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Autore: Menade Danzante    18/09/2019    5 recensioni
[Questa OS deve essere considerata un sequel di "Una settimana e un giorno", ma può essere letta anche senza conoscere la long. Buona lettura!]
Dal testo:
"Avevano davvero deciso di dare una possibilità al circolo delle conoscenze.
Crowley ancora si chiedeva come fosse stato trascinato in quel disastro annunciato in partenza, ma sospettava che la risposta fosse insita solo nel fatto che glielo avesse chiesto Aziraphale.
«Sarà bellissimo, vedrai, caro» [...]
Il demone reclinò la testa all'indietro, borbottando ingiurie.
«Hai detto che eri contento»
Il tono di Aziraphale gli ferì le orecchie tanto da fargli rialzare la testa per fissare l'angelo attraverso le lenti. «Ho detto che avrei provato»
«Semantica» fece il biondo eloquente."
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Anatema Device, Aziraphale/Azraphel, Crowley, Newton Pulsifer
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'How to cope with Apoca-nope and be happy'
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talento

Il talento della Strega









Avevano davvero deciso di dare una possibilità al circolo delle conoscenze.

Crowley ancora si chiedeva come fosse stato trascinato in quel disastro annunciato in partenza, ma sospettava che la risposta fosse insita solo nel fatto che glielo avesse chiesto Aziraphale.

«Sarà bellissimo, vedrai, caro»

L'angelo continuava a ripeterglielo da ore e il demone l'avrebbe strozzato molto volentieri di fronte a tutti i clienti della libreria. Che erano pochi, ma l'idea di avere testimoni gli dava comunque soddisfazione.

«È solo un pranzo, niente di più»

Crowley gli rifece il verso prima di sprofondare ancora di più contro la poltrona. Per quanto ne sapeva, quello non era solo un pranzo: era una condanna.

«Devo ricordarti che la ragazza americana mi ha investito?» berciò quando furono tornati soli.

«Questo è un modo molto fantasioso di vedere la dinamica dell'incidente, mio caro»

Aziraphale gli rivolse un sorriso indulgente dall'alto in basso prima di sedersi a sua volta.

La bocca del demone si spalancò con incredulità, ma decise di non ribattere.

«Si porta dietro pure quell'idiota del fidanzato?» chiese invece, sospirando il disappunto.

«Crowley! Non lo conosci nemmeno!». Questo era vero, ma al rosso erano bastati un paio di sguardi per capire che quello lì non fosse il ragazzo più sveglio di Londra. Shadwell sceglieva proprio male i suoi collaboratori, prima o poi qualcuno avrebbe dovuto dirglielo.

«E comunque immagino di sì» rispose infine l'angelo.

Il demone reclinò la testa all'indietro, borbottando ingiurie.

«Hai detto che eri contento»

Il tono di Aziraphale gli ferì le orecchie tanto da fargli rialzare la testa per fissare l'angelo attraverso le lenti. «Ho detto che avrei provato»

«Semantica» fece il biondo eloquente.

Crowley sorrise suo malgrado. «Un corno. Tu hai mai fatto una cosa del genere?»

Aziraphale parve sbalordito. «Interagire con gli umani? Letteralmente dall'inizio»

Il demone fece una smorfia impaziente. «Per farci amicizia, dico. Conversazioni e chiacchiere e pranzi e...» mosse le mani nell'aria per aiutarsi nello sforzo di ricordare altre particolarità dell'amicizia umana, «... auguri a Natale, di compleanno, di morte... Quello che è, hai capito. L'hai mai fatto? Perché io no»

Aziraphale scosse il capo a sua volta. «Mi sono iscritto ad un club, una volta, ma non credo che fossimo amici... E comunque non è detto che dobbiamo per forza essere intimi con Anathema e Newton, caro. È solo un pranzo»

Crowley approfittò degli occhiali scuri ancora sul naso per osservare indisturbato l'espressione dell'altro: non era propriamente arrabbiato, ma di sicuro il suo atteggiamento un po' lo stava infastidendo. E questo il demone non voleva che accadesse, soprattutto non per un motivo futile come quello. D'altronde, dopo il pasto sarebbero stati di nuovo solo loro, senza umani d'intralcio e senza seccature: più che accettabile.

