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Autore: angelo_nero    22/08/2019    11 recensioni
[Post Cell-Game]
Vegeta è uscito da poco da quella sorta di depressione che la morte di Mirai!Trunks e quella di Son Goku gli avevano causato. È rimasto sulla Terra accanto a Bulma e al piccolo Trunks ma non si è mai espresso riguardo le sue intenzioni con loro e Bulma comincia a non poterne più.
In una serata autunnale con la pioggia battente i due amanti si confrontano nella semi oscurità della stanza circa lo stato del loro rapporto.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-Dove diavolo sei stato?- 
La voce della donna rimbombò nel silenzio della casa, così forte che persino dal piano superiore si sarebbe potuta sentire. 
Ma Vegeta rimase immerso nel proprio silenzio continuando ad osservare il temporale sfogarsi attraverso la grande vetrata del soggiorno quasi la presenza della scienziata fosse soltanto un miraggio. Un lampo rischiarò il giardino specchiandosi nelle iridi scure del principe che, immobile, sembrava non far parte di quel mondo.
Bulma lanciò le chiavi sul tavolo della cucina e posò la borsa su una sedia mentre con l'altro braccio sosteneva il peso di Trunks. Lanciò uno sguardo al Saiyan che non aveva mosso un muscolo da quando era rientrata. Sembrava totalmente immerso nello scrutare la furia della natura, al buio. Bulma si chiese se fosse diventato una statua di sale.Trunks iniziò a lamentarsi dimenandosi tra
sue braccia  , costringendola a posarlo a terra. Il bambino sgusciò via gattonando sparendo poi dalla vista materna che non se ne preoccupò. Piuttosto la sua attenzione si focalizzò sull'uomo immobile in piedi davanti al vetro, con il profilo illuminato di tanto in tanto da un lampo. 

Bulma rimase ad osservarlo per qualche secondo con le sopracciglia aggrottate. Era scomparso per tutto il giorno, senza dire una parola a nessuno né su dove andasse né su quando tornasse. Non che fosse una novità, figuriamoci, Vegeta andava e veniva senza avvertire fin dal primo giorno in cui aveva messo piede in quella casa. E ciò le dava immensamente fastidio.
-Allora?- incalzò.
Vegeta si ostinò a non volerla guardare se non riflessa nel vetro davanti a sé. Non le rispose subito, attese che un tuono riempì quel silenzio forzato. La vide avvicinarsi entrando nella stanza ma rimanendo a debita distanza da lui.
-In centro.- rispose alla fine.
L'azzurra alzò un sopracciglio.
-In centro? Tu? A fare cosa?- disse appoggiandosi al divano.
L'altro si voltò leggermente nella sua direzione rimanendo comunque più interessato allo spettacolo fuori dalla finestra. Fece passare diversi secondi nei quali nè si mosse nè parlò, rendendo la sua presenza più intangibile di quanto già non fosse di per sè.
-Ti lamenti sempre che dovrei comportarmi più da terrestre e quando lo faccio ti lamenti che non è da me.- 
-Non mi sto lamentando perché ti sei comportato da persona normale- rispose incrociando le braccia al petto. -Ma perché sei sparito tutto il giorno senza dire niente.-
-Come se fosse una cosa nuova.- borbottò il Saiyan.
Un tuono spezzò la conversazione impedendo all’azzurra di inveire contro il suo interlocutore. Prese un sospiro prima di parlare di nuovo.
-Beh potresti imparare ad avvertire dato che non sei solo qui dentro.- esclamò. Poi si bloccò un secondo, come se non fosse sicura di dover continuare. Deglutì come se ne avesse bisogno. -E c'è qualcuno che si preoccupa.- continuò.
Quelle parole attirarono l'attenzione del guerriero che, finalmente, concesse alla donna di poter ammirare qualcosa di diverso dalla sua schiena. Incatenò il proprio sguardo a quello della donna, provocando in lei un brivido che non seppe ben definire. Rimasero a guardarsi per attimi infiniti e a Bulma parve passata un'eternità dall'ultima volta che lo fecero. Vegeta si limitava a un fugace sguardo d'intesa o le rivolgeva le spalle o guardava altrove. Neanche durante i loro incontri notturni lui l’aveva più guardata in quel modo: il principe si era rifugiato nel suo suo mondo e non le permetteva di accedervi.
