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Autore: Sakata_CMC    29/08/2019    0 recensioni
Sono passati solo pochi minuti da quando Shining Armor e Cadence hanno epurato Canterlot dalla minaccia dei changelings: la Regina Chrysalis è stata esiliata ai confini di Equestria, e finalmente il vero matrimonio può essere celebrato. Eppure non tutti i mutaforma hanno lasciato il paese…
Chigger 640, dopo essersi risvegliato ai confini di Equestria, intraprenderà un lungo e pericoloso viaggio alla ricerca dei compagni da cui è stato separato.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Gender Bender, Violenza
Capitoli:
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GLI ESULI DI CANTERLOT

-Capitolo Primo-

 

Luce, calore, e tanta erba secca, cresciuta tra una siccità e l’altra. Sui colli di San Paolomino era una rarità che le nuvole decidessero di far piovere. Ed il vento libeccioso, che sferzava gli steli appassiti, era la principale caratteristica della zona. Oltre alle innuverevoli pietre color crema, d’ogni dimensione.

Da un masso poco più grande di un puledro, una lucertola fece capolino: era curiosa di sapere a cosa fosse dovuto quel ritmico ed anormale brusio che stava disturbando la quiete di quel posto così poco abitato. La sua espressione, tuttavia, non tradì lo stupore della vista di ciò a cui stava assistendo: un quadrupede nero era sdraiato di schiena, e stava agitando alla rinfusa le zampe anteriori, mentre  le ali, di un azzurro trasparente, continuavano ad emettere a più riprese un ronzio leggermente più grave di quello che fanno le vespe che ogni tanto si vedono passare tra gli steli appassiti. Il rettile tirò fuori la lingua biforcuta per ritirarla subito dopo; non si era mai visto niente di simile da quelle parti!

Ricordava di aver visto soltanto una volta un gruppo di cavalli, e poco tempo prima un cavallo più piccolo, dotato di ali. Aveva il manto color ocra, e la chioma nero-grigia. Le ali di quella creatura però erano più simili a quelle dei falchi, mentre queste erano come quelle degli insetti... e anche gli occhi appartenevano a quel genere: erano azzurri, e senza iride. I suoi crini ricordavano più una cresta, ed inoltre aveva un corno aguzzo quanto i suoi canini sporgenti. E che dire delle zampe... Parevano avere dei fori! Proprio come alcune delle pietre del posto, avevano dei buchi, attraverso i quali era possibile vedere che cosa ci fosse oltre!

Era un qualcosa di mai visto, ma non considerandola una minaccia, almeno nell’immediato, il rettile smise di osservarla e, tornato in cima alla pietra, chiuse gli occhi e tornò a crogiolarsi al sole, estraendo e ritirando quasi istantaneamente la lingua biforcuta.

 

 

Stavo finalmente iniziando a riprendermi dall’intontimento, e una volta realizzato di trovarmi supino decisi di buttarmi sul fianco sinistro… nonostante il corpo dolorante dalla punta del corno fino all’addome.

Ora che non erano più esposti alla diretta luce del sole, gli occhi compositi iniziarono a recepire le migliaia di immagini pressoché identiche, e realizzai che mi trovavo su una collina. Ero circondato da erba secca e sassi: ad eccezione di un macigno sul quale si trovava una lucertola, non avvistai nessun altro essere vivente. Di fronte a me si estendeva l’intera Equestria in una stupenda panoramica e, salvo qualche nuvola bianca sparsa qua e là, il cielo riempiva con il suo azzurro l’intero paesaggio.

Alle mie spalle, invece, il terreno s’innalzava fino a diventare una vera e propria montagna, dove la nuda roccia color crema si sostituiva all’erba giallastra.

Prima di provare a chiedermi come fossi finito in quel posto desolato, rimasi per qualche minuto a guardare il paesaggio. Era una situazione irreale… e mi sembrava assurdo essere lì; un istante prima ero a... Canterlot!

Non vedendo altri changelings nelle vicinanze, presi un respiro, gonfiai le guance, ed emisi il richiamo. Poco dopo, iniziai a riflettere ad alta voce su cosa fosse successo.

≪Dunque… Ero sul tetto di un edificio, e poi di colpo tutto quell’amore…≫.

Ma certo! Quell’onda era stata talmente intensa da venirmi addosso, investendomi. Doveva essere stato proprio quell’impatto ad avermi fatto perdere i sensi e catapultato fin qui.

