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Autore: BeaterNightFury    31/08/2019    0 recensioni
Ho letto da qualche parte che anche la persona più piccola può cambiare il corso del tempo.
Nessuno ha MAI detto se in meglio… o in peggio.

Ventus ha 16 anni, una meravigliosa famiglia adottiva, e un sacco da imparare sui mondi.
Terra e Aqua hanno responsabilità e sogni, e forse un po' il bisogno di comportarsi da giovani.
Lea ha una sorellina per cui è tutto il mondo, Isa ha un cane, Zack ha una ragazza e un amico da aiutare.
Sora ha troppa felicità per il suo bene, Riku ha la testa dura, e Kairi qualcosa che dovrebbe ricordare.
Insieme ad altri, condividono una sola storia.
(La trama è vagamente ispirata alla vecchia fanfiction "Til Kingdom Come" che ho scritto con i miei amici, ma questa considera canon la trama e gli eventi di Kingdom Hearts 3, quindi potrebbero esserci degli spoiler più avanti)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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E questa prima avventura sta arrivando alla sua conclusione!
Grazie a tutti i lettori, sia a quelli che leggono in silenzio che a quelli che commentano, a quelli che seguono e a quelli che hanno dato una lettura occasionale.
You rock. ;)
(e ovviamente grazie a chi ha scritto e betato con me, e ai ragazzi che hanno ispirato la storia…)
 
… io non metterei via i fazzoletti, se fossi in voi.
 
Legacy – Capitolo 10
Quando Saremo Grandi
 
«Ripassiamo, Shiro. Cos’è che devi fare?» Axel le mise nelle mani la sua mazza da Struggle.
«Arrivo in finale, mi scontro con Roxas e gli dico che deve tornare a casa. Giusto?» Shiro annuì.
Axel sorrise – il suo sorriso forzato, ma era sempre meglio di vederlo abbandonato in camera.
«Brava, funghetto! Lo hai memorizzato!»
Roxas era dall’altra parte del palco eretto sul ring di sabbia, intendo a discutere con tre ragazzi della sua età. Shiro li aveva già visti nella vera Crepuscopoli, e se non ricordava male, i loro nomi erano Pence, Hayner e Olette, e Pence sembrava il personaggio di un vecchio film.
Le riusciva difficile credere che tutto attorno a lei, tutti attorno a lei, salvo Axel e Roxas, fossero finti come Mister Kupò. Che la Crepuscopoli attorno a loro era stata interamente costruita da un computer.
«Allora, quel Seifer là contro cui ti hanno messa, sembra un duro grande e grosso, ma non scordarti che è fatto al computer.» Axel le mise le mani sulle spalle, facendo un altro sorrisetto. «Un bug o due nel suo codice e cadrà come una pera cotta non appena lo colpisci. È a Roxas che dobbiamo arrivare. Gli parli, lo prendi per mano, e ce ne andiamo.»
«Quando si ferma il tempo?»
«Quando si ferma il tempo.» Axel le mise una mano sulla spalla, poi le fece fare un passo in avanti.
Sul palco adibito a ring, il negoziante del mercato delle armi, Biggs, stava iniziando ad annunciare.
«Bene, è ora di presentare i combattenti di oggi! I quattro ragazzacci che si sono fatti strada nei preliminari!»
Shiro fece una mezza smorfia. Non era esattamente quello che si diceva un ragazzaccio, lei, ma se era lì per una ragione, non le importava più di tanto.
«Finalista abituale e capo del Comitato Disciplinare di Crepuscopoli… Seifer!»
La mano dell’annunciatore indicò il più grosso dei quattro contendenti, un ragazzone con un cappello calato in faccia e un’aria quasi cattiva. Per certi versi, Shiro aveva un po’ paura di lui, ma quello che Axel le aveva detto sulla simulazione la rassicurava.
«L’imprevisto dell’anno… non ha ancora colpito l’adolescenza, ma di certo sa tirare colpi se è arrivata qui… Shiro!»
Risuonò un tiepido applauso, e gli altri tre concorrenti guardarono il suo angolo. Istintivamente, Shiro cercò Axel con lo sguardo dietro di lei, ma lui si era dileguato.
La ragazzina si girò di nuovo verso Roxas, ma a parte un’occhiata curiosa verso di lei, il suo vecchio amico non dava segno di riconoscerla.
«Quanti anni avrà?» Shiro sentì Olette chiedere a Pence. Sembravano quasi preoccupati per lei.
«Il preferito dei bassifondi, nonché il più sfrontato di Crepuscopoli: Hayner! È la prima volta che arriva in finale!»
In quel momento, Roxas si concentrò nuovamente sul terzo sfidante, Hayner. Sembrava abbastanza legato a lui per come lo guardava.
