Serie TV > Peaky Blinders
Segui la storia  |       
Autore: Lamy_    05/09/2019    2 recensioni
Ernest Hemingway ha scritto «l’uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può essere distrutto ma non sconfitto».
Thomas Shelby e Amabel Hamilton sono stati distrutti dalla guerra, da Birmingham, dalle loro stesse menti. L’unico barlume di speranza che dissipa il fumo grigio e tossico di Small Heath è il loro legame. Due anime destinate a ritrovarsi e a lottare insieme.
Un’ombra incombe sul quartiere più malfamato di Birmingham e porta con sé un nemico che è disposto a tutti pur di prevalere. Un nemico che metterà la famiglia Shelby alla prova.
Thomas e Amabel saranno sconfitti o sconfiggeranno?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
11. EPILOGO

“Come lay me down
Come heal me now
Come take this crown.
[…]  I’ll wait up until you’re home, dear.
I’ll shine a light in the dark.
Don’t leave me alone here among the stars.”
(Alone in the dark, Will Cookson)
 
Due giorni dopo
Faceva particolarmente freddo quella mattina a Birmingham. Il vento frusciava tra i cipressi come se le anime dei defunti camminassero tra le tombe senza farsi vedere. Al cimitero stava avendo luogo il funerale di Bertha, ed era forse per questo che faceva freddo. Amabel era esausta sia fisicamente sia mentalmente. Teneva tra le braccia Diana che piangeva e tremava, sembrava una bambina impaurita. Poca gente era presente alla funzione: Tommy, Finn e Michael, Ada e Jalia. Zia Camille aveva spedito ad Amabel un mazzo di fiori e un biglietto di condoglianze, entrambi erano finiti nella spazzatura pochi minuti dopo il loro arrivo. Oliver aveva annunciato il suo ritorno a New York dopo la morte di Isaiah, aveva bisogno di riprendersi prima di impegnarsi di nuovo nel lavoro.
 Evelyn, invece, non si era ancora fatta vedere.
“Qualcuno vuole dire qualcosa?” domandò il prete chiudendo il libro delle omelie. Amabel annuì e, lasciando Diana alle braccia di Finn, prese una rosa bianca e la depositò sulla bara.
“E’ surreale essere qui oggi. Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato. Bertha è stata la nostra governante per trenta anni, ha cresciuto me e le mie sorelle e si è presa cura di nostro padre quando io ero in guerra. Quando nostra madre è morta, Bertha è riuscita a lenire quel dolore perché lei per noi era una seconda madre. Se non ci fosse stata lei, noi saremmo state tre ragazze tristi a vita. Anche dopo la dipartita di nostro padre, Bertha è stata il perno della nostra famiglia. A quella donna avrei affidato la mia vita senza pensarci due volte. Abbiamo avuto i nostri contrasti, è vero, ma tornavano sempre più unite di prima. Bertha ha asciugato ogni nostra lacrima, ha contribuito ad ogni nostro sorriso, ha curato le nostre ginocchia sbucciate, ci ha preparato i nostri piatti preferiti, e soprattutto è stata al nostro fianco nei momenti peggiori. Ero convinta che non sarebbe mai morta. Pensavo che fosse come gli angeli, eterei ed eterni, eppure oggi siamo qui riuniti per il suo funerale. Io …”
E qui Amabel fu interrotta dalle lacrime. Di solito non piangeva mai, ma proprio non riusciva a trattenersi. Diana si accoccolò contro il petto di Finn per singhiozzare.
“Io sono grata per aver avuto l’opportunità di trascorrere parte della mia vita insieme a lei. E malgrado non sarà presente nelle nostre vite, il suo ricordo vivrà per sempre nei nostri cuori. A Bertha, lontana ma mai dimenticata.”
Dopo che Tommy lasciò cadere la rosa sulla bara, Amabel crollò tra le sue braccia. Lui non disse niente per calmarla, era necessario vivere appieno quel dolore per poter superare. Solo il giorno prima aveva partecipato al funerale di Isaiah, aveva consolato Jeremiah e sua moglie, e aveva anche tenuto la mano sulla spalla di Finn per supportarlo.
“Patetico.” Mormorò Ada mentre si sistemava la sciarpa per ripararsi dal freddo. Il suo commento era riferito all’arrivo di Evelyn. La ragazza a passo spedito raggiunse il gruppo, i capelli biondi svolazzavano intorno a lei come tentacoli. Era troppo serena per una che aveva appena perso una persona cara.
“Oh, avete già finito. Vorrei dire due parole: addio, Bertha.”
Michael e Jalia si scambiarono un’occhiata fugace per l’assurdo comportamento della ragazza. Diana si staccò da Finn solo per colpire il braccio della sorella.
“Sei seria? E’ tutto quello che hai da dire?”
“Sì. Era la nostra governante, non nostra madre. Certo è un peccato, ma morto un papa se ne fa un altro.” Rispose Evelyn sorridendo, sembrava quasi felice di quel funerale. Amabel sollevò gli occhi rossi di pianto su Evelyn come se volesse schiaffeggiarla con lo sguardo.
“Oggi non sono in vena delle tue stronzate, Evelyn. Puoi anche andartene e portare con te quella tua stupida aria da bambina viziata.”
Tommy rimase interdetto dall’uso di quella parola – ‘stronzate’ – poiché non era certo il modo in cui Amabel parlava, ma ciò dimostrava quanto fosse sofferente.
“Noto con disappunto che voi siete liberi e che Campbell è sparito dalla circolazione. A quanto pare la mia testimonianza è servita a ben poco.” Disse Evelyn, le mani sui fianchi, le labbra increspate in un mezzo sorriso. Amabel, furiosa, afferrò la sorella per il bavero della giacca.
“Evito di sputarti in faccia solo perché siamo ad un funerale. Torna a Londra, Evelyn. Il tuo posto non è qui.”
“Andiamo, Amabel.” Si intromise Ada. Spinse Amabel lontano da Evelyn e l’accompagnò all’auto. Diana non degnò la sorella di uno sguardo, si strinse a Finn e lasciò il cimitero. Michael e Jalia li seguirono in silenzio. Solo Tommy si prese un minuto per restare con Evelyn.