Vista dalla mia posizione, la montagna di Canterlot aveva le dimensioni di uno stuzzicadenti… E lo stupore nel realizzare di essere stato lanciato così lontano mi fece accorgere soltanto in seguito che non c’era stata alcuna risposta al mio richiamo.

Non appena mi resi conto di quest’ultimo fatto, andai improvvisamente nel panico: l’aria iniziò a mancarmi, e le zampe persero forza.

Lasciatomi cadere sul fianco destro, iniziai a fare una serie respiri veloci, mentre l’adrenalina era schizzata in tutto il mio corpo. Per la prima volta in vita mia mi trovavo isolato dallo Sciame.

Come mi sentii pungere, scattai sulle quattro zampe e presi il volo. Solo dopo una manciata di secondi mi resi conto che il dolore non era di grande entità, e che stavo provando del solletico nelle sue immediate vicinanze. Fermatomi a mezz’aria portai uno zoccolo al fianco e tale solletichio passò alla zampa anteriore; portatala sotto il mio sguardo mi accorsi che una formica dalla testa rossa si stava lisciando le antenne.

Istintivamente la soffiai via, ed emisi nuovamente il richiamo; magari l’acustica di quel luogo ne stava solo ostacolando la diffusione...

Nei minuti successivi non accadde nulla.

Dopo che quell’esile speranza svanì, lo sconforto riprese a farsi largo nella mia mente. Soltanto la fame mi distolse, per un momento, dalla morsa della disperazione.

Ci mancava soltanto questo.

≪Procurarsi del cibo da solo…≫, riflettei con me stesso: mi era stato insegnato qualche espediente per sopravvivere nel caso avessi perso il contatto con lo Sciame, ma di base i changelings operavano sempre in gruppo. Avrei dovuto al più presto trovare altri miei simili!

Non c’era alcuna fonte di cibo nei dintorni… Salvo quella lucertola, c’era soltanto il formicaio. I suoi abitanti entravano e uscivano, procedendo in fila indiana per percorsi che andavano via via ramificandosi, fermandosi solo ogni tanto per lisciarsi le antenne.

Stavo avendo a che fare con gli unici insetti talmente indaffarati nel loro lavoro da non aver tempo per l’amore.

Feci una smorfia, rendendomi conto che alcune si erano ammassate nelle vicinanze del punto da cui aveva preso il volo. Con tutta probabilità mi avrebbero mangiato, se fossi morto sul colpo, o non mi fossi alzato in tempo.

Presi il volo, per fare una ricognizione. 

Poco alla volta, mi tornarono alla memoria le ultime fasi dei combattimenti che imperversavano a Canterlot; poco prima che iniziasse questo incubo avevo appena finito di imprigionare la Regina dei pony in un bozzolo, e la Regina Chrysalis aveva intonato la sua canzone di vittoria. Poi… un amore talmente potente da non essere assorbito. Ed eccomi qui.

 

Non avevo mai assistito a un simile fenomeno, eppure durante la mia esistenza potevo affermare di averne viste di cose.

Sì… senza ombra di dubbio, doveva per forza essere stata quella forza ad avermi fatto perdere i sensi e ad avermi spazzato via.

E se la stessa cosa era capitata a tutti i changelings, allora significava che l’intero Sciame era stato disperso!

≪Oh… Mia…≫.

Tale pensiero mi provocò un brivido che divenne un vero e proprio spasmo; isolati e senza una guida i miei simili erano destinati alla morte, e la stessa sorte sarebbe toccata a me.

Il senso di panico non accennò a sparire, e servirono altre profonde inspirazioni per cercare di schiarire la mente.

 

Giunto ad una una relativa calma, m’imposi di mettermi in cerca dei miei compagni: invece che attendere i soccorsi, sarebbe toccato a me  trovare la Regina e tutti gli altri.

 

Il sole aveva già oltrepassato lo zenith da alcune ore, e sotto di me c’erano altre colline, oltre le quali riuscii a vedere il deserto con le sue dune. Dall’altro lato, invece, c’era un lungo fiume che spuntava da un colle a sud, e si estendeva verso Equestria... passando attraverso una lunga gola.

Ormai metabolizzato lo stupore, realizzai che avrei dovuto affrontare le difficoltà di tutti i giorni senza poter contare sull’efficiente ripartizione dei ruoli che caratterizzava la società dei Changelings.

