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Autore: Endorphin_94    26/08/2019    4 recensioni
Chi sei? Cosa vuoi da me? Perché mi guardi così?
Perché quando combatto con te tutto intorno scompare?

Non sarà per niente facile per Ichigo arrivare in fondo alla storia, alla fine della guerra, se inizierà a fare di testa sua. Se si perderà alla ricerca di qualcosa di diverso, all'inseguimento di sensazioni e poteri sempre più appaganti.
E soprattutto se allontanerà le persone vicine mentre gli avversari si avvicineranno sempre di più.
Remake di Extraterrestrial, con sorprese. Spiegazioni nell'intro.
Genere: Azione, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6

Quello che sai fare

 
 
 
 
 
«Perché… Perché a me?!»
Cosa ho fatto di male per finire in questa situazione, cosa?!
Cammino avanti e indietro nella mia stanza a braccia incrociate con le unghie affondate nei pugni chiusi, dal letto, alla scrivania, alla porta, alla finestra… Ho lo stomaco in gola e il cuore a livello dell’ombelico, le gambe tremano all’impazzata e per non cadere continuo a muovere passi veloci uno dopo l’altro.
Come farò adesso?
Sbuffo rumorosamente.
Devo calmarmi, devo assolutamente calmarmi.
Mi fermo di colpo davanti allo specchio, soffio via la frangia dagli occhi.
La mia faccia esprime completo panico.
Nyaaaaah! Non riesco a calmarmi!
Mi volto e mi tuffo sul letto a peso morto.
«Perché deve capitare proprio a me??»
Sospiro. Affondo il viso tra le mani.
Deve essere un incubo. O un grosso scherzo di pessimo gusto.
Ci vediamo stasera alle undici.
Kisshu me lo ha detto così, candidamente, poi mi ha distratto e se ne è scappato come se niente fosse, prima che potessi dirgli che no, accidenti, non ci saremo visti ‘stasera alle undici’, neanche per sogno!
Esalo un miagolio basso e svogliato.
Kami-sama, povera me!
Ha fatto tutto lui, quel maledetto approfittatore, è colpa sua.
E adesso l’unica cosa che posso fare è restare qui sveglia ad aspettarlo. Non so se stesse scherzando o dicesse sul serio, quindi non posso andare a dormire e rischiare che venga davvero e non trovandomi faccia chissà cosa…
Mi giro sul letto un paio di volte, poi mi metto a pancia in su a guardare fisso il soffitto.
«Il risultato è che sto per essere rapita da un alieno e resto pure qui buona buona ad aspettarlo» sbotto rivolta al lampadario.
Insomma, io, Momomiya Ichigo, la leader della squadra Mew Mew, con la missione di sconfiggere gli alieni una volta per tutte, così da ritornare finalmente alla mia vita normale, sono sveglia ad un orario per me assurdo, perché il mio nemico numero uno potrebbe probabilmente presentarsi qui.
Sospiro.
«Sono una stupida…»
Minto mi prenderebbe in giro fino alla morte.
Mi alzo a sedere sul letto e osservo la finestra.
Più ci penso, più mi sfugge il momento preciso in cui è iniziata questa storia…
Cosa è cambiato?
Da quando ho smesso di trattare Kisshu come un nemico?
Da quando è diventato normare parlare con lui, farmi portare in giro per o tetti o in un bosco da lui?
Lasciare che si intrometta così nella mia vita…
Non so.
Magari sono ancora in tempo per mettere in chiaro le cose con lui e tirarmi indietro, dirgli che deve tornare tutto come prima e sistemare questo casino prima che sia troppo tardi.
Prima che se ne accorga qualcuno.
Mi adagio ancora sul letto e mi sfrego il viso tra le mani. Sento un formicolio ovunque, mentre lo stomaco è strettamente annodato. Sono talmente nervosa che non mi rendo neanche conto di quanto mi faccia male tenere la lingua così stretta tra i denti.
Tic tac, tic tac
Da questa posizione mi accorgo di avere l’orecchio fastidiosamente troppo vicino alla sveglia che ticchetta sul comodino.
Tre minuti alle 11, anche meno.
Non ho il coraggio di guardare di nuovo la finestra.
Sta venendo qui davvero.
Sono giorni che ho a che fare con Kisshu, che parliamo, lui è già venuto qui, è venuto pure a scuola, ma…
Qualcosa in me non accetta di abituarsi, non riesce a evitare di avere ancora un po’ di paura.
Insomma, che farà una volta qui, mi porterà via? E dove? E se non mi riportasse indietro?
No, non voglio più farlo!
Mi rannicchio nel letto e nascondo la testa tra le braccia.
È troppo pericoloso, Kisshu è pazzo e imprevedibile e io lo sapevo bene: potrebbe essere tutto un piano complicato che ha architettato per eliminarmi e io ci sto cascando in pieno!
Perché gli ho dato tutta quella confidenza ieri notte? Perché sono stata lì con lui sul tetto?? Perché accidenti l’ho seguito in quel dannato scavo?!
Due minuti.

Già, Ichigo, perché?
Infilo la mano sotto il cuscino e raggiungo con le dita il mio ciondolo.
Come una vibrazione, mi sembra di percepire il suo potere lungo le dita, sul braccio, fino al petto…
Il gatto Iriomote mi guarda in silenzio. Si china in agguato, silenzioso e aggraziato, con i muscoli in tensione. Gli occhi gli brillano. Muove lentamente la coda, pronto a saltare all’attacco.
Siamo una cosa sola mentre mi trasforma e la sensazione che mi dà è fantastica. Ho voglia di provarlo, di scoprirlo ancora di più, mi sono sentita così forte!
Il problema è che c’è di mezzo Kisshu. È lui che ha visto queste cose, è lui che mi trascina su questa strada…
Sospiro.
Insomma, se avesse voluto rapirmi, avrebbe potuto farlo in tutte le altre occasioni che gli ho dato.
Mi siedo sul letto, decisa a controllare tutte le emozioni. Rilasso le spalle, esalo il respiro.
Calma. Sangue freddo. Posso farcela.
Non importa cosa farà Kisshu, io sono Mew Ichigo, la più forte della squadra.
Se vorrà portarmi in qualche altro posto strano a combattere, andrò con lui, ma gli terrò testa e mi concentrerò sul mio potere. Non mi lascerò ingannare dai suoi trucchetti.
Che venga pure. Non ho paura.
La lancetta dei secondi fa un ultimo giro. Quando arrivano gli ultimi scatti delle 22.59, trattengo il fiato senza avere il coraggio di guardare la finestra…

Ma le 23.00 arrivano e passano.
Sento solo il battito forte del mio cuore da qualche parte in gola. I ticchettii continuano.
È arrivato? Sta arrivando?
Stringo forte la coperta tra le dita. Inspiro profondamente l’aria e raccolgo tutto il mio coraggio per lanciare una veloce occhiata alla finestra.