“Secondo me tu hai in mente qualcosa. Hai la tipica espressione di chi sta per sfidare il mondo intero.”
Evelyn fece spallucce, era tranquilla come pochi minuti prima.
“Forse perché so di vincere la sfida.”
Tommy si portò una sigaretta alla bocca, l’accese e poi spense il fiammifero sul soprabito costoso della ragazza. Evelyn si ritrasse con disgustoso.
“Se ferisci Amabel in qualche modo, ti taglio le mani come ho fatto ai Cavendish.”
“E’ una minaccia, signor Shelby?”
“E’ piuttosto un avvertimento, signorina Hamilton.”
 
Due mesi dopo
Amabel passeggiava tra le strade di Birmingham in compagnia di Diana, avvolte dalla neve e dalle luci che illuminavano la città. Era la vigilia di Natale e avevano deciso di trascorrere insieme le vacanze per recuperare quel pizzico di normalità e gioia che era venuto a mancare dopo la scomparsa di Bertha. Erano uscite presto per andare a fare compere, una delle loro attività preferite.
“Che cosa hai intenzione di regalare a Finn?” domandò Amabel osservando i bambini giocare con le palle di neve.
“Vorrei regalargli qualcosa di sensazionale. Mi ha detto che la sua famiglia non ha mai festeggiato il Natale come si deve, anche dopo che sono diventati ricchi. Gli affari non si fermano neanche durante le vacanze!”
“Gli Shelby non si prendono mai una pausa.” Disse Amabel. Passando davanti ad una vetrina, Diana si bloccò e indicò un oggetto aldilà del vetro.
“Quello è perfetto per Finn!”
Si trattava di un diario rilegato in pelle marrone che si chiudeva con una sorta di lucchetto.
“Un diario? Non capisco.”
“Così Finn potrà allenarsi nella scrittura e migliorare la sua orribile grafia. Magari alla prima pagina potrei scrivere una frase carina che leggerà ogni volta che aprirà il diario!” disse Diana con entusiasmo. Amabel sorrise per l’innocenza della diciassettenne, quella stessa dote che lei aveva perso in Francia anni addietro.
“E’ una splendida idea. Vada per il diario!”
Dopo aver acquistato il regalo per Finn, le sorelle optarono per una cioccolata calda e qualche pasticcino caldo nella migliore pasticceria della città. Amabel si alzò dalla sedia non appena Tommy entrò nel locale.
“Signore.” Le salutò Tommy, e diede un bacio sulla guancia ad Amabel. Con lui c’era anche Charlie, con le gote rosse per il freddo e gli occhi azzurri che risaltavano. Amabel baciò la manina del piccolo e lo prese in braccio.
“Posso giocare con Charlie nella neve?”
“Vai pure.” Acconsentì Tommy. Amabel sorrise nel vedere Diana e Charlie assemblare un improvvisato pupazzo di neve.
“Devo darti una cosa, Thomas. Consideralo il mio regalo di Natale.”
La donna dalla borsa estrasse una cartella clinica e la mise sul tavolo, al che Tommy sospirò. La paziente in questione era Louise Adrian.
“Che c’è nella cartella?”
“La verità. – disse Amabel – John Adrian ha detto che Louise si è lasciata morire per colpa tua, però non è così. Ho richiesto la sua cartella in ospedale e ho scoperto la reale causa di morte: è stata uccisa dalla pertosse. La malattia ha causato il deperimento, la disidratazione, l’insonnia e infine la morte. Adrian ti ha mentito solo per farti stare peggio. Non hai nessuna colpa per la morte di Louise.”
Tommy si massaggiò le tempie che pulsavano come un secondo cuore. Quella notizia era ciò di cui aveva bisogno per chiudere per sempre il capitolo di Greta e Louise. Si era sentito talmente in colpa che gli incubi erano peggiorati, ma quella cartella era la prova che poteva liberarsi di alcuni demoni.
“Grazie, Bel.”
“Prego. Ah, paghi tu la colazione? Ho dimenticato il portafogli a casa.” Scherzò la donna, e Tommy ridacchiò.
“Ci penso io, finta sbadata. Avete programmi per stasera? Vorrei invitare te, Diana e Jalia a casa di Polly per la cena della vigilia.”
“Finn ha detto a Diana che non siete soliti festeggiare il Natale.”
“Quest’anno abbiamo bisogno di credere in qualcosa dopo tutto quello che abbiamo affrontato. Non ti obbligo a venire, però sarebbe bello se tu sedessi al tavolo con noi in famiglia.”
Amabel si rabbuiò alla menzione sulla famiglia, specie perché quello era il primo Natale senza Bertha e senza Evelyn. La ragazza aveva deciso di restare a Londra per festeggiare con le sue amiche, aveva preso le distanze e Amabel glielo aveva permesso. In fondo, era colpa di Evelyn se lei era stata arrestata e torturata, se Lena e Isaiah erano morti, se Oliver era distrutto. Da quella storia solo Clara ne era uscita illesa: aveva ottenuto la custodia di Stacey, aveva annullato le nozze con Michael e si godeva le ricchezze dello zio defunto. Quanto a Mary, Amabel l’aveva perdonata e l’aveva aiutata a trovare un lavoro e una casa per James. Tutti i personaggi di quella tragedia avevano cercato di sopravvivere in un modo o nell’altro.
“Sì, accetto l’invito. Sono sicura che a Diana farà piacere.”
Tommy le sistemò la frangetta in modo che avesse la visuale libera, poi le accarezzò la guancia.
“A stasera.”
 
Amabel non ne poteva più di mangiare, la sua pancia non era così piena da settimane. Polly aveva cucinato quasi per un intero quartiere grazie all’aiuto di Lizzie e Linda. Arthur si era scolato la maggior parte del vino, ecco perché si era messo a raccontare vecchie storie di famiglia.
“Sentite questa! Questa riguarda Tommy! E’ davvero spassosa!”
Tommy si grattò la nuca in ansia per quello che il fratello stava per raccontare, pertanto si accese una sigaretta per dissimulare l’imbarazzo.
“Sta attento a ciò che dici, Arthur.”
