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Autore: Menade Danzante    11/09/2019    3 recensioni
Arriva per tutti i bambini il momento di essere curiosi verso lo strano e affascinante fenomeno della vita. Warlock non è da meno: a chi porre queste domande se non alla tata?
Dal testo: "«Sei proprio sicuro?» provò di nuovo.
«Sì! Per favore, tata Ashtoreth!»
Warlock chiedeva una cosa per favore solo quando quella era la sua ultima spiaggia e quando voleva veramente ottenere i suoi scopi. Crowley cominciava a sospettare che usasse questo metodo anche quando doveva convincere lei a fare qualcosa di cui era certissimo che non sarebbe stata contenta. Il piccolo bastardo sapeva sempre dove andare a parare e come sfruttare i punti deboli degli altri, e la tata era stata così ingenua da permettergli di scoprire il suo: la conoscenza, la curiosità, la critica."
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley, Warlock Dowling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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baby

How to make a baby








«Tata Ashtoreth?»

«Mm?»

«Come nascono i bambini?»

Merda.

Crowley guardò il giovane Warlock cercando di mantenere l'espressione più neutra che avesse mai proposto al ragazzino. Nella sua mente si formarono all'improvviso una miriade di varianti, tutte rigorosamente inadatte per le orecchie di un bambino di cinque anni, alcune persino troppo grafiche. Altre – poche – troppo scientifiche.

«Perché non lo chiedi ai tuoi genitori, caro?» tentò, disperata, nell'urgenza di guadagnare tempo per trovare una maledetta risposta – una – che andasse bene per la sua età e che fosse allo stesso tempo l'emblema della malvagità.

«Mamma non me l'ha detto. Papà non c'è»

Eccola là, la speranza. Doveva solo sfruttarla bene.

«Forse tua madre ha ragione» iniziò, conciliante. «Te lo dirà lei quando sarai più grande»

«Ma io voglio saperlo adesso»

Ragazzino viziato che non sei altro, pensò Crowley, ma ebbe l'accortezza di non dirglielo. Stava pure mettendo il broncio, l'infame, e nessuno Giù aveva avuto la brillante idea di insegnarle a resistere a un broncio di un ragazzino di cinque anni: da sola lei non aveva di certo mai imparato.

«Sei proprio sicuro?» provò di nuovo.

«Sì! Per favore, tata Ashtoreth!»

Warlock chiedeva una cosa per favore solo quando quella era la sua ultima spiaggia e quando voleva veramente ottenere i suoi scopi. Crowley cominciava a sospettare che usasse questo metodo anche quando doveva convincere lei a fare qualcosa di cui era certissimo che non sarebbe stata contenta. Il piccolo bastardo sapeva sempre dove andare a parare e come sfruttare i punti deboli degli altri, e la tata era stata così ingenua da permettergli di scoprire il suo: la conoscenza, la curiosità, la critica.

«E va bene, carissimo» lo accontentò alla fine, sudando freddo. Era più che sicura che parlare di sesso a un bambino di cinque anni non facesse parte del contratto con Beelzebub, né tanto meno di quello stipulato con la famiglia Dowling. Non la pagavano abbastanza per quello che faceva, sul serio.

Prese un bel respiro per calmarsi: doveva solo evitare le parti più immaginifiche della faccenda, perché sì, andava bene istruirlo al lato oscuro, ma cominciare a parlare di vagine e peni a cinque anni non rientrava nemmeno nelle più fervide fantasie di Freud.

«Vedi,» cominciò, diplomatica, la mente vuota, «i bambini nascono per caso dalle pance delle donne»

Si rese conto solo dopo averlo detto che quello era sì crudele, ma solo per le disgraziate genitrici: nell'anima di Warlock non sarebbe cambiato niente.

Cazzo, cazzo, cazzo, pensa, pensa, pensa.

E se...

Il lampo di genio arrivò senza preavviso e la fece ghignare soddisfatta. Approfittò del momento di confusione del bambino per intromettersi nella sua linea di pensiero e continuare.

«Caro Warlock, i bambini si insinuano da soli lì, capisci?» corresse il tiro, conscia del fatto che il ragazzino non lo avrebbe minimamente notato. «E sai perché lo fanno?»

Il bambino scosse la testa con vigore, attentissimo.

«Per fare un dispetto alla Terra»

Warlock le restituì un'occhiata parecchio confusa.