Rimase incantata a fissare quelle iridi color della notte come se non le avesse mai viste. Fu lui a distogliere lo sguardo interrompendo quella magia venutasi a creare. Bulma rimase a guardare il suo volto spigoloso contratto come sempre in quell'espressione di chi ce l'ha sempre con il mondo. Era bello da morire anche nella quasi totale oscurità della stanza. Fece scorrere gli occhi sul suo fisico scolpito nascosto in quegli abiti terrestri che tanto gli donavano quanto si rifiutava di indossarli. Si morse il labbro inferiore bramando le sue mani addosso nonostante fosse passato poco più di un giorno dall'ultima volta che lui l'aveva reclamata. 
-Cosa sei andato a fare in centro?- chiese cercando di tornare con i piedi per terra. 
-Un giro.- rispose lui senza guardarla. -Per schiarirmi le idee.- 
Bulma lo guardò interrogativa sedendosi sul divano, non capiva quali idee avesse mai da dover schiarire. Non le sembrava il tipo da avere difficoltà a prendere una decisione. Lui faceva ciò che voleva fare senza porsi problemi di alcun tipo. Né morali né affettivi. La bellezza del non pensare a nient'altro che a se stesso. 
Che stesse meditando di andarsene?
Il cuore dell'azzurra si strinse in una morsa all’idea che lui potesse lasciarla di nuovo. Non voleva. Per questo gli aveva lasciato i suoi spazi, evitando di soffocarlo, e si era concessa ogni qual volta lui lo desiderasse, sentendosi niente di più che uno sfogo fisico. Non desiderava altro che averlo attorno, avere la sua presenza dentro casa le bastava.
O almeno così credeva.
-Vuoi andartene?- gli chiese con tono piatto e freddo.
Lui le rivolse un’occhiata fugace poi tornò a fissare fuori.
-No.- rispose diretto.
Il macigno sul petto non scomparve ma si affievolì e lei si limitò ad annuire assente. 
-E cosa hai intenzione di fare?-
-Riguardo a cosa?-
-A questo.- disse allargando le braccia e facendole ricadere lungo i fianchi.- A te, a me, a Trunks. Tutto. In caso te lo fossi dimenticato quel bambino è anche tuo figlio e di certo non merita un padre che c’è ma non c’è.- borbottò sottovoce.
Vegeta si mosse dalla posizione in cui stava e raggiunse la donna sul divano, sedendole accanto sotto il suo sguardo limpido. Ignorò i suoi occhi che reclamavano attenzione concentrandosi ancora una volta sul tempo piuttosto che su di lei.
Bulma fissò il suo profilo con tanta intensità che sembrò volervi vedere attraverso. Lui non aveva proferito parola nè aveva manifestato alcun interesse alle sue parole. Non sembrava interessargli quella situazione di stallo in cui erano fermi da ormai un anno. Dopo la morte di Goku, quella di Mirai Trunks e la fine del Cell Game, il principe aveva passato un lungo periodo in solitaria, uscendo a mala pena per mangiare qualcosa per poi rinchiudersi nella propria stanza. Ne era uscito solo poco prima della partenza del figlio venuto dal futuro, riportato in vita dalle sfere del drago, ricominciando ad allenarsi e a sparire in chissà quale parte del pianeta per giorni. Però sembrava non vedere la donna con cui aveva generato quel forte guerriero proveniente da un’epoca disastrata, ignorandola per gran parte del tempo e rivolgendole la parola soltanto in caso di necessità. Avevano, sì, ripreso ad avere i loro incontri notturni ma lui non si era spinto oltre quello sparendo la mattina dopo -o nel bel mezzo della notte- prima che la donna si svegliasse. 
Quindi, facendo un punto della situazione, la loro “relazione” era ferma a un punto dove di giorno non le rivolgeva neanche la parola e di notte la usava per sfogare i suoi istinti per poi andarsene come nulla fosse. E lei cominciava ad esserne stanca. Anche perchè non sembrava essere interessato neanche al figlioletto di appena un anno, che invece reclamava le sue attenzioni come fossero acqua per un assetato nel deserto. Vittima inconscia di quella relazione malata e distruttiva che lei si rifiutava di lasciare cadere. 
Egoista, esattamente come lui.
Lui che le sedeva indolentemente affianco senza alcun apparente interesse. Nè su di lei nè sul discorso. Rinchiuso nel suo mondo a cui le era precluso l’accesso.
-Lo so.- rispose lui atono.
