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Autore: Carmaux_95    14/09/2019    7 recensioni
-Finirà male.-
-Scommettiamo?-
Il tono, leggermente strafottente, lo convinse a spingere quella conversazione verso qualcosa di più serio: -Voglio carta bianca: se perdessi potrò chiederti di fare qualsiasi cosa mi venga in mente.-
-Ma se vincessi io... mi preparerai la cena per una settimana.-
-Ricca', lo faccio tutti i giorni già da sei mesi a questa parte!-
-Allora voglio che sia tu a lavare i piatti per una settimana.-
- Quarta classificata (38,5/42) al contest “Tre parole per una storia” indetto da Camilla19 sul forum di efp
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Questione di chimica'
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Venti Secondi


Aveva tenuto gli occhi chiusi per la maggior parte del tempo, ma il rumore delle forbici e del rasoio lo aveva fatto preoccupare costantemente.

Riccardo – diciannove anni compiuti da poco, originario di Roma, non troppo alto ma dal fisico asciutto lavorato da quindici anni di basket – non era un ragazzo vanitoso, ma se c'era qualcosa di cui si poteva vantare, e di cui era incredibilmente geloso, erano i suoi capelli: castani, folti, luminosi e sempre perfettamente scombinati – che si fosse appena alzato dal letto o reduce da una giornata di vento – riuscivano ad incorniciargli perfettamente il viso, mettendo in risalto anche i suoi occhi, perfino quando il sudore degli allenamenti giornalieri glieli incollava al collo.

-Finito.- dichiarò il parrucchiere con soddisfazione, ma il ragazzo non riuscì a trovare il coraggio di aprire gli occhi.

-Forza! Guardati: non sei curioso?- Francesco, coetaneo del suo migliore amico ma lievemente più sfortunato in quanto ad aspetto fisico – era più alto e altrettanto snello, ma la leggera stempiatura che cominciava già a comparire lasciava presagire l'inevitabile che si sarebbe compiuto prima dei trent'anni –, si stava divertendo fin troppo ai danni di Riccardo che, liberato dall'asciugamano che era rimasto fino a quel momento appoggiato sulle sue spalle, non aveva potuto fare a meno di digrignare i denti: non fosse stato che, per metà, era anche colpa sua, gli avrebbe tirato un pugno in piena faccia.

Per metà... a pensarci bene non era vero: aveva ancora meno colpa di quanta se ne imputasse.

Era forse colpa sua se, in tram, un gruppetto di liceali immaturi aveva pensato di divertirsi appiccicando le cicche che stavano masticando fra i suoi capelli?
Complici le cuffiette che indossava e la bolgia che costringeva i passeggeri ad addossarsi gli uni sugli altri, non se ne era accorto. Era stato proprio Francesco, suo coinquilino, a fargliele notare, una volta a casa.

Riccardo, pur essendo un ragazzo creativo e che, potenzialmente, non si lasciava scoraggiare facilmente, non si era vergognato a telefonare alla nonna per chiedere un rapido consiglio. Di tutti i prodotti elencati che avrebbero potuto aiutarlo a risolvere il problema, tuttavia, solo il succo di limone si trovava nella loro dispensa. E, purtroppo, non era stato efficace come il ragazzo aveva sperato.

Insomma, che altra scelta gli era rimasta se non andare dal parrucchiere?
Non era stata colpa sua...

Certo... forse non avrebbe dovuto dare di matto, a pranzo, prendendosela con Francesco: da un certo punto di vista non poteva biasimarlo se aveva deciso di vendicarsi e ora gongolava osservando le conseguenze della sua rappresaglia.


 


 

-Tu non sei un buon amico né, tanto meno, un buon coinquilino.-

Riccardo osservava i quattro fornelli della piccola cucina che, senza pareti che nascondessero quell'inusuale disordine causato dal secondo inquilino della casa, si affacciava sull'altrettanto piccolo salotto.

Sul fornello più piccolo, dentro una padella, sfrigolava una cipolla tagliata a fettine insieme ad un paio di cucchiai d'olio e ad una fesa d'aglio: di lì ad un paio di minuti sarebbero stati aggiunti anche dei peperoni, precedentemente passati in forno, nel quale, ora, si trovava la base di una torta di pan di Spagna.

Il fornello di fianco sopportava il peso di un'enorme pentola quasi rasa di acqua che stava rapidamente raggiungendo la temperatura d'ebollizione: poco distante, un vassoio da un chilo di busiate* fresche.

Sul fornello più grande cuocevano silenziosamente delle polpette di pesce spada, calorosamente avvolte da una delicata passata di pomodoro.

