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Autore: LadyPalma    24/08/2019    5 recensioni
[Storia partecipante al contest “Darkest fantasy” indetto da Dark Sider sul forum di EFP]
In un mondo dove ogni creatura si differenzia dall'altra per via del colore del sangue, Gure, un nano sangue grigio si ritrova ad affrontare una buia foresta pur di approdare nel paese del popolo dal sangue misto. Ma la foresta non sarà nulla in confronto al terrore che lo aspetta dall'altra parte. Un terrore che porta la firma di Kuro, il terribile mago dal sangue nero.
Genere: Dark, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Storia partecipante al contest “Darkest fantasy” indetto da Dark Sider sul forum di EFP.

 
Credere non ti salverà questa volta

 
Il piccolo viandante continuava ad avviarsi con passo spedito, anche se la gioia di aver abbandonato finalmente la fitta foresta aveva già lasciato il posto a una sensazione di inquietudine. Doveva esserci un piccolo villaggio, così gli aveva detto Shiro, il grande mago bianco che gli aveva indicato la via. In verità, Gure non credeva poi molto nella magia, come non ci credeva tutto il suo popolo, quello dei nani dal sangue grigio. Le sirene che abitavano nei fiumi d’acqua rosa avevano il potere di stregare chiunque udisse il loro canto e i draghi spesso si facevano vedere per spaventare quei bravi nani con qualche getto di fuoco, ma un uomo con la facoltà di creare sortilegi dalle loro parti non si era proprio mai visto. Tuttavia, Shiro, che fosse un mago vero oppure no, restava pur sempre un vecchio simpatico e gentile e non c’era nessuno più di lui che conoscesse l’oscura regione dello Schwarz, di cui la terribile foresta che si stava lasciando alle spalle segnava il confine.
“Percorri tutta la foresta e segui sempre i gufastori. Non ci sarà nulla di cui temere lì dentro e quando sarai fuori troverai il villaggio del popolo libero dal sangue misto” così gli aveva detto il mago bianco che chiamavano così perché aveva sangue bianco.
Gure si era fidato e finora quella fiducia era stata ben riposta. La foresta con gli alti alberi dai rami roteanti lo aveva spaventato, è vero, e il buio lo aveva quasi paralizzato; i gufastori dalla vista notturna erano stati però i suoi occhi e poi, con quel loro vizio di rosicchiare tutto, gli avevano anche liberato la strada. Due ore di camminata al buio e poi pian piano era ricomparsa la luce, proprio come promesso. Ma il mago aveva promesso anche un bel villaggio dove sostare e riposare… Solo che di questo villaggio ora non c’era neanche l’ombra. La foresta era finita ormai da un pezzo, eppure non si vedeva nessun fuocherello acceso e non si udiva alcuna voce. Si vedevano un paio di casupole, questo sì, ma dov’erano gli abitanti? L’unica cosa che testimoniava una presenza era un odore sgradevole che diventava sempre più pregnante ad ogni passo. Sì, ma di quale presenza si trattava? La risposta arrivò solo quando finalmente raggiunse quelle casupole silenziose.
Nessuna presenza, non più. E l’odore era solo quello putrido della morte.
Nel largo spiazzo centrale, corpi mutilati giacevano ormai informi  l’uno sopra l’altro lasciando intravedere qua e là coaguli di sangue multicolore. Una volta dovevano essere stati folletti sangue verde, giganti sangue blu, fate sangue giallo, gnomi sangue arancione… E forse tra loro c’era stato anche qualche nano sangue grigio come lui. Adesso di loro non restava altro che un liquido arcobaleno pulsante e pezzi solidi sparsi che vi si intingevano casualmente.
Gure rimase senza fiato, l’orrore e la paura gli avevano attanagliato le viscere, eppure allo stesso tempo gli avevano inibito sia l’impulso di fuggire che quello di svuotare tutto il suo piccolo stomaco. Una curiosità macabra lo costringeva assurdamente a guardare e a nutrirsi di ogni schifoso dettaglio, dal gelatinoso occhio gigante che galleggiava in un coagulo verde, al piccolo arto gocciolante sangue arancione che andava a irrorare le piccole pozze vicine. A bocca aperta, lasciò i suoi occhi vagare su ogni singolo frammento di quello spettacolo e fu solo dopo lunghi attimi di pura paralisi che finalmente individuò l’elemento disturbante.