«E il contendente numero quattro, che si da il caso sia il mio cliente preferito, Roxas! Allora, chi vincerà lo scontro più bollente dell’estate?»
Il presentatore fece gesto ai partecipanti di avvicinarsi al tabellone. Hayner era all’estrema sinistra, Roxas accanto a lui, e Shiro prese posto tra lui e Seifer. Nonostante fossero talmente vicini da potersi sfiorare, Roxas non la guardava nemmeno.
«Ma che gli prende adesso?»
Non lo so. Ma non parlargli davanti agli altri,” la sua coscienza la ammonì.
L’annunciatore ripeté loro le regole e consegnò loro le mazze e delle sorta di protezioni con attaccate sopra delle palline coperte di velcro. Da quanto sembrava, lo scopo del gioco era di rimuoverne quante più da addosso all’avversario, e se questo significava colpirlo, Shiro era certa di poterci riuscire.
D’altra parte, era quasi un anno che si era allenata a tirare colpi di spada con Roxas e… a tirare colpi di spada con Roxas.
I primi a battersi furono Roxas e Hayner.
Lo scontro sembrava quasi prevedibile: quell’Hayner doveva essere una testa calda, perché tendeva a perdere il controllo e a trascurare la difesa. Roxas fu a dir poco rapido a staccargli quasi tutte le palline di dosso prima che venisse fischiata la fine.
Shiro e Seifer vennero chiamati sul ring mentre Roxas aiutava Hayner ad alzarsi e i due amici iniziavano a scherzare tra loro. Quando Seifer oltrepassò Hayner, il ragazzo riccioluto prese a schernirlo e a chiedergli se avesse fretta di perdere.
Shiro passò davanti a Roxas, accennando un gesto di saluto. Il ragazzo sollevò un angolo della bocca in un sorriso, ma sembrava più che altro di educazione.
«Devi sperare che vinca la piccola, Roxas, almeno avrai uno sfidante simpatico!» Hayner commentò prendendo l’amico per un braccio e allontanandosi dal palco. «Mi chiedo però che ne penserà lui quando verrà stracciato da una bambina…»
«La batterò, damerino.» Seifer sibilò veleno all’indirizzo di Hayner e Roxas. «E senza nemmeno sudare!»
Hayner, ormai con Roxas fuori dal ring, si limitò a ridacchiare.
Ancora nessuna reazione da Roxas.
Avanti, Shiro. La dodicenne si mise in guardia. Devi battere questo burino per parlare con Roxas.
L’arbitro segnalò il via, e Shiro si mise immediatamente in guardia.
Non poteva essere più difficile di tutte le volte che lo aveva fatto con Roxas – doveva solo resistere un minuto.
Sembrava che il suo avversario fosse più che intenzionato a sfruttare la sua stazza maggiore per prevalere – bene, Shiro sapeva cosa fare in un caso del genere.
Roxas le aveva insegnato a rotolare via dal pericolo. Ad essere veloce abbastanza da contrattaccare dopo una parata. Strappò due palline a Seifer, se le attaccò addosso con la mano libera, e poi fuggì lontano, schivando il resto degli attacchi e con qualche contrasto quando non le era possibile correre.
Mai dare le spalle.
Il fischio conclusivo sembrava non arrivare mai, ma quando finalmente le venne detto di smettere, era in vantaggio.
«Non ci credo!» Hayner esclamò da sotto al palco. «Ci è davvero riuscita!»
«Deve aver avuto un bravo insegnante, o comunque ha una buona tecnica. Quei colpi sembravano un po’ come i tuoi, sai Roxas?» Pence commentò dando di gomito all’amico.
Davanti a Shiro, Seifer sembrava quasi gonfio d’ira. Girò i tacchi e scese dal palco a testa bassa. Mentre si faceva strada nella folla a manate, Shiro sentì Hayner che gli urlava: «Le hai proprio prese stavolta, eh “grande capo”? E da una bambina per giunta!»
Shiro soppesò la mazza nella mano e ripassò mentalmente il piano. Combattere come se fosse tutto normale. Aspettare che il tempo venisse fermato. Parlare con Roxas solo allora. Portarlo via di lì. Agire in fretta. Andare via.
Roxas salì sul palco e l’annunciatore riprese a parlare.
«Questo è il momento che stavamo aspettando, signore e signori! È l’ora della finale! Gli unici due concorrenti rimasti sono Shiro e Roxas! Chi dei due si aggiudicherà la vittoria?»
«Non ci andrò piano, per niente» Shiro squadrò Roxas e gli fece un sorriso di sfida. «Shiro, piacere... tu sei Roxas immagino.»