Il demone tamburellò con le dita sul bracciolo della poltrona prima di issarsi in piedi e porgere una mano all'angelo.

«Forza, usciamo»

«Adesso?». Aziraphale lanciò uno sguardo al vecchio orologio. «L'appuntamento è solo tra un paio d'ore»

Crowley si schiarì la gola. «Non ti sto chiedendo di uscire per l'appuntamento con loro, angelo». Giudicò il resto particolarmente evidente da non essere specificato. Il sorriso del biondo gli diede conferma di ciò e lo costrinse a deglutire a vuoto per poi trattenere il fiato quando la mano di Aziraphale si chiuse intorno alla sua.

«Un club, hai detto?» domandò per non concentrarsi sul calore che sentì sugli zigomi. «Di che tipo?»

«L'Hundred Guineas club di Portland Place» rivelò l'angelo con un certo orgoglio. «Ballavamo la gavotte»

Crowley si voltò piano, la bocca spalancata. «Tu balli?! La gavotte, per giunta. Ma è terribile»

Aziraphale gli scoccò l'occhiata più risentita che il demone gli avesse visto fare da quando gli aveva chiesto di uccidere l'Anticristo. «Per tua informazione, sono bravissimo»

«Non metto in dubbio questo,» mentì pacificatore – gli angeli non ballavano, lui ne era più che sicuro –, «ma il gusto della danza. Se lo chiedi a me, è stata una vera benedizione liberarsene»

«Nessuno direbbe mai una cosa del genere, Crowley!» esclamò l'angelo.

«Non credo proprio: nessuno ammetterebbe mai di averla ballata» ribatté l'altro, facendo per abbassare la maniglia. Si bloccò giusto per aggiungere: «Beh, anche perché nessuno potrebbe ricordarsela: sei l'unica anima viva che si può vantare di saper ballare la gavotte»

Aprì la porta e spinse Aziraphale fuori dalla libreria prima che potesse decidere di trattenerlo per mostrargli qualche strampalato passo di danza.

«Molto meglio la disco dance»

«Opinabile, mio caro. Davvero opinabile»



-



«Quella non è un'automobile»

Crowley fissò del tutto schifato il triciclo celeste con tettuccio che si fermava nei pressi di Trafalgar Square. Sicuramente il giorno dell'Apocalisse-mai-avvenuta non l'aveva visto perché altrimenti quel coso gli si sarebbe impresso nella memoria come il suo peggior incubo.

Aziraphale non trattenne il sorriso. «È particolare»

Particolare era una eufemismo. Il demone strinse le pupille e si chinò appena per leggere un'etichetta che sicuramente non era presente nel modello originale.

«Ma... Ma... C'è scritto Dick Turpin?»

«Crowley»

Il rosso gli scoccò un'occhiata bieca al di là delle lenti: per tutto il tempo passato al parco il demone aveva dimenticato il suono del suo nome pronunciato da Aziraphale a mo' di rimprovero. Improvvisamente ricordò di non gradirlo: infilò le mani in tasca più che risentito.

«Certo con quella non potresti andare a novanta miglia orarie in centro. Dico bene, caro?»

Quello fu così inaspettato che Crowley fu disposto a mettere da parte il rancore: guardò con profonda ammirazione il biondo che aveva accanto, incredulo. «È... sarcasmo, questo, angelo?» si informò provocante. In risposta ricevette solo uno sguardo compiaciuto, ma fu abbastanza da fargli credere di avere una pessima influenza su Aziraphale.

Fu l'angelo a fare le cortesie del caso quando si unirono ai giovani, mentre Crowley si limitò ad annuire quando fu il suo turno di salutare. Colse subito l'occhiataccia di Anathema, ma decise saggiamente di ignorarla: vi erano alte probabilità che l'avesse solo immaginata.

Optarono per un ristorante giapponese, a rischio e pericolo di Newt che, a detta sua, non l'aveva mai provato: era bastata una rassicurazione della fidanzata per far cedere l'ultimo briciolo di indecisione.