Disteso in quella fossa improvvisata c’era un essere umano, intero e vivo.
Curiosamente fu solo in quel momento che a Gure venne voglia di scappare e forse lo avrebbe fatto davvero, riattraversando tutta la foresta di corsa e abbandonando al suo destino quel pover’uomo. Però, come lui aveva visto il pover’uomo, il pover’uomo aveva visto lui e, lentamente, si stava alzando in piedi e agitava il suo lungo bastone per richiamare la sua attenzione. Gure prese un grande respiro e si costrinse ad alzare una delle sue piccole mani per rispondere a quel cenno. Non fece neanche finta di avvicinarsi, ma per lo meno rimase fermo rimandando il suo proposito di fuga.
“Il terribile Kuro è passato e ha sterminato tutto e tutti” esordì l’uomo una volta che gli fu abbastanza vicino.
Gure alzò lo sguardo su di lui, che lo superava di almeno sessanta centimetri buoni, e lo studiò per un attimo. Portava una larga tunica nera schizzata di sangue multicolore, aveva un volto scavato e un’età indefinita, anche se all’apparenza era così fragile che senza il suo bastone sarebbe stato probabilmente perduto. Tuttavia, la cosa più interessante erano gli occhi sbarrati, probabilmente a causa dello shock subito.
“Il terribile Kuro?” gli fece eco, ripescando dalla memoria tutto quello che aveva sentito dire su di lui. E anche questa volta era Shiro la fonte principale.
Nel breve periodo che il vecchio aveva trascorso nel villaggio dei nani sangue grigio aveva narrato tante storie e tra queste spesso finiva per parlare di Kuro, un mago sangue bianco che aveva cominciato ad utilizzare la sua magia per fare del male e quella malvagità lo aveva lentamente consumato trasformando il suo sangue in nero. Quella trasformazione lo aveva condannato all’esilio dal villaggio dei maghi sangue bianco e ora, arrabbiato e pericoloso, vagava per i villaggi assettato di sangue. Di tutti i tipi di sangue. Gure non credeva nella magia di Shiro, quindi tanto meno poteva credere a quella di un mago che non aveva mai visto. Però, a giudicare dall’orrore che aveva ancora lì davanti agli occhi, almeno sulla malvagità di quell’essere non c’erano dubbi.
Facendo carico sul bastone, l’uomo si sedette su un muretto per portarsi all’altezza del nano e, senza che quest’ultimo lo invitasse, iniziò a fare un resoconto truculento di tutto quello che era successo. Senza emozione e con un tono quasi impersonale, descrisse l’arrivo del potente mago a dorso di un unicorno nero mentre faceva roteare un bastone in aria, e poi soprattutto il modo in cui, semplicemente agitando una mano e stringendo gli occhi, aveva dato vita a quella morte.
“Perché?” domandò Gure, quando quel flusso di parole ebbe finalmente fine. Prese un respiro, gettò uno sguardo a quei morti, poi lo distolse rapidamente e tornò a guardare il superstite. Erano tanti i perché che voleva chiedere, ma il primo che uscì dalle sue labbra era anche il più inutile. “Perché lo ha fatto? Era arrabbiato con voi? Avete fatto qualcosa per provocare la sua ira?”
L’uomo lo fissò con quei suoi occhi perennemente sbarrati e poi, incredibilmente, curvò le labbra in un accenno di sorriso.
“Oh, non è rabbia, io dico che era disperazione” rispose alla fine in modo enigmatico. “Vedi, la rabbia e la disperazione sono simili ma c’è una profonda differenza tra loro. La disperazione è rabbia senza alcun posto dove andare”.
L’aggiunta non servì molto a chiarire il concetto ma, pur non capendo, Gure cominciò a sentire quella strana sensazione di inquietudine crescere ancora un po’ di più in lui.
“Che cosa significa?”
L’uomo curvò gli angoli delle labbra un po’ più in un alto, rivelando ora un vero e proprio sorriso.