Bulma avvertì l’amaro di quelle parole senza emozione come se le avesse mangiate. L’uomo probabilmente non sapeva o non gli interessava sapere che esisteva un’enorme differenza tra il sapere una cosa e accettarla appieno. 
Trunks era senza dubbio suo figlio ma lui era suo padre? Probabilmente no. E Bulma non aveva idea se fargliene una colpa per quella mancanza o sorvolare a causa dell’infanzia non avuta e priva di qualsiasi affetto. Dopotutto lui che poteva saperne di come si fa il padre se non ne aveva avuto neanche uno. 
La scienziata si stropicciò la faccia con le mani passandocele più volte sopra. 
- E sai anche che è diverso dal guerriero venuto dal futuro che abbiamo conosciuto?- 
Vegeta fece una smorfia poco convinta e Bulma appurò che lui probabilmente dava quel minimo di importanza al bambino solo perchè ci vedeva riflesso la sua versione del futuro. Quel ragazzo dal passato apocalittico che tanto gli somigliava e tanto il principe lo aveva respinto nonostante fosse suo figlio.
Il Saiyan non rispose continuando ad eludere il suo sguardo per qualche arcano motivo.
-Sai cosa significa per me questa situazione di… niente?- chiese ed attese anche una sua risposta che, ovviamente, non arrivò. -Io non so cosa pensi, cosa provi o cosa vuoi. Sono tagliata fuori dal tuo mondo e tu non sembri intenzionato a farmici entrare. Vivo con il dubbio costante che tu possa sparire un giorno e non tornare mai più.-
Lui non aprì bocca ma lei non ci fece caso, fissando il pavimento con sguardo vuoto non le importava se lui l’ascoltasse o meno. Voleva solo sfogarsi e sputargli addosso tutta la rabbia e la tensione che viveva ogni santo giorno da quando lui aveva messo piede nella sua vita.
-Tu non hai idea di cosa voglia dire vivere in un limbo perenne. Non stiamo insieme ma vieni da me quasi ogni notte. Non ti importa di noi ma non vuoi andartene. Io sono stanca, Vegeta. Non ce la faccio più, è passato più di un anno dalla nascita di Trunks e a mala pena lo guardi. Io…- si fermò un secondo perchè altrimenti la voce le si sarebbe spezzata. E l’ultima cosa che voleva era apparire fragile di fronte a lui. 
Gli lanciò uno sguardo per vedere se fosse ancora lì perchè era talmente silenzioso da potersi spostare senza che lei se ne potesse accorgere. E per fortuna ce lo trovò, la ignorava e non la stava ascoltando, tantomeno guardando, da quando era così interessato al meteo?, ma quantomeno era lì.Tornò a fissare il pavimento cercando di mettere ordine in tutti quei pensieri e quelle emozioni che vorticavano nel suo cervello.
-Io voglio sapere che intenzioni hai, perchè non ho alcuna voglia di essere il tuo giocattolino da poter usare a piacimento e di far trattare mio figlio come il surrogato della sua copia del futuro.- sentenziò aggrottando le sopracciglia.
Un tuono fu l’unica cosa che seguì le parole della donna. Non vi fu alcuna risposta da parte dell’interpellato. Nè in quel momento nè successivamente. Anzi scese un silenzio talmente fitto che a Bulma sembrò che si fosse creata una barriera tra lei e l’uomo al suo fianco. Le sembrò ancora più lontano, racchiuso in quella bolla di odio e disprezzo da lui stesso creata. Lo vide poi abbozzare un sorriso, quello suo classico strafottente, di chi pensa di avere il mondo in mano e se ne frega di tutto il resto. E lei non capì il perchè di quell’espressione così fuori luogo, finchè il guerriero non puntò le iridi scure su di lei -fredde e derisorie- ed aprì bocca.
-Non mi sembra che ti sia dispiaciuto.- disse riferendosi all’essersi definita un suo giocattolo.
Il principe capì di aver oltrepassato il limite quando la fragile mano della terrestre andò a schiaffeggiargli la guancia. 
Bulma si alzò di scatto dal divano stringendo a pugno la mano con cui lo aveva colpito mentre lui la guardava per sbieco con il viso ancora piegato di lato.