I convenevoli davanti al menu vennero sbrigati in capo a cinque minuti di chiacchiere sul tempo, sul clima e su Atlantide mentre le ordinazioni venivano fatte. Aziraphale avanzò al demone la proposta di dividere le pietanze, probabilmente per salvare le apparenze: a Crowley interessava solo la carta dei vini, ma fu rapido nel rilevare che i due umani avevano ricordi manomessi dell'Apocalisse-che-non-fu1, e perciò non sarebbe stato adeguato da parte sua non mangiare nulla: li avevano pur sempre invitati e non aveva intenzione di sorbirsi una ramanzina da Aziraphale una volta tornati a casa sul suo scarso senso di responsabilità verso gli umani e le loro usanze. Accettò la proposta dell'angelo e non poté fare a meno di cogliere uno strano sguardo d'intesa tra Anathema e il tonto con gli occhiali. Non capì e preferì tenere per sé la curiosità.

Per un'ora abbondante tutto procedette per il meglio, tanto che il demone si sentì sciocco per aver temuto chissà quale disastro da quell'incontro. La sensazione svanì quando la ragazza americana buttò lì con estrema semplicità un'informazione che fece andare di traverso il sake a Crowley.

«Io vedo le aure»

Gli occhi del demone scattarono verso Aziraphale. Le lenti coprirono la sua tacita domanda, ma era più che certo che l'angelo avesse colto perfettamente l'allarme. Dal sorriso impacciato del biondo, l'altro capì che nemmeno lui ne era a conoscenza.

«Ah, adorabile!» esclamò Aziraphale con il tono di chi non sa se sia bello o meno quello che ha appena sentito ma deve risultare cordiale.

No, non era bello per niente. Crowley aveva un'immagine molto fumosa di cosa fosse un'aura, ma l'idea di avere un campo d'energia intorno a sé che poteva essere visto dalla strega che indossava abiti andati fuori moda già negli anni Settanta era qualcosa di profondamente spiacevole. Era un demone, poi. Che diavolo di forma o di colore aveva l'aura di una creatura dell'Inferno? Nella mente gli si figurò la sua immagine circondata da un'informe nube nera, tetra e poco invitante, qualcosa da cui fuggire, di cui avere paura e raccapriccio. Si sentì mancare il respiro di cui non aveva bisogno e realizzò di non voler avere alcuna conferma di quell'ipotesi.

«E...» riprese Aziraphale. Da come gli tremolava la voce Crowley immaginò che fosse attraversato più o meno dalle sue analoghe preoccupazioni, anche se quasi del tutto ingiustificate: lui era un angelo, cosa aveva da temere? Lui era al sicuro: una nuvola di luce e candida purezza. «Come funziona?»

«Per l'amor di D-» inveì il demone tra i denti, fermandosi all'ultimo. Solo l'angelo parve averlo sentito: si voltò impercettibilmente verso di lui, ma non disse niente. Sotto il tavolo, però, avvenne la conversazione silenziosa che non potevano scambiarsi con gli occhi: il ginocchio di Aziraphale premette leggermente contro quello di Crowley, ovviamente troppo vicino perché il demone fosse seduto in maniera rigorosamente composta. Il rosso restituì il gesto, anche se non seppe immaginare cosa si fossero detti di preciso. Voleva essere una rassicurazione? Aziraphale gli aveva comunicato di stare tranquillo, di non preoccuparsi perché quella era la ragazza che avrebbe dovuto rovesciare l'Apocalisse e di certo non sarebbe rimasta scandalizzata dalla loro vera natura, sempre ammesso che l'avesse dedotta? Era un invito a lasciarla continuare per amor di curiosità? Quello era più probabile: Crowley poteva letteralmente vedere l'angelo fremere, gli occhi grandi e profondi pronti a raccogliere ogni singola stilla di conoscenza in più sulle arti magiche di Anathema.

Il demone deglutì a vuoto e prese un bel respiro: la domanda posta era stata piuttosto generica, un quesito quasi doveroso per amor di eleganza. Con un po' di fortuna sarebbe bastata una risposta altrettanto ampia per porre fine alla questione. In ogni caso, si ripromise che avrebbe massacrato l'intera gamba di Aziraphale sotto la tovaglia se solo si fosse azzardato ad andare sullo specifico o, peggio, su una dimostrazione.

Ogni suo pensiero venne interrotto dalla giovane.