«Proprio così, tesoro» riprese melliflua. «I bambini sono strumenti del demonio che porteranno alla distruzione del pianeta, un giorno»

«Anch'io lo farò?»

«Oh sì, soprattutto tu» ma spero tanto tanto di no.

Warlock non sembrava spaventato dalla prospettiva, solo estremamente colpito. Questo le diede un brivido spiacevole lungo la schiena, ma si tranquillizzò quasi subito: sicuramente Aziraphale avrebbe riportato in parità la partita.

«E com'è possibile?»

«Per la sovrappopolazione» spiegò la tata, sorridendo, un poco rassicurata dal pensiero dell'angelo. «Più bambini nascono, più le risorse del pianeta scarseggiano. Sai, acqua, cibo, piante, terra, cose così. E il pianeta morirà alla fine. È un piano a lungo termine che voi piccole creature demoniache preparate già da dentro la pancia»

Warlock era affascinato dal potere dei bambini. «Ed è una cosa bella?» s'informò.

«Straordinaria, caro»

Il ragazzino le restituì un sorriso radioso.

«Ora va' da Fratello Francis» si affrettò a dire, «e chiedilo anche lui. Vedrai se non confermerà questa idea!»

Warlock stava per schizzare via ma Crowley sentì il bisogno fisico di richiamarlo per una precisazione vitale.

«Ti prego, giovane ragazzo, di dirgli che io ho già risposto». Immaginò per un attimo l'angelo così imbarazzato da una domanda come quella da rifiutarsi di dare alcun contributo alla causa, ma dopo la sua teoria proprio non se lo poteva permettere.




Non dovette nemmeno aspettare il loro incontro serale al pub per discutere con Aziraphale della questione. Lo intravide in giardino tre ore più tardi, intento a innaffiare le aiuole di margherite.

Fu l'angelo a salutarla per primo.

«Miss Ashtoreth» la apostrofò togliendosi il cappello. Crowley ricambiò con un eloquente cenno del capo: dovevano parlare nel loro posto sicuro all'interno della casa, la grande biblioteca, quella che nessuno utilizzava se non in presenza di importanti ospiti internazionali.

«Allora? Te l'ha chiesto?» chiese subito Crowley avvicinandosi all'altro con fare cospiratorio una volta raggiunta la stanza.

«Sul serio, Crowley?» esclamò Aziraphale, indignato, mentre schioccava le dita per liberarsi della peluria in eccesso sul volto. «Sovrappopolazione a un bambino di cinque anni?»

«Mi ha presa in contropiede, non è colpa mia». Crowley scattò in avanti sulla difensiva, le braccia allargate teatralmente. «Insomma, è tutto sistemato?» incalzò subito dopo.

«Sì, penso di sì, anche se non so se la mia storia sull'amore e sulle api sia stata avvincente quanto il tuo piano diabolico per cancellare la Terra» disse Aziraphale con tono comprensibilmente intriso di veleno.

La tata si batté una mano sulla fronte. «Api e fiori! Ma certo!» sbottò, sconvolta. «Era facile»

«Sì, direi di sì. Come hai fatto a non pensarci?»

«Avrei voluto vedere te!» scattò Crowley. «L'ha chiesto senza motivo, ho dovuto improvvisare». L'occhiata accusatoria di Aziraphale non le piacque per niente. «Ehi, avrei potuto fare molto peggio»

Aziraphale assottigliò le palpebre. «Non avrai mica pensato di fargli sapere... tutto quanto, vero?»

La tata spalancò la bocca offesa: se c'era una cosa che il demone Crowley si era lasciato sfuggire più volte nel corso della Storia e della sua amicizia con Aziraphale, quella era sicuramente l'attenzione per i bambini. Questo l'angelo avrebbe dovuto saperlo e non avrebbe dovuto sospettare un qualche comportamento diverso da parte della tata..

«No!» ribatté piccata a voce troppo alta. «Non l'avrei mai fatto, lo sai! Che siano i genitori ad iniziarlo al Kamasutra. Non spetta a noi!»

«Crowley!» esclamò l'angelo lanciando sguardi allarmati alla porta: se qualcuno fosse entrato o avesse origliato una conversazione come quella sarebbero stati licenziati in tronco e avrebbero dovuto ricorrere a ben più di un miracolo per farsi riammettere in famiglia

«Pudico» commentò la tata, ma fu costretta a vedere nel rimprovero l'invito ad abbassare i toni e ad accoglierlo come perfettamente sensato.