-Mi fai schifo.- disse sottovoce guardandolo con gli occhi lucidi dall’alto in basso. -Una frase del genere me la potevo aspettare da chiunque, persino da Yamcha. Ma non da te.- 
Il Saiyan alzò a malapena lo sguardo su di lei continuando a massaggiarsi la guancia offesa come se gli facesse veramente male. Non se lo sarebbe mai aspettato un gesto del genere, da una fragile terrestre poi che in quel momento, in piedi davanti a lui, tremava di rabbia per l’offesa ricevuta. Si sarebbe dovuto arrabbiare, infuriare ma rimase immobile sul divano a fissarla.
-Io non sono il tuo giocattolo! Nè una delle tue puttane! Non ho idea di con che tipo di femmine hai avuto a che fare nella tua vita e neanche mi interessa, ma non ti permetto di trattarmi in questa maniera dopo tutto ciò che ho fatto per te!- urlò.
Era furiosa come mai lo era stata in vita sua, la mano le doleva terribilmente ma non aveva alcuna intenzione di darlo a vedere. Non lo sapeva neanche lei il perchè l’avesse colpito rischiando di distruggersi una mano. Le era venuto spontaneo. 
Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi ma le ricacciò indietro: non era il momento di piangere. Continuò a fissarlo arrabbiata mentre lui sembrava essersene a malapena accorto. 
Un lampo rischiarò la stanza buia illuminando il volto del principe, immobile, da cui non si poteva trarre nessuna conclusione sul suo stato d’animo. Un tuono ruppe il silenzio e Bulma desiderò ardentemente fuggire via da quella situazione. 
Vegeta si alzò, lentamente e con tutta la calma del mondo, la guancia leggermente arrossata portava l’ombra delle cinque dita a testimonianza della furia della donna. Da in piedi era più alto di lei di pochi centimetri che uniti al suo sguardo fiammeggiante incutevano parecchio timore. Ma non a lei, che rimase ferma al suo posto fissandolo negli occhi.
-Nessuno aveva mai osato tanto.- le sussurrò ad un orecchio.
Bulma rabbrividì e non di paura. Il suo fiato caldo sulla pelle era una sensazione strana, familiare e sconosciuta allo stesso tempo. 
Il sorriso che vide stampato sul suo viso non prometteva nulla di buono eppure lei non lo temeva.
-Non ho paura di te, Saiyan. Mai avuta e mai l’avrò.- sibilò di rimando con tono fermo.
Il sorrisetto del principe si allargò mentre lui le prese la mano con cui l’aveva colpito e se la portò alle labbra. Sussultò, Bulma, al contatto con la sua bocca, inaspettato quando delicato. Tirò via la mano quasi immediatamente, come scottata, ma lui non smise di sorridere a quel modo. 
Il Saiyan si specchiò nelle iridi cerulee davanti a lui. Fece un passo indietro, poi un altro e un altro ancora senza distogliere lo sguardo da lei. Infilò una mano in tasca e ne tirò fuori qualcosa che fece sgranare gli occhi alla scienziata. Poi fece qualcosa che Bulma non si sarebbe mai aspettata da lui: s’inginocchiò.
-Sposami.-
Sussultò sgranando gli occhi.
Se prima il suo cuore era stato stretto in una morsa, in quel momento mancò decisamente più di un battito. 
Una parola. Una sola parola era riuscita a sconvolgere il senso di quella discussione e far scemare tutta la rabbia. 
Sposami”. 
Un centinaio di emozioni diverse iniziarono a vorticare pericolosamente nella sua testa, alcune più prepotenti di altre. Rimase a fissare la scatolina aperta che il Saiyan teneva tra le mani, dalla quale faceva capolino un anello d’oro sormontato da un diamante discreto, in completo silenzio. Sconvolta e stupita da quella proposta. Si sarebbe aspettata una sua reazione violenta non quello! 
Battè le lunghe ciglia e si lasciò sfuggire un paio di lacrime che ormai non seppe più capire se fossero di rabbia o di incredulità. Le stava chiedendo di sposarlo, così su due piedi, cosa diavolo doveva fare?
-Con che faccia tosta mi chiedi una cosa del genere! Non hai fatto altro che ignorarmi per tutti questi mesi, hai anche insinuato che mi piacesse essere usata da te! E ora te ne esci fuori con “sposami”!?- urlò in preda alla rabbia. -Ma che cazzo ti dice il cervello!?-
Era incredula. Prima la sfotteva poi aveva il coraggio di chiederle di sposarlo! Non sapeva più che pensare. Si limitò a fissarlo dall’alto in basso mentre se ne stava immobile con la solita faccia da schiaffi in ginocchio davanti a lei. Manco si era degnato di provare a cambiare espressione, anzi sembrava più compiaciuto del solito nonostante gli stesse sbraitando dietro. Moriva dalla voglia di picchiarlo. E di piangere. E di fare tutte e due le cose in contemporanea. 