Roxas non fece una piega, ma sorrise di rimando. «Ho visto come hai conciato Seifer… credo che inizierà a portare un sacchetto in testa.»
«Il merito è dell’insegnante.» Shiro volse lo sguardo al pubblico. Era calato il silenzio in attesa del via, ma si stavano ancora muovendo. Li stavano ancora guardando e ascoltando. «Un po’ mi dispiace per quel burino, però.»
«Naaah, ha avuto quel che meritava.» Roxas ridacchiò.
Ancora non dava segni di riconoscerla.
Al via, Roxas partì immediatamente con un fendente, cercando di colpire Shiro al fianco destro, ma lei se lo aspettava. Era stato uno dei primi attacchi che le aveva insegnato a schivare, e non fu difficile scartare verso sinistra, fare un passo indietro e mantenere la mazza verso il lato che Roxas intendeva colpire.
Shiro quasi si concesse di sorridere vedendo l’espressione sconcertata del ragazzo.
Si stava trattenendo o davvero non ricordava nulla?
Ruotò il polso e iniziò un contrattacco. Roxas fu rapido a chiudere la guardia, ma la smorfia sul suo volto tradiva una certa perplessità.
Quando tornò sull’offensiva, tuttavia, il ragazzo sorrideva. Sembrava si stesse iniziando a divertire.
«Perché non ti unisci a noi dopo il torneo?» Le chiese, tra un colpo e l’altro. «Olette sarebbe contenta di avere un’altra ragazza in gruppo!»
Cosa stava dicendo? Davvero non ricordava nulla? Shiro voleva dirgli di smetterla, di piantarla con la recita, ma attorno a loro, gli abitanti della città virtuale ancora si muovevano e urlavano il loro tifo, e non poté che rispondergli un incredulo: «Davvero?»
«Beh, ai ragazzi stai già simpatica.» Roxas parò il suo colpo e caricò subito un fendente dall’alto.
Shiro alzò la mazza per parare. Sarebbe stato bello far parte di una comitiva del genere, se solo fosse stato vero. Forse, quando tutto si fosse aggiustato, sarebbe stata una possibilità. Come sarebbe potuto essere un futuro in cui avrebbero potuto mangiare il gelato ogni giorno senza missioni che li separassero, senza che Roxas tornasse malconcio o di umore pessimo, o con un qualche problema da risolvere?
Voleva solo il suo migliore amico indietro.
«Mi piacerebbe. Tu sei…»
… il mio migliore amico…
Si aspettò il fischio di fine partita da un momento all’altro. Non aveva più contato le palline, anche se era certa che Roxas gliene avesse tolte di dosso parecchie – era rimasta più impegnata a cercare di parlargli che a cercare di parare.
Il fischio non venne. Invece, nell’arena calò il silenzio assoluto.
«Roxas…» Shiro abbassò subito la mazza e si guardò intorno. Dov’era Axel quando avrebbe dovuto spiegare?
Il ragazzo si guardò attorno smarrito. «Che succede? Perché nessuno si muove?»
Era il momento. Doveva dirglielo ora.
Shiro abbassò la guardia e portò al fianco il braccio che reggeva la mazza - secondo la sua coscienza, per mostrare fiducia avrebbe dovuto mostrarlo con il linguaggio del corpo - poi sollevò lo sguardo e si schiarì la gola.
«Roxas, so che non mi credi, o magari non lo ricordi soltanto, ma… tu eri il mio migliore amico.» Era come farsi tirare un dente che ballava, ma Shiro continuò a parlare. «Fino a qualche giorno fa andavamo sempre a mangiare il gelato insieme, mi hai insegnato tu a combattere con la mazza. Tu sei il mio migliore amico
Shiro si sentiva gli occhi pieni di lacrime e avrebbe voluto che lui la abbracciasse, ma Roxas fece due passi indietro, visibilmente confuso. Aveva gli occhi sbarrati e passava lo sguardo da Shiro ai suoi amici nella folla immobile.
Fu allora che Axel si decise a ricomparire.
«Vuoto di memoria con la V maiuscola, eh?» commentò apparendo alle spalle di Roxas, il volto celato dal cappuccio, e camminando verso di loro. «Davvero non ti ricordi?»
Roxas si girò di scatto, i suoi riflessi affinati da un anno di missioni che non ricordava.
«Non ricordi nemmeno lui?» Shiro passò lo sguardo da Roxas ad Axel.
«Sono io… Axel!» Axel si tolse il cappuccio e fissò Roxas con quello che poteva sembrare un sorriso, ma era un'espressione che Shiro non gli aveva realmente visto.
«Aspettate un momento!» Roxas si girò di novanta gradi, in modo da poter guardare sia Axel che Shiro in faccia. «Ditemi che sta succedendo!»