Aziraphale alzò un sopracciglio irritato che fece sorridere malignamente la rossa. «Allora, questa domanda ti ha messo in difficoltà, angelo? Confessa!»

Il biondo la fissò ostinatamente sostenuto. «Perché avrebbe dovuto, Crowley? È una curiosità come tante, Warlock è un bimbo sveglio... È normale che se lo sia chiesto, non trovi?»

Annuì, sorridendo alla capacità di Aziraphale di non mostrare alcun segno di imbarazzo su un argomento che, preso da una certa angolazione, la sua stessa fazione aveva così ostinatamente combattuto e demonizzato. Decise di non insistere e di dargli credito: quella poteva essere una maschera di imperturbabilità costruita in seimila anni di esperienza, ma anche un sincero approccio scevro da pregiudizi e moralismi. La seconda opzione le piacque di più e preferì non doversi ricredere, non quel giorno: la giornata era stata già sufficientemente faticosa e discutere di sesso con Aziraphale l'avrebbe resa terribile.

Fu l'angelo a riempire il silenzio. «Gli hai detto che distruggerà il mondo, comunque. Non è positivo»

Spettò a Crowley il turnò di sospirare. «Me ne sono accorta. Per questo l'ho mandato subito da te. Gli hai detto che diffonderà amore e gioia, dico bene?» approfondì Crowley con un paio di smorfie. Quando l'angelo annuì si concesse di rilassare le spalle. «Pari di nuovo, allora» rilevò con un sorriso complice che Aziraphale ricambiò. Aveva salvato la situazione, doveva proprio riconoscerglielo.

«Sarà meglio tornare ai nostri compiti» ponderò l'angelo con uno sguardo all'orologio a muro.

Crowley annuì. «Usciamo separati. Vai prima tu; io aspetto cinque minuti»

Il biondo chinò il capo in segno d'assenso borbottando a mezza voce qualcosa che alla donna parve un: «Questo non farà comunque diminuire i sospetti di Warlock»

«Che sospetti?»

Nel giro di un paio di secondi Aziraphale virò pericolosamente al rosso, sobbalzò e si portò una mano alla bocca. «Cosa? Ho parlato ad alta voce?»

Crowley annuì, la fronte aggrottata. Che stava succedendo?

«Beh, i suoi sospetti...» fece l'angelo con imbarazzata ovvietà.

«Non capisco di che parli»

Aziraphale prima la guardò come a chiederle di smetterla con quella finta ingenuità, ma poi, dal momento che la tata non accennava a mostrare alcun indizio di aver compreso, sgranò gli occhi. «O Cielo: a te non l'ha detto, vero?» soffiò.

La rossa sentì freddo dalle parti della nuca mentre scuoteva la testa. «Detto cosa, angelo?»

«Oh. Beh, ecco... Mi ha chiesto se... sì, insomma, se tu ed io... se avremo un bambino» pigolò Aziraphale tra un balbettìo e l'altro diventando più rosso al progredire della frase.

Crowley non ebbe nemmeno la forza di imprecare mentalmente: spalancò la bocca basita senza accorgersene, il cervello impigliato in un'unica domanda. «C-Come ha... pensato che...?». Non riuscì a chiudere la frase: era stato assurdo sentirlo dalle labbra di Aziraphale e ripeterlo avrebbe solo amplificato esponenzialmente quella sensazione.

L'angelo scosse il capo: non ne aveva idea.

«E... e tu... Insomma, che hai detto?» fece Crowley, pentendosene subito dopo. Si sarebbe dovuta mordere la lingua, piuttosto. Avrebbe potuto fare una battuta, avrebbe potuto chiudere la questione con il suo fedele sarcasmo che ad Aziraphale sfuggiva sempre. Perché diavolo l'aveva chiesto? Non voleva sapere veramente la risposta: non ve n'erano di logiche, d'altronde e il biondo avrebbe solo balbettato cose confuse.

Fece per riprendere a parlare e ritrattare, ma l'angelo la precedette.

«Oh, Crowley» esalò Aziraphale e la tata si sentì sprofondare per ragioni ignote nell'avvertire la nota di panico nella voce dell'altro. «È stato così inaspettato che ho detto di non essere sicuro che tu voglia un bambino»

Crowley sperò intensamente di venir risucchiata da una voragine sotto ai suoi piedi: quello sarebbe stato un destino molto più sopportabile se comparato alla prospettiva di dover capire cosa diamine fosse passato nella testa dell'angelo per non aver messo a tacere qualsiasi tipo di implicazione che le parole del giovane Warlock avessero celato.