“Ohi! – esclamò Arthur, ubriaco marcio – Ci pensa Arthur! Allora, Tommy e John si intrufolavano sempre al Garrison per rubare il whiskey. Una vigilia di natale di sedici anni fa John faceva da palo e Tommy entrava nel bar, mentre io sorvegliavo la strada. Le luci del Garrison si sono accese e siamo scappati di corsa, ma Tommy per fortuna aveva preso la bottiglia. Ci siamo nascosti nella soffitta di questa casa per bere. C’era qualcosa di strano in quel whiskey, l’abbiamo notato al primo sorso. Dopo poco abbiamo capito che non era alcol ma acqua! Tommy a sedici anni non aveva distinto l’acqua dal whiskey! Ci siamo fatti delle grasse risate fino all’alba. La migliore vigilia di natale della mia vita!”
Tutti scoppiarono a ridere, anche Charlie senza capire bene, e Tommy tentò di nascondere la faccia. Amabel si strozzò con l’acqua per le risate e tossì per respirare regolarmente.
“Oh, ma allora sei stato anche tu un ingenuo ragazzino.”
“Non me lo ricordavo neanche quell’episodio.” Disse Tommy, ma il suo sorrido divertito la diceva lunga. Amabel d’istinto gli stampò un bacio sulla guancia.
“Sei un pessimo bugiardo, Shelby.”
“Che schifo!” esclamò Finn dal nulla, guardando in direzione di Linda. Sotto di lei c’era dell’acqua ammassata. Amabel scattò in piedi come se una molla l’avesse tirata su.
“Si sono rotte le acque! Ci aspettavamo che il bambino nascesse tra due settimane, ma sembra che abbia anticipato il momento.”
Linda stava già sudando, respirava come le avevano insegnato in clinica e si appoggiò ad Arthur.
“Che facciamo?”
“Adesso ti facciamo partorire! I miei polsi sono ancora in via di guarigione, perciò ho bisogno di Lizzie, Polly, Ada e Jalia. Mi serve acqua calda, asciugamani, garze, disinfettante o alcol di qualsiasi genere. Forza, forza!”
Lizzie e Ada aiutarono Linda a salire di sopra, mentre Jalia e Polly raccoglievano l’occorrente in giro per casa. Amabel si legò i capelli con l’aiuto di Diana, si infilò i guanti che portava sempre nella borsetta, e raggiunse le altre donne di sopra.
Arthur strofinò le mani, scrollò le spalle e fece scricchiolare il collo; stava per diventare padre e l’adrenalina era a mille.
“Direi che possiamo aprire quella bottiglia di champagne che abbiamo rubato durante l’attacco al locale di Sabini. Mio figlio sta per nascere!”
Intanto che loro festeggiavano, Tommy si mise a fumare alla finestra. Le stelle baluginavano nel cielo, il panorama non era mai stato tanto limpido a Small Heath.
“Tommy, posso parlarti?”
Diana, con due fiocchi rossi tra i lunghi capelli castani, aveva l’espressione intimorita di un cerbiatto accecato dai fari.
“Certo. Prendi la giacca, facciamo due passi.”
Il freddo era secco, punzecchiava i loro volti come fossero aghi di ghiaccio, e la neve era bianca e dura sotto le scarpe.
“Volevo parlarti di Finn.” Esordì Diana, le mani in tasca, gli occhi bassi.
“Sì, immaginavo. Per questo preferisco parlarne fuori. E’ successo qualcosa? Finn è stato sgarbato con te?”
“Cosa? No! No, lui è sempre gentile con me. E’ davvero un bravo ragazzo. Quello che voglio dirti è proprio questo: Finn non appartiene al vostro mondo. Potrà esserci nato, ma non fa per lui. E’ un ragazzo sensibile e fragile.”
Tommy gettò la sigaretta a terra e la pestò, facendo sobbalzare Diana.
“Che stai cercando di dirmi, Diana?”
“Io vorrei che Finn venisse a Londra con me. Amabel mi ha trovato una nuova governante, la signora Miles, ma io devo ancora farci l’abitudine. E poi, Evelyn è andata via di casa e io mi sento sola. Sarebbe bello se Finn vivesse con me, farebbe bene a entrambi. La morte di Isaiah lo ha molto sconvolto, forse allontanarsi da Birmingham potrebbe fargli bene.”
Diana si aspettava che Tommy le urlasse contro, invece si limitò a ghignare.
“Tu e Amabel avete proprio lo stesso sangue. Sapevo che me lo avresti chiesto.”
Tommy inarcò il sopracciglio quando Diana gli mise una mano sulla spalla, un gesto fin troppo audace per una ragazzina che negozia con un uomo.
“Io lo so che un giorno Finn dovrà ereditare le vostre attività, però è anche giusto che abbia una seconda opzione. E’ ancora giovane, non conosce la guerra come te e Arthur, e può fare grandi cose. Finn può essere ancora salvato.”
“Io non decido per Finn. Ormai è grande abbastanza da poter scegliere da solo. Dovremmo chiederlo a lui.”
Tommy invitò Diana a rientrale, le tenne la porta aperta e addirittura l’aiutò a togliersi il cappotto. Michael e Arthur stavano tracannando tutto lo champagne tra le risate, mentre Finn sedeva in cucina con lo sguardo perso nel vuoto; avrebbe voluto che Isaiah fosse lì con lui.
“Finn. – lo richiamò Tommy – Ti piacerebbe trasferirti a Londra con Diana?”
Finn spalancò la bocca e strabuzzò gli occhi, pareva che avesse smesso di respirare.
“C-come? A Londra con Diana?”
“Sì, è quello che ho detto. Insomma, ti piacerebbe o no?”
Diana guardò Finn speranzosa, era importante quella domanda. Il ragazzo, però, fissava il fratello con insistenza.
“Sì, mi piacerebbe eccome. Ma … ma tu me lo lasceresti fare? Dici sempre che nessuno sotto il tuo controllo lascia Small Heath. La famiglia prima di tutto, giusto?”
Arthur e Tommy si misero a ridere causando a Finn un profondo imbarazzo. Era umiliante essere deriso davanti alla propria ragazza.