«Roxas, tu sei il mio migliore amico. Vivevamo nello stesso posto, che non è questo. Anche lui è tuo amico, si chiama Axel. A-x-e-l. Lo hai memorizzato?» Shiro fece un altro tentativo, imitando Axel finanche nei gesti.
Ma Roxas non sembrava rispondere.
Fu abbastanza perché Axel si facesse serio.
«Questa città è la sua creazione. Non c'è tempo per le domande.» Tese le braccia, e fiamme gli partirono dalle mani. «Verrai con noi, da solo o di peso.»
«Axel, no.» Shiro scosse la testa e si mise istintivamente a camminare, in modo da mettersi tra i due.
«Poi ascolterai la storia.» Axel non la sentì. Le fiamme che gli erano partite dalle mani si erano condensate a formare i suoi chakram.
Shiro, no!” la coscienza le urlò nella testa mentre lei accelerava il passo, mazza alzata nel tentativo di intercettare Axel.
«Shiro, sì!» La ragazzina gli ribatté senza fermarsi.
Un momento prima, Axel stava andando loro addosso, con il momento dello scatto che gli impediva di fermarsi.
Ci fu un lampo di luce, un rintocco di metallo su metallo, e Shiro cadde all'indietro addosso a Roxas, facendo crollare entrambi sul pavimento del ring con la bambina seduta in grembo al ragazzo.
Ma anche Axel era stato sbalzato indietro.
Non era caduto, era solo barcollato qualche passo indietro, ma fissava Shiro e Roxas, attonito, con gli occhi sbarrati.
«No… non ora, maledizione!»
Stava fissando le mani di Shiro. A sua volta, la ragazzina si guardò in mano, e non c'era nulla di strano - era solo la sua mazza, che puzzava di bruciato e aveva sul lato un buco bordato di nero che ancora bolliva e fumava.
Non sembrava che Axel ci avrebbe riprovato, ma per buona misura Shiro si rimise in piedi e aprì le braccia, noncurante della mazza inutile.
«Non fargli del male, Axel! È nostro amico!»
Si aspettava che Axel le dicesse di togliersi, ma lui rimase sul posto, immobile, come se per la prima volta dopo tanto tempo non sapesse più cosa fare.
Shiro girò leggermente la testa verso Roxas.
«Mi credi adesso?» sbuffò.
«Anche tu…?» Roxas sembrava attonito quanto Axel. Ma qualcosa sembrava aver scattato nella sua mente, perché tese il polso che reggeva la mazza, e una serie di codici vi fluttuarono attorno, trasformando il giocattolo nel suo Keyblade. «Prima… la tua mazza era simile a questo.»
Fece un sorriso amaro.
«Non mi ricordo di te, Shiro…» Tirò un sospiro. «Tu ricordi come mi muovo, ti sei messa in mezzo e hai anche tu un Keyblade…»
«Non credo fosse un Keyblade vero e proprio.» Shiro mostrò la sua mazza, rotta oltre ogni speranza di ripararla.
«Ma…» Roxas mormorò. «Tutto questo non può essere un caso. Sembra uno dei vecchi film di Pence.»
«Non abbiamo tempo, ragazzi!» Axel si avvicinò a loro, ma in quel momento Roxas alzò il Keyblade.
«Non ho detto di riconoscere te.» Roxas digrignò i denti. «Potresti averla rapita, per quanto so.»
Axel non si mosse, ma fissò Roxas come se anziché dalle parole fosse stato colpito dall’arma.
Fu allora che nell’aria si sentì un ronzio, come di statico della TV, e dietro di loro apparve un uomo ammantato in rosso che Shiro aveva già visto.
«Roxas, quell’uomo delira!» DiZ, il vecchio pazzo che aveva cercato di rapire Shiro, tuonò all’indirizzo del ragazzo.
«Via, ragazzi, ORA!» Axel sembrava sempre più atterrito.
Roxas rimase piantato al suo posto, ma Shiro fece per scattare via. Non aveva fatto qualche passo che un’altra figura incappucciata, una che non riconosceva, la strinse al polso in una presa di ferro.
«Ora se non ti dispiace, Nessuno, porteremo la bambina al luogo a cui appartiene.» DiZ lanciò ad Axel un’occhiata di puro disgusto.
L’aria si riempì nuovamente di statico – ma era veramente aria? – e DiZ e Axel sparirono.
La piazza era di nuovo piena di urla e schiamazzi, Roxas aveva nuovamente in mano una mazza di gomma e quella che Shiro stringeva nel pugno era intatta.
Anche lo straniero era lì, e continuava a tenerla per il polso.