Nel corso della storia del mio popolo, la cooperazione aveva ricoperto un ruolo fondamentale per garantire la sopravvivenza, e questo pensiero mi fece intristire, perché mi resi conto che la mia generazione sarebbe potuta addirittura essere l’ultima. Da che eravamo uno Sciame composto da circa un migliaio, saremmo potuti diventare una specie a rischio di estinzione.

 

≪Com’è vero che mi chiamo Chigger640, ritroverò i miei compagni! Lo giuro sulla Regina Chrysalis!≫.

Il mio urlo riecheggiò per una buona parte di San Palomino. Mi galvanizzai al punto da prendere fuoco, e mi avvolsi in una vampata di fiamme verdi.

 

Per quanto potessero sembrare le controparti degli alicorni, le regine dei Changelings non godevano dell’immortalità, sebbene in confronto ai propri sudditi avessero una longevità assai più lunga. Ovviamente, quando sullo Sciame non incombevano minacce che portassero ad una morte anticipata... cosa che nella vita di un changeling non era mai da escludersi.

Quando una regina moriva, un altro changeling doveva ricoprirne il vuoto di potere, e dopo alcuni giorni di lotte rituali tra i pretendenti, al vincitore spettava l’onere di trasformarsi nella nuova governante, scegliendosi un nome nuovo, ed assolvere ai compiti di guidare lo Sciame nelle migrazioni, e produrre le uova che avrebbero dato la vita ai nuovi changelings.

In un certo senso, tutti i changelings della generazione corrente erano pretendenti al trono, ma solo quelli con più spirito di iniziativa avrebbero rivendicato il comando.

Da quando il popolo dei Changelings iniziò muovere zoccolo nel mondo, soltanto un ciclo di regine era stato completato, ed una ferrea quanto antica consuetudine prevedeva che ogni governante dovesse assumere un nome attinente al mondo degli insetti, la cui iniziale seguisse l’ordine alfabetico. A loro volta, i changelings nati sotto una determinata regina, avrebbero ricevuto un nome con caratteristiche analoghe, ma mai quello della regina in carica!

E dal momento che specialmente sotto alcune reggenze le rose dei nomi disponibili erano estremamente limitate, ben presto ai sudditi venne assegnata  una matricola, in funzione dell’ordine di nascita  di ciascun mutaforma.

 

Continuando a volare in direzione di Equestria, mi chiesi come mai gli Alti Vertici avessero deciso di saccheggiare la città, scatenando il terrore tra tutti quei pony per poi imprigionarli in quei nuovi “bozzoli di assimilazione”, quando il classico approccio basato sulla seduzione ha sempre dato i suoi risultati, o quasi…

Ad ogni modo, da quando i changelings addetti alla ricerca avevano inventato quella tecnologia innovativa, io ero diventato il caposquadra di un gruppo di addetti alla creazione ed installazione bozzoli. Senza alcun dubbio era stata una rivoluzione, ma...

Miei pensieri vennero interrotti da un grido;  feci appena in tempo ad alzare la testa che mi ritrovai faccia a faccia con un paio di zampe gialle dagli affilati quanto scuri e spalancati artigli, pronti a ghermirmi.

 

Quando il rapace giunse al contatto con la succulenta preda, con tutta probabilità presagiva un lauto pasto, ma negli istanti successivi si sarebbe resa conto che qualcosa non quadrava… Tra le sue zampe non avrebbe trovato alcuna consistenza.

Dopo aver lanciato un altro grido, l’aquila si allontanò, facendo forse ritorno al suo nido.

 

Il mondo era divenuto più grande, e il suono del vento era assordante.

Dopotutto, trasformarsi in una formica per evitare la cattura non era stata un’idea così geniale. Il senso di panico, il vuoto sotto di me, il freddo, e quel suono assordante non riuscivano a farmi ragionare lucidamente.

Dopo un po’mi feci spuntare delle minuscole ali, ma le correnti d’aria erano troppo forti per essere domate da un’apertura alare così minuta, e un dolore lancinante  all’attaccatura mi suggerì di farle sparire al più presto possibile, o si sarebbero staccate da sole.

Allo stesso tempo, non potevo tornare ad essere un changeling, o sarei stato nuovamente attaccato.

Non disponendo di energie sufficienti per diventare un uccello abbastanza grande da poter tener testa a quell’aquila, continuai a riflettere su come risolvere il problema.