“Presto Amabel e Diana faranno parte della famiglia, perciò puoi lasciare Small Heath se vuoi.” Disse Tommy, enigmatico nelle sue parole. Finn si alzò e, senza degnare Diana di uno sguardo, si avviò all’uscita.
“Non voglio andare a Londra. Voglio restare a Birmingham.”
Diana sentì il proprio cuore spezzarsi, e temette che agli lo avessero sentito.
 
Linda abbracciava suo figlio con le lacrime agli occhi. Arthur aveva fatto irruzione nella stanza al primo vagito, con l’odore di champagne che gli impregnava i baffi. Amabel ricordò di aver vissuto più o meno lo stesso momento quando era nato Charlie.
“Come vuoi chiamarlo?”
“Billy. Billy* Shelby!” annunciò Arthur sollevando il bambino come fosse un trofeo.
 Ada e Lizzie accerchiarono il nuovo nato tra moine e bacini. Jalia scese di sotto a dare la notizia al resto della famiglia. Amabel si isolò per sciacquarsi per bene le mani.
“Tu sei furba.” Disse Polly passandole l’asciugamano.
“A cosa ti riferisci?”
“Tommy mi ha detto che gli hai mostrato la cartella di Louise. Pare che sia morta di pertosse. Sappiamo entrambe che è una bugia. Louise si è suicidata perché amava Tommy ma non poteva averlo.”
Amabel si bloccò, l’acqua rossa di sangue che gocciolava nel lavandino, e si assicurò che gli altri non ascoltassero.
“Sì, ho mentito. Ho falsificato la cartella per illudere Thomas che non sia colpa sua.”
“Perché?”
“Perché tuo nipote non ha bisogno di un altro motivo per odiarsi. Ha fin troppi demoni che lo assillano, e uno in meno è da considerare una vittoria.”
Polly ammirava la determinazione di Amabel, sempre pronta a difendere Tommy, anche a costo di manipolare una cartella medica.
“Tu saresti una mia degna erede, sai. Tu, Amabel, hai le doti necessarie per mandare avanti questa famiglia come faccio io.”
“Non credo, Polly. Tu hai una forza da leonessa che io non avrò mai.”
Polly le scompigliò la frangetta con un sorriso sornione.
“Tu sei una rondine, mia cara. Leggiadra, elegante e, se necessario, spietata.”
 
Cinque mesi dopo
Era una soleggiata domenica di maggio, una di quelle in cui il cielo e limpido e gli uccellini cinguettano in allegria. Amabel, distesa sul telo, ascoltava il rumore delle onde contro gli scogli ad occhi chiusi. Era una sensazione di piacevole serenità. In lontananza la spiaggia di Exmouth si stendeva per chilometri e chilometri di sabbia dorata. Era fortunata a poter osservare il mare congiungersi con il cielo all’orizzonte. A riva Tommy e Charlie giocavano con la sabbia bagnata nel tentativo di costruire un castello.
“Dottoressa, abbiamo bisogno delle tue capacità per rianimare questa torre!” gridò Tommy, e Amabel rise per il mucchio di sabbia sopra cui si era seduto Charlie. Mancavano due settimane all’inizio di giugno, la brezza estiva già si faceva sentire e i gabbiani sorvolavano la spiaggia in cerca di cibo. Lì c’era una pace che a Birmingham non ci sarebbe mai stata.
“Bel!” strillò Charlie avvolgendo le braccia intorno alle ginocchia della donna. Ormai aveva un anno e mezzo, camminava e pronunciava le prime parole. La prima in assoluto era stata ‘Polly’ poiché aveva trascorso la maggior parte di tempo con la zia, poi aveva detto ‘papà’ e infine aveva imparato a dire ‘Bel’; inutile nascondere che Amabel si era commossa la prima volta che il bambino l’aveva chiamata per nome, era stato difficile trattenere le lacrime.
“Ah, questo bel bambino me lo mangio tutto!”
Amabel prese Charlie tra le braccia e lo tempestò di baci su tutto il viso mentre gli faceva il solletico. La risata del piccolo era talmente cristallina che fece ridere anche Tommy. Era sempre bello vedere Amabel e Charlie interagire.
“Papà non se lo merita un bacio?”
Charlie si arrampicò su Tommy e gli diede un bacino impacciato sulla guancia, dopodiché si accucciò con la guancia contro il suo petto.
“Come sono belli gli uomini della famiglia Shelby.” Disse Amabel ridacchiando. Era talmente bella che Tommy si sporse per baciarle a stampo le labbra.
“Questi due uomini vogliono farti una domanda.”
“Di che si tratta?”
Tommy estrasse dal taschino della camicia un piccolo oggetto che nascose nella mano di Charlie. Quando la mano paffuta del bambino si aprì, Amabel vide un anello d’oro sormontato da una piccola pietra di smeraldo.
“Amabel Hamilton, vuoi passare il resto della tua vita con noi?”
Il sorriso di Amabel si spense. Di colpo si era fatta triste. Erano successe tante cose brutte nei mesi precedenti che le cose belle venivano oscurate.
“Thomas, io non credo che sia un buon momento.”
“Io volevo chiederti di diventare mia moglie già a Natale, ma ho aspettato perché tu stavi soffrendo per la scomparsa di Bertha e la rottura con Evelyn. Però adesso devo chiedertelo sennò impazzisco a tenerlo dentro. Perché ti spaventa tanto?”
“Perché temo che in questo momento non possa funzionare un matrimonio tra di noi.”
Tommy si infilò l’anello in tasca con fare nervoso, quel rifiuto non era stato contemplato. Sistemò Charlie sulla sabbia in modo che tornasse a giocare.
“Quindi tra di noi funziona solo quando scopiamo di nascosto? Non credevo che ti vergognassi di stare con me.”
“Io non ho detto questo! – ribatté lei – Non mi vergogno di amarti e di stare con te. E non ridurre la nostra storia ad una spregevole avventura di solo sesso!”
“Ah, non è solo sesso tra di noi? Che scoperta! Ero convinto che tra di noi le cose normali non funzionassero!”
Charlie si bloccò con le mani immerse nella sabbia per via delle urla del padre. Amabel gli accarezzò i capelli per tranquillizzarlo.