«Lasciami!» Shiro urlò immediatamente. Se era un uomo di DiZ, non poteva essere dalla sua parte – e Roxas l’avrebbe difesa, doveva farlo…
«Basta bravate, Shiro, ti porto a casa.» Lo sconosciuto le latrò da sotto il cappuccio. Per quanto apparisse grosso sotto al mantello, la sua voce era familiare.
Non era uno sconosciuto – era Riku, il ragazzo del castello.
«Hey! Che succede?» Roxas marciò verso di loro, mazza in resta.
«Ti ha dato fastidio?» Riku, senza togliersi il cappuccio, sostenne lo sguardo di Roxas e rispose in tono gentile. «L’ho cercata tutta la mattina. Devo riportarla da sua madre.»
Prima che Roxas potesse dire altro, Riku si scusò rapidamente con l’annunciatore, prese Shiro per le spalle e la portò via per il vicolo più vicino.
Passarono sotto un arco e la città attorno a loro prese a dissolversi, fino a mutare in una asettica stanza buia illuminata soltanto dagli schermi di un computer.
«Quindi era per questo che la tenevano con loro.»
DiZ, seduto davanti agli schermi, fissò Shiro con l’unico occhio che teneva scoperto.
«Il Re mi ha raccontato dei suoi genitori.» Riku disse. «Di come entrambi portavano la chiave. Se è vero che Xehanort intendeva usare il Keyblade per i propri fini, e ha già tentato di usare Sora…» Abbassò la testa. «Shiro, mi dispiace.»
 
Maledizione.
Era tutto quello che Axel riusciva a pensare.
L'operazione Roxas non era solo andata male - semplicemente non sarebbe potuta andare peggio.
Non solo Roxas non ricordava nulla e si era rifiutato di seguirli. Non solo aveva perso anche Shiro, che Saix aveva svergognatamente definito come "la migliore esca per riprenderlo".
No, ora il funghetto aveva anche quasi evocato il Keyblade per difendere il suo amico.
Axel fu quasi contento che Riku l'avesse presa - in una situazione del genere, il Superiore avrebbe molto probabilmente cambiato gli ordini, fatto qualcosa per legare la bambina a doppio filo con l'Organizzazione… e dato l'ordine di eliminare Roxas, forse persino alla stessa Shiro.
Quando Xemnas avrebbe saputo che Shiro aveva quasi evocato il Keyblade…
No.
Se l’avesse saputo.
Axel e Roxas erano gli unici testimoni dell’evento, Roxas era praticamente perduto, e Axel si sarebbe fatto scuoiare prima di confessarlo.
Non avrebbe perso qualcun altro.
 
Pensando a te, ovunque tu sia.
Preghiamo perché questa sofferenza abbia fine, nella speranza che i nostri cuori si riuniscano.
Ora io realizzerò questo desiderio. E chissà… ricominciare a viaggiare non è poi cosi difficile.
O forse il mio viaggio è già iniziato.
Ci sono tanti mondi, ma tutti condividono lo stesso cielo.
Un solo cielo, un solo destino.
 
«Inizia per S… giusto, Sora
 
Roxas stappò una boccetta di Pozione con i denti, sputò via il tappo lontano e vuotò il contenuto della bottiglia in un solo sorso.
Servì a ben poco per la morsa che gli aveva preso tutte le viscere e la nausea che lo tormentava da quella mattina, ma le ginocchia presero a tremargli di meno, e le ustioni che aveva su braccia e gambe presero a ritrarsi come la bassa marea.
Non sapeva quale fosse stata la notizia peggiore di quel giorno, e quei brevi momenti in cui, appena sveglio dopo una notte di incubi e dormiveglia, non era stato sicuro di riconoscere il suo aspetto, avrebbero dovuto essere il presagio che tutto sarebbe precipitato.
Non essere né visto né sentito dalle tre persone che erano tutto il suo mondo, scoprire che non era mai stato in quella foto… Axel, che secondo le ragazze Naminé e Shiro era il suo migliore amico, aveva cercato di ammazzarlo, più volte, per gli ordini di quella maledetta Organizzazione XIII da cui a quanto pareva lui era fuggito.
E non ricordava nemmeno perché.
Probabilmente, si disse passandosi i ricordi recentemente riavuti, perché Shiro – Shiro! Le aveva insegnato lui a combattere, ecco perché conosceva ogni sua mossa! – era stata rapita dal Superiore Xemnas che si spacciava per suo padre.
Ricordava il sapore del gelato, un pomeriggio di sole seduto tra Shiro e Axel, e i piani di andare via lontano, alla ricerca dei genitori della bambina.
Quel tentativo non doveva essere affatto andato a buon fine.