Ok, libero.
Non sembra sia proprio lì davanti come l’altra notte, ma non sono sicura che non sia là fuori.
Altri ticchettii. E nulla.
In effetti, anche se Kisshu ha stabilito l’orario, non è proprio logico credere che davvero appaia all’improvviso alle undici esatte segnate dalla mia sveglia. Andiamo, non avrà nemmeno un orologio, figuriamoci se sa quando sono le undici sulla Terra!
Scrollo forte la testa per spezzare la tensione. Quindi mi alzo dal letto con improvvisa iniziativa e vado a grandi passi alla finestra, la apro e mi sporgo fuori. Nulla.
Nulla sulla strada, sui tetti delle case di fronte, sui lampioni – quei posti comodi che piacciono agli alieni – nulla.
Resto a guardare fuori per un altro intero minuto.
Nessun segno.
È in ritardo.
Non ci posso credere, è davvero in ritardo.
Nel viale non si muove una foglia. Il solito cielo della città con pochissime stelle visibili sovrasta le villette, lontano si intravede l’alone giallastro proveniente dai quartieri più attivi di notte.
Nessuna luce aliena, nessun essere volante in giro.
Tic tac
Comincio a intuire come si sentono le mie amiche o Masaya quando io arrivo in ritardo…
Vado a sedermi alla scrivania. Meglio non stare qua imbambolata ad aspettarlo.
La mia faccia tirata dalla stanchezza mi guarda dallo specchio.
Se non viene significa che posso andare a dormire?

«Ma tutto questo rosa non ti stufa dopo un po’?»
«AAAAAAAHHH!»
Grido e sobbalzo così forte che la sedia si ribalta all’indietro e cado distesa sul pavimento sbattendo la testa.
Kisshu si alza ridacchiando dal mio letto, su cui si è materializzato e si avvicina senza fretta fino a trovarsi in piedi di fronte a me.
«Inizio a pensare che l’equilibrio non sia il tuo forte, Koneko-chan… Ti succede sempre o solo quando ci sono io?»
«Stai zitto» gli sibilo a denti stretti alzandomi sui gomiti e stringendomi il capo tra le mani.
Kisshu schiocca la lingua divertito, quindi si volta senza nemmeno aiutarmi ad alzarmi e senza tanti complimenti si mette a gironzolare nella mia stanza, guardando e toccando le mie cose con aria curiosa.
Mi tiro in piedi, metto a posto la sedia e lo osservo pensando a come muovermi ora che è qui.
Davvero qui.
Molto più ‘qui’ di quanto mi aspettassi in realtà, è proprio in camera mia, ha saltato direttamente la parte del bussare alla finestra. Ma come gli è venuto in mente?
Lo tengo d’occhio mentre osserva tutti gli adesivi, i disegni e i biglietti che ho attaccato alla cornice dello specchio. Quindi solleva per un piede uno dei miei peluches.
«Certo che ve ne inventate di cose voi umani...»
«Non toccare!» scoppio, più per la tensione che altro e glielo tolgo di mano.
«Ehi, ehi, calma, micetta, ma cos’hai stasera che scatti come una molla?»
Sbuffo. La tentazione di buttarlo fuori da camera mia e mandare tutto a monte come ho pensato prima, è forte.
Ma allo stesso tempo, adesso che è qui, c’è la concreta possibilità di andare davvero a fare un allenamento in qualche altro strano posto… Possibilità che mi incuriosisce e mi preoccupa.
Decido di tirare fuori le unghie fin da subito.
«Innanzitutto non ti ho dato il permesso di venire qui, soprattutto di apparire all’improvviso dentro la mia stanza».
Kisshu soffoca a stento un’altra risata.
«Questo tono sostenuto non ti si addice per niente, gattina, ti preferisco quando arrossisci».
«Io uso il tono che mi pare, e ti dico che ti stai prendendo un po’ troppa confidenza!»
«Ecco» ghigna Kisshu indicandomi lo zigomo che di sicuro è color pomodoro. «Intendevo proprio questo».
Perdo la pazienza.
«Ma come puoi pretendere che io ti dia retta, se invece di rispondermi fai sempre così?!»
«Beh, dato che sono qui, è quello che stai facendo…»
«Va bene, allora vattene» sostenendo fermamente il suo sguardo, gli indico la finestra.
Kisshu sorride guardandomi con le palpebre socchiuse, quindi si avvicina di un passo facendomi rabbrividire vistosamente.
«No, non credo proprio che me ne andrò».
«E… perché?»
«Perché so che stasera saresti venuta con me, anche se ti stai comportando in un modo così insopportabile da farmi quasi passare la voglia di portarti».
Arrossisco e mi limito a guardare per terra con il labbro stretto tra i denti, senza trovare niente di adeguato da rispondergli.
«Non ti fidi di me, vero?» insiste lui dopo qualche secondo, inclinando la testa per incontrare il mio sguardo, che senza esitare gli nego girandomi dall’altra parte.
«Mi metti a disagio» inizio fermamente dopo un lungo respiro. «Non mi fido di te perché sei il mio nemico e non so mai cos’hai in mente».
«Che parolone…» ride piano lui. Non lo guardo, ma lo sento stranamente sospirare piano. «Allora, Koneko-chan» si avvicina. La gola mi si annoda forte. Con la punta del dito mi scosta una ciocca di capelli da davanti agli occhi e inevitabilmente incontro i suoi.
«Se vuoi sapere cosa ho in mente, bastava chiedere. Vediamo… Neanche questa volta ho intenzione di portarti via da questo pianeta, credo di avere ancora qualche faccenda da sistemare e soprattutto ti avevo promesso che avremmo curiosato un po’ più a fondo nelle tue abilità. Quindi stasera ho preparato qualcosa che fa giusto al caso nostro... Se non sbaglio, ieri ti sei divertita…»
Deglutisco.
Non arrossire. Non arrossire. Non arrossire.
Cerco di mantenere l’espressione ferma, ma non credo di riuscirci come prima allo specchio.
Ci fissiamo nel silenzio per qualche secondo in cui non so se o cosa rispondere. Ma soprattutto non sto respirando. Finché Kisshu non lo rompe scoppiando a ridere.
«Niente da fare, non vuoi proprio rilassarti. Avanti, sei pronta?»
Si allontana da me ridendo e si appoggia al muro accanto alla finestra.
Mi riscuoto voltandogli le spalle e insulto mentalmente la mia vulnerabilità emotiva.
Va bene, Ichigo. Ti ha rassicurato. A modo suo. Ma sembra sincero almeno su questo.
E se prova a ingannarti ti trasformi e gli spari addosso uno Strawberry Surprise.
Senza guardare Kisshu né pensare più a nulla, afferro il ciondolo Mew Mew da sotto il cuscino e me lo infilo in tasca. Quindi indugio guardando il cellulare sul comodino, con Masha – preventivamente spento – attaccato.
«Dai, lascialo, chi vuoi che ti chiami a quest’ora?» dice Kisshu alzando gli occhi al cielo. «Quello smidollato del tuo fidanzato sarà bello che a dormire… o si starà documentando su come comunicare correttamente con le anatre…»
«Non ti azzardare a parlare così di Masaya!»
«Altrimenti?» solleva un sopracciglio con noncuranza.
Gli lancio di nuovo fiamme dagli occhi.
Credevo che non esistesse nessuno più bravo di Shirogane a farmi perdere la pazienza, ma qui si esagera.
«Ascoltami bene, Kisshu. Vuoi venire qui, vuoi parlare, vuoi combattere, mi sta bene. Ma non intrometterti negli affari miei».
Mi mordo l’interno della guancia in tensione. Sono soddisfatta di tenergli testa e non abbassare lo sguardo davanti al suo, ma una parte di me si è ricordata all’improvviso con chi ha a che fare e sta pregando che Kisshu non tiri fuori un pugnale e mi uccida in questo istante.
Non so se mi abbia capito, sembra assorto in non so quali pensieri guardandomi. L’omicidio per ora non sembra uno di questi. Quando fa così sarei curiosissima di saperlo leggere meglio.
Dopo altri interminabili secondi di stallo, Kisshu dal nulla riapre il sorriso arrogante.
«Non ti chiederò un’altra volta se sei pronta, bambolina».
«Smettila di-... Aaaahhhh!» sto per rispondergli a tono, ma lui, materializzato in un attimo di fianco a me, è più veloce: mi tira su di peso mettendomi un braccio dietro la schiena e ci solleva da terra costringendomi pure a stringergli le braccia al collo per non cadere.
Il vento del teletrasporto ancora una volta copre il mio urlo e la mia stanza sparisce in una luce bianca.
 
