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Autore: Natsumi Raimon    23/08/2019    3 recensioni
Fandom: Arrow e Flash
Personaggi: Laurel Lance earth-2/Black Siren, Caitlin Snow/Killer Frost
Rating: rosso
Ship: KillerSiren
Storia partecipante all’iniziativa "Of sunshine, lesbians and multiverse: Femslash AU Edition", indetta dal gruppo Facebook LongLiveToTheFemslash.
Prompt:
Sweat: Così caldo che ti sudano le dita sui tasti del pc, obbligo: erotico, bonus: conchiglie
*****
Dal testo:
Ruotò appena lo schermo del computer, tentando di eliminare la fastidiosa luce biancastra che questo emanava. Il fascio raggiunse il barattolo di vetro che teneva sulla scrivania e lo fece scintillare, era un regalo di Caitlin, una promessa di vacanza racchiusa in un pugno di sabbia e un mucchio di conchiglie dai colori tenui.
Dio, non vedo l’ora che arrivi domani.
Genere: Azione, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, Slash, FemSlash | Personaggi: Barry Allen, Caitlin Snow
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Sweat, dream and repeat
 
 
Pairing: KillerSiren
Fandom: Arrow crossover Flash
Personaggi: Laurel Lance earth-2/Black Siren, Caitlin Snow/Killer Frost
Rating: rosso
 
Storia partecipante all’iniziativa Of sunshine, lesbians and multiverse: Femslash AU Edition indetta dal gruppo facebook LongLiveToTheFemslash
 
Prompt: 
Sweat: Così caldo che ti sudano le dita sui tasti del pc, obbligo: erotico, bonus: conchiglie
 
 
 
**
 
Zzzzzzzz...
 
Laurel sollevò gli occhi dallo schermo del computer, voltandosi a fulminare il condizionatore rotto, che ronzava ad intermittenza, il viso illuminato da un fascio di luce lattiginosa. Sbuffando si portò le mani ai capelli e li intrecciò rapidamente, appuntandoli e liberando il collo arrossato. Con l'aria condizionata guasta, nell’ufficio del procuratore Lance si soffocava e macchie scure s’intravedevano sulla tastiera bianca, le sudavano persino le dita.
 
Abbassando lo sguardo sulla scrivania di mogano, notò aloni di sudore persino nei punti in cui aveva appoggiato i gomiti. Grugnì parolacce a denti stretti, afferrando una salvietta, e tentò di eliminarli.  Davanti agli occhi le vibrava ancora la schermata del computer, quasi le fosse rimasta impressa nelle retine, le tempie le pulsavano, aveva la sensazione che il ronzio del condizionatore le si fosse trasferito nel cervello e glielo stesse trapanando, non c'era differenza fra il suono reale e quello immaginario, la stavano uccidendo entrambi in egual misura. O forse era già morta. Forse quello era il suo inferno.
 
Per una vita passata come super-criminale, a rubare, uccidere e demolire edifici con le sue corde vocali mutate, pagava in un'eternità chiusa in ufficio senza aria condizionata. Equo. 
Una fra le numerose pile di pratiche che teneva in bilico sulla scrivania traballava ogni volta che spostava la sedia e la luce giallognola dell’ufficio si rifletteva sul legno tingendolo di giallo.  Se chiudo gli occhi sembra quasi sabbia, si disse, tentando disperatamente di illudersi. Era ovvio che quello fosse l'inferno. L'odore nell'aria era di chiuso, carta, inchiostro e muffa, un mix che la stordiva.
 
Ruotò appena lo schermo del computer, tentando di eliminare la fastidiosa luce biancastra che questo emanava.  Il fascio raggiunse il barattolo di vetro che teneva sulla scrivania e lo fece scintillare, era un regalo di Caitlin, una promessa di vacanza racchiusa in un pugno di sabbia e un mucchio di conchiglie dai colori tenui. 
 
Dio, non vedo l’ora che arrivi domani.
 
 
 
 
La parola ferie le suonava all'orecchio come il canto di un angelo. Un angelo in carne ed ossa che squarciava la carta da parati beige macchiata d'umidità del suo ufficio, entrava dentro avvolto in una densa nube dorata, fulgido e bello, scuoteva la chioma riccioluta e le diceva "alzati ed esci. Vai dalla tua ragazza. Senti il sapore della libertà."
 