Urlò in preda a una rabbia confusa e gli voltò le spalle per non doverlo guardare in faccia. Poi fece un sospiro e tentò di calmarsi.
-È per questo che sei andato in centro? Dove hai preso i soldi?- 
Vegeta alzò un sopracciglio confuso da quella domanda, non si aspettava che lei gli chiedesse una cosa simile. Okay a dire la verità non si aspettava neanche che lei gli urlasse addosso in quella maniera ma Bulma era il tipo di donna imprevedibile, quindi non si era posto chissà quale domanda. 
Non cambiò espressione pur non celando la propria perplessità.
-È importante?-
-Sì, lo è!- lo bloccò lei.
Il Saiyan alzò le spalle.
-Tua madre mi ha dato una carta di credito, la prima volta che ho messo piede qui. Dice che siccome non lavoro potrei aver bisogno di denaro.- borbottò disinteressato. -Ma non l’ho mai usato.-
Sua madre e il suo vizio perenne di vedere tutti come figli suoi! 
-Sai almeno cosa significa il matrimonio? Hai idea della responsabilità che ti dovresti assumere? Legare le nostre vite per sempre,poi. Non mi sembri il tipo adatto a questi “sentimentalismi”.-
Vegeta aggrottò le sopracciglia affatto felice di quella domanda diretta e velenosa della donna che ancora si ostinava a voltargli le spalle. Si alzò in piedi capendo che non gli avrebbe risposto tanto presto, o forse non l’avrebbe fatto proprio, e incrociò le braccia al petto pur mantenendo la scatolina aperta con una mano. 
-Sò esattamente a cosa vado incontro. Vengo da un altro pianeta ma non sono stupido.- le disse rimanendo immobile a fissare la sua schiena. Divertente, i ruoli si erano appena invertiti.
Bulma sbirciò oltre le proprie spalle con la coda dell’occhio e giurò di aver visto nei suoi occhi una scintilla, un misto di risentimento ed orgoglio. Si chiese a cosa fosse dovuto.
Lei non sapeva nulla della storia e delle tradizioni dei Saiyan, Vegeta non apriva bocca su di sè figuriamoci sul suo popolo, ma dubitava fortemente che quel popolo di guerrieri conoscesse qualcosa di così “positivo” come l’affetto. Tantomeno che sentissero il bisogno di legarsi ad altre persone, visto che spedivano i loro figli appena nati su altri pianeti quando possedevano un livello di combattimento non consono. Fece una smorfia a quel pensiero: popolo barbaro che rifiutava persino la propria prole se troppo debole, altro che istinto materno.  
Vegeta fece schioccare la lingua sul palato soprappensiero, indeciso su cosa rivelarle della sua cultura e fino a che punto spingersi. Lei non sospettava minimamente il fatto che gli appartenesse già da tempo e che tutto ciò era solo una formalizzazione della cosa. 
La vide stringersi nelle spalle colta da chissà quale strano pensiero negativo che la sua mente aveva formulato. Era indeciso se lasciarla crogiolare nelle sue fantasie assurde o dirle la verità. Si godè per un po’ la vista della sua figura di spalle: fragile e minuta in confronto alla propria più forte e piazzata. Però dotata di una grande forza d’animo oltre a una lingua troppo lunga per i suoi gusti e un cervello geniale. Probabilmente era stato quel controsenso ad attirare la sua attenzione la prima volta e a non farla staccare più. 
Lanciò uno sguardo al gioiello che teneva tra le mani pensieroso. Poi guardò lei che borbottava qualcosa sottovoce.
-Ho già legato le nostre vite per l’eternità. Anche se tu non lo sai.- disse con nonchalance.
Bulma si voltò di scatto nella sua direzione e Vegeta ridacchiò di fronte a quella reazione: aveva catturato la sua attenzione come non era riuscito a fare con la proposta di matrimonio. 
La donna gli si avvicinò di un passo con gli occhi sbarrati e attese impaziente che lui parlasse ancora. Ma il principe sapeva come tenerla sulle spine conoscendo la sua enorme curiosità, quindi lasciò trascorrere una manciata di minuti di completo silenzio guardandola con un misto tra divertimento e serietà. 