«Io pensavo che te lo avesse chiesto prima!» si giustificò Aziraphale avvicinandosi appena. Crowley scosse il capo, ma comunque la questione continuava a non avere senso: quella non era una buona motivazione per far pensare al ragazzino che tra di loro ci fosse qualcosa! «Non volevo dirlo, credimi, ma lui è così persuasivo! Pensa che ci sposeremo e tutto quanto, ma ai bambini ancora non aveva pensato»

La bocca di Crowley si spalancò ancora di più, il respiro bloccato in gola: aveva sentito male. Per Satana, aveva sentito male. Per forza, non c'erano altre spiegazioni.

Ma l'angelo notò subito il cambiamento in lei e si portò le mani alle labbra.

«Non ti ha detto nemmeno questo» realizzò, mortificato. «O Cielo. Non so proprio da dove abbia preso l'idea, Crowley»

La donna sospettò improvvisamente che la colpa fosse del loro stesso schema anti-Armageddon. Per ogni domanda del piccolo Warlock alla sua risposta doveva seguire quella dell'angelo e viceversa per bilanciare la partita, spedirlo dall'uno e dall'altra era l'unico modo per controllare che non eccedesse né nel Bene né nel Male, ma questo il ragazzino non poteva saperlo. Il quel continuo gioco di rimbalzi e smentite aveva visto una fiducia e un rispetto reciproci che poco avevano a che fare con il piano infallibile per sventare l'Apocalisse. Warlock era sveglio, aveva visto la complicità della loro relazione, ma non il suo senso profondo: Crowley doveva ammettere che il discorso tornava.

Allora perché, però, non sospettare di una burrascosa amicizia? Suggerire il matrimonio comportava una certa dose di fantasia che non poteva in alcun modo essere frutto dell'educazione impartita dai due.

Che la colpa fosse sua, invece? Che si fosse lasciata sfuggire parole di troppo sul conto di quel buffo e sgraziato giardiniere sempre pronto a regalare sorrisi e buone storie moraleggianti, che con i suoi modi gentili e delicati sopperiva a tutte le mancanze dell'aspetto tanto da risultare gradevole a tutta la famiglia e che con un solo sguardo aveva il potere di confortare e rassicurare chiunque, persino – soprattutto – il vecchio cinico serpente che era in lei?

Crowley, protetta dalle lenti scure, si concesse di osservare Aziraphale per qualche secondo mentre si torceva le mani in grembo, rosso in viso per la vergogna e completamente a disagio. Sentì una fitta spiacevole attanagliarle lo stomaco: l'idea che il bambino potesse pensare una cosa come quella era così disonorevole per l'angelo, una fonte di un tale turbamento? E perché questo dava a lei così tanto fastidio?

Scosse velocemente il capo per distogliersi da quei pensieri: l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era concentrarsi su ciò che non aveva la forza di definire. Sarebbe stato più utile rasserenare l'atmosfera e riportare il loro solito caotico rapporto alla normalità per sfuggire ai sottintesi.

«Bene» disse, deglutendo a fatica.

«Bene?»

«Questo non cambia niente nella sua anima, in ogni caso» notò, stringendosi nelle spalle. «Non compromette il piano, quindi non è male... Neutro come sempre»

Aziraphale annuì, ma nell'espressione che le riservò la tata non rilevò alcun segno di miglioramento. Lo ignorò.

«Tanto vale uscire insieme, allora» propose, accennando un sorriso incerto. «Dalla biblioteca» si affrettò a precisare per sentirsi più stupida che mai.

«Penso di sì» acconsentì Aziraphale, provato. Si avviarono alla porta, ma quando il biondo afferrò la maniglia per abbassarla Crowley fece pressione sulla porta con la mano, improvvisamente colta da un dubbio – l'ultimo che volesse approfondire seriamente in quella sede e possibilmente per il resto della sua permanenza in casa Dowling.

«Da quanto tempo va avanti questo sospetto? Giusto per curiosità, angelo»

Vide le guance dell'altro tornare scarlatte e notò che non aveva risistemato il trucco sul volto. Non aveva mai capito perché si fosse conciato così per entrare al servizio dell'ambasciatore americano: nessuno lì aveva idea di chi fosse, avrebbe potuto lasciar vedere il suo viso senza incorrere in alcun tipo di problema. O almeno avrebbe potuto farsi apparire una barba normale come quella di tutti i comuni mortali, invece di quei favoriti ispidi di dubbio gusto.