 
 
 
-Procuratore Lance.- una voce stridente, metallica, la richiamò dall’interfono. Sobbalzò, la pila di carte si inclinò a destra -si? Dimmi pure Rebecca.- la testa le doleva, si era addormentata chissà per quanto tempo, aveva perfino sognato qualcosa, ricordava tanta luce e il pensiero fisso di andare via.
 
-Il vice-commissario vuole sentirla per il caso Bertinelli, glielo passo sulla linea tre?-
Laurel si guardò attorno, fra torri sbilenche di scartoffie che minacciavano di seppellirla da un momento all'altro, e sospirò, passandosi una mano sul viso stravolto, una doveva pur contenere il fascicolo in questione. Si alzò lentamente, osservando la pila a destra danzare avanti e indietro, adocchiò la pratica del caso e si piegò in avanti, afferrandola e gettandola davanti a sé. La sedia cigolò sotto i suoi movimenti e Laurel storse il naso, infastidita. La pila ballerina si era rovesciata sul pavimento, trascinando con sé un portapenne. Ci avrebbe pensato dopo. 
 
Dopo…c’è ancora un dopo che mi vede in quest’ufficio...
 
-Si, passamelo pure, grazie.- si stiracchiò e sbadigliò sommessamente, prima di premere il pulsante lampeggiante sul telefono.
-Pronto?-
-Salve vice-commissario, mi dica pure.- sospirò, mentre lo sguardo correva su e giù sui fogli della pratica.
 
 
Quando riattaccò, mezz’ora dopo, fissò torva l’orologio appeso al muro, ingannatore, la stanchezza che le aleggiava sugli occhi e nelle ossa le diceva che non potevano essere trascorsi solo trenta minuti da quando aveva risposto al vice-commissario. 
 
Bugiardo.
Si chiese se gridare fino a demolire orologio, ufficio e stazione di polizia potesse essere considerato da Oliver e gli altri come un ritorno alle abitudini da super-criminale. Dio, se l’avessero vista le sue vecchie conoscenze...
Chiuse gli occhi per un istante, dopo aver gettato uno sguardo alle carte sparse sul pavimento, si abbandonò nella poltrona di pelle, e le parve quasi di inspirare odore di salsedine. 
 
 
 
 
Il sole brillava radioso al di là delle lenti dei suoi occhiali da sole. Sentiva il calore avvolgerla, soffocante, e gli occhiali scivolarle leggermente in avanti sul naso, aveva la bocca leggermente impastata, quasi si fosse appisolata sotto al sole caldo. Si riscosse, sentendo una voce borbottare alla sua destra.
Caitlin era stesa su un fianco, il naso immerso in una guida turistica, la bocca che si muoveva rapidamente. Non parlava da sola, Laurel si era abituata a vederla interagire con Frost sia silenziosamente, nella sua meravigliosa mente, dove la sua alter ego metaumana viveva quando non controllava il corpo di Caitlin,  sia esternamente, e nulla ormai poteva sembrarle più familiare e normale che vedere la sua ragazza battibeccare con una parte di sé. 
 
-Avete raggiunto un compromesso?- le interruppe, sorridendo -io vado a farmi una nuotata, se volete raggiungermi…e cercate di non trasformare il mare in una lastra di ghiaccio.-
 
Caitlin arrossì, sollevandosi di getto, i capelli ramati le ricaddero sul viso niveo, unto di crema -è successo solo una volta! Ed è stato un’incidente.-
 
Laurel ridacchiò, allontanandosi alla svelta, certa che da un momento all’altro l’avrebbero raggiunta. La sabbia sotto i suoi piedi nudi era bollente, scattò verso l’acqua e rabbrividì di piacere quando le piante dei piedi affondarono nella sabbia umida e fresca. Le onde le lambivano la pelle, e allontanandosi la chiamavano verso l’acqua. Lei si slanciò, tuffandosi nell’acqua bassa e tastando il terreno morbido mentre si spingeva verso l’alto. Il sole le asciugava il viso bagnato, la bocca sapeva di sale, attorno a lei il mare rifletteva bagliori dorati. 
 
Paradiso.
 