Bulma fissò quegli occhi scuri che sembravano deriderla nella loro compostezza. Occhi che nascondevano parole da lui non dette e mai espresse in alcun modo. Occhi che lei amava nonostante ammetterlo le faceva male. L’ossidiana delle sue pupille risplendeva alla luce intermittente dei lampi celando immensi segreti di cui lei ignorava completamente l’esistenza.
-Cosa?- se ne uscì poi a fatica l’azzurra con un tono più acuto del previsto.
Il Saiyan inclinò di poco la testa di lato senza che il suo sorrisetto strafottente perdesse il proprio splendore. Si divertiva da matti a tenerla sulle spine dato che la maggior parte delle volte era lei a tenere il coltello dalla parte del manico nelle loro discussioni. Erano veramente poche le volte in cui riusciva a spuntarla senza che il suo orgoglio venisse scalfito. 
Bulma sembrò sul punto di esplodere: assomigliava a un drogato in astinenza da troppo tempo. Lei odiava non sapeva le cose e detestava quando lui giocava su questo. Però quando era bello illuminato appena con quel sorriso stampato sulle labbra fine.
-Vegeta, dannazione, cosa diavolo vuol dire!?- sbottò alla fine.
Il Saiyan fece sparire quella piega derisoria delle labbra ma non smise di guardarla con le pupille che scintillavano divertite. Spostò lo sguardo verso la parte opposta della stanza osservando il piccolo Trunks giocare con delle costruzioni di legno, circondato da giocattoli alcuni più grandi di lui e sicuramente troppo costosi. Rimase a guardarlo per qualche istante prima di riportare lo sguardo sulla donna che, impaziente, attendeva una sua risposta.
-Quel segno che hai sulla spalla destra.- iniziò indicandola su di sè. -È il mio marchio. Significa che mi appartieni al di là del tempo e dello spazio, come io appartengo a te. Per la mia razza è il legame più forte che esista. Le nostre vite sono già legate.-
Bulma rimase qualche istante ad assimilare quelle parole prima di riscuotersi e comprendere il vero significato.
-Il tuo… marchio?- chiese posandoci la mano sopra. 
Il Saiyan annuì. 
L’azzurra posò lo sguardo sul proprio riflesso sulla vetrata e spostò la maglietta in modo da vedere quel segno che lei credeva essere una semplice cicatrice. Di colpo si ricordò il momento in cui le era stato fatto e fissò il principe stupefatta. Pian piano la sua espressione cambiò da incredula a rabbiosa, di nuovo.
-Tu…- iniziò sibilando. -Tu sei un bastardo. Più di quanto credessi. Mentre io mi muovevo sul filo del rasoio senza sapere cosa tu volessi o provassi, tu ti crogiolavi nella certezza che io ti amassi e dei tuoi sentimenti. Cosa diavolo aspettavi a dirmelo, che morissi!?-
Vegeta scoppiò a ridere di gusto facendo rimbombare il suono per la casa vuota. Una risata fragorosa, profonda e stupenda me tremendamente di scherno. Le spalle del Saiyan si muovevano scosse da essa mentre le braccia rimanevano ingessate nella solita posa conserta, tra le dita teneva stretta quella scatolina aperta.Bulma non capì il perchè di quella reazione così, a suo parere,
assurda. Cosa diavolo aveva da ridere!?

L’uomo smorzò un po’ la sua risata riducendola a un riso sottovoce mentre scuoteva la testa divertito. Alzò le iridi color della notte su di lei, che lo fissava in modo truce. Trattenne a stento una risata dinanzi a quell’espressione che faceva di tutto tranne incutere timore.
-Quel segno non ha alcun sentimento dietro, non mischiare la mia cultura con le cavolate terrestri.- le rivelò avvicinandosi a lei. -Significa semplicemente che ti ho scelta come mia compagna e ti ritengo degna di essere la madre di mio figlio.- concluse prendendole il mento tra le dita della mano libera e tirandole giù il labbro inferiore.
Lei si specchiò in quelle iridi nere sicura che le sue parole non le stessero rivelando tutta la verità celata dietro quel marchio. Sorrise furba liberandosi con facilità dalla sua presa e facendo un passo indietro, mettendo nuovamente distanza tra di loro. Lui non sembrò molto felice della cosa ma non le importò. Puntò piuttosto lo sguardo sull’anello che brillava nella sua mano.
-Sei un controsenso vivente, oltre che un pessimo bugiardo.- gli disse tornando a guardarlo.