Crowley alzò gli occhi al cielo in tempo per sentire la risposta.

«Da... da un po'» fornì Aziraphale senza guardarla.

«Angelo»

«Un anno, più o meno»

Per l'amor di Qualcuno. Warlock sospettava che loro due fossero amanti da più o meno un anno e lei non ne sapeva niente? Perché il ragazzino non gliene aveva mai parlato? Ma soprattutto...

«In un anno tu non hai trovato il tempo di dirmelo?». Crowley sperò di essere sembrata minacciosa, ma ebbe la fugace impressione che, se lo fosse stata, Aziraphale non si sarebbe voltato a lanciarle un'occhiataccia.

«Non è rilevante per la sua anima, cara, lo hai detto tu poco fa: non ho ritenuto che ci fosse bisogno di parlarne»

Scacco matto.

«Ah, è così?». La rossa inspirò a pieni polmoni e abbassò il viso all'altezza di quello dell'angelo, pronta a ripagarlo con la stessa moneta. «Bene, maritino mio. Andiamo?» soffiò, il tono languido.

Schioccò le dita a mascherare il rossore intenso di Aziraphale con il trucco irsuto del giardiniere e sperò che il suo fondotinta avesse più o meno lo stesso effetto coprente.


-



Quando andarono a fare rapporto dai loro capi, Crowley e Aziraphale non avevano tante cose da riferire. Nell'ultima settimana avevano solo confermato la solita tendenza di Warlock a stare perfettamente nel mezzo tra i due poli, ma niente di più. Nessuno dei due sapeva dire se le storielle sulla nascita dei bambini avessero sortito un qualche effetto nel ragazzino: il giovane non ne aveva più parlato né con la tata né con il giardiniere. Da una parte questo aveva fatto tirar loro un sospiro di sollievo – soprattutto a Crowley – per l'imbarazzo che l'argomento ormai suscitava in tutti e due, consci delle strane idee che Warlock si era fatto, dall'altra probabilmente potevano dire di aver svolto un buon lavoro neutralizzandosi a vicenda al punto tale da non essere nemmeno lontanamente memorabili nella mente del bambino.

«Andrà bene» fornì Crowley che aveva notato già in autobus il vago tremore dell'angelo. «Come sempre. Nessuno controllerà»

Aziraphale annuì, regalandogli un sorriso prima di entrare in ascensore. Crowley lo imitò e sparirono l'uno dalla vista dell'altro.



Odiava gli incontri all'Inferno. La ressa dei diavoli che lo spiava era la cosa più snervante da sopportare, dopo l'odore e dopo la ronzante parlantina di Beelzebub. Ma in quarta posizione veniva sicuramente Ligur che, ancora, chiedeva di uccisioni e squartamenti.

«No, ancora nessun omicidio» confessò il demone, sperando di risultare afflitto.

«Che cazzo, Crowley!» sbottò Ligur senza ritegno. «Sempre questo ci dici! Non ti stai impegnando abbastanza, ecco quello che succede lassù»

Crowley si sentì un lavoratore sfruttato su tutti i fronti: i Dowling non gli davano una paga adeguata per spiegare al loro bambino le meraviglie della procreazione, ma nemmeno Beelzebub gli riconosceva tutti i suoi sforzi, e neanche lo difendeva dalle illazioni di quel Duca da strapazzo. La cosa peggiore per il demone era la consapevolezza di non avere alcuna voce in capitolo nemmeno in quello: era un'altra di quelle cose non presenti nel contratto, lo sapeva benissimo, ma che doveva farsi andare bene comunque.

Esibì un sorriso sardonico per riprendere giusto in tempo con il colpo di scena.

«Ma non vi ho detto la parte migliore» fece, ghignando malizioso. «Non ha ucciso nessuno, è vero, ma comincia a peccare di... lussuria»

Non c'era verso che qualcuno di loro avesse anche solo parlato con Freud per più di due secondi senza scoppiare in lacrime e giurare di non volerlo intorno mai più, né che uno dei demoni avesse letto un qualche manuale di psicologia infantile durante una veloce scorribanda di sopra: la sua bugia era più che al sicuro con l'audience che si ritrovava.

Non solo: venne pure applaudita e accolta da quel wahoo che il suo straordinario piano per la M25 non aveva mai ricevuto.

Lurida feccia schifosa, berciò nella sua testa. Creature senza stile: meritate lo schifo in cui vivete.



