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Autore: Cara93    26/08/2019    2 recensioni
Wren il Ladro è l'ago della bilancia nella guerra tra Ardala, la Regina della Fame, e Isibeal.
Legato ad Ardala, dovrà scegliere (sempre che lo possa fare) se rimanere leale alla Regina della Fame o tradirla e passare dalla parte di Isibeal.
{Quarta classificata e vincitrice del premio "Antieroe" al contest "Darkest fantasy" indetto da Dark Sider sul forum di EFP}
Genere: Dark, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wren giace accucciato nella sua cella, lacero e sporco. Profonde piaghe gli deturpano il corpo sottile e giallastro, il mento sfuggente e gli zigomi sporgenti resi ancora più affilati dalla fame. Gli occhi, completamente neri, sono l’unica parte del suo corpo che non mostra quanto la prigionia lo stia spossando. Eppure, sa che Ardala è stata misericordiosa con lui. Stiracchia le lunghe membra, avvolte in corde sottili, quasi evanescenti: le catene che la Regina della Fame usa per tenerlo sotto controllo. È perfettamente consapevole che il suo potere fa gola ad Ardala, come sa che i suoi tirapiedi non hanno ancora scoperto un modo per sottrarglielo. Gli individui come lui sono rari e la regina sa che, se lo avesse liberato dalle sue spire, l’avrebbe tradita alla prima occasione. E non può permetterselo. Il regno di Ardala è in perenne stato di rivolta, sempre sull’orlo del rovesciamento, tenuto a fatica dalla magia letale della regina e dalla sua capacità di controllare gli esseri come lui. Il popolo aspetta solo un’alternativa per sferrare il proprio attacco decisivo.

Arq sa che senza il consenso del gradino più basso della scala, governare diventa un compito difficile, ma non può farci nulla. La regina che ha scelto di seguire non è amata e neppure temuta, ma solo tollerata e detestata. I ribelli aumentano ogni giorno che passa, il nome di una aspirante succeditrice al trono sussurrato con reverenza e speranza. Spera solo che non abbia le stesse capacità della regina: l’unica circostanza che permetteva ad Ardala di poter regnare incontrastata era il potere di controllare ed imprigionare la magia; o meglio, coloro che possedevano la magia. Come lui. Androgino, senza sesso e senza tempo, Arq è un Druh, un veggente saggio e immortale.La regina lo aveva catturato ed imprigionato molti decenni prima, ma solo in tempi relativamente recenti esso aveva deciso di servirla di propria spontanea volontà. Conosceva la regina come nessun’altra creatura al mondo e probabilmente era l’unico di cui avesse imparato a fidarsi, a parte i suoi maledetti corvi senzienti. Ed è proprio questi che teme: Arq non può morire, ma i becchi e gli artigli levigati di quegli uccelli lo mettono a disagio: fanno male e guarire dalle ferite che possono infliggere è molto difficile, anche per il suo corpo resistente. Non ricorda quando i corvi sono comparsi per la prima volta; ricorda solo quando questi l’hanno attaccato e banchettato con le sue carni, prima che i soldati della regina prelevassero il suo corpo maciullato. La sua enorme conoscienza, tutta la storia e la cultura del mondo, non l’hanno salvato dalla cattura. Ma la sua intelligenza gli ha evitato una sorte peggiore: tra le creature che Ardala tiene al guinzaglio, ce ne sono tante, troppe, che non vorrebbe incontrare neppure nei suoi incubi. Come l’essere che sta andando a prelevare: Wren il Ladro.

Ardala si staglia altera, l’abito, più scuro della sua pelle eburnea, la cinge e la avvolge come una seconda pelle, impalpabile come una nuvola di fumo. I capelli candidi stonano un po’ con il nero della sua persona, così come gli occhi rossi, che penetrano e illuminano la sala del trono: una stanza fredda, cupa e spoglia. Il castello della Regina, posto sulla cima di una montagna nera, è un edificio mastodontico e massiccio, studiato per resistere ad ogni assalto, ciò che rimane di re Caddox, che Ardala stessa ha ucciso. Il regno di Caddox è stato placido e pacifico, ma l’uomo era prudente ed accorto: ha fatto costruire una fortezza onde evitare attacchi nemici ed assedi, a cui la donna ha fatto aggiungere un’uccelliera per i suoi amati corvi. Tutti credevano che Ardala avesse rafforzato le difese della fortezza attraverso la magia, ma così non era: Arq spera che il popolo non ne venga mai a conoscenza, il rischio sarebbe troppo grande.

