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Autore: Child_of_the_Moon    09/09/2019    1 recensioni
"Mi sento ora un tutt'uno con quella misteriosa e sinistra figura.
Come se avesse voluto condividere con me sola la sua desolazione."
Il rammarico, il dolore, il sentirsi privi di ogni emozione: tutti sintomi di un male chiamato "solitudine", che ci rinchiude in una gabbia di folle spasimo e sofferenza, il cui lucchetto può essere aperto solo con la chiave della comprensione, dell'amore.
Quando tutto appare perduto e nulla sembra poterci salvare, ci sarà sempre qualcuno, con in mano un ramo rigoglioso di calicanto, pronto ad accogliere le nostre ferite e, baciandole, farle scomparire.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Calicanto



Questi non sono altro che pensieri sparsi, su un documento bianco, candido, da colmare con il marasma di emozioni che avvolge la mia anima, afferrandola, tirandola  raffreddandola, riscaldandola, infondendole gioia, dolore, sollievo, angoscia. Chissà se tutto questo assumerà un senso, una volta riportati gli occhi tra le righe, a mente lucida, forse realizzando lentamente e con rassegnazione che mettersi a scrivere è stato un errore.
Perché quale terrore si cela tra queste parole, ora gettate alla rinfusa su un vecchio diario impolverato e logorato da un tempo che non lascia scampo, pietà alcuna per chi non riesce a trascinarsi con forza verso il domani e che quindi, come il diario rimane là, rifugiato nelle tenebre più impenetrabili, sfoggiando una vetusta coltre di polvere, le pagine scolorite, come ricordi volati via nel gelo dell'inverno, trasportati da una corrente che preannuncia tempesta, il preludio della fine.
E poi il nulla.
Cosa rimane di una memoria?
Un memento, l'immagine di un vecchio giradischi dall'aria antica, sul quale il vinile ruota continuamente, a un ritmo instancabile e serrato. Ipnotico, così come la musica che dagli altoparlanti si propaga nell'ambiente circostante, che nella mente appare tinto d'un pallido color crema. La melodia riprodotta assume le sonorità di un jazz, mi pare.
Ma una memoria può celare dipinti oscuri, realizzati con violenza; una pressione eccessiva sul pennello tanto da lacerare la fragile tela di canapa, unico supporto per il colore, che altrimenti andrebbe colando e riversandosi sulle mattonelle di un pavimento trascurato, tra le fughe cementizie lugubri e luttuose, come pesanti solchi neri, segno degli strascichi d'una vita sciagurata, dei colori dal forte contrasto, un soggetto sinistro, perturbante, che grava impietoso sulle spalle dell'artista. Al solo sguardo si viene colti da un disagio disorientante, un potere ignoto che con pesanti catene d'acciaio ci vincola, ci ancora ad un passato il cui ricordo è una figura onnipresente, cupa, oscura, ambigua, accompagnata da un odore umido e penetrante, puro sentore di morte, abbandono, rassegnazione.
Una mano gelida impugna saldamente il pennello tra le dita ossute, tinte d'un grigio cadaverico, le quali via via si macchiano di colore, come macule del peccato, del disonore, di tutti gli errori e i crimini commessi in questa esistenza priva di valore.
Il quadro si va completando mentre l'autore, prima assorto completamente nelle sue astrazioni mentali, prende lentamente coscienza della sua opera, in uno stato di dormiveglia, accompagnato da quel torpore indistinto, da quei rumori ovattati, che costituiscono la sottile linea, più fine del leggiadro tessuto di una ragnatela, tra la veglia e il sogno.
Ed è in quel momento che come uno stridio assordante egli s'accorge che il suo estro d'artista ha riportato sotto i suoi occhi stanchi e increduli, la trasposizione esatta della sua interiorità, di un folle malessere che permea le sue giornate, le sue settimane, i suoi mesi, i suoi anni.
Una melanconia descritta come quello che pare un lago dalle profonde e scure acque, al centro un cigno morente, in stato di decomposizione, sfregiato dal supplizio della perdita, che va dissolvendosi, perdendosi tra quegli umori dall'odore di sofferenza, dal colore della sciagura, dal sapore di cattivo presagio.
Esso nel becco porta un rametto di calicanto, vivo, florido, appena sbocciato d'una intensa nota gialla, solare. Splendente, rassicurante nel mare d'angoscia che emerge dall'opera tutta. L'unico elemento di benessere visivo che porta a prendere respiro, liberandosi momentaneamente dall'oppressiva claustrofobia del dolore.
Ed ecco che l'autore di questa tavola nota una presenza estranea alle proprie spalle, voltandosi con occhi colmi di timore mi scorge dietro di lui: non vuole che contempli il risultato del suo delirio.
Però la sua espressione muta considerevolmente, scorto il mio viso, e ne rimango affascinata; sembra che ora il suo sguardo mi stia esaminando attentamente, studiandone ogni particolare con genuino interesse e coinvolgimento, come se fossi io stessa l'opera appena terminata, ora esposta agli sguardi dei più.
Con passo malfermo diminuisce la distanza tra noi e giunto a pochi passi, tende una mano verso di me, raggiungendo con lentezza la mia guancia.
Mi sento sfiorare dal suo tocco raggelante, dalla pelle arida e raggrinzita, e mi sento colmare dal dolore che come un corpo estraneo all'interno della mia esistenza materiale mi ferisce, pretendendo libertà, mi squarcia il petto con violenza, lasciando che sul pavimento lurido si riversi il mio sangue che cola perpetuo, che ormai ha inondato la bocca, sporcandone con  il suo rosso accecante i denti, che ora ha formato un rivolo agli angoli della bocca.
Prendo a gridare, consumando l'intensità di questa disperazione come fosse ossigeno, che voglio furiosamente, poiché non sono più in grado di respirare, laddove grosse lacrime ricadono copiose e inesorabili sul mio viso imbrattato della sostanza che macchia l'artista, il colore, la disgrazia.
L'artista ritorna a fissarmi con occhi spenti, come spento è il suo interesse per me, ora che subisco la sua stessa sorte, rea d'essermi contaminata del suo male.
Ora non percepisco più il contatto sinistro della sua mano, mi accorgo che mi volta le spalle, come noncurante, tornando a porgere la sua attenzione al quadro.
Mi sento svuotata.
Come se con quelle scostanti e rigide dita avesse strappato una parte di me e l'avesse portata via con sé.
Mi sento mancare.
Come se con quelle scostanti e rigide dita m'avesse strappato la vita.