“Non mi sento pronta ad accettare. Devo ancora elaborare una marea di cose che mi sono successe. Ho bisogno di un attimo di respiro. In pochi giorni ho perso la mia seconda madre, mia sorella ha prelevato la sua eredità ed è andata a vivere da sola, e il mio migliore amico non vuole vedermi. Inoltre, non so nemmeno se potrò darti un figlio. Devo raccogliere i pezzi che sono andati perduti. Ti prego, Thomas.”
Tommy non riusciva a resistere quando Amabel usava quel tono disperato, gli sembrava di peggiorare il suo stato d’animo. Era giusto concederle del tempo per pensare.
“Non voglio sposarti per avere un figlio! Voglio sposarti perché sono innamorato di te.”
“Dammi tempo, Thomas. Ti supplico.”
“Va bene. Quando sarai pronta, mi darai la tua risposta.”
Amabel lo abbracciò forte affondando il viso nella curva del collo, e Tommy la strinse a sua volta.
“Thomas, io …”
“Lo so.”   
 
Tre mesi dopo
Diana salutò le sue amiche con un rapido abbraccio, era ora di cena e doveva tornare a casa. Faceva ritorno da un pomeriggio trascorso al parco a mangiare gelato e spettegolare, ed era decisamente stanca. Varcata la porta, trovò la signora Miles intenta a imbandire la tavola. Era una donna minuta, con i capelli grigi legati in uno chignon di trecce, due occhi scuri e una bocca sempre tesa in un sorriso gentile.
“Buonasera, signora Miles.”
“Buonasera e bentornata, signorina. Vi siete divertita?” chiese la donna riponendo un terzo bicchiere sul tavolo.
“Sì. Perché un terzo bicchiere? Evelyn è tornata?”
“Vostra sorella non è tornata. Mi dispiace, signorina. In compenso, credo che il nostro ospite per voi sia una gradita sorpresa. Vi aspetta in salotto.”
Diana corse in salotto, il cuore che batteva per l’agitazione, e la sua speranza era che fosse Amabel la sorpresa. Voleva passare del tempo con l’unica sorella che le era rimasta. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Finn, fece un passo indietro.
“Diana, aspetta. Per favore!”
“Che ci fai tu qui? Sei stato molto chiaro mesi fa sulla tua permanenza a Londra.”
Finn recava in mano un mazzo di margherite, gli stessi fiori che le aveva regalato come primo pegno d’amore, e gli abbandonò sul divano per avvicinarsi a lei.
“Ho cambiato idea. Sono stato uno stupido a rinunciare, ma allora ero confuso e arrabbiato per quello che era successo al mio migliore amico. Adesso sono più lucido. Io non voglio finire come Giulietta e Romeo.”
Diana si portò le mani al cuore e schiuse le labbra per l’incredulità.
“Come, scusa?!”
“Beh, Giulietta e Romeo prima si sono separati e poi sono morti. Io non voglio perderti adesso che ti ho trovato.”
“Finn, hai bevuto?”
Finn scavò nelle tasche dei pantaloni e ne tirò fuori un bigliettino stropicciato. Lo srotolò e lo lesse ad alta voce.
“D’ora in avanti chiamami ‘Amore’, ed io sarò per te non più Romeo, perché mi avrai così ribattezzato. Così ha detto Romeo a Giulietta, e si sono innamorati. Cioè, io non mi chiamo Romeo … però, ecco … tu … ehm … mi sono perso. Cazzo!”
Diana scoppiò a ridere per la faccia rossa d’imbarazzo di Finn. Gli gettò le braccia al collo per abbracciarlo.
“Finn Shelby, tu sei adorabile!”
“Grazie. Non volevo dire le parolacce.”
“Resti davvero con me a Londra?”
“Resto davvero.”
Diana si issò sulle punte e lo baciò, al che Finn avvertì i battiti del cuore accelerare a dismisura. La sua nuova vita aveva inizio con quel bacio.
“A cena, ragazzi!”
 
Tommy fumava, e guardava la gente impegnata in un intenso via – vai. Faceva caldo ma il cielo di Birmingham era carico di nuvoloni oscuri che avrebbero dato vita ad un tremendo temporale. Sorrise automaticamente quando vide Amabel scendere la scalinata della clinica. Indossava un vestitino azzurro che metteva in risalto le sue forme, ed era bella come sempre. I polsi erano guariti dopo un’intensa riabilitazione e i lividi, macchie che oscuravano la sua pelle con estremo dolore, erano scomparsi; era tornata la donna di sempre.
“Dottoressa Hamilton, ce l’avete un momento per questo povero uomo malato?”
Amabel gli riservò un sorriso felino e, dopo essersi avvicinata, lo afferrò per la cravatta e lo baciò.
“Ho sempre tempo per voi, signor Shelby. Quali sono i sintomi della vostra malattia?”
Tommy l’attirò in un bacio passionale, e l’uno sorrise sulle labbra dell’altro.
“Avverto terribilmente la mancanza della donna che amo. Quella donna lavora troppo e ha poco tempo per me.”
“Oh, ma è una malattia mortale! Avete bisogno di cure immediate.” Disse Amabel, e lo prese per mano guidandolo fino alla macchina.
“Avete voi la cura adatta ai miei malanni, dottoressa?”
Tommy rabbrividì quando Amabel gli parlò all’orecchio sfiorandogli il lobo.
“Ci penso io a voi, signor Shelby.”
Decisero di andare a casa di Tommy a cenare, dove potevano stare da soli poiché Charlie si trovava a Londra con Ada e Karl. Come al solito la credenza era vuota, perciò alla fine si erano dovuti arrangiare con quel poco che c’era. Verso le nove si ritrovarono seduti sul divano a chiacchierare.
“Ho un affare da proporti.” Esordì Amabel, con le gambe distese su quelle di Tommy.
Tommy teneva la testa reclinata sullo schienale del divano e fumava.
“E sarebbe?”
“Tu mi lasci entrare nella Shelby Company Limited e io ti sposo.”
Tommy si mise a ridere così forte da far tremolare il whiskey nella mano destra.
“Non è un affare negoziabile. Mi sento costretto a rifiutare, dottoressa.”