C’è un motivo, se Ardala attende con impazienza l’arrivo del suo fido consigliere. Sa che il Ladro sancirà chi vincerà la Guerra del Dominio, perché Arq gliel’ha rivelato, l’ultimo sprazzo della sua preveggenza prima che questa si esaurisse, tenuta a freno dal potere della Regina. Ardala freme, eccitata alla prospettiva dell’eterna vittoria. Le catene che avviluppano il corpo del Ladro sono impossibili da sciogliere, persino per lui. Per questo non lo teme. Per questo, una volta catturato, l’ha mandato a ucciderla.

 Era successo molto tempo prima. I suoi corvi ed il suo enorme potere avevano faticato non poco per trovare la creatura. Alla fine, eccola: il vuoto intorno, le case del villaggio in cui si era rifugiata spoglie e coperte di una strana polvere bianca. Un gelo terribile ed intenso, le poche persone ancora vive dei gusci balbettanti, luridi e bagnati dei propri fluidi corporei. I morti giacevano in pozze di sangue gelato, le ferite causate dalla loro stessa furia cieca o da quella delle amebe che ancora avevano la forza di respirare. Lo chiamavano Ladro perché succhiava via la vita e la ragione, ma avrebbero potuto anche chiamarlo Morte. Il risultato sarebbe stato il medesimo.

 
-Mi hai portato il suo cuore, come ti avevo ordinato?- gli chiede, la voce raspante e fragile come vetro.
-No, mia Regina- borbotta la creatura, un ghigno malefico stampato sul viso.
-E allora perché sei tornato, maledetto?- grida, ora la voce le si spezza in gola. Sono soli, nella sala del trono, ad esclusione del Veggente. Wren sa che la Regina non chiamerà i suoi dannati uccelli, finché crederà di essere al sicuro. E lo farà, perché non può immaginare che Wren, per amore della sua avversaria, è disposto persino a morire. È quello il suo destino, legato com’è a doppio filo con lei. Per anni, lui e tutte le creature che conosceva avevano temuto di essere catturate dalla Regina proprio per quel motivo: le catene li legavano a lei, fino alla morte. Che non poteva avvenire, perché la Regina della Fame non poteva morire, legata com’era al Veggente. Tutte le creature che lei aveva imprigionato, erano destinate ad un fato peggiore della morte, alla tortura e all’obbedienza eterne. Ciò che Ardala non può sapere, è che il potere del Ladro non è quello che lei crede.

 

 

-Ti ordino di cacciare la mia avversaria e di portarmi il suo cuore- gli aveva detto, in una gelida sera d’estate. E Wren non aveva potuto fare altro che obbedire. Si era messo in cammino di buon ora, la sua intera esistenza sorretta a doppio filo dalla potenza della Regina della Fame, lacci oscuri ed inscindibili ne rivelavano la natura, monito per il popolo ed i contadini. Non però per i ribelli. Ai ribelli non importava che fosse costretto a servire, i ribelli non si ritraevano terrorizzati dalla prospettiva di uno scontro che non potevano vincere. Iaelm, il loro capo, era alla loro testa, ma ciò che li guidava veramente era la disperazione e la fame. Da quando Ardala era ascesa al trono, assorbendo tutta l’energia della terra per assoggettare le creature, aveva ridotto il regno ad una massa grigia e gelata, informe, cruda e infeconda. Tutta la sua gente stava morendo e alla regina non importava.

Iaelm lo ha accerchiato e minacciato, una decina di ragazzini per soldati. Wren li ha ignorati finché ha potuto, sordo a qualsiasi stimolo diverso dagli ordini di Ardala. Ma quando uno dei giovanissimi e mal equipaggiati soldati di Iaelm lo ha attaccato, sbarrandogli la strada, Wren ha dovuto rispondere. Gli ha preso la capacità di regionare, lo ha reso incapace di obbedire cosicché quell’adolescente ebbro di ideali, che sognava soltanto un mondo migliore, che desiderava sfamare la sua famiglia, si è rivoltato contro i suoi compagni e con la forza rabbiosa di un pazzo, l’adrenalina alle stelle, li ha affrontati. A suon di forza bruta ed istinto ferino, prima di cadere a terra morto, ne ha infettati altri, che ne hanno infettati altrettanti.