Quando le porte dell'ascensore si aprirono rivelando Aziraphale, Crowley era lì davanti a sistemarsi il codino nel riflesso del metallo lucido.

«Sei vivo» commentò atono. «Ti hanno trattenuto parecchio»

L'angelo sorrise. «Gabriel era impegnato quando sono arrivato. Ho dovuto aspettare»

Il demone infilò le mani in tasca senza dire niente. Erano sempre poco piacevoli i resoconti di Aziraphale, soprattutto per il modo in cui il biondo ne parlava: non c'era mai una vera nota allegra nella voce quando raccontava di aver fatto bella figura in Paradiso, né si abbandonava alla rabbia ingiuriando contro quei maledetti aguzzini che non lo gratificavano a sufficienza. Quello, Crowley ne era certo, avrebbe aiutato, ma l'angelo era fatto così e dalle sue labbra non era mai uscita nemmeno una parolaccia, figurarsi una bestemmia contro gli Arcangeli.

«È andato tutto bene?» domandò il demone dopo qualche secondo.

«Oh, sì». Nessuna allegria, nessun trionfo, solo un sorriso di circostanza. «A te?»

Crowley annuì, scacciando dalla mente la possibilità di rivelargli in quel momento di aver fatto credere a una marmaglia sgangherata di diavoli che un bambino di cinque anni fosse un lussurioso: non voleva rischiare di contrariarlo ancora di più.

Fecero per avviarsi all'uscita, ma Aziraphale parlò.

«Gabriel è convinto che non servirà a niente, che l'operazione sia votata al fallimento»

Glielo diceva sempre, ma ogni volta era una stilettata per l'angelo e, indirettamente, per il demone.

«Lascialo parlare» disse Crowley, laconico. «È solo un pallone gonfiato, non dargli retta»

Incassò l'occhiata di rimprovero con dignità: aveva impiegato secoli per capirlo, ma alla fine era arrivato alla conclusione di essere l'unico tra i due che potesse parlare sinceramente e si era ripromesso che avrebbe colto tutte le occasioni possibili per sfogare la rabbia di entrambi.

«È uno stupido idiota» rimarcò, più aggressivo. «Non ci sarà bisogno di nessuna guerra, te lo dico io, angelo»

Aziraphale alzò gli occhi su di lui, la gratitudine che superava l'indignazione per gli insulti al capo. «Spero che tu abbia ragione» completò, la voce increspata da un tenue sorriso che, con un po' di fortuna, non sarebbe sparito presto.

Crowley lo precedette, tenendo ferma la porta girevole per l'angelo. «Andiamo a mangiare qualcosa»

«Oh!» esclamò Aziraphale a metà tra il deliziato e il sospettoso. «A cosa devo questo...?»

Il demone roteò gli occhi al cielo: «Posso offrire il pranzo a mio marito o devo avere per forza un motivo per farlo?»

«Crowley! Smettila con questa storia!» squittì l'angelo scandalizzato, bordeaux fino all'attaccatura dei capelli.

«E va bene. Non volevo dirtelo così, ma non mi lasci altra scelta: aspettiamo un figlio»

«O Cielo». Aziraphale era esasperato: si portò le mani al volto nel tentativo inutile di coprire il rossore.

Crowley rise tutto denti. «Non ti piace questo gioco di ruolo, angioletto? Eppure l'hai iniziato tu!»

Aziraphale aprì la bocca e la richiuse senza dire niente un paio di volte, prima di stornare lo sguardo. «Oh, ti prego, basta»

Crowley non smise il ghigno e fece segno ad Aziraphale di uscire. L'angelo accolse la proposta e, nonostante il rossore ancora troppo evidente sul volto, gli sorrise.

Il demone non riusciva ancora a capire se scherzare su quel fraintendimento di Warlock gli facesse più male che bene, ma era certo che in quel momento avrebbe continuato a lungo pur di vedere l'angelo sorridergli beatamente come stava facendo.












Nota: Per quanto riguarda i tempi della storia, non seguo la serie TV, ma il libro, dove Crowley e Aziraphale vanno subito dall'ambasciatore nei panni della tata e del giardiniere. Per me è un mistero il fatto che nella serie aspettino cinque anni prima di avviare l'educazione dell'Anticristo sbagliato. Di conseguenza, Warlock ha questo sospetto da quando ha quattro anni – sempre che Aziraphale non abbia mentito!

   
 
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