Amabel si alzò in piedi e si portò le mani sui fianchi, una maestra in procinto di rimproverare lo scolaro.
“Allora io rifiuto di sposarti.”
Era seria, fin troppo, e Tommy aggrottò le sopracciglia.
“Che ti prende, Bel? Stai farneticando.”
“Tre mesi fa mi hai chiesto di sposarti e io ho detto che non mi sentivo pronta, difatti in questi mesi ci ho riflettuto. Sono giunta alla conclusione che non sarò mai una moglie come le altre. Non ti aspetterò sveglia fino a che non rientri per poi rimproverarti per il ritardo. Non baderò alla casa come una brava massaia. Non farò la brava mammina tutta chiesa e bambini, se mai ne avremo. Non rinuncerò al mio lavoro e ad aiutare gli altri. Non potrai estromettermi dagli affari dei Peaky Blinders.”
Tommy, adesso irritato da quel comportamento, spense la sigaretta affogandola nel whiskey, quasi potesse affogare la sua stessa rabbia.
“Mi pare che tu ci abbia riflettuto anche troppo bene. Non mi aspetto che tu sia una brava e ubbidiente mogliettina, so che per principio non posso prenderlo da te che sei una donna indipendente e fiera. Però non capisco perché tu voglia entrare nella società.”
“Perché voglio far parte della tua vita in tutto e per tutto. Se ci sposassimo, ci sarebbe l’alta probabilità che tu mi escluda dagli affari pericolosi per proteggermi. E, se non conoscono ogni aspetto della tua vita, come posso essere tua moglie?”
Amabel era sicura che il matrimonio avrebbe acuito il senso di protezione di Tommy, che le avrebbe nascosto qualsiasi attività illegale, che l’avrebbe tagliata fuori dalla famiglia.
“Se queste sono le condizioni, io non ti voglio più sposare. Non ho intenzione di metterti in costante pericolo solo perché sei mia moglie!”
“Ecco! – replicò Amabel – Lo sapevo che avresti reagito così! Il problema è che tu non sei pronto per il matrimonio!”
Tommy la trucidò con lo sguardo, avrebbe potuto frantumarla solo con il ghiaccio nei suoi occhi.
“Mi stai sfidando? Non essere stupida, Bel.”
“E tu non essere codardo, Tommy.”
Amabel gli diede uno spintone, e lui in risposta le bloccò le braccia dietro la schiena.
“Adesso sono Tommy? Quando la principessina si arrabbia, cambia tono. Come sei suscettibile.”
“Fammi entrare in società e io ti sposo.”
“No.”
I loro corpi erano così vicini che i loro petti si toccavano. Si guardavano come se stessero per scatenare una guerra.
“Quindi va bene trascinarmi nei tuoi casini fino a quando scopiamo di nascosto, ma poi mi escludi quando le cose si fanno serie.”
“Se ti lascio entrare nella società, sarai ufficialmente nei casini fino al collo.”
Amabel tentò di divincolarsi ma la presa di Tommy era ferrea e non le lasciava scampo.
“Io sono già nei casini fino al collo. Mi hanno minacciato, mi hanno arrestato, mi sono rotta i polsi per liberarmi, sono stata rapita e tenuta in ostaggio, eppure non facevo parte della società. Io sono diventata un bersaglio nel momento in cui due anni fa ti ho stretto la mano affidandoti il mio studio.”
“Non posso.”
“Andiamo, Tommy, lo sai che ho ragione. Io voglio stare al tuo fianco nella buona e nella cattiva sorte, ma devi lasciarmelo fare.”
Tommy la spinse contro la parete e mollò la presa sulle braccia, però in compenso la bloccò al muro tenendola per i fianchi.
“Perché?”
“Perché ogni re ha bisogno di una regina. E la regina è il pezzo più importante del gioco, me lo hai detto tu stesso.” Sussurrò Amabel a pochi centimetri dalle sua labbra. Tommy non era più in gradi di resistere, ogni opposizione risultava vana dinnanzi alla determinazione di quella donna. Era umiliante la facilità con cui Amabel riusciva a sottometterlo ad ogni richiesta. Proprio come un re che si inginocchia davanti alla sua regina.
“Va bene. Dammi il tempo di preparare quei fottuti documenti in modo che tra un paio di giorni tu possa firmarli.”
Amabel sorrise trionfante, quindi gli stampò un bacio sulla guancia.
“Bravo il mio soldatino.”
Tommy, che aveva colto ogni singola provocazione, infilò le mani sotto la gonna della dottoressa per accarezzarle le cosce.
“Sei stata una bambina cattiva, Amabel Hamilton. Penso che tu debba essere rimessa in riga.”
Amabel si allontanò da lui con uno scatto agile, e la sua risata riecheggiò in tutta la stanza.
“Che aspetti, Thomas Shelby? Vieni a prendermi.”
 
Quando Tommy entrò in camera, notò che Amabel se ne stava sdraiata sul letto a guardare il soffitto. Stava ancora ridacchiando. La camera era semi-buia, solo i raggi lunari danzavano sul pavimento rischiarando l’ambiente. Tommy si sdraiò accanto a lei reggendosi su un gomito.
“Davvero vuoi sposarmi?”
“Forse.”
“Nonostante tutto?”
La donna si mise su un fianco e annuì, i suoi occhi erano sorridenti.
“Nonostante tutto.”
Tommy si chinò a baciarla, aveva voluto farlo per tutta la sera e adesso era come togliersi un peso dal cuore. Amabel lo attirò in un bacio famelico, fatto di labbra morse e sorrisi.
“Tu mi sorprendi sempre, Bel.”
“Sono una donna piena di sorprese!”
Amabel lo spinse sul materasso e si mise a cavalcioni, dopodiché iniziò a sbottonargli la camicia. Tommy si lasciò spogliare con tutta calma, ammirando ogni gesto della donna che amava con un ghigno malizioso.
“Lo sai che sarò il tuo Thomas finchè morte non ci separi?”
Amabel sorrise, e con le dita tracciò i tatuaggi di Tommy sul petto e sulla spalla; erano i ricordi di una guerra che non era ancora finita.
“Lo so. E non vedo l’ora di averti tutto per me per sempre.”