 
~ Take me
Ta ta take me
Wanna be your victim
Ready for abduction

 
 
Non appena ci materializziamo, Kisshu di colpo molla la presa e mi lascia brutalmente cadere a terra.
«Ehi! Che modi!» gli grido.
Lui subito si alza in levitazione e ridendo come un bambino, si allontana indietreggiando.
«Torna, qui, adesso ti faccio vedere io!»
Senza neanche guardarmi intorno, mi alzo e gli corro dietro, ma nella foga inciampo e cado scompostamente in avanti sul cemento duro.
Solo quando sento un vento forte soffiarmi in faccia, stranamente dal basso, realizzo il luogo in cui ci ha portati.
Un altro grattacielo.
Per la precisione, il bordo del tetto di un grattacielo, senza sbarre di sicurezza.
E pochi centimetri tra il mio naso e il vuoto. Siamo in altissimo. Intorno a noi ci sono altri grattacieli, torri e palazzi a perdita d’occhio, tutto immerso nel buio della notte.
Indietreggio freneticamente a rasoterra finché arrivo a toccare con la schiena contro un comignolo. Kisshu, tranquillamente sospeso in volo oltre il bordo, sembra in preda ad un attacco isterico di risate.
«Dovresti vedere la tua faccia, sei un vero spasso, Koneko-chan!»
«Non è divertente, smettila!» strillo stizzita rialzandomi.
Ma lui rincara la dose: «Oh, invece sì, non ho ancora fatto niente e tu sei già una furia».
Ruggisco internamente di rabbia, ma non rispondo. Ricorda, Ichigo, calma.
«Ogni volta ti scaldi tutta per qualche piccola provocazione, rendi tutto troppo invitante» continua lui asciugandosi gli occhi dal ridere.
Odio quando si prende gioco di me. Ma… prima di arrabbiarmi, voglio capire cosa vuole fare, perché siamo qui. Non devo cedere, altrimenti cadrò in pieno in qualcuno dei suoi trucchetti.
Mi alzo esalando il fiato.
«Ti avverto Kisshu, stavolta non ti lascerò fare quello che ti pare».
«Tsk, certamente…»
Si siede a gambe incrociate nell’aria e si gratta la testa, fingendo un grosso sforzo mentale.
«Vediamo, cosa potrei mettere in palio stavolta? L’incolumità di una delle tue amichette? Magari il tuo ridicolo fidanzato, oppure, perché no? Quell’altro umano biondo che ti sta sempre dietro, vedessi come ti guarda…»
Queste sue parole hanno l’effetto di un soffio preciso e mirato sulla brace della mia rabbia, accendendola all’istante fino a cancellare ogni proposito di rimanere calma.
«Questa me la paghi».
Tiro fuori il ciondolo e mi butto a capofitto nella luce del suo potere, lascio che mi avvolga e che scorra in me, finché Mew Ichigo atterra in equilibrio sul bordo del grattacielo, fronteggiando Kisshu – purtroppo fuori portata –  con la Strawberry Bell in guardia.
«Troppo facile…» ridacchia lui a bassa voce. Quindi alza un braccio e nella sua mano compaiono molte, troppe, familiari luci dei para-para.
«Ehi, che vuoi fare?»
Domanda inutile, so esattamente cosa vuole fare. Ma non vedo animali o piante intorno a noi, tantomeno esseri umani, per fortuna, quale specie di chimero vorrà…
«FUSIONE
Seguo con lo sguardo le piccole meduse aliene sfrecciare verso una ciminiera del palazzo e tuffarcisi dentro.
Kisshu sale ancora più in alto levitando e si mette a guardare la scena in attesa. Magari potessi attaccarlo e basta… ma perché mi provoca se poi si allontana? Codardo…
Pochi attimi e le mie orecchie si riempiono dell’orribile rumore di tantissime piccole zampe e unghie che si arrampicano frenetiche.
Ed ecco che il buco della ciminiera si illumina di rosso.
Strawberry Bell alla mano.
Se è questo che vuoi, Kisshu, allora ne vedrai delle belle.
Con dei versi assordanti, dalla luce rossa esce un enorme topo nero, con gli occhi gialli e le zanne sporgenti affilate. E dietro di lui un altro, brutto e grosso quanto il primo e un altro ancora dietro, altri tre, cinque, dieci si affollano su buona parte dello spazio del tetto. Appena uno dopo l’altro mi puntano gli occhi luminosi addosso, iniziano a corrermi contro come delle furie.
«Ribbon Strawberry Check!»
Strillo il mio attacco e uso la luce come scudo per rallentarli e saltare via, qualcuno già svanisce in una nuvola di luce, ma altri mi sono subito addosso. Giro su me stessa facendo roteare la mia arma e frustando con la coda, colpisco disgustata a calci e pugni gli orrendi chimeri che mi circondano da ogni parte e come se non bastasse ne escono altri dalla ciminiera.
Odio i topi.
Combatto furiosamente illuminando con i miei attacchi questa orribile marea di bestiacce, salto e balzo da un comignolo all’altro per schivare i loro artigli e colpirli veloce in ogni direzione, facendoli saltare via in piccole esplosioni di luce. Ma sembrano non finire mai.
Salto da una ciminiera al bordo del grattacielo, atterro sulle punte e fendo l’aria con la coda, colpendo due topi e scagliandoli via nel vuoto.
Con una serie di calci mi faccio strada nel mucchio, parando i morsi e le unghie, finché i chimeri iniziano ad aggrapparsi con i denti ai miei stivali e al vestito
Che schifo, che schifo!
Salto in capriola all’indietro per cercare di scrollarmeli di dosso e stringo forte la Strawberry Bell per volare più in alto col suo potere. Una ventina di paia di occhi famelici rimasti mi guardano impazienti da sopra le zanne sbavanti…
Ribadisco, sono un gatto, odio i topi.
Specie se sono chimeri di Kisshu.
Nel salto lancio una veloce occhiata all’alieno, sempre là fermo a guardare. Incontro il suo sguardo compiaciuto e lo vedo sorridere.
Ma bravo, Kisshu, stai pure lì comodo a ridacchiare, non ti disturbare a scendere. Dopotutto quella che sta facendo fatica sono io!