In un sol colpo, Wren aveva spazzato via la resistenza del regno.

 

 Aveva attraversato lande ghiacciate, fitti boschi composti da vegetazione intricata, nera ed ostile. Fusti secchi e affilati, dalla corteccia chiara e quasi trasparente erano coperti di uno spesso strato di liquame nero, quasi solido. Il suolo era duro e brullo, sembrava impossibile che da esso potesse crescere anche quella strana flora. Aveva attraversato tutto il regno di Ardala, accorgendosi solo dopo aver attraversato il confine, di non aver udito nulla. Tutti i suoni, umani ed animali, erano ovattati e lontani, timidi e vergognosi, consapevoli della propria estraneità. Non c’era ronzio di insetti, né l’acuta voce degli uccelli. Solo i lamenti dei contadini, portati dai capricci del vento.

Il momento in cui aveva varcato il confine gli era stato estremamente chiaro, quasi l’avesse sentito a livello fisico. E forse era proprio così: nel regno della Rivale, chiunque fosse marchiato dal potere di Ardala sentiva su di sé un dolore insopportabile, marchio rovente delle catene sottili del potere della donna, così nettamente diverso, seppure simile, da quello di Isibeal. Gli era subito chiaro che non avrebbe potuto nascondersi al potere della Rivale. Non aveva importanza, dato che avrebbe esalato il suo ultimo respiro, non appena il Ladro l’avesse trovata.

 Il regno di Isibeal era l’esatto opposto di quello di Ardala: se la terra della Regina della Fame era brulla e malata, quella della Regina Bianca era verde e rigogliosa. Gli uccelli cantavano allegri, le persone era pasciute e felici. Sembrava un paradiso. Nessuno provava terrore verso la sua persona, tutti lo guardavano e lo salutavano con un sorriso. Persino i bambini osavano andargli vicino, chiedendogli di giocare con loro. Wren non poteva crederci. Per tutta la vita era stato braccato ed emarginato, guardato con diffidenza ed insultato. Come tutti gli abitanti del suo regno natale, conosceva il vuoto sordo e raspante della fame. Lì, no. Tutti erano gentili e generosi con tutti, nessuno alzava mai la voce. Nessuno sentiva il bisogno di litigare per un tozzo di pane. Non aveva mai visto nulla di simile, eppure era tutta opera della Rivale.

Isibeal non abitava in un castello e non c’erano prigioni nel suo regno. Solo villaggi pittoreschi e ben tenuti. Abitava nella foresta, gli avevano detto. Nonostante lo trovasse strano, Wren si era incamminato in direzione del bosco, fitto e in salute come mai gli era capitato di vedere. Ovunque girasse lo sguardo, c’erano solo alberi dal tronco enorme e la corteccia ruvida, i rami maestosi ricoperti di foglie di un verde talmente vivo da ferire gli occhi ed erano carichi di frutti. L’erba sottile era brucata da animali di varia natura, che non temevano per la loro vita. Wren era a bocca aperta, ammaliato e colmo di desiderio. Se Ardala non fosse mai esistita, tutto quello sarebbe stato anche suo.

Isibeal non era come si aspettava: dalla pelle candida come la neve, i capelli neri come l’ebano, la bocca rossa come il sangue era di una bellezza soprannaturale e disarmante, per il Ladro. Dal suo aspetto si poteva sentire il peso del suo potere, così simile a quello di Ardala, ma al contempo più gentile. Anche se non si fosse fidato del suo istinto, aveva avuto le prove che Isibeal sarebbe stata una regnante migliore. Ma non poteva disobbedire, non senza una buona ragione. La disobbedienza sarebba stata letale e Wren non era esattamente un essere caritatevole. Egoista e votato alla propria sopravvivenza, anche per questo la tirannia di Ardala non lo toccava. Gli bastava restare in vita e, se avesse giocato bene le sue carte, sarebbe stata una vita lunga. In schiavitù, certo, ma eterna.

L’aveva attaccata? Non riusciva a ricordarlo. Sentiva solo lo spasmodico desiderio di vivere nel suo regno, al suo fianco. Desiderava solo poterla amare.  

 

Più si aggirava per il regno di Isibeal con gli occhi sgranati, più era pieno d’invidia. Tutto quello che aveva imparato a conoscere, da quando era venuto al mondo, era il regno di Ardala e Caddox. Nessuno dei regnanti che aveva avuto modo di sperimentare sulla sua pelle era stato in grado di rendere il mondo un paradiso, come era stata in grado di fare Isibeal. Era desideroso di scoprire il suo segreto.