- E perchè?- 
Bulma incrociò le braccia al petto mentre lui alzava un sopracciglio dubbioso e abbassava il braccio lungo il fianco, rimasto a mezz’aria per qualche secondo in più. Gli regalò un ghigno identico al suo e schioccò la lingua sul palato.
-Perchè se fosse veramente tutto qui, senza alcun sentimento dietro, che senso avrebbe chiedermi di sposarti?- disse con la ritrovata calma.
Vegeta s’irrigidì impercettibilmente e Bulma se ne compiacque, aveva appena beccato un nervo scoperto oltre tutta quella corazza. Spostò lo sguardo altrove, la giovane donna, con il sorrisetto convinto che gli aveva appena rubato.
-Devi ammettere che c’è qualcosa che manca. Cosa mi nascondi Saiyan?- disse voltandogli le spalle ed accomodandosi sul comodo sofà con fare sensuale. Accavallò le gambe e lo sfidò a smentirla fissandolo negli occhi. - Per la tua razza potrà significare anche quello ma per te c’è qualcosa di più.-
L’uomo sussultò e Bulma sorrise. 
Centrato.
-Invece di fare congetture su quanto significhi quel marchio perchè non mi dai una risposta?- cambiò discorso l’altro colto sul vivo.
Ma Bulma non si arrese, decisa più che mai a tirargli fuori qualche parola che non fosse un insulto.
-A cosa ti serve sposarmi? Ho già il tuo marchio addosso.- 
La mascella del Saiyan si irrigidì quasi fino allo spasmo nel tentativo di trattenere un sorriso compiaciuto. Quella terrestre sapeva come rigirarselo tra le dita, come stuzzicarlo e dove colpire. E a lui quella cosa piaceva da morire. Guardò l’anello che teneva tra le mani rimuginando su quanto propostole: se era già sua che senso aveva sposarla alla maniera terrestre? Non lo sapeva. O forse non voleva ammetterlo, nemmeno a se stesso, che qualcosa nel proprio cuore per quella donna dai capelli azzurri c’era. Qualcosa di diverso dal semplice possesso e bisogno fisico. Una sensazione assai differente da tutte quelle provate nel corso della propria vita, a cui però non voleva dare un nome.
La sentì ridere amaramente e si voltò a guardarla: fissava il pavimento con occhi spenti, la scintilla di sfida dentro quelle iridi era scomparsa lasciando un vuoto che non gli piaceva. Sempre a causa di quella sensazione senza nome.
-Ti diverti, Vegeta? A prendermi in giro e a giocare con i miei sentimenti.- gli chiese alzando lo sguardo su di lui. -Sono uno spettacolo tanto divertente? Io ci avevo creduto in quella proposta.- 
Il Saiyan non fiatò e lei smise di guardarlo tornando a fissare il pavimento. 
-E chi ti ha detto che io non fossi serio?- proruppe la sua voce profonda.
Bulma rise con lo stesso tono d’amarezza di prima. Non poteva far altro o sarebbe scoppiata a piangere. Si divertiva proprio tanto se continuava con quella farsa. Osservò il tavolino davanti al sofà rimpiangendo di aver buttato ogni tipo di alcolico dopo aver scoperto di essere incinta, aveva proprio bisogno di bere.
-Dai lo scherzo è bello quando dura poco. Ci sono cascata con tutte le scarpe. Ah-ah-ah, quanto sono stupida.- 
Vegeta la fissò confuso, cosa c’era in quello che aveva detto da sembrare uno scherzo? Non lo capiva, come non capiva perchè la donna aveva cambiato stato d’animo di botto passando dall’ilarità a quella sorta di depressione. Però sapeva benissimo che quel suo comportamento lo irritava, quindi le si avvicinò con poche falcate. Afferrò la sua mano e la costrinse ad alzarsi. Le sollevò il viso e si specchiò in quelle pozze cerulee per qualche istante, poi la baciò.
Bulma sgranò gli occhi incredula, poi li strizzò facendo scivolare una lacrima sulla guancia e lo strinse così forte da potergli fare male. Si aggrappò a lui rispondendo a quel bacio che non si aspettava, temendo che lui potesse sparire da sotto le sue mani. 
Era passato così tanto tempo dall’ultima volta che si erano baciati ma assaporare le sue labbra rimaneva la cosa che al principe più piaceva fare. L’aveva tenuta lontana temendo di sviluppare una dipendenza poco sana per i suoi allenamenti. Peccato che fosse troppo tardi, il segno del morso che le aveva lasciato sulla spalla la prima notte era la prova inconfutabile che quella donna gli era entrata sottopelle, volente o nolente. 