Il colpo più duro, però, era stata la rivelazione di Naminé.
“Roxas, i Nessuno come noi sono solo persone a metà.”
Aveva già sentito quella parola. DiZ l’aveva usata per insultare Axel alcuni giorni prima, ma Roxas non aveva immaginato che significasse qualcosa.
Invece, lui era un Nessuno. Altri ricordi, tornati alla sua mente davanti al computer che glieli aveva strappati, gli avevano riportato alla memoria che i Nessuno – quelli come lui – erano ombre lasciate dalla corruzione delle persone, esseri incapaci di provare sentimenti.
Allora perché le ginocchia gli tremavano? Perché era preoccupato per dove fosse Shiro adesso, per cosa le fosse successo? Perché si sentiva le budella ridotte a pappina, perché aveva gli occhi pieni di lacrime e voleva gridare?
Perché aveva paura di sparire?
Fino a pochi minuti prima, Roxas aveva sperato che Axel lo prendesse con sé, gli desse un abbraccio forte e gli dicesse che tutto sarebbe andato bene.
Una parte di sé stesso gli diceva che era quello che facevano gli amici.
Un’altra, disillusa e disgustata, lo aveva intimato di non fidarsi.
Era finita con lo stesso amico che Roxas aveva sperato avrebbe asciugato le sue lacrime, che invece aveva alzato le sue armi contro di lui, e spinto Roxas a fare lo stesso, a combattere e a sconfiggerlo per qualcosa che in fondo al cuore – se ne aveva uno – sapeva già essere inutile.
Trovò un’altra Pozione nelle tasche, la stappò e la bevve. Se davvero DiZ lo voleva fare secco, Roxas se ne sarebbe andato a testa alta. Le ultime chiazze rosse che aveva sugli arti sbiadirono nella pelle.
Era il momento.
Attraversò la stanza dalle pareti metalliche e appoggiò la mano sulla porta scorrevole, che si aprì rivelando un corridoio la cui parete sinistra era coperta da baccelli di vetro che andavano dal pavimento al soffitto.
La stanza sfarfallò per un momento, muri e pavimento distorti dallo statico, e qualcuno apparve in mezzo al corridoio.
Roxas fece per alzare la mano, ma davanti a lui Shiro si strinse nelle spalle, chiuse i pugni, alzò la testa e fece: «Ehi...»
Quasi tutto il peso che Roxas aveva sullo stomaco sembrò svanire. Shiro era lì. Stava bene!
«Shiro!»
Corse subito verso di lei, fermandosi solo quando ebbe una mano sulla sua spalla. L'avrebbe abbracciata, ma la paura di essere nuovamente aggredito dopo Axel era troppo forte.
«Roxas!» Shiro non sembrava dell'idea però, perché allungò le braccia a sua volta e lo strinse forte in un abbraccio. «Sei uno stupido! Pensavo non ti avrei più rivisto!»
«Mi dispiace, Shiro… mi dispiace…» Roxas avrebbe voluto dire molto altro, ma non ci riusciva.
Poteva soltanto immaginare quanto dovesse averla ferita non riconoscendola durante il torneo. Le cose che le aveva detto… le reazioni da cretino che aveva avuto…
«Sto bene, non devi scusarti.» Shiro lo lasciò andare e sorrise. «Sono io che dovrei chiedere scusa, ho quasi combinato un disastro.» Tirò su con il naso.
«Va tutto bene.» Roxas le prese le mani e tirò su col naso a sua volta. «Basta che tu sia al sicuro adesso. Perché lo sei, non è vero?»
Shiro fece sì con la testa.
«Quel DiZ è matto come un Chocobo. Con i mezzi che ha, anziché passare un anno a cercare di svegliare un adolescente senza addestramento, avrebbe potuto trovare i tuoi.» Roxas alzò gli occhi al cielo. «Shiro, mi prometti che farai la brava?»
«Non puoi dirglielo? Possiamo ancora trovare un modo…» Gli occhi di Shiro si stavano riempiendo di lacrime. «Io… non voglio che tu sparisca. Io ti… io ti voglio bene!»
Roxas fece un passo indietro e le lasciò le mani.
«Non so quando ci rivedremo, Shiro, ma farò tutto il possibile per tornare.» Cercava di mantenere un tono normale, ma un nodo alla gola gli faceva uscire le parole a singhiozzi. «Resta in attesa. Tieni d'occhio quello scemo di Sora per me. E ti prego… sii felice.»
Si girò e camminò a passi lenti verso l'ultima porta.
«Sora…» Sentì Shiro che mormorava. «Roxas, troverò la mia mamma, lo prometto! E quando l'avrò trovata, ti veniamo tutte e due a riprendere. È una promessa, testone che non sei altro! Una promessa!»