Mi sento ora un tutt'uno con quella misteriosa e sinistra figura.
Come se avesse voluto condividere con me sola la sua desolazione.


Si fa strada in me un sentimento fugace, sfuggevole, silenzioso: sento come se io e l'artista fossimo connessi da una forza astrale che lega le nostre due menti.
Non riesco a giungere alla comprensione, è qualcosa di lontano, sfocato ai miei occhi, ma pulsante di vita.
In lontananza scorgo un nucleo, non lo riesco a distinguere in modo opportuno, ma pare essere luminoso e caldo. Non possiede forma concreta, appare come una manifestazione ultraterrena, astratta. Ma  distintamente ne percepiscono le lievi pulsazioni ad un ritmo lento e regolare. Infonde sicurezza, dolcezza e tepore. Come una sorta di utero materno.
Non realizzo adeguatamente cosa possa esistere all'interno di questo nucleo, ma prendo consciamente atto che possa esistere una dimensione in cui il tempo possa essere arrestato, in cui riposarsi, assopirsi nella luce, risvegliarsi rivitalizzati completamente sereni e colmi d'amore.
Vorrei che anche la misteriosa figura contemplasse questo bagliore, che i suoi occhi non hanno mai ammirato.
Desidero fare conoscere all'artista questo tepore, che la sua pelle non ha mai respirato.
Aspiro a far sperimentare all'artista l'amore, che il suo cuore non ha mai conosciuto.

Voglio prenderti per mano pittore, voglio camminare insieme a te su questo sentiero indefinito, lucente, trapuntato di lucciole.
Vieni con me, verso questa luce.
Ascendiamo da questo mondo di disprezzo e rassegnazione e varchiamo la soglia della trasparenza, dell'equilibrio.
E giunti lassù, voglio accoglierti con diletto tra le mie braccia, sussurrarti piano e con delicatezza all'orecchio che non deve esistere incertezza, né timore dentro di te. Che sarai libero, abbracciato dal chiarore dell'avvenire, dal profumo del domani.
Ti sentirai colmato da una gioia incontenibile, irrefrenabile.

Ti sentirai amato.

E allora vorrai amare.


Non sarà necessario rinchiuderti nella tua irrazionale solitudine, io sarò lì, sempre.
Ogni qualvolta ti sentirai sprofondare nella tua malinconia, naufragare in un dolce mare di lacrime, affrante, tormentate, permetti al tuo pensiero di viaggiare verso di me.
Ricordami.
Lascia che io mi insinui in te, che accolga il tuo dolore tra le mani, e che lo trasformi in sfolgoranti gioielli.
Gemme d'affetto, perle di tenerezza, da poi rilegare in una collana da stringere lievemente al tuo collo.

Io voglio proteggerti.

E allora, raccolto un tenero rametto di calicanto ricoperto di candida neve che pongo con cura tra le tue mani, giuro di rimanerti accanto, in eterno.


 
                 Child of the Moon
 
 
Non aggiornavo da un sacco di tempo.
E' stato un periodo lungo ed estenuante; in questo anno e tre quarti di assenza, mi sono dovuta interfacciare con molte realtà, tra cui la mancanza di ispirazione, il blocco e molte altre esperienze che mi hanno segnato a fondo, nel bene e nel male.
Questo è un momento particolare per me, sto affrontando molti cambiamenti, sto facendo la conoscenza di sentimenti nuovi, mai esplorati.
Per cui visto l'affollare di pensieri che accompagnano la mia mente da diversi mesi ho deciso di provare a mettere la parola fine al mio blocco.
Sono un po' fuori allenamento, lo ammetto, è la prima volta che mi metto a scrivere qualcosa di serio dopo l'ultima storia pubblicata a marzo dell'anno scorso.
Nella storia in questione ho provato a compiere un viaggio simile a quello che si compie nei sogni, nei quali le ambientazioni non sono mai definite, ma piuttosto dai contorni sfumati, e si susseguono molto rapidamente.
Questo si ricollega a un evento particolare della mia vita attuale che mi ha sconvolto come nulla prima in questi anni.
Mi sto sentendo un po' come in un sogno diciamo, per via della quantità di sensazioni ed emozioni che mi stanno travolgendo ultimamente.
Spero che comunque questo racconto possa essere di vostro gradimento e ringrazio infinitamente anche solo chi deciderà di leggerla!

    
   
 
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