Due braccia le cinsero la vita e Caitlin pose le labbra sulla sua spalla, assaggiando la sua pelle salata. 
-Allora, sentiamo, cosa aveva da ridire Frost sulle tue abilità come guida?-
-Uhm…secondo Frost dovremmo passare questa vacanza chiuse in albergo.- bisbigliò Caitlin con voce roca. Laurel sentì il suo respiro caldo solleticarle il collo.
-Non posso dire di essere contraria.- le labbra le si contrassero in un sorrisetto sghembo, era estremamente consapevole del corpo di Caitlin stretto al suo, del profumo di salsedine e dell’essenza di cocco della crema solare -tu, io, morbide lenzuola…Frost potrebbe aver ragione.-
-Non saprei- rise Caitlin e Laurel percepì la vibrazione della sua risata come fosse sua -in albergo non proverei lo stesso elettrizzante piacere nel fare questo.-
 
Laurel avvampò, un brivido le salì lungo la schiena quando percepì le dita di Caitlin sfiorarle la pelle sotto l’ombelico. L’acqua era abbagliante, uno specchio dorato dal sole, e mascherava i loro movimenti subacquei, ma era una spiaggia pubblica, c’era gente che nuotava in lontananza e ragazzini con maschere e boccagli che inseguivano i pochi pesciolini che resistevano all’assalto dei bagnanti. 
-Caitlin...-mugolò, tremando. Sentì sulla pelle le labbra di Caitlin piegarsi in un sorriso mentre le dita oltrepassavano la barriera del costume blu notte che indossava, carezzandola lentamente.
 
Laurel si guardò attorno, il cuore le rimbombava nelle orecchie. Si sentiva bollente nell’acqua fresca, sotto gli occhi di tutti. Le dita di Caitlin si mossero dentro di lei e percepì l’acqua accompagnarne il movimento.
 
-Da quando sei così audace?- sussurrò, il respiro mozzato, mentre le dita di Caitlin si arcuavano dentro di lei, sfiorando quell’anfratto di piacere segreto che l’avrebbe trascinata in un’estasi tale da ignorare il resto del mondo, da piegare la realtà ad un microcosmo di piacere e sospiri di cui facevano parte solo Caitlin, la sua bocca e le sue mani  e dove lei stessa trovava posto solo come corpo vibrante, vivo, pulsante e affamato.
-Da quando ti conosco, Sirena.-
Boccheggiò, un gemito le proruppe dalla gola, le spinte diventavano rapide e profonde, aveva la sensazione di galleggiare in un mare di lava, il ventre incandescente, il corpo che tremava. spalancò gli occhi quando Caitlin allargò le dita dentro di lei, la bocca che le succhiava il sale dal collo umido.
 
-Dio, Caitlin….Dio…-
-Non ti credevo una religiosa…-
 
 
-Procuratore Lance?-
Laurel sobbalzò, a pochi passi, immerso fino al collo nell’acqua profonda, il vice-commissario della polizia di Star City la osservava con gli occhi a palla incastonati nel grosso cranio vermiglio spalancati in un’espressione di profondo sconcerto.
 
Si accostò a loro con movimenti delle flaccide braccia e si sollevò, l’acqua che grondava giù dalle spalle pelose scoprì il pingue corpo fasciato in uno stretto bermuda, giallo evidenziatore, con il grasso in eccesso dell'addome che copriva l’elastico e scendeva giù a nascondere anche il laccio. Incrociò le braccia davanti al petto e la squadrò con imbarazzo e sorpresa. Il cranio sembrava una lucida palla da bowling rosea. Laurel provò l’intenso desiderio di passarvi uno strofinaccio.
-Non sapevo che lei avesse una compagna…ma le pare modo di comportarsi, qui ci sono dei bambini!- strepitò.
 
Nell’esatto istante in cui Laurel lo vide, baffi umidi, addome flaccido trapunto di gocce e rivoli d’acqua e sudore che scintillavano sotto al sole, fu colta dall’orribile sensazione di essere in trappola.
 
Un fiotto acido le arse la gola, risalendole fino alla bocca, si allontano di scatto da Caitlin, ora non più in costume ma in camice bianco, scollato, tacchi alti laccati di nero.
-Tesoro?- 
Scosse la testa, qualcosa non andava, non era vero, non era nel mondo reale. 
-No…-balbettò, guardandosi attorno, strizzando gli occhi. La testa le stava esplodendo.
 
Zzzzzz.
Il ronzio sovrastava ogni suono, proveniva dal cielo, dal terreno, dall’acqua, era dentro la sua testa. Era ovunque. Macchie verdastre punteggiavano il mondo, mentre questo girava e girava e la nausea le attanagliava lo stomaco, le viscere le si arrotolavano, masse informi di piombo pesante. 
 
L’aria condizionata rotta. L’ufficio. Le scartoffie.
Il mare. Caitlin in costume. Le sue dita dappertutto. Il vice-commissario.
 