Mentre ruzzolavo nel vuoto, entrai in collisione con una spora, ma le mie zampe persero la presa quasi subito, e ripresi a cadere. Non mi ero mai sentito così in pericolo.

Non mi restava che un’unica, folle, soluzione.

 

Mi avvolsi in una minuscola, e pressoché invisibile fiammella verde, e mi feci ragno. Sperando che tutto andasse per il meglio, iniziai a tessere un filo, avvolgendolo su sé stesso fino a formare una specie di vela. Le turbolenze non si affievolirono, ma in compenso la discesa iniziò a rallentare.

Stava funzionando… per davvero!

Le mie mandibole fecero trapelare un sorriso.

 

Durante il soggiorno nelle Terre dei Monsoni, avevo sentito parlare di alcuni ragni in grado di percorrere grandi distanze grazie al vento ed al loro filo, compiendo delle vere e proprie migrazioni durante il periodo in cui i venti soffiavano prepotenti verso l’entroterra, rendendo il tramonto uno spettacolo unico nel suo genere. Le avevo sempre considerate dicerie da mucche, eppure avevano un fondamento.

 

Dopo essere rimasto in balia per un lungo periodo di tempo, decisi di averne abbastanza di essere sballottato a destra e a manca. Era ora di darci un taglio.

 

Mi avvolsi nuovamente nelle fiamme verdi, e mi trasformai in un piccione dal piumaggio bianco marrone. Subito dopo aver domato lo stallo iniziale,  mi lanciai in picchiata verso un’ansa del fiume, prossima alla catena montuosa di San Palomino.

In prossimità del corso d’acqua si era radunata una mandria di bisonti, nella quale giravano con fare disinvolto delle antilopi.

 

Era tempo di nutrirsi: le ultime fatiche mi avevano ulteriormente indebolito, ma confidavo di riuscire a trasformarmi in un’antilope, e sfamarmi prima che le ultime forze venissero meno.

Atterrai in una zona dove l’erba era più alta, e ne uscii sotto forma di una femmina di antilope. M’incamminai verso le rive del fiume.

Avvicinatami al corso d’acqua, iniziai a studiare l’ambiente.

Oltre ai bisonti e alle altre antilopi, erano presenti sia dei facoceri che dei fenicotteri. Tra i versi di tutti quegli animali, lo sbattere d’ali e lo scrosciare dell’acqua c’era un baccano assordante.

Quasi immediatamente, trovai quello che stavo cercando: madri che si stavano prendendo cura dei propri cuccioli.

Grazie a quell’amore materno, una delle migliori energie che i changeling fossero in grado di assorbire, avrei potuto rimettermi in sesto abbastanza in fretta. Era un vero peccato che nelle terre dove la sopravvivenza è una sfida quotidiana tale sentimento non durasse a lungo... In alcuni animali, specialmente tra i predatori, tra madre e figlie addirittura si veniva a creare un’accanita rivalità per il controllo del territorio.

Il chageling decise di passare in quella baraonda che ai suoi occhi si presentava come un insieme di tanti succulenti buffet senza fermarsi, al fine evitare di dare nell’occhio. Per assorbire l’amore provato da tutte quelle madri per le rispettive creature da poco venute al mondo avrebbe utilizzato quello che i Changelings chiamavano “Assorbimento Indiretto”: un processo che si basava sul dirottare verso sé stessi parte dei sentimenti provati dalla preda.

Era una tecnica assai meno ristorativa rispetto all’amore ricevuto direttamente, sia in termini di qualità, poiché l’amore provato nei confronti di un changeling, anche se sotto falsa identità, è molto più nutriente rispetto al “furto” dei sentimenti provati nei confronti di un’altra creatura, che in termini di quantità, dato che l’eccedere avrebbe portato la cessazione dei sentimenti nutriti, e nelle prede più scaltre la messa in allerta nei confronti di un pericolo non ben distinto.

Molti changelings persero la vita per aver oltrepassato quel limite.

Ma l’elevato numero di prede avrebbe fatto il resto. Avrei iniziato da un gruppo di antilopi lì vicino. Scegliere di essere un esemplare femmina mi avrebbe anche evitato le contese di rango con gli altri maschi, e mi sarei potuta avvicinare più facilmente alle altre femmine. Mentre camminavo con un passo rallentato dalla stanchezza, notai che c’erano altre diverse specie di uccello, ma non seppi riconoscerle.

