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Autore: Mana    28/08/2019    0 recensioni
♫ Storia partecipante al contest “Darkest fantasy” indetto da Dark Sider sul forum di EFP. ♫
«Ripetete dopo di me, principessa. Giuro solennemente su fiori, alberi e ruscelli che non rivelerò i segreti di questo regno.»
«Giuro solennemente su fiori, alberi e ruscelli che non rivelerò i segreti di questo regno.»
affermò lei formale, un po’ confusa.
Sentì profumo di fiori e di erba bagnata. Davanti ai suoi occhi comparvero centinaia di piccole fate, mentre il verde della foresta si illuminava con i colori di mille magici fiori che non aveva mai veduto in vita sua. Si presentò a Rhoséd cerimoniosamente, sperando che la normale etichetta andasse bene con le fate, ma Maith la prese in giro, insegnandole che alle fate non importava null’altro che della sincerità del cuore degli esseri umani.
Genere: Fantasy, Song-fic, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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04 Ora lo so di chi è l'incantesimo

–––

Ora lo so di chi è l’incantesimo,
ora lo so nella storia chi è il drago...

–––

 

–Epilogo–

 

I giorni necessari a ritornare al Regno Bianco furono fondamentali per il principe Maith. Ogni giorno, un po’ come all’andata, egli raccontava alla principessa Bláth dei propri ricordi di Charbán. Per lui, Charbán era stato non solo un mentore o un maestro, ma soprattutto un amico. Ogni giorno, man mano che le parole fluivano dalla propria mente, avvertiva lo scioglimento di quel dolore nel conforto che Bláth gli dava con le sue spiegazioni logiche, perché ella gli rievocava quanto il mago avesse comunicato loro durante quelle ultime ore trascorse insieme.

Maith fu estremamente grato, inoltre, del fatto che fu lei a occuparsi di fornire spiegazioni su quanto accaduto, una volta che furono arrivati nel Regno Bianco. La storia che la principessa raccontò fu leggermente semplificata per i più, ma ad ogni modo inchiodava re Glic e suo figlio Bréagach come colpevoli e complici di un tradimento di dimensioni spropositate, che aveva causato morti e devastazioni oltre ogni misura. Furono condannati a morte per mezzo di decapitazione, senza alcuna possibilità di redenzione. Simbolicamente fu altresì dichiarato colpevole Chàrosh, la cui esecuzione era già stata perpetrata dalla stessa principessa Bláth, come riflesso di quella di Charbán.

Poco dopo fu celebrata la cerimonia del congiungimento delle mani, cosicché Bláth e Maith divenissero ufficialmente sposi e maestà di tutti i regni. Ci vollero quindi moltissimi mesi per risanare il territorio sfigurato dal fuoco dei draghi, ma quell’obiettivo aiutò Maith a curare anche il proprio spirito ferito. Aveva riscoperto il proprio amore per il popolo, per ogni forma di vita abitante i regni. Forse quella terra non sarebbe mai più stata la stessa di un tempo, ma Maith avrebbe impiegato tutto l’impegno di cui disponeva per renderla di nuovo dignitosamente abitabile.

Sette mesi dopo, solo quando ritenne di essere sufficientemente soddisfatto dalle bonifiche effettuate, Maith ritornò nella foresta di Hath. Ogni ramo, ogni cespuglio, ogni foglia e ogni fiore lo accolsero, mentre un pulviscolo fatato avvolgeva il suo corpo. Intonò la melodia del richiamo delle fate col flauto che quelle gli avevano donato, lenta, come Bláth gli aveva descritto essere stata suonata da Charbán nel nobile gesto col quale l’aveva aiutato. Come sempre, comparvero centinaia di fatine meravigliose e persino qualche piccolo gnomo che, vedendolo, fece una timida riverenza.

«Sii benedetto dalle fate, Maith di Hath. Questo è il titolo che Àrsaidh ha voluto per te» esordì Rhoséd.

«Sii benedetto dalle fate, Maith di Hath» ripeterono in coro le altre fate, inclusa Fíonnula.

Aveva atteso quel momento con encomiabile pazienza, imponendosi di non visitare il bosco finché il suo cuore non fosse stato libero e leggero come una foglia. Maith raccontò la sua versione della storia, riuscendo a stupire persino l’anziana fata. Tutte concordarono nel confermargli la giustezza delle azioni compiute, lenendo ancora di più le pene del suo cuore. Charbán era stato il suo più caro amico, e di lui aveva saputo così poco, prima di quei fatidici avvenimenti.