Adesso guarda cosa so fare.
Prima di toccare terra, carico la luce colorata a spirale e la concentro nella Strawberry Bell.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
Il mio colpo polverizza a 360 gradi quasi tutte quelle bestiacce, quindi atterro acquattata sulle ginocchia e dopo un paio di calci, gli ultimi topi finiscono a cadere giù dal palazzo.
… Respiro.
È un po’ strano non vedere Masha aprire la bocca per catturare i para-para e invece vederli volare lentamente di nuovo verso la mano di Kisshu.
Quest’ultimo rimane al suo posto fuori dalla mia portata, con un’indecifrabile strano sorrisetto in viso.
«Devi proprio tenere un sacco al tuo amico biondo per esserti impegnata così per lui… potrei quasi diventare geloso…»
Ichigo, trattieni quel rossore!
«Ma piantala, Kisshu, è tutto qui quello che sai fare?».
Le sue battutine non valgono neanche il mio imbarazzo. E in effetti mi aspettavo una sfida forse un po’ più dura di questa.
«Secondo te è tutto qui?» fa lui mellifluo. Nel buio i suoi occhi alieni brillano in modo sinistro, quasi come quelli dei chimeri.
Una leggera tensione mi scorre lungo la coda.
«Sei così sicura di te, Ichigo» sussurra con un sarcasmo tagliente. «Così abituata a vincere grazie a pochi assaggi del tuo potere o alla fortuna… questo ti rende ingenua e vulnerabile».
Stringo i pugni nei guanti. Lui continua.
«Ma io ti vedo, sai? Perdi il controllo subito, cadi facilmente nei diversivi, non ragioni sulla partita… Sei avventata, è uno dei tuoi punti deboli. Specie quando sono coinvolti i tuoi amici…»
Una punta di irritazione mi si insinua veloce in testa.
Kisshu va avanti imperterrito a voce calma e glaciale.
«Però adesso siamo noi due soli. Non ci sono stupidi terrestri da salvare, non c’è il tuo capo a darti ordini, i minuti contati o le vostre ridicole missioni da compiere. Questo posto risponde a me. Qui non verranno le tue amichette ad aiutarti, né quel buffone del tuo cavaliere con la spada. Mi hai seguito qui. Fammi vedere qualcosa di più di quello che ho già visto».
Lo ascolto stringendo i pugni.
Kisshu non aspetta una mia risposta, lancia in aria due palline di luce e le fa esplodere nel cielo. Tra le scintille appaiono due creature, che subito spalancano delle enormi ali e calano in picchiata su di me veloci come proiettili. Chimeri-uccello enormi, blu e verdi, con gli occhi luminosi e due paia di zampe con artigli che non promettono niente di buono.
Con rabbia do le spalle a Kisshu, che rimane a debita distanza, ma le sue parole risuonano potenti nella mia testa.
Ingenua e vulnerabile.
Avventata.
Fortuna.
Punti deboli.
Ne ho abbastanza di sentire queste cose.
Carico di luce spirale la Strawberry Bell e gridando salto in alto per affrontare di forza l’attacco dei due nuovi chimeri.
Paro le beccate, evito i primi colpi d’ala e di artigli, i loro versacci assordanti mi trapanano i timpani.
Tocco terra e calcio forte un chimero sul collo lungo, facendolo indietreggiare lontano e gridare tanto forte da dovermi tappare le orecchie.
Intanto l’altro mi attacca col becco e le zampe, svolazzando veloce con le grandi ali blu. Rispondo a pugni, a gomitate, incasso tagli, botte e strappi al vestito da Mew Ichigo.
Con la coda dell’occhio vedo il primo chimero rialzarsi e prepararsi di nuovo alla carica. Si mette male.
Giro su me stessa per uscire dalla portata del secondo, che non smette di sferrarmi attacchi, quindi salto indietro e con rabbia gli sparo addosso uno Strawberry Check.
Poca potenza, troppa fretta, non prendo bene la mira: colpito all’ala. Cade lontano dall’altro lato del tetto, ma non si dissolve.
Accidenti.
In pochi secondi il primo chimero-uccello mi è di nuovo addosso, arruffato per il calcio e più arrabbiato che mai. Mi difendo di forza, paro i suoi colpi, li incasso, e intanto provo a pensare… devo avere il tempo di caricare l’attacco in modo che sia definitivo, altrimenti è tutto inutile.
Il chimero si solleva di nuovo in aria per colpirmi con l’ennesima artigliata. Alzo il braccio e mi abbasso in ginocchio, ricevendo in pieno le sue unghie affilate sulla pelle. Il dolore è quasi insopportabile, ma resto lucida quanto basta per cogliere la mia occasione: dal basso carico un calcio mirato e preciso al suo ventre che lo fa cadere con un versaccio di dolore.
Piena di adrenalina salto in aria e giro su me stessa assaporando tutto il potere che si raccoglie a onde colorate nella mia arma.
Lo aspetto.
Lo riempio di tutta la forza che riesco.
E lo rilascio.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
Il raggio di luce esce forte, bianco e di tutti i colori, grande e potente come raramente l’ho visto e colpisce il chimero diritto nel petto spingendolo oltre il bordo del palazzo per parecchi metri prima di farlo esplodere in tante scintille blu.
Wow.
Prendo fiato.
Ma il verso insopportabile del chimero rimasto mi ricorda che la battaglia non è ancora finita.
Mi volto euforica, ma sforzandomi di restare concentrata, entro in connessione con il potere Mew.
Il chimero corre avanti impazzito, corro anch’io, corre il gatto Iriomote, corrono due bestie feroci una contro l’altra.
Una delle due è il predatore.
Come se il tempo rallentasse, salto quasi volando e calcio in avanti, investendo il chimero con tutta la mia forza e infine spedisco anche lui a cadere nel vuoto oltre il limite, distrutto. 