Il sole era ancora lontano dal tramontare.

La mia avanzata venne interrotta da una voce spavalda, che mi suggerii di riposarmi e di bere prima qualche sorso d’acqua, ma non quella del fiume, poiché fino a poco fa ci si erano fatti il bagno diversi bufali, dopo un’intensa giornata di scontri. Mi voltai, con sguardo stanco, per scrutare il mio interlocutore.   

Era un esemplare maschio di antilope, dal manto lucido di color marrone e bianco, poco più basso di me… e dalle corna dritte, le cui estremità mostravano solo una leggera rientranza. Si vedeva lontano un miglio che non erano del tutto sviluppate: stavo avendo a che fare con un esemplare ancora giovane. Se non fossi stato così ansioso di nutrirmi, avrei riso.

≪Torna a giocare alla lotta, piccolo.≫, dissi senza enfasi.

≪Giocare alla lotta!? Pfff tra qualche settimana, quando giungerà la nuova stagione degli amori, vedrai se non diventerò il capoclan delle antilopi Cornopietra. Solo pochi giorni fa ho scacciato un coyote tutto da solo!≫. Mentre diceva quest’ultima frase tirò verso il cielo il collo, impettendosi. ≪Piuttosto… Tu di che branco sei? Non ti ho mai vista da queste parti≫.

≪Io… beh, la faccenda non ti riguarda, e adesso torna dalla mamma≫.

≪Humm… Mai incontrata un’antilope più scorbutica! Devi per forza venire dall’altra parte delle colline. Ho indovinato? Eh, ho indovinato?≫.

Alzai gli occhi al cielo… dovevo fare qualcosa per sbarazzarmi di lui, e per un istante considerai realmente l’idea di tramutarmi in una di quelle tigri che avevo incontrato in una delle giungle delle Terre dei Monsoni... era una regione dal nome troppo complicato per essere ricordato, ma oltre al fatto che non avevo sufficienti energie per completare la trasformazione e mantenerla, ciò avrebbe significato dire addio al nutrimento, e a rischiare di venire ucciso dalle creature più grandi, come quei bisonti. Reprimendo l’istinto, ripresi a dirigermi verso i miei obiettivi, ma il giovane esemplare continuò a seguirmi, tartassandomi di domande. Fermatami nuovamente, riprovai ad allontanare verbalmente lo scocciatore.

≪Si... Hai indovinato... vurante la migrazione abbiamo avuto a che fare con dei predatori... ed ho perso di vista il mio branco. No, non sono più riuscita a ritrovarlo, e adesso... vorresti gentilmente toglierti dalla mia vista e lasciarmi dissetare in santa pace!?≫. La mia voce era affannata. Le energie stavano iniziando a mancare.

≪Mi dispiace...≫, disse la giovane antilope inclinando verso il basso il muso -con annesse corna-. ≪Comunque per quanto dicevo prima, sull’acqua... dai retta a me; in questo punto  la corrente è quasi assente, e sei davvero sicura di non voler bere della sana e fresca acqua di torrente? Mi sembri esausta, e quell’acqua di fonte farebbe proprio al caso tuo! Dai, seguimi non è molto lontana da qui!≫.

≪Ma che bravo… E così vorresti allontanarti dal tuo branco.≫, dissi facendo una pausa per riprendere fiato. ≪E come la mettiamo con gli eventuali predatori?≫.

≪Tsk, per quelli basto io, Nanger Cornopietra. Su dai, andiamo!≫, rispose orgogliosamente il giovane pretendente, che dopo essersi ritrovato tra le zampe una femmina senza branco, pareva intenzionato a non farsela scappare.

Ma quanta isistenza! Voltò il collo allungato, per i miei standard di changeling, in direzione di una cucciolata, e poi osservai nuovamente il mio l’importunatore. In realtà per l’acqua del fiume non rappresentava alcun problema, nutrendomi in modo completamente diverso, ma finché avrei avuto una vera e propria palla al piede come quel giovane pretendente, non avrei potuto usufruire di tutto quell’amore materno.

Proprio a me doveva capitare il maschio più arrapato della mandria. Decisi che ne avrei fatto l’antipasto; con le giuste leve sul carattere dello scocciatore me lo sarei levato di torno in un quattro e quattrotto. E sarei potuto tornare alle cucciolate.