Tommy fece risalire le mani dai polsi di Amabel alla camicetta, che fu tolta con facilità, e passò ad accarezzarle le spalle e la schiena. Le sganciò il reggiseno e lo fece cadere per terra, incurante dei vestiti che presto avrebbero ricoperto il pavimento. Amabel non ebbe l’impulso di coprirsi il seno nudo perché, se c’era una persona capace di farla sentire desiderata, era Tommy.
“Pertanto, signorina Hamilton, vuoi sposarmi?” chiese Tommy, e intanto con i polpastrelli tracciava il profilo dei seni della donna. Amabel scosse la testa con una risata compiaciuta.
“Signor Shelby, tu fammi firmare quei documenti e dopo ti do la mia risposta.”
“Tu proprio non hai intenzione di darmi tregua, vero?”
Tommy si mise seduto contro la testiera del letto e Amabel si sistemò meglio su di lui, e con le mani continuavano a giocare l’uno sulla pelle dell’altro.
“Nessuna tregua per te, Thomas. Solo duro lavoro.”
“Vediamo se stanotte riesco a convincerti a darmi una risposta.” Disse lui, e le posò un bacio nel solco in mezzo ai seni. Amabel sospirò per il calore delle labbra di Tommy che si muovevano decise su di lui.
“Dovrai impegnarti al massimo.”
“Oh, mia cara, io do sempre il massimo.”
La risata di Amabel fu interrotta dalle labbra di Tommy in un bacio vorace. Gli ultimi indumenti finirono accanto agli altri per terra nei minuti successivi. Tommy portò Amabel sotto di sé e si posizionò tra le sue gambe senza smettere di baciarla. Amabel, dal canto suo, gli avvinghiò le gambe intorno ai fianchi e le braccia intorno al collo per attirarlo a sé.
Tommy sospirò quando Amabel fece scorrere le unghie lungo la sua schiena, era una piacevole tortura. Si curvò a baciarle il collo, le clavicole, scendendo a posare le labbra sui seni, e infine baciandole la pancia.
“Quindi mi sposi?” le sussurrò sulla bocca, poi le morse il labbro inferiore. Amabel rise e scosse la testa, mentre con le dita sfiorava le cicatrici sulla schiena di Tommy.
“No. Dovrai essere più persuasivo, mio caro.”
Tommy adorava quel suo fare provocatorio, perciò le stampò un bacio sulle labbra ancora increspate in un sorriso.
“Io ti amo.”
Amabel vide negli occhi azzurri di Tommy un barlume di gioia, così insolito per lui che si mostrava quasi sempre stoico, e gli accarezzò gli zigomi con i pollici.
“Ti amo anche io, Thomas.”
Dopodiché ripresero a baciarsi e spogliarsi anche dell’intimo in modo che non ci fossero più barriere. Amabel, mossa da una inconsueta intraprendenza, fece stendere Tommy di schiena e tornò a cavalcioni su di lei.
“Alla principessina piacciono le posizioni di potere.” Disse Tommy pizzicandole i fianchi.
“Sai com’è una donna dell’alta società, adora stare al di sopra di tutti ed essere ammirata.” Ribatté lei facendo scivolare le mani sul petto muscolo di Tommy.
“Ti piace sottomettermi, eh?”
Amabel si abbassò a baciargli le labbra per poi proseguire verso l’addome.
“Tu ami essere sottomesso da me, Thomas.”
Tommy si lasciò scappare un ghigno divertito, e d’istinto le accarezzò la spina dorsale con l’indice.
“Penso che tu sia l’unica persona al mondo che possa sottomettere Tommy Shelby.”
“E lo faccio in un modo estremamente piacevole.” Disse Amabel, e gli depositò un bacio sulla parte sinistra dove batteva il cuore.
“Mi mandi fuori di testa, Bel.”
Dopo una serie di altri baci passionali e mani che si rincorrevano, Amabel iniziò a muoversi e Tommy ad accompagnare ogni suo movimento. Ben presto la camera si riempì di gemiti e sussurri. Il loro era un abbraccio caldo e sensuale, un mezzo per dimenticarsi dei problemi e perdersi nella pace. Ad ogni spinta l’intensità del piacere aumentava, gli ansimi si accrescevano, e le loro labbra erano sempre più avide di baci.
“Mi sposi?” domandò Tommy per l’ennesima volta. Le sue braccia erano avvolte intorno al corpo caldo di Amabel, che rise di nuovo.
“Dovrai fare di meglio per convincermi.”
“Ogni tuo desiderio è un ordine.”
Tommy l’afferrò per i fianchi e la portò sotto il proprio corpo, e lei non si oppose. Anzi, Amabel colse l’occasione per serrare le gambe intorno al suo bacino per annullare ogni centimetro di distanza.
Tommy prese le mani di Amabel e fece intrecciare le loro dita in una presa salda, e nel frattempo le spinte procuravano straordinarie ondate di piacere. Tutta la frenesia del desiderio raggiunse il culmine dilagando in un delizioso appagamento. Tommy, con il respiro accelerato, strinse a sé Amabel e le baciò la tempia.
“Adesso mi sposi?”
Amabel si produsse in una risatina e affondò la guancia nel petto di Tommy. Quella domanda si librò nell’aria senza ottenere una risposta.
 
Una settimana dopo
Quella domenica mattina Tommy si svegliò alle sei come faceva da quando era adolescente. La prima cosa che i suoi occhi videro fu la figura di Amabel che dormiva serenamente. I capelli castani erano sparsi sul cuscino, respirava piano e le ciglia tremolavano. Era così bella che allungò una mano per scostarle la frangetta dalla fronte. Si alzò senza fare troppo rumore per scendere in cucina. Mentre attraversava il corridoio, sbirciò nella stanza di Charlie e notò che il bambino era sveglio. 
“Ehilà, piccoletto.”
Lo prese in braccio e gli baciò la guancia, e il bambino si accoccolò sulla sua spalla. Recuperò alcuni fogli dalla valigetta che giaceva sul divano, poi andò in cucina per preparare la colazione. Charlie, seduto sul marmo della cucina, sgranocchiava un biscotto.