Cado in piedi e tiro un lento respiro, ma l’adrenalina è ancora alta, il cuore mi batte all’impazzata e ho uno strano formicolio in tutto il corpo. Mi guardo a rallentatore le mani tremanti, illuminate debolmente di bianco.
Dietro di me avverto lo sguardo penetrante di Kisshu. Non lo guardo, devo rilasciare la tensione.
Sento la testa leggera, la svuoto di ogni pensiero.
Respiro profondamente.
E lentamente faccio caso alla pace e allo strano silenzio che regna intorno. Tantissimi altri palazzi si estendono a perdita d’occhio intorno al nostro, condomini residenziali e torri moderne dalle forme affusolate, la sagoma nera della torre più alta di Tokyo, che di giorno è bianca e rossa.
Eppure nessuna finestra è illuminata. Mancano tutte le insegne luminose, né arrivano i fari del traffico da terra. Tutto spento.
Solo una luce leggera e fredda illumina soffusamente tutto intorno.
Stelle. Alzo gli occhi. Tantissime stelle riempiono il cielo di un nero profondissimo, senza neanche una nuvola. Lo invadono a macchie, a onde, a scie, addensate e isolate, innumerevoli come non credevo fosse possibile. Non ho mai visto il cielo così.
Kisshu aspetta in silenzio fermo a mezz’aria a braccia conserte. Ho la piacevole sensazione di averlo zittito a dovere. E mi sento bene, sì, dopo aver sconfitto i chimeri in quel modo, sento di avere una bella dose di sicurezza in più, non mi importa di essere ferita e ammaccata un po’ ovunque.
Sorrido a questo cielo, lasciando rallentare il battito.
«Stai imparando».
Il suo tono compiaciuto mi fa uno strano effetto lusinghiero.
Voglio approfittare di questo momento per capire qualcosa di più, magari ora mi tratterà alla pari, invece che prendersi gioco di me e sballottarmi dove decide lui col teletrasporto.
«Siamo a Tokyo, non è vero? Ma dove sono le luci? Non c’è nessuno?»
Kisshu esita un attimo prima di rispondermi, quindi decide di scendere dalla sua posizione e lentamente atterra vicino a me, guardando a sua volta il cielo. Averlo vicino così come se niente fosse è ancora strano.
«Diciamo che è un esperimento. La vostra stupida città non si spegneva mai» dice sollevando un angolo della bocca.
Resto un attimo in silenzio. Capisco quello che intende. Il cielo di Tokyo di sera è violaceo, perché le luci artificiali e l’inquinamento nascondono le stelle. Ho sentito spesso Masaya lamentarsene triste.
«Quindi il nostro cielo sarebbe così senza le luci della città di notte?»
Guardo Kisshu in attesa. Lui fa uno strano sorriso storto.
«Beh, non esattamente…»
Con un dito esile indica davanti a noi: una scia in particolare, sottile e azzurrognola attraversa il cielo e si perde verso l’orizzonte.
«Quella la conosco, è la Via Lattea!»
«Spiacente, Koneko-chan, io non conosco le stelle che vedete da qui, non le saprei riprodurre. Quella… è la Strada di Edra. Sai, si vede in estate, dalla mia città… Da piccoli ci arrampicavamo sulle montagne più alte per vederla bene, nelle notti in cui c’era almeno un pezzo di cielo scoperto…»
Aggrotto la fronte perplessa, non mi aspettavo che iniziasse a raccontare qualcosa in questo momento. «D-di chi?» chiedo in un sussurro, curiosa di sapere di più.
Kisshu ridacchia piano.
«Edra era una delle regine al momento dello sbarco su Tarsonis, dopo che i nostri antenati sono scappati da questo pianeta. Le storie dicevano che lei avesse pianto per tutto il viaggio e le sue lacrime fossero rimaste nel cielo in una scia. Perciò seguendo la Strada si poteva tornare a casa… cioè qui».
Lo ascolto con la bocca di colpo secca, senza osare interromperlo. La dolcezza con cui racconta mi sembra impossibile. In più immaginare lui che vive sul suo pianeta, a guardare le stelle con altri alieni, è… pazzesco.
«È… è bellissima» provo a intervenire, visto che lui non continua.
Kisshu mi guarda con il suo sorrisetto storto.
«Già, lo è. L’ironia sta nell’essere davvero venuti qui e aver visto che dalla Terra non si vede. E non era neanche lungo la rotta».
Kisshu si volta e si allontana di qualche passo, si stiracchia le braccia dietro la schiena e scrocchia le dita contro i palmi.
«Io… mi… dispiace» faccio un tentativo.
«E di cosa?» chiede voltandosi.
«Di… di questa storia. Insomma… deve mancarti molto il cielo che vedevi da casa tua» deglutisco sperando di non aver detto qualcosa che gli sembri stupido.
Kisshu mi guarda un attimo interdetto, quindi sorride. Quando non ci mette nulla di inquietante posso perfino ammettere che il sorriso gli addolcisca i lineamenti.
«Beh, Koneko-chan, magari un giorno lo vedrai anche tu».
Lasciandomi con un battito perso, Kisshu si volta e cammina sul tetto del palazzo allontanandosi un poco.
«Allora… Dove eravamo rimasti?» dice evocando i suoi tridenti e passandoli uno sull’altro.
Io ancora spiazzata non rispondo. Ci guardiamo un attimo esitando.
Nei suoi occhi giallo ocra fissi su di me passa lo scintillio riflesso dalle lame.
Deglutisco.
Va bene. Credo che la tregua sulle stelle sia finita. Avanti, Ichigo.
«Beh, tu finora ti sei rilassato».
L’odore di sfida arriva invitante.