≪Fammi strada.≫, dissi con un sospiro.

Con un sorriso, Nanger l’antilope si alzò sulle zampe posteriori, in segno di vittoria per la sua conquista.

 

Il tanto acclamato affluente non era eccessivamente lontano dal punto in cui si trovavano le mandrie, ma un eventuale attacco da parte di predatori non era da escludersi.         Possibile che quell’antilope fosse così scellerata? Devo riconoscere che si trattasse un vero temerario, per essere un erbivoro.

Dopo aver osservato il panorama da un punto rialzato, la giovane antilope annunciò che non c’erano minacce.

Ne fui in parte rassicurato, non essendo certo di poter contare su energie sufficienti per un combattimento.

≪Su, che aspetti assaggia! Acqua pura e fresca, con tanto di minerali! Non puoi immaginare quanto faccia bene alle corna!≫.

Mi avvicinai al corso d’acqua, e con la lingua feci finta di bere il liquido trasparente.

Era piacevolmente fredda, e dal gusto leggermente calcareo. Tuttavia non potevo permettermi di mandare giù nemmeno un sorso, poiché i Changelings non possedevano alcun tipo di apparato digerente, in quanto si nutrivano esclusivamente dei sentimenti provati dalle altre creature, e non necessitavano quindi alcun bisogno di cibo, di acqua, o di riposo; quest’ultimo consentiva solamente di risparmiare le energie, ma non di recuperarle. Anche durante la trasformazione gli organi interni non mutavano, poiché il camuffamento si limitava solamente alla parte esteriore e alle strutture direttamente connesse, come lo scheletro e l’apparato muscolare e nervoso. Ragion per cui la bocca di un changeling era connessa soltanto ai polmoni, ed era importantissimo prestare la massima attenzione a non ingerire alcunché, o ne sarebbe seguita una morte per asfissia.

≪Allora, che ti dicevo?≫, chiese con tono soddisfatto l’antilope.

Immersi parte della testa nella pozza, per rinfrescarmi.

≪Sei insistenete, Nanger, ma devo ammetterlo: sai il fatto tuo. Te lo riconosco… e così speri di diventare il capobranco della tua mandria?≫.

≪Ma certo! Tempo qualche settimana, e gli scontri per la posizione di maschio alfa inizieranno. Ed io ne sarò il vincitore.≫.

≪Ma dimmi… Ammettendo che tu abbia davvero sconfitto un coyote da solo, cosa che mi sembra più una storia da raccontare per far colpo sulle antilopi più sprovvedute... come speri di riuscire a sconfiggere in combattimento dei maschi molto più grossi di te?≫.

≪Tsk, la forza bruta da sola non basta; bisogna saper usare anche l’ingegno, e quest’ultimo, assieme alla saggezza e alla velocità per un erbivoro sono doti ben più importanti della sola forza fisica e delle corna. Inoltre, grazie alla mia fonte, le mie corna stanno crescendo sempre più robuste, e presto potrò competere senza problemi con Ammodorcas, l’attuale maschio alfa.≫.

Rimanemmo in silenzio, seduti a contemplare il ruscello. Il cielo stava inizando a tingersi dei colori del tramonto.

≪Posso darti una dimostrazione...≫, disse la fastidiosa antilope, nel cui tono era palpabile un lieve imbarazzo.

≪E va bene.≫, risposi. ≪Ma vacci piano.≫, aggiunsi, facendo l’occhiolino.

Nanger arrossìi, e ci schierammo l’uno di fronte all’altro, separati da pochi metri di distanza.

≪Caricami senza troppi complimenti!≫, mi la schernì l’antilope.

Nonostante l’affaticamento, mi buttai sull’avversario senza risparmiarmi; avevo accettato di partecipare alla dimostrazione più per interrompere lo stallo, e solo mentre stavo caricando contro il mio problema mi resi conto che stavo sprecando inutilmente le mie ultime energie. L’antilope era a portata delle mie ridotte corna, lo scontro era imminente. Ma, poco prima del contatto, il mio avversario scartò alla sua destra, e sentì le mie zampe posteriori perdere il contatto con il terreno, subito dopo aver percepito il tocco delle corna avversarie che stavano premendo sul suo addome. Il mondo girò su sé stesso e mi ritrovai a pancia all’aria con un’antilope seduta all’attaccatura delle zampe posteriori. Ero stata bloccata e mi ero ritrovata un paio di corna puntate al suo collo.