“Facciamo una sorpresa a Bel, che ne dici?”
“Bel! Sì!”
Dopo aver organizzato un piccolo vassoio, Tommy ritornò di sopra con Charlie che sgambettava davanti a lui. Tommy lasciò il vassoio sul comodino e aiutò il figlio a salire sul letto, dopodiché si sedette al suo posto. Charlie scrollò Amabel ma, non ricevendo nessuna reazione, guardò il padre con occhi tristi.
“Dalle un bacino. Riprova, dai.”
Charlie allora scoccò un bacio sonoro sulla guancia di Amabel, che sbatté le palpebre un paio di volte.
“Bel!” esultò il bambino con la felicità impressa in viso. Amabel, sebbene ancora intontita dal sonno, si mise seduta e abbracciò il piccolo. Charlie si rannicchiò contro di lei sotto le coperte. Tommy non poté fare altro che sorridere, quella vista era la migliore della sua vita.
“Buongiorno, Thomas.” Mormorò Amabel accarezzando la mano di Tommy.
“Buongiorno a te. Io e Charlie abbiamo preparato la colazione: una tazza di caffè e biscotti alla cannella per te.”
“Oh, ma come siete carini con me. Grazie!”
Tommy dispose il vassoio sul letto e offrì ad Amabel la tazza di fumante caffè, mentre diede a Charlie il biberon di latte. Il bambino si sedette sulle gambe di Amabel e bevve la sua colazione con tutta la serenità dei suoi quasi due anni. Tommy mangiucchiò un paio di biscotti guardando i suoi grandi amori abbracciati.
“Fuori piove, tipico di Birmingham. Hai programmi per oggi?”
“Oggi è domenica, niente programmi. Hai in mente qualcosa, Thomas?”
“Ada ci ha invitato a pranzo a casa sua per festeggiare il tuo ingresso ufficiale in famiglia.”
A quell’annuncio Amabel abbandonò la tazza sul comodino nella totale confusione.
“In che senso?”
Tommy le consegnò un plico di documenti, circa una decina di fogli che riportavano in alto il logo della Shelby Company Limited.
“Devi apporre la firma sull’ultimo foglio per entrare nella società a tutti gli effetti.”
“Davvero? Io credevo che la tua famiglia si sarebbe opposta.”
Effettivamente Tommy aveva faticato per convincere Arthur ad accettare Amabel come membro dei Peaky Blinders. Il fratello maggiore sosteneva che la dottoressa influenzava le scelte di Tommy in mono negativo, ma zia Polly era intervenuta a favore di Amabel e Arthur era stato costretto a cedere.
“La mia famiglia ti adora. Allora, mettiamo questa firma?”
“Assolutamente sì.”
Tommy raccattò una penna dallo scrittoio e Amabel appose la firma, suggellando la sua entrata in famiglia.
“Ora che fai parte dei Peaky Blinders e sei coinvolta negli affari, ho bisogno del tuo aiuto.”
“Che cosa ti serve?”
Charlie intanto si rotolava in mezzo a loro ridendo senza alcun motivo.
“Voglio ripulirmi.” Disse Tommy, e Amabel corrugò la fronte.
“Non ho capito.”
“Voglio ripulirmi, Bel. Pian piano voglio tirarmi fuori dagli affari illegali, smetterla con le scommesse e con le corse, smetterla con i pub e con le armi. Voglio essere un uomo degno di te e di Charlie, della nostra nuova famiglia. Per farlo ho intenzione di entrare nel Parlamento di Londra. In questo modo avrò la possibilità di stringere nuove alleanze che mi permetteranno di piantarla con la vita criminale.”
Amabel era sbigottita, non aveva mai ipotizzato che Tommy un giorno avesse potuto confessare la volontà di ripulirsi.
“Ehm … sì, va bene. Come posso aiutarti?”
“Richard Linus è il capo del partito laburista di Birmingham, e so che era molto amico di tuo padre. Se tu lo convincessi ad accettarmi nel partito, io mi candiderei per il Parlamento.”
Amabel guardò prima Tommy e poi Charlie, entrambi avevano bisogno che la violenza dei Peaky Blinders non facesse più parte delle loro vite.
“Domattina andrò a parlare con Linus. Ce la faremo.”
“Bene. Ma ora è giunto il momento che aspetto da mesi.”
Amabel nascose il viso nelle mani quando Tommy mise in mano a Charlie un anello d’oro con uno smeraldo al centro.
“Thomas …”
Tommy si inginocchiò sul letto e Charlie spalancò la manina, l’anello riluceva sotto i timidi raggi del sole offuscati dalle nuvole.
“Amabel Hamilton, vuoi passare il resto della tua vita con me e Charlie?”
“Sì, con tutto il mio cuore.”
Tommy le infilò l’anello al dito, poi la trascinò in un bacio emozionato e carico di sentimenti. Charlie avvolse le esili braccia intorno alla vita della donna e lei gli baciò la testa.
“Sei mio per sempre, Thomas.”
“Bel, io sono tuo da sempre.”
 
 
Un’auto nera si parcheggiò davanti alla sontuosa villa. Il maggiordomo si affrettò ad aprire la portiera alla signora. Evelyn Hamilton era tornata a casa subito dopo il matrimonio, avrebbe trascorso la luna di miele nella grigia Birmingham. Suo marito, Robert ‘Bobby’ Kimber, le baciò il dorso della mano e la invitò nella loro nuova casa.
“Sai una cosa, Bobby? Sono davvero contenta di essere tornata.”
“E sarai ancora più contenta quando farò di te la regina di questa città.”
Tommy Shelby si era appena guadagnato un nuovo nemico.
 
 
Salve a tutti!
Per ora Tommy e Amabel hanno avuto il lieto fine, ma sembra proprio che Evelyn sia sul piede di guerra.
Per scoprire come andrà a finire dovete aspettare per la terza parte della storia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
GRAZIE di cuore per aver seguito la storia.
Alla prossima.
Un bacio.
 
*Penso che il figlio di Arthur si chiami William e che Billy sia il diminutivo.
 
Ps. Il figlio di Billy Kimber è una mia invenzione.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Peaky Blinders / Vai alla pagina dell'autore: Lamy_