 
Il trasportatore del computer emise un fascio di luce e Shiro ne uscì fuori, con il volto rigato dalle lacrime e in preda ai singhiozzi.
Riku spense cautamente il terminale e poi camminò verso di lei, lasciando che la bambina gli piangesse addosso.
Era praticamente tutto finito, ma il giovane non riusciva ad essere felice.
Sora stava per svegliarsi, ma non lo avrebbe più rivisto. E Shiro aveva perso qualcuno a cui teneva. Qualcuno.
Riku aveva seguito alla lettera i piani e gli ordini di DiZ, ma nonostante l'oscurità lo avesse preso, non aveva avuto il cuore di portarli a termine con l'ultimo ordine.
Naminé e Axel gli ricordavano troppo qualcuno di importante - gli ricordavano troppo Kairi - per permettergli di alzare la spada contro di loro. E non meritavano nemmeno di morire.
Sora si sarebbe svegliato da un momento all'altro, e quella villa semidistrutta era l'ultimo posto dove Riku avrebbe voluto restare.
«Hey, Shiro,» chiese alla ragazzina. «Ti va di mangiare un gelato?»
 
Dieci minuti dopo erano in fila davanti al chiosco dei gelati, dietro a due dei tre ragazzi di Crepuscopoli le cui copie digitali DiZ aveva designato come comitiva per Roxas nella città virtuale.
«Pence è in ritardo.» il ragazzo biondo stava dicendo alla ragazza.
«Dobbiamo prenderglielo comunque, lo sai che non ci perdonerà se lo escludiamo…» la ragazza ribatté.
Quasi a rispondere alla loro discussione, il ragazzo che mancava attraversò la piazzetta, correndo e ansimando, un'espressione raggiante dipinta sul suo volto.
«RAGAZZI!» stava esclamando, agitando un foglio di carta e correndo verso di loro.
«Wow, Pence, da quando in qua corri tanto? Hai preso una pagina dal libro di tuo fratello?» l'altro ragazzo ridacchiò.
«Hayner, non credo quella sia una pagina,» la ragazza commentò.
Pence si fermò davanti ai suoi amici e agitò il foglio come una bandiera.
«È di mio fratello. Dice che torneranno a settimane!» Il suo sorriso gli raggiungeva quasi le orecchie. «Dice che non vede l'ora di rivederci, e vuole vedere quanto sono diventato bravo a scattare le foto!»
Riku attese il suo turno e pagò due gelati, poi prese Shiro per mano e si allontanò. La ragazzina gli strinse la mano e cercò di condurlo in una direzione.
«Vieni, conosco un posto!»
Riku la seguì fino alla piazza della stazione, su per le scale della torre fino alla balaustra sopra l’orologio. Shiro si sedette sulla balconata, scartò il suo gelato e prese a mangiarlo.
«Venivamo sempre qui,» spiegò.
Questo spiegava perché DiZ avesse mandato la comitiva virtuale a fare merenda lì nei sei giorni precedenti – era un ricordo che non era riuscito ad estirpare completamente da Roxas, quindi aveva semplicemente cercato di mantenere l’abitudine.
«Io non capisco.» Shiro confessò mentre mangiavano. «Roxas è sempre stato un bravo ragazzo. E Axel, era il suo migliore amico. So che soffre, ha perso la sua sorellina tanto tempo fa. Perché a volte le persone buone vengono usate per delle ragioni cattive?»
«Lo hai detto, Shiro. Vengono usate.» Riku mormorò. «E sono stati usati per provocare altra sofferenza. Ho rischiato di perdere degli amici per questa storia. Vorrei soltanto… che tutto questo non fosse stato necessario.»
«Che facciamo adesso?»
Lo sguardo di Shiro si perse verso l'orizzonte. Riku provò ad immaginare come si stesse sentendo. Per la prima volta, la bambina era sola. Senza più figure di riferimento, ma senza più nemmeno una prigione e dei carcerieri.
Avrebbe avuto bisogno di qualcuno, ma Riku non sentiva di essere quella persona, non in quel momento. C'erano ancora nemici da neutralizzare, e onestamente non si sentiva di meritare di essere l'amico o la guida di nessuno.
«L'Organizzazione ha perso una battaglia, ma non la guerra. Cercheranno qualche altro modo di rifarsi, e non puoi restare qui. Tra un po' di tempo in stazione passerà il mio amico Sora...»
«Lo scemo?» Shiro rispose quasi di scatto.
Riku dovette trattenersi per non darsi una manata in testa. O qualcuno lo aveva descritto così a Shiro, o la ragazzina aveva una bella parlantina tagliente. In ogni caso, era divertente.