≪E il gioco è fatto. Non sembrerebbe, eppure se presi con il giusto tempismo, sono in grado di alzare pesi ben più gravosi.≫.

Rimasi senza parole. Ero stato sconfitto da una giovane ed assillante antilope. Mutai l’espressione stupita in una più maliziosa, che lasciò interdetta l’antilope vincitrice.

≪Sai, mi hai davvero sorpresa; non mi sarei mai immaginata una mossa simile...≫, dissi con tono suadente.

≪Oh... grazie!≫, disse il giovane esemplare socchiudendo gli occhi ed arrossendo nuovamente. ≪Era iniziato come un gioco tra me e il mio fratello maggiore... che purtroppo non è sopravvissuto all’incursione di cinque leonesse avvenuta qualche mese fa… E questa cosa mi ha salvato dai bulli del mio branco che...≫.

Era il momento.

≪Sono certa che diventerai davvero il maschio alfa.≫, lo interruppi. ≪E… voglio confidarti un piccolo segreto; nel mio branco la stagione degli amori sarebbe dovuta iniziare qualche giorno fa… e…≫.

Non fu necessario aggiungere altro:  i ferormoni rilasciati a comando spiazzarono Nanger, che colti gli odori sgranò gli occhi, e balbettò qualcosa simile a un “non mi ero accorto che tu…”.

≪Sarai un ottima guida, e anche un ottimo padre. Dei cuccioli con anche solo metà della tua vitalità saranno l’orgoglio del branco.≫.

Era caduto nella mia rete.

 

Prima che il sole iniziasse a tramontare, abbandonai la giovane antilope al suo destino, lascindola priva di sensi.

Che ingenuo… era bastato un nonnulla per averlo ai miei piedi. Un vero peccato che la passione giovanile non potesse minimamente paragonarsi all’amore materno, che a breve avrebbe finalmente potuto assaporare.

Meglio di quei sentimenti c’erano ben poche cose…  come la relazione tra il Capitano delle Guardie di Equestria e la sua promessa sposa. La Regina aveva comunque impiegato mesi e mesi per riuscire ad arricchire i sentimenti di Shining Armor, nonostante partisse da una posizione privilegiata. Ed era servito ancora più tempo per studiare la futura coniuge, in modo da non mandare all’aria la copertura.

Tutto sommato, in fin dei conti me l’ero andata a cercare, scegliendo la via più facile. Non mi era mai stato chiaro come mai nella maggior parte dei casi fossero i maschi a cercare le attenzioni delle femmine, ma di solito bastava trasformarsi in un esemplare femminile di bell’aspetto per ricevere un sacco di attenzioni.

Mi tornò in mente una delle lezioni della Saggia Bee 382, quella sulle mantidi religiose. Al solo pensiero, mi tastai il lungo collo con una smorfia di’inquietudine e disgusto.

Ad eccezione delle regine, i Changelings erano asessuati, e per questo motivo non si ponevano troppi problemi sul genere di appartenenza, quando si trattava di sedurre una preda per risucchiarne l’amore.  Talvolta non era nemmeno necessario il contatto fisico, e in quei casi si riusciva a trarne una vera e propria miniera di energie. Tuttavia, era necessaria una certa destrezza nel farsi corteggiare dal parthner tenendolo a debita distanza, senza che questo si stancasse di essere rifiutato.

Ma anche questa fonte tendeva a esaurirsi nel giro di qualche anno al massimo: solo i più gonzi erano ben felici di rimanere all’amo. Il mettersi in coppia era un’altra strada molto battuta, ma per il popolo mutaforma era sovente spostarsi da un posto all’altro nel giro di un paio di mesi, e capitava di rado che un changeling riuscisse a costruire una relazione così intensa da soddisfare pienamente il proprio fabbisogno giornaliero. E quando giungeva il tempo della migrazione… I changelings più coinvolti tendevano ad indebolirsi a causa degli effetti collaterali della relazione, sentimenti negativi dovuti all’addio. Volente o nolente, quei changelings avrebbero dovuto superare la perdita, o sarebbero stati i primi a fare i conti con la selezione naturale.

