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Autore: Sabriel Schermann    17/09/2019    9 recensioni
Sindy si tirò in piedi, osservando il costume che indossava in occasione della sua prima competizione ufficiale.
Il ghiaccio era diventato da poco più di sei anni il suo amico più fidato; l’aveva sorretta quando le lame non l’avevano tenuta in equilibrio, l’aveva accolta con gelido calore quando i suoi muscoli avevano ceduto.
Jan non lo dava a vedere, ma era orgoglioso di lei e dei progressi che aveva compiuto.
Il suo talento poteva finalmente offrirle un futuro degno della sua persona.
[Storia classificata al settimo posto al contest "Playlist Contest" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Casa di Cristallo'
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Si strinse i lacci dello stivaletto di pelle candido, acquistato solo alcune settimane prima in un buon negozio di articoli sportivi. La lama lucente e affilata era protetta da un sottile strato di stoffa color magenta.
Sindy si tirò in piedi, osservando il costume che indossava in occasione della sua prima competizione ufficiale. Le spalline le ricadevano appena sopra i bicipiti e, nella scollatura, un dolce color ciano era incastrato in una cascata di strass incastonati nel tessuto, realizzando un motivo simile alle onde del mare, scivolando poi come la coda di una sirena fino all’ombelico.
Aveva terminato l’allenamento appena mezz’ora prima, e in pochi minuti sarebbe stato il suo turno: il ghiaccio era diventato da poco più di sei anni il suo amico più fidato; l’aveva sorretta quando le lame non l’avevano tenuta in equilibrio, l’aveva accolta con gelido calore quando i suoi muscoli avevano ceduto.
La pista di pattinaggio era il luogo in cui più si sentiva potente, nonostante fosse grande non più di venti metri.
I suoi desideri, per la durata di una performance, divenivano reali.
«Sei pronta? Tra poco tocca a te».
Il suo allenatore irruppe nel camerino senza neppure bussare. Era agitato quasi quanto lei, ma era evidente fossero entrambi estremamente felici. Avevano lavorato duro per mesi e il suo sneeuwvlokje¹, come lui usava nominarla, aveva finalmente ottenuto la possibilità di debuttare sulla scena nazionale, a cui avrebbe indubbiamente seguito quella internazionale qualche anno più tardi.
Jan non lo dava a vedere, ma era orgoglioso di lei e dei progressi che aveva compiuto.
Il suo talento poteva finalmente offrirle un futuro degno della sua persona.

 

 

 

Last things last
By the grace of the fire and the flames
You're the face of the future, the blood in my veins,
[…]
'Til it broke up and it rained down
It rained down, like…

 

 

 