Alzo fieramente la Strawberry Bell che brilla di luce bianca nelle mie mani.
Kisshu si morde il labbro con i denti affilati, alza i tridenti e li incrocia. Sotto la luce fredda, così pallido e con quegli zigomi affilati, sembra ancora più temibile e sinistro.
A volte mi fa ancora paura, è tutto così strano…
Ma voglio fargli vedere che so tenergli testa e che sono molto più forte di quello che crede.
Spero solo di non rimanerci secca.
«Fatti sotto».
«Quando vuoi tu, Koneko-Chan».
Brivido, carica.
Io salto in alto, Kisshu scende in picchiata: lo spazio tra noi si azzera.
Il cielo stellato si colora delle luci sprigionate dai nostri attacchi ad energia, l’aria si riempie delle nostre grida di battaglia e dei rumori dei nostri colpi.
Il vento si alza forte e potente all’improvviso e si mescola al nostro scontro: accompagna le nostre mosse, le devia, le potenzia, le contrasta, lo sentiamo sferzare e soffiare, ci voliamo dentro e fuori.
Kisshu combatte durissimo, forte come un leone e astuto come un serpente. Metto tutta me stessa per non essere da meno.
Siamo veloci, potenti, ci attacchiamo, schiviamo, pariamo e rispondiamo all’attacco, senza un attimo di respiro, senza risparmiarci. Ma lo stesso calcolo ogni mossa: non perdo mai l’attenzione sui miei e i suoi movimenti, che ormai inizio a conoscere e prevedere.
Kisshu fende il vento con una lama e io salto girando per evitarla, sfruttando la forza per un graffio, che gli arriva all’orecchio, un momento dopo vado a parare il suo calcio preciso con la Strawberry Bell e respingerlo con un breve colpo di luce. Spinto indietro, Kisshu fa una capriola, per poi lasciarsi raggiungere dal mio salto. Para con gli avambracci i miei pugni in volo e atterriamo insieme in piedi sul cemento, uno di fronte all’altro con il mulinello che impazza intorno a noi.
Siamo in perfetto equilibrio, assoluta parità.
Un’occhiata di un attimo e ci intendiamo.
Subito Kisshu alza le lame incrociate e luminose e me le punta addosso. Io alzo il la mia campanella che si accende di bianco e rosa, e le due energie opposte si schiantano in un boato esplosivo.
Resisto, tengo la presa a fatica, la vibrazione è incontrollabile, provo a non muovermi. Lo stesso fa Kisshu di fronte a me, stringe forte i sai e sprigiona tutta la loro energia.
Ancora una volta ci blocchiamo così, da avversari, mettendo tutta la forza che abbiamo nello scontro delle nostre armi. Mi sento forte, devo vincere, devo batterlo ad ogni costo, voglio dimostrargli quanto valgo.
Ringhio per lo sforzo.
E Kisshu improvvisamente alza gli occhi e li pianta su di me insistenti e affilati come sempre.
Ma stavolta mi spezzano il respiro.
Vacillo, stringo più forte la Strawberry Bell, provo a concentrarmi ancora sulla forza e sulla luce del mio potere. Eppure mi sento di non reggere il peso degli occhi di Kisshu.
Le emozioni crollano una sull’altra come un domino. E allo stesso tempo il mio potere ne risente, si fa confuso e vorticante.
Cosa mi sta facendo?
È davvero Kisshu a farmi qualcosa?
I suoi occhi sembrano volermi dire tantissime cose e allo stesso tempo tenermi tutto nascosto.
È perché… mi fa ancora paura? è perché mi incuriosisce?
Mi lega, mi attrae come una calamita…
Spingo più forte. Lui non abbassa lo sguardo, resiste.
Io sono sempre più instabile, le mie mani che tremano riflettono la confusione di pensieri che invade la mia testa.
Cosa sto facendo? Cosa significa tutto questo? Che senso ha scontrarmi con lui così in segreto? Lui è il mio avversario, siamo in guerra contro gli alieni, sono coinvolte altre persone! Le mie amiche, la mia famiglia, Masaya, tutta la città…
Perché mi sono legata a lui così?
Cosa sto facendo?
… e cedo.
«Aaaahh-!»
*TONF*
Vengo scaraventata in volo all’indietro e sbatto forte con la schiena contro un muro di cemento, il mio urlo si spezza di netto.
Scivolo a terra a peso morto senza respirare, tossisco dolorosamente e annaspo nel panico.
Solo dopo alcuni secondi riesco finalmente a inspirare bene l’aria fredda, sentendola pungente in gola. Insieme arriva tutta la percezione del dolore dello schianto.
Fa così male che sento le lacrime uscire e scorrermi sul viso.
Provo ad alzare il busto reggendomi sulle mani a terra.
Alzo poco gli occhi e noto Kisshu fermo sul tetto nel punto dove ci stavamo scontrando. Mi rendo conto di aver fatto un bel volo e in più inizio a sentire tutti i colpi che ho ricevuto nello scontro e che l’adrenalina prima aveva attenuato. Quella pioggia che guariva le ferite che Kisshu aveva messo nella dimensione della foresta ora mi farebbe comodo.
«Stai bene?» chiede lui.
Mi alzo in ginocchio più per sfida che per vera forza.
«Sì».
Non mi serve la sua pietà. Cerco di nascondere il dolore, mi asciugo sbrigativamente le lacrime e guardo per terra.
Realizzo che Kisshu mi ha battuta. Di nuovo.
Mi sento così arrabbiata… ero così forte, sono migliorata, l’ha detto anche lui… avrei potuto vincere.
«Cosa ti è successo?»
«Niente» arrossisco.
«Non è vero» fa lui rigirandosi i sai tra le dita.
«Ho detto niente!» ribatto con più veemenza del necessario.