«Devo concentrarmi per vederle» spiegò Anathema, una punta di orgoglio evidente nella voce. «Non sempre ci riesco, è un'arte a volte lacunosa, ma tutti hanno un'aura e ad ognuna corrisponde un colore diverso. Diciamo che varia in base al tipo di energia che quella persona emana al momento»

Ci fu una pausa che Crowley si azzardò a prendere come la conclusione del discorso. Si concesse di rilassare il petto e di suggerire un cessato allarme con il ginocchio ad Aziraphale, ma la tregua durò poco: evidentemente quello e Atlantide erano gli argomenti preferiti della strega e l'unico modo per farla stare zitta era entrare prepotentemente nella conversazione con un'alternativa totalmente diversa. Nessuno dei due, però, fu abbastanza pronto.

«Quel giorno, a Tadfield, ne ho viste di molto oscure... demoniache»

Gli occhi vispi di Anathema saltarono da Aziraphale a Crowley con intensità. Il demone sentì un brivido che dalla nuca si propagava per tutta la schiena fino a trasformarsi in una scarica di rabbioso panico quando l'angelo gli sfiorò il ginocchio. il rosso ritirò la gamba istantaneamente e non si accorse di aver voltato la testa verso Aziraphale, né di aver aggrottato la fronte: furono gesti totalmente istintivi, dettati dall'improvviso sdegno.

Non aveva bisogno della pietà dell'angelo, non in quel momento. Le parole di Anathema erano state scelte con cura, Crowley poteva percepirlo senza alcuna difficoltà, e probabilmente la stessa ammissione di poter vedere quei campi di energia, così spassionata all'apparenza, poteva essere stata il frutto di un'accurata strategia. Non era con Aziraphale che la ragazza aveva un problema, ma con lui. Lui era il problema, il demone Crowley, la sua stessa essenza.

L'angelo non aveva alcun diritto di riservargli gesti compassionevoli, soprattutto non quando davanti ai loro occhi vi era la concreta possibilità di mettere l'accento sulle differenze che li avevano divisi per seimila anni: sarebbero bastate poche parole affilate per porre fine alla loro fazione e per far sanguinare di nuovo cicatrici troppo fresche.

«Dici i terroristi?». La voce di Newt si intromise nei suoi pensieri velenosi con straniante prepotenza. Fissò lo sguardo sul ragazzo mentre con la coda dell'occhio intravedeva Aziraphale voltarsi verso di lui a cercare un contatto. Si costrinse a ignorarlo.

Anathema rivolse un sorriso comprensivo al fidanzato. «Proprio loro» confermò, scambiando uno sguardo particolare con l'angelo e il demone. Questi alzò un sopracciglio: nemmeno i suoi ricordi di quel giorno erano limpidi, l'Anticristo aveva fatto le cose per bene, ma era piuttosto sicuro di essersi perso quella parte della faccenda.

«I quattro terroristi, intendi?» fornì Aziraphale, pacifico, mentre svolgeva la casuale operazione di intingere nella salsa di soia una polpettina di riso e pesce.

Anathema sorrise di rimando, affabile, complice. La chiave, capì d'improvviso Crowley, era nel numero: i Cavalieri. Anche terroristi gli fu più chiaro: Newt non era minimamente sospettoso, continuava a masticare e ad annuire come se Anathema non avesse appena detto qualcosa di completamente falso. Il demone si sentì un poco sollevato perché uno scettico al tavolo imponeva alla ragazza di non fare allusioni troppo specifiche, ma d'altra parte nessuno avrebbe impedito alla giovane di fare le sue considerazioni in maniera più subdola.

Il fatto che la donna avesse acconsentito al numero quattro garantiva che il demone non fosse incluso nella lista delle aure oscure. Che la sua avesse una gradazione di nero meno intensa di quella dei Cavalieri dell'Apocalisse? Si domandò stizzito come avrebbe fatto la mora a comunicarglielo entro la fine del pranzo. Considerò vagamente l'idea di fermare il tempo e chiederglielo direttamente, tanto per porre fine a quella pagliacciata – era palese che Anathema volesse accusarlo di qualcosa, o non avrebbe continuato a fissarlo per interi secondi con quegli occhi così severi e duri –, ma la sua linea di pensiero fu interrotta dal familiare timbro perentorio dell'angelo.