La lasciò andare solo dopo essersi impresso nuovamente nella mente il suo odore. Lei gli rimase attaccata, sembrava aver paura che lui se ne andasse. 
-Te lo chiedo di nuovo.- mormorò porgendole nuovamente la scatolina contenente l’anello. -Vuoi sposarmi?- 
Non era il tipo che ripeteva le cose, lo irritava farlo, lo trovava una mancanza di rispetto. Ma per lei fece un’eccezione, riproponendole quelle parole che fin da bambina aveva sognato sentirsi dire dal fantomatico principe azzurro.
L’azzurra indugiò guardando ora la scatola ora i suoi occhi, alla ricerca di qualche segno che fosse solo una presa in giro. 
-Dici sul serio?- gli chiese in un sussurro.
Lui annuì solamente e sembrava sincero.
Bulma sospirò. -Sì, voglio sposarti.-
Quel bel sorriso strafottente prese di nuovo piede sui tratti del Saiyan. Era solo il suo modo di sorridere, poteva leggerglielo negli occhi.  Vegeta tirò fuori l’anello dalla custodia, che rimise in tasca, e chiese silenziosamente alla donna davanti a sè di porgergli la mano per metterglielo. Quando lei posò la propria mano sulla sua, lui potè infilare il piccolo gioiello all’anulare sinistro. Gesto piccolo e scontato che però da lui mai si sarebbe aspettata di ricevere.
La scienziata perse qualche secondo a rimmirarasi la mano dove il piccolo diamante risplendeva nella semioscurità, prima di saltare addosso la suo futuro marito. Il quale tutto si aspettava tranne che una reazione simile da lei, perciò perse l’equilibrio facendo cadere entrambi a terra. Bulma rise di fronte alla sua faccia imbronciata.
-Però ci sai fare con i gioielli. Per essere uno scimmione non è affatto male,-
In realtà era stupendo, non credeva esistessero anelli con pietre così piccole che potessero piacerle così tanto. Forse era dovuto al fatto che fosse stato lui a regalarglielo e non qualcuno a caso. Si voltò nella sua direzione per ringraziarlo ma il guerriero, stanco delle continue chiacchiere di quel giorno, le chiuse la bocca con un bacio infuocato riaccendendo la passione in entrambi. E avrebbero volentieri consumato su quel pavimento, se non fosse stato per Trunks che, quatto quatto s’intrufoló tra i genitori e si piazzò davanti al padre impedendogli di completare quanto iniziato.
Vegeta, affatto contento di quell’interruzione, prese il pargolo da sotto le braccia e lo sollevò per guardarlo negli occhi blu.
-Sai ti somiglia. Ha il tuo stesso sguardo imbronciato e la tua stessa testardagine.- proruppe l’azzurra osservandoli.
Padre e figlio continuarono a scrutarsi e a studiarsi, mancava soltanto che iniziassero ad annusarsi a vicenda ed erano uguali a dei cani. 
-Pa...pà!- esclamò il bambino ammutolendo i genitori.
-Oh fantastico, io lo porto in grembo per nove mesi e manco una parola. Tu lo guardi dieci secondi e ti chiama papà.- borbottò l’azzurra alzandosi da terra. 
Vegeta fissò lo sguardo limpido del figlio con la stessa compostezza di sempre ma nel suo cuore un altro pezzo a quella corazza invalicabile era stato tolto.


Angolo Autrice:
Weilà gentaglia come ve la passate? Sì, sono sempre quella che sparisce per mesi e poi riappare con OS a caso per fare campire che non è morta ma ci mette semplicemente un'eternità a raccimolare le idee per scrivere. Quiiiiindi questo ennesimo sclero era nel mio computer da tempo immemore però aveva un finale di merda, che non mi piaceva affatto. Quando ho finalmente fatto pace con il cervello e deciso di sistemarla, mi sono promessa di pubblicarla il prima possibile.
Questa è la mia versione dei fatti, ritengo sia più che plausibile che Veggie abbia chiesto a Bulma di sposarlo. Più per marcare il territorio, rendere ufficiale ad occhi indiscreti Yamcha che lei sia soltanto sua, che per la reale consapevolezza dei propri sentimenti.
Bien, a voi la parola!
AN

  
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