Il quarto fornello non funzionava.
Non aveva mai funzionato. Era uno dei non pochi problemi di quell'appartamento. Non che Riccardo o Francesco se ne lamentassero: trovare un appartamento in centro a Milano, a dieci minuti a piedi dall'Università, per la, tutto sommato, misera cifra che dividevano era stato un grande affare. Certo, una volta entrati in casa, all'ultimo piano di quel vecchio palazzo, avevano capito come mai l'affitto fosse così basso: oltre al fornello che non dava segni di vita, non c'era nemmeno una lavastoviglie; la prima volta che aveva diluviato, poi, il soffitto aveva fatto del suo meglio ma non era riuscito ad impedire che qualche goccia trasudasse dalle tegole, allagando un angolo del salotto; a coronare la situazione, il riscaldamento non era dei migliori, soprattutto in camera di Riccardo, e li aveva costretti a rimediare qualche coperta nelle quali imbacuccarsi anche solo quando volevano guardare un film dopo cena.

-Al contrario: sono un amico meraviglioso! Scusa, permesso.- Francesco si fece largo con un leggero spintone per aggiungere i peperoni in padella.

-“Meraviglioso”?! Ha! Te lo avevo detto questa mattina: oggi...-

-Sì, sì: oggi hai solo mezz'ora per pranzare perché poi devi tornare subito in università.-

-E tu pensi bene di metterti a preparare da mangiare come se dovessi partire per una spedizione di sei mesi in Antartide occupando tutti i fornelli! Grazie mille!-

-Anch'io te l'avevo detto questa mattina.- rispose Francesco, con tono paziente. -Questa sera i miei genitori e le mie sorelle arrivano dalla Sicilia: ceneranno qui con noi. Ma tu non mi hai ascoltato perché eri di fretta e volevi andare a correre prima che cominciassero le lezioni. Adesso dimmi:- lo indicò con un mestolo. -quale persona sana di mente avrebbe mai voglia di allenarsi alle sei e mezza del mattino!-

-È rilassante!-

-Ma perché non sei diventato uno sportivo professionista? Eri così vicino. E con una proposta di lavoro in mano hai deciso di abbandonare tutto per studiare chimica. Mi ripeterò: quale persona sana di...-

-E in base a che cosa tu saresti un “amico meraviglioso”?!-

Quella secca interruzione fece sorridere Francesco che allargò le braccia: -In primo luogo, se non fosse per me moriresti di fame perché l'ultima volta che ti ho visto cucinare per davvero credo risalga a più o meno due o tre anni fa. Inoltre...- stava ancora parlando quando vide l'amico portarsi una mano fra i capelli e ritrarla poco dopo con un'espressione disgustata. -Ma... vuoi andare in Università con ancora le cicche in testa?-

-La lezione di oggi è molto importante ed inoltre segnano le presenze: non posso mancare. Dal parrucchiere ci andrò dopo.- una smorfia rese palese quanto poco contento fosse di quella decisione. -E adesso io come faccio?! È rimasto qualcosa in frigo?-

-Credo ci sia un uovo...-

-Addirittura?- sospirò. -Che stronzo: potevi lasciarmi qualche affettato... o almeno un pezzo di formaggio.-

-Perché invece non ti sei comprato un panino al bar al posto di rompere le scatole a me?- il tono di voce, come sempre, era calmo, quasi serafico. Raramente Francesco perdeva la pazienza: pur conoscendolo da quando non avevano ancora imparato a camminare, Riccardo non riusciva a ricordare nemmeno di una volta in cui lo avesse sentito alzare la voce. In più occasioni quel suo comportamento sempre pacato e apparentemente inscalfibile aveva dato sui nervi al giovane romano, ma con la convivenza i loro caratteri così diametralmente opposti erano riusciti ad incastrarsi perfettamente, ciascuno compensando dove l'altro difettava.

Riccardo gli fece il verso, troppo nervoso per ammettere che aveva ragione, e spalancò la porta del frigo.

Il siciliano si concesse un altro ghigno, ma quando intercettò un'occhiata furibonda del coinquilino che, con quell'ultimo uovo in mano, si rendeva conto che non avrebbe potuto cucinarlo in alcun modo per assenza di fornelli liberi, ritenne saggio voltarsi e dargli la schiena per impedirgli di vedere quanto la situazione lo stesse divertendo.

Un attimo dopo il sorriso scomparve, lasciando spazio ad uno sguardo turbato.
Si potevano dire tante cose di Riccardo – era disordinato e, per questo, quando si trattava di faccende domestiche, a volte diventava svogliato; sotto molti punti di vista era un ragazzo represso a causa di una famiglia che non aveva accettato molte delle sue scelte e che, proprio per questo motivo, si era dedicato allo sport e allo studio, usandoli come valvola di sfogo... – ma certo non gli mancavano forza d'animo, fantasia ed entusiasmo. Tuttavia, quando lo vide depositare l'uovo su un piatto, coprirlo con una fondina e dirigersi verso il microonde, non poté fare a meno di preoccuparsi:

-Non è una buona idea.-

Il romano dileguò quel consiglio con un gesto della mano.