«L’invocazione del tuo amico è stata estremamente pura. Puoi essere fiero di lui. Non tutti avrebbero suonato il flauto con il suo stesso autentico desiderio. Sebbene si tratti di un flauto magico, non saremmo accorse, sapendo che non eri tu a produrre quella musica, se non avessimo avvertito l’intensa genuinità del suo richiamo.»

«Àrsaidh, puoi darmi informazioni su Fearg?»

«Dicevano che Fearg fosse un dio iracondo, crudele oltre ogni immaginazione. Ma quand’ero giovane ricordo che fu confinato in una prigione magica con una potente stregoneria alchemica che coinvolse diversi dèi. Non so chi praticò una simile magia, forse gli elfi. Ormai sono secoli che non vedo un elfo su questa terra. In questa foresta è rinchiuso lo spirito della tranquillità che contrasta l’ira. Forse è per questo che il flauto di Hath ha trasformato se stesso in un’arma.»

Prima che andasse via, Rhoséd lo invitò in privato a ricordarsi di non lasciar venire nella foresta la sua consorte, la regina Bláth, in quanto la sua tormentosa attrazione doveva essere controllata e ridotta. Essendo il suo cuore profondamente inquieto, non avrebbe mai potuto percorrere i sentieri del bosco senza subirne la fatale seduzione. Maith annuì, informando la fata dell’avanzato stato di gravidanza della propria sposa, ormai quasi prossima a dare alla luce il loro primo figlio, al quale avrebbero dato nome Charíon, un nome che richiamava la purezza in onore della foresta.

Fíonnula agitò la propria campanella, sorridendo.

«Che sia benedetto dalle fate!»

 

–––

[Song credits: Sangue di drago, Rancore]

 

 

 

Note dell'autrice

Non ho inserito il testo completo della canzone perché solo quello conta oltre 1000 parole, ma ad ogni capitolo, nei credits, si trova un link a Youtube dove poterla ascoltare direttamente. A proposito del testo, vorrei chiarire che la trasformazione fisica di Blath è dovuta a una mia liberissima interpretazione del verso 'lei prende fuoco se lui apre bocca e le dice ti amo', che non ho inserito direttamente, ma che volevo facesse parte del mio racconto. Un'altra delle poche cose che tengo a specificare è che Maith in versione drago ha gli occhi uno azzurro e l'altro blu come citazione a Vecchioni (nel caso vi interessi il significato, lascio a voi la libertà di cercarlo oppure no). Se ancora qualche dettaglio della storia vi risulti poco chiaro, sentitevi liberi di chiedermene il senso.

La verità è che avevo scritto tantissime parole come notazione a questa storia, anche perché mi sono ispirata a tantissime letture per diversi elementi, ma alla fine l'unica cosa che vorrei veramente svelare è il significato di alcuni dei nomi che ho scelto per i personaggi (grazie a Google translate):

Gli umani:

  • Chàrosh: è l'alchimista, lo stregone, è l'unico il cui nome non ha un vero significato, ma mi suonava minaccioso
  • Charbán: bán significa bianco; volevo dare l'idea di mago bianco, anche se ho distinto la pronuncia dei nomi dei due fratelli
  • Figlio di Maith e Bláth: Charíon (íon: puro, Char: richiamo al nome dell'amico)
  • Maith: buono (perché ha un cuore puro)
  • Bláth: fiore (per richiamare la sua bellezza)
  • Breagách: tenebroso, non vero
  • Amaideach: sciocco (inspiegabilmente mi sono affezionata persino a lui)

Le fate:

  • la fata Rhoséd: volevo richiamare la rosa ovviamente
  • la fata Fíonnula: mi piaceva semplicemente il nome e mi sembrava un nome da fata
  • la vecchia fata Àrsaidh: il suo nome significa antica

Altre entità:

  • Fearg: ira, in quanto Fearg è il dio dell'ira
  • Hath: significa biancospino, così come anche Crataegus
  • Salis: significa salice, così come anche Salix
  • Smok: drago

Vorrei ringraziare Dark Sider per il concorso che ha indetto, perché avevo in mente di scrivere questa storia già da mesi ed ero ferma al prologo senza riuscire a proseguire; le sue richieste per il concorso mi hanno letteralmente infiammato la fantasia. Ringrazio anche Luca per aver corretto gli ultimi errori grammaticali ancora presenti nel testo.

Mana

   
 
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