“Significa che la rabbia è indirizzata verso qualcuno in particolare, che ha un motivo. La disperazione invece no: se sei disperato non hai neanche un nemico preciso da voler abbattere né un posto preciso da voler distruggere”.
Gure si sentì la bocca secca a quelle parole e deglutì a vuoto. “Quindi… Tu dici che vi ha sterminati a caso?” incalzò, costringendosi a proseguire quella conversazione a dispetto della piega sempre più sinistra che stava prendendo. E questo lasciava spazio a un altro dei perché che gli erano venuti in mente. “Perché ha ucciso tutti senza alcuna distinzione?”
L’altro non si prese tempo per rispondere. “Non è stato a caso. Ha chiesto a tutti se credevano nella sua grande magia e loro, quale popolo di semplici creature senza particolari capacità, hanno risposto che no, non ci credevano. E non è stato senza distinzione…” Fece una pausa ora, il tempo di far riapparire quello strano sorriso. “…Come puoi vedere non ha ucciso me! Io nella magia ci credo!”
Forse fu il modo in cui parlò di quelli che teoricamente dovevano essere i suoi amici, oppure quel sorriso sempre più terribile, ma finalmente il nano capì. Senza volerlo, l’uomo aveva risposto anche all’ultimo perché, quello più inquietante di tutti: perché tu, proprio tu, sei stato risparmiato?  La risposta era così semplice che Gure quasi scoppiò a ridere istericamente. L’uomo era stato risparmiato perché non era un uomo, ma era proprio lui Kuro, il mago dal sangue nero! La fragilità e la debolezza del suo corpo non erano state altro che un sottile gioco di illusione fin dal primo momento, che gli occhi e la voce avrebbero prontamente smentito, se solo il nano vi avesse dedicato la completa attenzione.
Ma ora era troppo tardi.
Gure aveva capito, ma Kuro aveva capito che lui aveva capito.
“Io ci credo nella magia!” urlò in puro panico il nano, cominciando a indietreggiare.
La cosa più terribile era che in quell’istante, finalmente, ci credeva per davvero. E non solo nella magia. Con quella improvvisa professione di fede, aveva osato anche credere che credere lo avrebbe salvato.
Il sorriso si ritirò in modo singolare dal volto del mago e le sopracciglia si aggrottarono per un momento sui suoi occhi sbarrati, quasi come se stesse riflettendo.
“Molto bene. Allora non dovrò ucciderti con la magia per provarti che la magia esiste” sentenziò alla fine.
Ma non era una bella sentenza. Forse ancor prima che le parole raggiungessero l’orecchio del nano, il bastone potente si abbatté su di lui… Una, due, tre, cinquasette volte esatte, riducendolo in una poltiglia di colore grigio in cui il sangue e la materia cerebrale si accavallavano senza distinzione.
Con un sospiro quasi soddisfatto, Kuro sollevò il bastone e lo leccò per tutta la sua lunghezza con avidità. Tutto quel grigio fluì sulla sua lingua trasformandosi prontamente in liquido nero. Nuovo sangue, nuova energia, nuovo potere. Poi, si avvicinò a tutti gli altri morti e intinse la punta del bastone negli altri colori. Solo allora, con quell’arcobaleno gocciolante, si decise a lasciare finalmente quel villaggio e a muoversi verso la foresta.
Non esiste meta precisa per chi non ha un posto dove andare.
Tutto quello che voleva era solo uccidere chi non credeva nella sua magia.
E anche chi ci credeva.



 
NDA: Salve a tutti! Questa è in assoluto la prima storia fantasy che scrivo e anche la prima storia horror. In effetti non conosco bene il dark fantasy e non so quanto questa storia possa rientrarci... Però il contest sul forum mi ha ispirata e in meno di un giorno è uscita fuori questa cosa. L'unica nota che tengo a sottolineare è quella riguardante i nomi: proprio perchè i colori hanno un grande ruolo, in giapponese Gure significa grigio, Shiro bianco e Kuro nero. Schwartz invece significa nero però in tedesco.
Spero che la storia vi sia piaciuta e se vi va lasciatemi un commento!
   
 
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