Ad ogni modo mi aveva sempre dato fastidio il fatto di dover sempre aver a che fare con la sbruffonagine dei maschi, specialmente in vista della stagione degli amori. Stagioni sulle quali le migrazioni dello Sciame erano tarate, e la scoperta di Equestria, unita allo sviluppo dei bozzoli, prometteva di essere una vera e propria manna dal cielo: un’oasi nella quale sostare per lungo tempo, forse addirittura insediarsi.

“La prossima generazione di changelings molto probabilmente sarà nativa di Equestria”, dicevano. “Andrà tutto bene”, dicevano.

Dopo la disfatta della Regina Butterfly nelle terre dei pinguini, la nuova eletta, la Regina Chrysalis, decise di modificarei consueti itinerari, e fu così che venne a scoperta dell’esistenza delle magiche Terre di Equestria.

Dando un’ultima occhiata all’antilope svenuta, pensai che non sarebbe bastato un gioco da cuccioli per sconfiggere il maschio alfa. È vero, aveva sì sconfitto una sedicente antilope femmina... allo stremo delle forze. Ma con un esemplare adulto sarebbe stata tutta un’altra storia. Forse tra qualche anno avrebbe avuto una concreta possibilità, ma per tutto quel periodo si sarebbe ritrovato ai margini del branco: era carne da macello. Mi voltai immediatamente, allarmato da un improvviso rumore sordo e basso; pareva un’esplosione, ma doveva essere avvenuta in un luogo molto lontano. 

Mi rifeci piccione, e svolazzai sul branco di antilopi per godere in santa pace il mio meritato pasto.

Destai qualche sospetto, perché più di un’antilope aveva percepito una situazione anomala legata a quel piccione, ma andò tutto bene: nel giro di poco tempo feci il pieno di energie.

Per la prima volta dal mio risveglio, il fatto di essere l’unico predatore della zona tornò utile; con lo Sciame mi sarei dovuto accontentare di una ben misera porzione, invece di potermi ingozzare come solo qualche volta in vita mia avevo potuto fare.

Una volta sazio, si mi resi conto di aver comunque intaccato una parte a dir poco irrisoria della fauna locale. Avevo prosciugato le energue di due madri ed alcuni cuccioli, ma al loro risveglio si sarebbero sentiti solamente stanchi, come quando si ha dormito male. Stessa sorte sarebbe caitata a Nanger, ammesso che un predatore non lo avesse trovato mentre versava ancora in stato d’incoscienza. 

Posatomi su di una pietra, emisi nuovamente il richiamo, rimanendo nella forma di piccione. La tipologia di animale non influenzava la portata del verso; si limitava solamente a rendere più complicato il riconoscersi tra changelings. Ma neanche questa volta ottenni una risposta.

Attesi ancora un po’, confidando in un richiamo tardivo, ma già sapevo non ci sarebbe stato alcun esito favorevole. Nel frattempo, meditai sul da farsi.

Il cielo aveva ormai perso ogni colore, e le stelle risplendevano  come tanti piccoli punti luminosi: la luna aveva già iniziato a perdere la sua pienezza.

 

I changelings erano difficili da vedere al buio, tuttavia il richiamo, che era udibile soltanto alla sua specie, avrebbe sopperito a questo problema. Nella forma originale, i miei occhi erano inoltre capaci di vedere abbastanza bene al buio, e viaggiando avrei avuto più probabilità di incontrare i miei simili.

Spiccai il volo, e dopo aver preso quota e volato nel chiarore della luna,  mi avvolsi nella verde fiamma, trasformandomi in changeling. I pochi testimoni che si accorsero dell’evento credettero di aver preso un abbaglio, o sognato ad occhi aperti, ed ignorarono il fenomeno.

Decisi di seguire il fiume alla volta di Equestia; certamente la Regina Chrysalis avrebbe ambito a riconquistare le terre dei pony. E di sicuro altri changelings avrebbero deciso di rimanere in zona al fine di trovare i propri simili, o di essere a loro volta trovati.

≪Dovessi girare tutto il continente, giuro che troverò la Regina e gli altri!≫, gridai nuovamente.

Con tale convinzione nel carapace, volai per tutta la notte, incurante del freddo, e determinato più che mai nel trovare i miei simili. 

Nell’arco della nottata il feci frequenti  pause per lanciare nuovi richiami e sfamarmi passivamente ogni qualvolta se ne presentasse l’occasione. A tutti i richiami lanciati di quella notte, tuttavia, nessuno rispose.

   
 
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