti uscire a svagarti! Sei sempre chiusa qui in ufficio o in casa a studiare” continuò Bulma, avvicinandosi a lei “guarda che se non inizi a darmi ascolto ti riduco il turno eh!”

 

"Be’, non che abbia torto…" pensò Marron. In effetti era molto combattuta, era piuttosto cotta ma non le sarebbe dispiaciuto uscire un po’ con Goten, magari bere qualcosa e prolungare la serata.

 

“Su, non stare nemmeno a pensarci” riprese Bulma “Vai, tanto qua chiudo io, devo finire un paio di cose” 

 

“D’accordo” rispose Marron “allora ci vediamo lunedì”

 

“Certo” fece sorridendole “divertiti stasera!”

 

Marron le sorrise a sua volta e si avviò velocemente verso l’uscita. 

 

 

 

Non appena la vide svoltare il corridoio, Bulma tornò a fissare lo schermo del computer, indossando un’espressione corrucciata. Dio, era stanca morta, aveva estremo bisogno di farsi una doccia e di sprofondare nel letto per almeno dieci ore filate, ma sapeva che quella notte difficilmente sarebbe riuscita a dormire. Si era ostinata, per tutto il giorno, a non fissare il calendario, a non guardare quella data che nella sua mente e nelle sue memorie era così dolorosa. Si era tenuta occupata fino a tardi con mille pratiche che avrebbe tranquillamente potuto sbrigare in un altro momento e si era messa a riorganizzare (senza che ce ne fosse realmente bisogno) tutta l’agenda di appuntamenti per i due mesi successivi: odiava la sensazione di sospensione che la vigilia di quella data le causava e dedicarsi ad altro, quantomeno, la obbligava a non pensare solo ed esclusivamente a quello. Non importava quanti anni fossero passati, non importava per quanto tempo avesse sperato in qualcosa, in un segno, in uno spiraglio. Si era crogiolata nella straziante attesa che qualcosa accadesse per lunghi anni, senza trovare nulla che le desse sollievo, e si sentiva un’idiota a provare sempre, immancabilmente, lo stesso magone ogni volta che quel giorno si avvicinava, come se ancora non si fosse del tutto arresa alla consapevolezza che non l’avrebbe rivisto mai più.
Non aveva niente che glielo ricordasse. Neanche una foto.
Si sentiva male anche solo constatando che, ormai, faticava a mettere a fuoco i lineamenti del suo volto, e la sensazione delle lacrime che avevano preso a scorrerle continuamente sulle guance non servì neanche un po’ a farla sentire meglio. Se le asciugò quasi con rabbia, passandosi sul volto il dorso della mano, e si alzò, raccogliendo le proprie cose. Sapeva benissimo dove si sarebbe diretta e come avrebbe passato il resto della nottata, dato che con tutte le emozioni che la scuotevano sarebbe stato impossibile prendere sonno. 
Deglutì imponendosi di smettere di piangere come una ragazzina, impugnò il mazzo delle chiavi dei laboratori della Capsule Corp e osservò quella con la targhetta TM-1425 per un breve istante. Poi, senza esitare ulteriormente, chiuse tutto e si diresse verso l’uscita. 













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Buongiorno!
Mi scuso se non ho pubblicato ieri sera, ma tra una cosa e l'altra non ho avuto tempo di entrare su efp. 
E adesso, con questo secondo capitolo, iniziamo pian piano ad entrare nella storia vera e propria, che si definirà meglio d'ora in poi; diciamo che questi primi due capitoli erano fondamentali per introdurre una serie di elementi contestuali di trama. Fatemi sapere cosa ne pensate, e grazie di nuovo a chi ha letto, recensito o aggiunto la storia tra le seguite!

 

   
 
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