«Crowley»

Si voltò astioso verso Aziraphale che inforcava un nigiri tra le bacchette per avvicinarlo al demone. Crowley fu seriamente tentato di non accogliere quel cibo, ma scelse prima di far scivolare appena gli occhiali sul naso per spiare l'espressione dell'altro senza filtri scuri. L'angelo aveva lo sguardo fiero, la mascella dura e niente nel suo comportamento metteva in conto un rifiuto del demone. Quello era l'atteggiamento che il biondo gli riservava quando doveva metterlo davanti all'evidenza di aver fatto un errore di valutazione, o quando semplicemente diceva o faceva cose che l'altro riteneva alquanto sconvenienti. Funzionava più di qualsiasi rimprovero a parole e anche in quel momento ebbe l'effetto di farlo riflettere.

Notò Crowley, infatti, che il volto dell'angelo non era atteggiato a una maschera di pietà o di rammarico: Aziraphale, così eretto sulla sedia, così deciso nei movimenti e così impositivo con quella palla di riso appiccicoso emanava determinazione e anche un pizzico di astio che di primo acchito il demone non comprese. Era lui ad avere tutte la scusanti del caso per essere arrabbiato, non l'angelo, ma qualcosa cominciò a cedere nel petto del rosso.

Crowley si azzardò a spingere il ginocchio nella direzione in cui avrebbe dovuto trovarsi quello dell'altro e sussultò appena quando lo sfiorò esattamente dove l'aveva lasciato quando si era scostato bruscamente, quando l'aveva rifiutato. Aziraphale al contatto gonfiò il petto in un respiro esasperato e strinse le labbra con aria saccente prima di annuire piano.

Il demone sentì una fitta allo stomaco, un misto di vergogna e entusiasmo che lo lasciò basito e commosso allo stesso tempo. Nelle iridi dell'angelo leggeva ora chiaramente la rassicurazione e il coinvolgimento di Anathema negli eventi dell'Apocalisse non c'entrava affatto: Crowley non aveva niente da temere perché lì con lui c'era e c'era sempre stato Aziraphale che non aveva intenzione di abbandonarlo, non più, nemmeno adesso che il rischio di essere di nuovo un angelo e un demone, nemici giurati, si faceva evidente.

La realizzazione lo fece tremare: si sentì uno sciocco per non averlo capito dall'inizio e si sentì profondamente colpevole nei confronti del biondo. Certo, lo slancio dell'angelo non lo salvava dal terrore di quello che sarebbe uscito fuori dalla conversazione con Anathema, ma almeno gli dava la sicurezza di non doverlo affrontare da solo.

Crowley espirò dal naso: quello era tutto così nuovo per loro due che si era lasciato prendere dall'arroganza e aveva rischiato di ferire seriamente Aziraphale. Sperò che accettare di prendere il cibo che gli veniva offerto fosse sufficiente a rimediare, almeno in parte, al danno fatto; quando giunse l'occhiata amorevole dell'angelo al di sopra delle posate si limitò a premere più forte il ginocchio contro quello dell'altro, rilassando appena le spalle.

«Quindi siete una coppia»

Anathema tossì per nascondere il palese calcio che colpì Newt in una zona imprecisata della gamba, Aziraphale rimase con le bacchette a mezz'aria e Crowley ingollò il boccone senza nemmeno masticarlo. Il demone si accorse che quella non era stata una domanda, ma un'affermazione e, a giudicare dalla faccia sconvolta dell'angelo, anch'egli ne era consapevole. Il rosso fu costretto a rendersi conto anche del fatto che Anathema, pur avendo rimproverato il ragazzo, stava sorridendo al loro silenzio. Silenzio troppo lungo perché potesse seguire una qualunque risposta credibile.

«Vado in bagno» annunciò Newt, imbarazzato, alzandosi subito dopo.

Quando se ne fu andato, Anathema riprese a parlare con un sorriso estremamente sagace.

«So cosa siete2»

Crowley sbuffò senza ritegno: tra questo e la sua relazione con Aziraphale non aveva idea di quale argomento fosse il più terrificante.

«Oh» fece Aziraphale, poggiando le bacchette. Guardò il demone prima di accennare: «Bene...?»