«Va bene, va bene, chiedevo solo. Stavi andando bene…»
«Sta’ zitto!»
La frustrazione e il dolore si trasformano velocemente in rabbia e si incanalano come un fiume in piena verso di lui. Cosa accidenti vuole da me adesso? Non sono di certo qui per avere la sua approvazione.
«Gattina, perché non ti dai una calmata, almeno risparmiatelo per quan-…»
«Ribbon Strawberry Check!» grido puntandogli di colpo addosso l’arma e mirandolo con un grezzo getto di luce, perdendo del tutto la sopportazione.
Kisshu velocissimo si smaterializza e neanche un secondo dopo riappare a mezz’aria poco lontano, con i pugnali in guardia.
Lo guardo fissarmi arrabbiato, ho il respiro affannoso e sento di essere di nuovo sull’orlo delle lacrime. Non voglio che mi veda debole. Preferisco scaricargli addosso tutto quello che sento dentro.
A cominciare dalla crisi che ho in testa per colpa sua.
«Ehi, principessa, se vuoi continuare basta dirlo, non serve fare tutta questa scenata…»
«STAI ZITTO!!»
Mi avvento ancora una volta addosso a lui, saltando e sparandogli addosso una raffica di attacchi luminosi dalla Strawberry Bell, pieni di rabbia e di carica emotiva. Kisshu agilissimo li evita tutti volando e smaterializzandosi.
«Ne ho abbastanza!» strillo a pieni polmoni.
Kisshu mi compare accanto per assestarmi una gomitata nel tentativo di contrastare la mia furia.
«Non fraintendermi, Koneko-chan, non mi dispiace affatto quando ti scaldi, ma… ahi!»
Gli rispondo a calci negli stinchi.
«… Mi spieghi che diavolo ti prende?!».
«Ti odio!» Graffio a vuoto il vento nel punto in cui Kisshu si smaterializza. «Non ne posso più di questa storia!» Mi giro infuriata a fronteggiarlo dove è riapparso.
«Ci ho provato, ho provato a stare al tuo gioco, a combattere come volevi tu, ma lo stesso non ha senso!»
Gli tiro un paio di pugni e lascio che li devii. Kisshu smette di rispondermi, mi guarda e basta. Allora continuo a colpirlo alla cieca, avanzando, lui schiva e indietreggia gradualmente.
«Perché stai facendo tutto questo? Perché proprio adesso? Perché a me?!»
Kisshu si sposta di lato per scansarsi dal mio ennesimo calcio.
«Per te è solo un gioco? Vuoi rovinarmi la vita? Si può sapere cosa vuoi da me?»
Kisshu fa un altro passo indietro, quindi afferra con la mano il pugno in rovescio che gli sto tirando e me lo trattiene forte tra le dita.
In un attimo ci blocchiamo immobili e faccio caso al vento forte che ci circonda in tutte le direzioni.
Siamo arrivati sul bordo.
Io ho il fiatone e il viso bagnato di lacrime. Non mi importa più di fissarlo dritto negli occhi.
Kisshu mi guarda impassibile, stringendomi così forte il pugno da farmi male.
...
«Voglio che ti fidi di me».
In un istante Kisshu si lancia all’indietro trascinandomi con lui e cadiamo insieme giù dal grattacielo, nel vuoto, in balìa delle raffiche di vento che infuriano, così forte, così veloce da sentirmi tirata e schiacciata da ogni parte.
Grido di terrore stringendo istintivamente il suo collo.
Kami-sama, è la fine. Sto per morire schiantata a terra per colpa di questo stupido, odioso, impulsivo alieno.
Cadiamo ancora, così a lungo che mi sembra di essere immobile sospesa dall’aria.
Non voglio guardare giù, non voglio! Pianto le unghie nelle spalle di Kisshu e chiudo gli occhi…
…un momento.
Li riapro in un lampo di lucidità.
«Kisshu!» gli urlo con tutto il fiato che ho. «Tu sai volare! Fa’ qualcosa!»
Kisshu che è rimasto stranamente calmo, quasi si stia godendo il panorama, mi lancia un’occhiata da dietro la frangia scompigliata dal vento e stringe la presa che si è inspiegabilmente arrogato intorno ai miei fianchi.
Sorride.
«E se invece lo facessi tu?»
Mi blocco. «C-cosa… io…?»
Kisshu guarda distrattamente verso il basso. «Già. E in fretta, direi».
È impazzito, non c’è altra spiegazione. Guardo anch’io in basso per una frazione di secondo. Si vede il suolo buio. Si sta avvicinando. Kami-sama, non può essere vero… Guardo di nuovo Kisshu, siamo così vicini e così stretti l’uno all’altro che se non fossimo in questa situazione sarei già morta per la vergogna.
Lui mi guarda, senza arroganza o sfida. Alza un angolo della bocca e indica con la testa la mia Strawberry Bell.
Non ho più tempo di pensare al fatto che sia una completa follia.
«Ribbon Strawberry Surprise!»
La luce del potere di Mew Ichigo ci avvolge abbagliante e calda come un fuoco, tagliando fuori in un attimo il vento freddo e sferzante. L’energia scorre così potente che la sento attraverso tutto il corpo, dal braccio che tiene la mia arma stretto alla schiena di Kisshu fino alla punta della coda. Vedo le spirali colorate intorno a noi girare vorticose e instabili, fino a coprire tutta la visuale della città buia intorno. Lo sforzo per controllare tutta questa energia è immenso, ma so che non posso cedere, altrimenti è la fine.
E piano piano tutto si calma. Cessa il rumore del vento, la sensazione viscerale della caduta e la sfera di energia si stabilizza bianca e luminosa intorno a noi.
Fino a che atterriamo dolcemente sdraiati a terra su un tappeto di erba umida.
 