Tutte le persone che aveva incontrato, erano visibilmente sane, felici e floride. La terra era fertile, rigogliosa, colorata. Wren sentiva la magia scorrere nel sottosuolo, anche se non riusciva a percepirne la provenienza. Sentiva sette tipi diversi di energia imbrigliata scorrere nel cuore del regno di Isibeal, tutti e sette erano, però, accomunati da un unico denominatore, forse la magia della Rivale. Le catene che lo legavano alla Regina della Fame diedero un forte, doloroso strattone. Doveva scoprire l’origine del potere di Isibeal, se non per Ardala, per uno struggimento, un suo desiderio spasmodico.   

Tenendo a bada il dolore al capo che sopraggiungeva ogni volta che Wren tentava di svicolare le corte briglie del potere di Ardala, la creatura si concentrò, l’aria attorno ad essa si fece più pesante, irrespirabile. Ogni rumore e colore scomparve, tranne i palpiti d’energia che aveva percepito prima. S’impresse il sapore e l’aspetto di quella più intensa, tanto che sarebbe riuscito a riconoscerla anche nelle condizioni meno favorevoli. Stremato, ristabilì le condizioni di partenza, sperando che Isibeal non si fosse accorta della sua manovra.

Seguendo quel flebile filo di Arianna, Wren arrivò ad una quercia enorme e vetusta. Sentiva che era quello il fulcro del potere di Isibeal. Si concentrò, l’istinto gli diceva che un attacco massiccio non era consigliabile, anzi, che forse si sarebbe ritorto contro di lui. Attraverso le catene di Ardala, attinse al potere che un tempo era di Arq, potere che il Veggente aveva ceduto in cambio della relativa libertà dalle spire della Regina della Fame. Grazie ad esso, riuscì a vedere la porta nascosta nel tronco della quercia. Attraversò il varco, percorse un corridoio completamente buio, tanto che Wren aveva il timore di finire in una trappola nascosta. Paura che scacciò, consapevole che ciò che lo avrebbe tenuto in vita, se fosse finito male, erano proprio le odiate catene di Ardala.

Odiò quella consapevolezza, che aveva il potere di renderlo più temerario e imprudente di quanto fosse. Odiò Ardala per ciò che gli aveva fatto, per il legame che era stato costretto a stringere. Si odiò, perché, nonostante tutto, aveva deciso di vivere in schiavitù, piuttosto che morire, mostrando alla Regina la vera portata del suo potere.

 

Sbucò in un atrio circolare, composto totalmente in cristallo. Wren aggrottò la fronte, incredulo. Toccò le pareti di quella stanza, una fitta lancinante lo attraversò, i lacci invisibili di Ardala lo serrarono spasmodicamente, quasi soffocandolo. Come gli uccelli e le catene, quelle pareti erano gli strumenti del potere di Isibel.
“No, non pareti”, pensò. “Questa è una prigione.”

Sette celle erano state ricavate da incavi nei tramezzi, le pareti divisorie composte dello stesso materiale trasparente e cangiante. Sette creature vi erano ospitate, sette creature che non potevano vederlo, ma che sentivano la sua essenza. Sette creature che venivano spremute e usate da Isibeal.

Decise di dare un’occhiata, a partire dal vano alla sua estrema sinistra, spostandosi poi verso destra. Notò che la struttura delle celle era la stessa: una sorta di grotta protetta da un involucro trasparente, ricoperto di energia, di natura ignota. Istinitvamente, Wren capì di non doversi avvicinare all’involucro, se non voleva fare una brutta fine.

La prima creatura era un essere immenso, trabordante, la cui massa carnosa riempiva tutta la cella. Nudo e ricoperto d’insetti, non si prese neppure la briga di guardarlo, indifferente al passare del tempo. Davanti ad esso, Wren sentiva la sua volontà venir meno. “Perché dovrei fare tutta questa fatica? Che senso ha?”, si chiedeva. Con uno sforzo disumano, si allontanò da lì, per fermarsi davanti ad un altro vano. Qui, una palla di pelo ringhiosa e scattante tentava in ogni modo di uscire, superando i limiti magici imposti da Isibeal, impattando sul divisorio invisibile. Un rostro di denti affilati sembrava racchiudere tutta la sua testa, così come sembrava che artigli e aculei formassero il suo corpo. Una furia cocente, ferina, gli scivolò addosso, senza però germirlo. Wren allungò una mano, sfiorando l’energia grezza che fuoriusciva da quella belva, incredulo.