Sindy prese posto nella zona riservata ai partecipanti e ai propri coach, con aria sprezzante.
Le lacrime le pungevano gli occhi, desideravano fluire per poter dare libero sfogo alla frustrazione, l’amarezza e l’estrema delusione nel vedere tanto lavoro sfumare in un istante.
Sentiva il cuore martellarle nel petto e le gambe bloccate, come se d’improvviso il cervello avesse perso il controllo sulla parte inferiore del corpo.
Una caviglia le doleva particolarmente, ma il tormento più intenso era nel suo animo, lacerato ormai in tanti minuscoli brandelli da non poterlo più ricomporre. Come il suo futuro.
Un brillante avvenire da pattinatrice era andato in frantumi davanti ai suoi occhi, e lei non aveva potuto fare nulla per impedirlo. Era rimasta a osservarlo sgretolarsi assieme a quella lama, chiaramente difettosa, che le era scivolata via dallo stivale durante uno dei suoi meravigliosi salchow², come solo lei sapeva eseguirli.
«Vedrai che ci sarà un'altra occasione» le sussurrò Jan avvicinandosi lievemente al suo orecchio, tentando di rassicurarla. Sindy sollevò lo sguardo furente sulla pista di fronte a lei: avrebbe voluto lanciargli una scarpa in pieno volto e dirgli che doveva lasciarla in pace, che non aveva bisogno delle sue stupide parole di conforto in quel momento.
Si strinse la testa tra le mani. Non voleva vedere i risultati. Desiderava soltanto che tutto finisse il più presto possibile, così avrebbe potuto tornare a casa e infilarsi sotto le coperte tiepide, come faceva sempre quando aveva avuto una brutta giornata.
Jan le poggiò una mano su una spalla, osservando il suo profilo con sincera compassione.
Capiva bene che cosa provasse in quel momento la sua allieva: lo aveva sperimentato anche lui, anni addietro, e poteva ancora avvertire chiaramente il retrogusto amaro della sconfitta della vita.
Sindy strattonò violentemente la sua mano, alzandosi in piedi, dirigendosi a passo spedito verso i camerini dove la prossima atleta attendeva il proprio turno.
Le lacrime cominciarono a sgorgare dalle sue iridi verde giada: era stata un fallimento per se stessa, aveva deluso le proprie aspettative e rovinato la sua promettente carriera. Da quel momento in poi, avrebbe dovuto mantenere il pattinaggio un semplice hobby, come ribadiva assiduamente chi aveva fatto della propria esistenza una mera convenienza.
Una ragazza dai capelli color avorio uscì dai camerini a passo svelto, accompagnata dal proprio allenatore.
«Anja!» gridò Sindy, scagliandola contro la parete del corridoio.
«So che sei stata tu! È colpa tua!» le gridò a qualche centimetro dal viso, stringendole una mano attorno alla gola.
Entrambi gli uomini la presero per le mani in un gesto fulmineo, liberando la ragazza, rossa in viso, dalla stretta della giovane pattinatrice disperata.
Sindy si divincolò, dirigendosi all’interno dello stanzino.
«Un giorno pagherai a buon prezzo la tua stupida invidia!» strillò all’estremo delle sue forze, sbattendo la porta del camerino accasciandosi sul pavimento.

 

 

 

Pain!
You made me a, you made me a believer, believer
You break me down, you build me up, believer, believer
[…]

 

 

 

«Da quel giorno non si fermò più» mormorò Jan, disteso su una scomoda sedia di un anonimo ospedale della città di Rotterdam.
«Si allenava quattro volte a settimana per almeno due ore, nonostante lo studio e tutto il resto» continuò, osservando i grandi occhi bruni che lo fissavano dalla testiera del letto.
«Pareva nata solo per volare, come un fiocco di neve» mormorò l’uomo, quasi rivolto a sé stesso.
«E poi?» lo incitò Rickard, incantato dalla sua storia.
Aveva ripreso conoscenza solamente da qualche ora e aveva appena terminato di cenare con gusto ascoltando la storia di Sindy. Sapeva molto di lei, era consapevole di essere a conoscenza di fatti che nessuno immaginava, ma ignorava i particolari riguardanti il pattinaggio.
Rickard non sapeva dell’esistenza di Anja, il cui nome, però, gli suonava stranamente familiare.
«Sindy è una persona forte come poche al mondo. È grazie a lei se ti trovi qui» rispose Jan, osservando il viso pieno e innocente del ragazzo, che, nonostante l’età, rimaneva quello di un eterno fanciullo.
Lo udì sospirare piano. «I tuoi genitori stanno arrivando» gli sussurrò, stringendogli affettuosamente una mano.
«Sindy sarà felice di sapere che sei vivo» gli disse tirandosi in piedi, ponendo la sedia in un angolo della stanza.
Rickard gli sorrise, immaginando le lacrime della ragazza, la sua gioia, il suo volto gioioso. Avrebbe voluto disperatamente stringerla tra le braccia, le mancava come la sorella che non aveva mai avuto.
«Dov’è lei ora?» chiese all’uomo, ormai già sulla porta. Si volse a osservare i fiori che gli aveva portato. Il loro profumo penetrava fin nelle sue narici.
Jan rimase in silenzio per un po’, prima di sussurrare in un sospiro: «Lontano…».

 

 

 

My life, my love, my drive, it came from
(Pain)

You made me a, you made me a believer, believer 

(Believer – Imagine Dragons)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ “Fiocco di neve” in lingua neerlandese.

² Un salto del pattinaggio di figura, che prende il nome dal suo ideatore Ulrich Salchow, pattinatore svedese e primo campione olimpico nel 1908.


   
 
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