 
~ Boy you’re an alien
Your touch so foreign
It's supernatural
Extraterrestrial

 
 
 
Sono esausta, tengo gli occhi serrati. Non posso credere che ci siamo salvati.
«Beh, Koneko-chan…» dice Kisshu respirando profondamente. «Devo ammettere che non mi hai deluso».
Vorrei rispondergli di stare zitto o andare al diavolo, ma ho la bocca troppo secca. Lo sento schioccare le dita e un vento leggero ci accarezza facendo muovere i fili d’erba.
Appena socchiudo gli occhi, vengo subito investita da una pioggia di luci giallastre che mi sembrano accecanti. Il cielo notturno violaceo è di nuovo quello di sempre nella reale Tokyo, senza stelle, ma con gli aloni dei grattacieli, delle auto e delle insegne luminose di ogni colore.
Kisshu seduto accanto a me sul prato di uno dei tanti parchi del quartiere, si sistema la maglia e si tasta qualche ammaccatura.
«Era proprio come pensavo: i patetici umani che ti hanno dato quella roba non hanno idea di cosa stavano maneggiando e delle potenzialità che aveva…»
Si alza in piedi ridacchiando. Io rimango immobile ad elaborare lentamente di essere ancora tutta intera e di nuovo nella dimensione terreste. È finita.
Kisshu mi porge una mano per aiutarmi ad alzarmi. «E lo hanno messo in mano a cinque ragazzine a caso».
«Per tua informazione,» ritrovo la voce, punta sull’orgoglio. Ma lo stesso accetto la sua mano senza pensarci troppo. «Non ci hanno scelte a caso, abbiamo il DNA che può combinarsi con quello degli animali Red Data».
«Ma davvero?» risponde sarcastico tenendomi le dita tra le sue per qualche attimo di troppo. «Beh, comunque sia, si è fatto tardi, gattina, devo proprio andare. E ancora complimenti per come te la sei cavata, vorrà dire che la prossima volta alzeremo il tiro…» mi posa un bacio veloce sul guanto, quindi si volta e fa per andarsene.
«Ehi, aspetta, non mi riporti a ca-…»
Qualcosa di molto veloce arriva di corsa da dietro di me, ringhiando arrabbiato, mi supera con un salto e si avventa addosso a Kisshu facendo roteare un’enorme spada scintillante. Kisshu fulmineo si gira e para il colpo di spada con i tridenti incrociati.
«Stai lontano da Ichigo, alieno! Se le fai del male dovrai vedertela con me».
Ao no Kishi, con i suoi lunghi capelli biondi e il mantello scuro, punta verso Kisshu sia la spada che il suo sguardo glaciale.
Sbarro gli occhi nel panico. Kami-sama, cosa cavolo faccio adesso?!
«Se la metti così, allora credo che io e te ce la vedremo molto spesso…» risponde Kisshu per nulla intimorito dalla minaccia.
Ao no Kishi stringe lo sguardo e strattona la spada, liberandola dalla presa dei sai e mettendosi in guardia davanti a me. Kisshu si sposta indietro levitando. Squadra il cavaliere incuriosito, quindi guarda me, che sto in piedi alle sue spalle senza parole, senza sapere cosa fare. Non volevo che qualcuno si accorgesse delle mie uscite con Kisshu, in più non ero neanche in pericolo. Non negli ultimi trenta secondi almeno.
«Vediamo se ho capito bene, Koneko-chan: questo pallone gonfiato ti individua e si precipita ovunque tu sia per salvarti? Le sorprese stasera non finiscono mai…» dice dopo un attimo di riflessione.
«Io arriverò sempre a proteggerla, questo è il mio compito, il mio destino» risponde il cavaliere.
Li ascolto senza capire, nella confusione più totale.
Kisshu fortunatamente decide di chiudere questo imbarazzante spettacolo.
«Non ti preoccupare bamboccio, ora è tutta tua, me ne stavo giusto andando. Ho tutto quello che mi serve. A domani bambolina» mi lancia un occhiolino ghignando e si smaterializza via.
Una leggera e insolita sensazione di vuoto mi attraversa uno spazio imprecisato sotto lo stomaco, ma svanisce in fretta.
Ao No Kishi si volta e corre da me per aiutarmi ad alzarmi.
«Sei ferita? Ti ha fatto del male?» Il suo tono è dolce, come sempre, ma si sente l’apprensione. Mi avvolge tra le sue braccia e mi dà una sensazione di calma e calore molto piacevole.
«Sì, grazie, è tutto a posto» arrossisco nel guardarlo direttamente negli occhi. Chissà cosa ha sentito, spero non si sia fatto strane idee…
«Adesso ti riporto a casa, è molto tardi. Come mai eri qui con lui?»
«Io… ecco, lui…»
Accidenti, ora che gli dico?
Per fortuna non sembra volere davvero una mia spiegazione e riprende.
«Se sarai in pericolo, io verrò sempre per proteggerti, sono nato per questo».
Annuisco, rossa come una fragola, stretta al suo collo, incapace di aggiungere altro. Ao no Kishi, tenendomi in braccio si avvia veloce a grandi salti sui tetti verso il mio quartiere.






 
Sono tornata – o meglio, non me ne sono mai andata, ma sono lentissima a scrivere e non volevo postare fino a che la storia non avesse avuto di nuovo una forma salda e un percorso preciso da seguire. Insomma, ora ci siamo ;) spero per chi sia arrivato fino a qui che il capitolo vi sia piaciuto e soprattutto che vi abbia emozionato a sufficienza per avere voglia di sapere cosa succederà dopo…
<3



 
 
   
 
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