-Dico davvero: io non lo farei.-

-Non è che tu mi abbia dato alternative!-

-D'accordo, ma almeno rompilo in un piatto: se la pressione aumenta, il guscio...-

-Accanna**, France'!-

Più i secondi passavano, meno il cuoco riusciva a concentrarsi sulle padelle: poteva anche accettare che il suo migliore amico non fosse appassionato di cucina come lui, ma preparare un uovo chiudendolo dietro lo sportello di un microonde per cinque minuti rasentava l'illegalità. Quando il timer scese sotto il minuto non riuscì più a trattenersi e diede voce ai suoi timori:

-Finirà male.-

-Scommettiamo?-

Il tono, leggermente strafottente, lo convinse a spingere quella conversazione verso qualcosa di più serio: -Voglio carta bianca: se perdessi potrò chiederti di fare qualsiasi cosa mi venga in mente.-

-Ma se vincessi io... mi preparerai la cena per una settimana.-

-Ricca', lo faccio tutti i giorni già da sei mesi a questa parte!-

Il romano corrugò la fronte: -Non... non è vero!-

-Ordinare del sushi o scaldare della pizza avanzata non può essere classificato come “cucinare”.-

-Allora voglio che sia tu a lavare i piatti per una settimana.-

Era una proposta equa: Francesco odiava lavare piatti, posate e pentole, e, infatti, solitamente se ne occupava il coinquilino.

-Andata.-

Si stavano ancora stringendo la mano quando un violento scoppio fece spalancare lo sportello e schizzare fuori persino il piatto di vetro con tutto quello che c'era appoggiato sopra, compreso l'uovo che, ora, aveva tinteggiato le pareti interne del microonde... e non solo. Francesco non avrebbe avuto bisogno di sporgersi per constatare il disastro ma lo fece comunque, sollevando anche le sopracciglia in un gesto teatrale.

Riccardo serrò gli occhi, ripiegando le labbra verso l'interno. Non disse una parola: si volse e osservò il display dell'elettrodomestico il cui timer segnava che mancavano appena venti secondi. Non ebbe bisogno di portarsi una mano sulla nuca per sapere che pezzi di guscio e gocce di tuorlo avevano macchiato le sue ciocche castane.

-Sai una cosa? Ho una gran voglia di accompagnarti dal parrucchiere...-


 

La rivalsa di Francesco era stata peggiore di quanto Riccardo si sarebbe mai aspettato.

Lo specchio gli restituì il riflesso di uno sconosciuto: i capelli corti ai lati e lunghi in mezzo stavano bene solo su determinati tipi di viso e il suo non rientrava in quella categoria. Avrebbe anche potuto accettare quell'orrendo taglio... non fosse stato per il colore che Francesco aveva scelto per la tinta.

-Sembro una palla da basket!- esclamò contrariato. Considerando il fatto che, per guadagnare qualche soldo, faceva l'arbitro di pallacanestro per diverse squadre under 20, sia maschili che femminili, il paragone gli era sorto quasi spontaneo: non poteva essere più calzante.

-Non temere: nessuno dei tuoi piccoli cestisti ti scambierà per un pallone.-

Il ragazzo si alzò, fronteggiando l'amico e indicandosi la testa: -SONO ARANCIONI!- urlò per sottolineare il concetto.

-In tinta con il microonde, in seguito al tuo intervento.-

-Mancavano solo venti secondi!-

-Credo che ci siano ancora pezzi di guscio incastrati e appiccicati all'interno!-

-Quello si può pulire! Questo invece...-

Francesco lo interruppe: -Già! E siccome tu dovevi andare a lezione chi credi si sia occupato della pulizia?!-

-Sembra che qualcuno mi abbia colorato la testa con un evidenziatore! Sembro un'arancia matura!-

-Ha anche qualche sfumatura più scura.- precisò Francesco, toccandogli una ciocca e rigirandosela fra le dita. Lo sguardo omicida di Riccardo non lo spaventò, ma forse, in fin dei conti, poteva mostrarsi un po' meno soddisfatto: -È una tinta semipermanente: andrà via prima che te ne accorga.-

-Quantifica!-

-Non saprei... un mese?-

-UN MESE?!-

Il parrucchiere, irritato dal fatto che quel ragazzino dall'accento romano mostrasse così poco entusiasmo per il suo lavoro, e che l'amico siciliano lo interpretasse come mero divertimento, si allontanò risentito:

-Ingrati!-


 


 


 


 


 

*le busiate sono un tipo di pasta tipico siciliano

** “accanna” è un modo di dire del dialetto romano che significa “smettila”


 

Angolino autrice:

Buongiorno ^^

Questa one shot partecipa al “Kaku koto, nante jōnetsu! [Scrivere, che passione!]” indetto da Pikapikahoshi sul forum di EFP e al contest “Tre parole per una storia” indetto da Camilla19 sul forum di efp. Dei pacchetti da lei forniti, quello scelto per questa piccola scemenza conteneva, come obbligo, che fossero presenti il colore arancione, della gomma da masticare e un brutto taglio di capelli (e, come bonus, il fatto che fossero presenti momenti comici).

Tanto Riccardo quando Francesco sono due personaggi che fanno parte di un mio progetto più ampio e ai quale tengo particolarmente.

Che dire? Spero di avervi strappato un sorriso! =)

Ringrazio chiunque si fermerà a lasciare un suo parere, o che anche solo mi dedicherà qualche minuto solo per leggere ^^

Un saluto! ^^

Carmaux

  
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