Nulla era vero, nulla.
Ho avuto i ragazzi della manutenzione in ufficio due giorni fa!
Sono già andata in vacanza, le mie ferie sono finite!
 
Tutto svanì in una bolla di sapone. C’era solo il buio. Poi vide un lampo rosso e giallo, e nel suo campo visivo entrò una figura verde, sfocata. In bocca sentiva un disgustoso miscuglio di acido e sale. I suoi sensi erano confusi, era così disorientata. 
-Laurel?- 
Mise lentamente a fuoco il viso barbuto di Oliver.
-Stai bene?-
 
Si sollevò di scatto, ignorando la sensazione di avere le gambe fatte di gelatina, la testa che le girava e le tempie che le pulsavano, sollevò la mano a toccare il viso di Oliver e chiese, sospettosa -sei reale?-
Oliver sorrise, la sua barba le solleticava le dita -Si, è tutto apposto.-
Ora che il mondo aveva smesso di girare vide intense luci calde, un pavimento di piastrelle bianche, tavoli d’acciaio, odore di candeggina e disinfettante. A ronzare erano i macchinari del laboratorio, che mandavano sprizzi di scintille. Un tavolo era volato ad un capo della stanza, c’erano bruciature sul pavimento e frecce verdi spezzate. 
Non potè fare a meno di chiedersi quale fosse la sua scrivania, dove fosse l’acqua, e chi avesse rimesso a posto quella pila di fogli caduti. 
C’era mai stato un condizionatore rotto? Dov’era Caitlin?
 
No…
 
Una mano le sfiorò la spalla, riconobbe gli innocenti occhi azzurri di Barry Allen e il suo sorriso fanciullesco -eri stata colpita dalla pistola dei sogni di SandKiller, era scappato di prigione. Come va? Sei la prima che si sveglia autonomamente dalle sue visioni.-
 
Laurel sorrise debolmente, flash di ricordi falsi che le annebbiavano la mente -sono stanca ma sto bene, non preoccuparti. Una notte di sogni reali è tutto ciò di cui ho bisogno.-
Le mani di Caitlin su di lei si fecero prepotentemente largo nella sua mente e arrossì, abbassando rapidamente lo sguardo. Barry le strinse la spalla, preoccupato.
Laurel tentò di spiegargli che non aveva alcun bisogno di essere accompagnata a casa, per di più non voleva che vedessero Caitlin da lei, non avevano ancora rivelato a nessuno la loro storia. Si arrese ad essere accompagnata da Barry, che le strinse un braccio, poi prese Oliver per la spalla e scattò. Laurel vide barlumi di Star City che si addormentava, luci che si spegnevano, odore di popcorn bruciati, poi la porta di casa e Oliver che si raddrizzava, verdastro.
A lei, invece, la nausea era passata.
Entrò nel suo appartamento, pregandoli di stare tranquilli e chiuse la porta alle sue spalle.
 
Caitlin si affacciò dalla cucina e subito la sua visione le riscaldò il cuore -come è andata la giornata?-
-Mah, mi sono addormentata in ufficio.- mentì, non c’era motivo di farla preoccupare. Infilò le sue pantofole verdi e strascicando i piedi sul parquet lucido la raggiunse, abbracciandola e inspirando il profumo di lavanda che emanava.
 
Paradiso.
 
-Lo sai che parli tantissimo nel sonno? - Laurel arrossì, no, non ne aveva idea.
 
 
 
 
 
-Notte dura?- borbottò Cisco, inserendo il codice di sicurezza degli Star Lab e prendendo il giubbotto e le chiavi di casa. Barry mugugnò -ho riacciuffato SandKiller a Star City.-
Carezzò il costume, richiudendolo nella sua teca. Sperava non dovesse servirgli più per quella notte, voleva il suo letto caldo e le braccia di sua moglie.
-Ah, è andata bene, no?-
Le luci del laboratorio si spegnevano seguendo i loro passi, quando furono all’ingresso, illuminati dalla fioca luce bianca e vibrante dell’ultimo neon acceso Barry scosse la testa -aveva colpito Laurel Lance. Sta bene adesso, ma lo sai cosa è strano?-
Cisco ridacchiò -se non me lo dici... sono Vibe, non leggo nel cervello.-
-Mentre dormiva…continuava a ripetere il nome di Caitlin. Non è strano questo?-
-Uhm…è bizzarro si…magari sono amiche.-
-Dove che è andata Caitlin?-
-A Star City, c’è sua zia che la adora e ogni tanto vuole vederla.-
 
 
 
 
   
 
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