La terza creatura se ne stava immobile, fissandolo con superba condiscendenza. Era totalmente incolore e statuaria, perfetta. E sapeva di esserlo. Tutta quella consapevolezza, quella superbia, lo irritarono, tanto da tentarlo dal provare di sopprimerla all’istante. La sua vicina di cella, era filiforme e di tutte le sfumature del verde. Ai suoi piedi, c’era una pozza di liquido giallastro, formata dalla sua saliva, da cui ancora le scendeva un rivolo dalla cavità che, presumibilmente era la bocca;, in cui giacevano, morti, topi ed insetti. Dall’espressione del suo viso, se avesse potuto fare cambio con lui, l’avrebbe sicuramente fatto.

Rimanevano tre celle, di cui ignorava il contenuto. Un essere scheletrico lo fissava, quando raggiunse la sua prigione. Wren ricambiò lo sguardo della creatura, che, sempre guardandolo, si strappò una guancia e prese a mangiarsela, con ingordigia. Disgustato ed inorridito, il Ladro fuggì alla sua vista, verso la cella più vicina. Questa, ospitava un essere di cui non riusciva a definire l’aspetto, cangiante. Un minuto prima, raffigurava le sue molteplici vittime, quello dopo Ardala, quello dopo ancora Isibeal. Ma qualunque aspetto assumesse, la creatura lo guardava invitante, vogliosa. Se non fosse stato tanto turbato dalla vista dell’altro essere, Wren avrebbe quasi certamente tentato di liberarla, anche solo per soddisfare le sue voglie. E prese in considerazione di farlo, finché il consueto dolore lo distolse da quella fissazione. A malincuore, si avvicinò all’ultima cella.

 Non poteva credere ai suoi occhi. In quella cella, c’era lui.            

 

Sente ancora sulle labbra il sapore del bacio di Isibeal, mentre si strappa di dosso gli emblemi della sua prigionia. Sa che questo è l’unico modo per uccidere Ardala: assorbirla. È questa, infatti, la natura del potere del Ladro. Un potere bulimico, avaro, insaziabile.
“Al di sotto di una certa soglia, è questo che diventiamo: sistemi di sopravvivenza”, continua a ripetere come un mantra. È convinto di aver fatto quello che ha fatto, quel tradimento inaspettato, per smettere di essere il mostro che tutti credono. Wren sta mentendo a sé stesso e lo sa. Perché Isibeal non si è limitata ad incatenarlo, lo ha imprigionato. E ne è contento, perché grazie alla sua prigionia, Isibeal può continuare a plasmare il suo mondo senza carestie né malattie. Un mondo a sua immagine. Un mondo perfetto.

 

 

Angolo dell’Autrice: Questa è la prima volta che mi cimento nella scrittura di un fantasy. Certo, ho scritto fanfiction basate su opere fantasy (Harry Potter e Game of Thrones, soprattutto), ma questa è la prima volta che riesco a scrivere e a finire una storia originale di questo genere. Non sono convinta (e/o soddisfatta), probabilmente perché fatico a sentirla mia.

Sono nata come lettrice di genere, soprattutto gialli/thriller e fantasy, però, con il tempo, com’è inevitabile, i miei gusti sono cambiati. Eppure, ogni tanto torno alle origini, un po’ per nostalgia, un po’ perché sono davvero i miei generi preferiti, oltre alla narrativa generale. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, quando mi approcio alla scrittura di questi generi non mi sembra di essere all’altezza. Men che meno in questo caso e per un motivo molto semplice: questa storia partecipa ad un contest che ha come tema principale il dark fantasy, che mi vede molto, ma molto più impreparata rispetto al semplice “fantasy”.

Lo spunto iniziale, oltre a quello fornito dal pacchetto, è stato la fiaba di Biancaneve. Ho deciso di prendere alcuni dei suoi elementi e di adattarli alle richieste del contest. La speranza è quella di aver prodotto una fiaba nera, più o meno attinenete a quella di partenza.

Ringrazio Dark Sider per questo contest e per chiunque abbia letto questo esperimento (non posso fare a meno di chiamarlo così), alla prossima!  

   
 
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