«In effetti è un po' scemo.» Si costrinse a sorridere, poi si tolse un borsellino dal mantello. «Dagli questi soldi, e prendi assieme a lui e ai suoi compagni il treno che parte dal binario zero.»
«Il binario zero?» Shiro sembrava alquanto confusa. «Ma non ho visto mai nessuno prenderlo… la gente dice che…»
«So dove porta.» Riku la rassicurò, mettendole i soldi nella mano libera. «Vi condurrà da un potente stregone, una persona di fiducia che potrà aiutarvi. Sei libera adesso, Shiro. Il tuo viaggio comincia qui.»
Per quanto sembrasse leggermente sollevata, Shiro stava ancora fissando Riku.
«Hai detto che Sora è tuo amico. Non lo vuoi rivedere? Puoi
Riku scosse la testa. Non sapeva come avrebbe spiegato a Shiro cosa gli era successo, ma poteva trovare una scusa.
«Ho un compito da svolgere. L'Organizzazione…»
«Sì, ma dopo? È tuo amico
Riku abbassò la testa. La sua intenzione era di sparire, magari per sempre… ammesso che sopravvivesse alla battaglia.
Ma Shiro sembrava esigere una risposta…
… e forse c'era qualcosa che avrebbe potuto fare.
«Se Xemnas ti ha rapita, probabilmente saprà cosa è successo ai tuoi genitori.» Riku drizzò la schiena. «O Sua Maestà probabilmente ne ha notizie. Resta il fatto che ormai sono in mezzo a questa storia, e voglio venirne a capo. Ti prometto che… quando l’Organizzazione non sarà più un pericolo, mi metterò io stesso alla ricerca.»
«Davvero?» Shiro si attaccò al suo braccio, la gioia visibile sul suo volto.
Riku tirò un sospiro, ma fece sì con la testa. Si era ingabbiato da solo. Ma pensare ad uno scopo, a qualcosa da cui sarebbe potuto tornare quando fosse stato tutto finito, sembrava quasi togliergli un peso dal cuore.
Ricordava ancora la canzone di Sora, quella di dieci anni prima. Ricordava quelle parole che potevano essere una dichiarazione di speranza in un giorno migliore, ma anche l'ammissione che con tutti i problemi, tutti i cambiamenti, la vita andava accettata e vissuta, con le proprie luci e le proprie ombre.
Giorni che giran male, e c'è poco da pregare, ma c'è ancora da sperare che domani cambierà…
Le cose stavano già cambiando.
«È una promessa, Riku?» Shiro tese la mano verso di lui.
«Parola d'onore di…» Riku tese la mano per stringergliela, ma non riuscì a finire la frase. Le sue dita si contrassero e rilassarono da sole, e un lampo di luce partì dalla sua mano.
Sbatté le palpebre, e quando riaprì gli occhi, la sua mano reggeva il peso familiare di una spada. Gli parve di riconoscere l'Animofago ricevuto da Malefica, ma la lama era più lunga, interamente diritta, l'elsa era ellittica e formata da un'ala bianca e una nera, e un'altra ala bianca, più piccola, era letteralmente spuntata vicino alla punta della spada.
«Pezzo di strudel smangiucchiato…» Shiro sobbalzò all'indietro. «Riku, ma quello…»
Un Keyblade? In quel momento?
A Riku tornò in mente il guerriero sull'isola. Quello che non poteva che essere il padre di Shiro. La sua motivazione per vedere i mondi, il rituale segreto.
Forse era quello il momento che Terra aveva atteso. Forse finalmente iniziava a capire.
Riku voleva mordersi il labbro per non piangere, ma decise di darsi un contegno.
Il Keyblade poteva aver deciso che da quel momento in poi, lui ne era finalmente degno, ma quella storia non era finita.
Io percorro la Via per l'Alba.
È l'ora che inizi il mio viaggio.
 
Long long journey through the darkness
Long long way to go
But what are miles across the ocean
To the heart that's coming home?
(Long Long Journey - Enya)
 
CONTINUA…
 
 
Caro Pence,
Credo che siamo venuti quasi a capo della nostra avventura.
Al momento siamo in una città che si chiama New York, ma la chiamano anche Grande Mela o La Città che Non Dorme Mai. Il mondo in cui siamo approdati stavolta non è invaso dai mostri, perlomeno non molto, e abbiamo incontrato un tipo strano che li tiene sotto controllo assieme a due suoi aiutanti.
Tempo qualche settimana e potremmo essere di nuovo a casa, e per allora voglio vedere tutte le foto su cui ti sei esercitato. Papà, Mamma, i tuoi amici, come è cambiata la città mentre eravamo via… tutto.
   
 
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