La strega prese un bel respiro prima di fissare gli occhi scuri sul rosso un secondo di troppo. «Suppongo di sì»

Il ginocchio di Aziraphale spinse contro quello di Crowley, ma non ricevette risposta - il rosso fu però abbastanza saggio da non sfuggire all'angelo. Incrociò le braccia al petto e il gesto non passò inosservato alla giovane donna.

«Adam Young si fida di voi» rivelò, ma nella sua voce vi era dello scetticismo.

Aziraphale, comunque, le sorrise intenerito e Crowley non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo: avevano di fronte una strega che avrebbe potuto affatturarli e il suo unico alleato si perdeva in delicatezze verso i bambini?

«Le vostre aure sono particolari, se volete saperlo» continuò Anathema, di nuovo orgogliosa delle sue abilità.

«No, grazie» la bloccò Crowley brusco e derisorio. Ancora una volta il ginocchio di Aziraphale fece pressione contro il suo, sgarbato, ma come prima non ricevette reazioni.

L'americana lo guardò penetrante, le sopracciglia alzate. «Hai paura di saperlo?»

Il demone rise come un serpente, cercando di nascondere il turbamento. «Nah! Non mi interessa. Ne abbiamo parlato anche abbastanza, per i miei gusti» mentì.

Poté chiaramente vedere il guizzo negli occhi della ragazza e il suo sorriso non gli piacque affatto. Era il ghigno delicato della conferma e Crowley, nonostante gli occhiali, nonostante la bugia a difenderlo, si sentì esposto: la mora conosceva i sentimenti del demone, con ogni probabilità li poteva letteralmente vedere e sapeva che Crowley le aveva detto il falso.

«Giusto» concesse però Anathema, il sorriso ancora stampato in faccia e gli occhi nocciola pungenti sulle lenti scure del diavolo. Crowley si chiese il perché di quella complicità improvvisa, soprattutto dopo tutte le occhiate omicide che gli aveva rivolto dall'inizio del pranzo, ma decise di non voler indagare: in fondo tutto ciò di cui aveva bisogno era il suo silenzio sull'argomento e l'aveva ottenuto.

Fu solo quando Aziraphale si intromise nella conversazione che capì di essersi indebitamente imposto sull'angelo.

«Come sta Adam?» chiese in fretta il biondo e il demone seppe benissimo perché: gli stava facendo un favore. Il tono stanco con cui l'aveva detto trasudava la delusione di non essere entrato in possesso di quelle informazioni, ma a causa del suo egoismo stava cambiando discorso. Per la seconda volta in un solo pasto Crowley avvertì la spiacevole sensazione di essere stato ingiusto nei confronti di Aziraphale e l'angelo non lo meritava mai, soprattutto non quando il suo unico cruccio era stato alleviare la sofferenza del demone.

Sibilò tra i denti e si decise a rispondere per l'ennesima volta al tocco sotto al tavolo, trovando che fosse molto più facile chiedere scusa così che a parole. Si permise di intensificare la pressione appena vide Aziraphale sorridere ancor prima di sentire la risposta della strega.

«Oh, molto bene» rispose Anathema, un sorriso dolce a incresparle le labbra. «Abbiamo un po' tutti le idee confuse su di lui, ma sentiamo di poterci fidare del suo giudizio. È un po' strano, non trovi? Ha solo undici anni, in fondo»

«Perché devi fidarti di un undicenne per venire qui con noi, infatti?» sbottò Crowley senza preavviso: la giovane l'aveva graziato, sì, ma per questo il demone non sentiva di doverle alcun trattamento particolare.

Anathema lo fulminò con lo sguardo. «Per voi sarà normale avere a che fare con il soprannaturale, ma per me no, non a questi livelli. Le streghe non sono angeli e demoni»

«Ma se eri destinata a sventare l'Apocalisse!»

«Conoscere gli eventi che si verificheranno e trovarcisi in mezzo sono due cose molto diverse»

Crowley fece una smorfia per deriderla, ma poté facilmente intuire la verità nelle parole della ragazza.

«Non hai paura di noi, dunque?» domandò Aziraphale, sporgendosi sul tavolo e abbassando la voce.

«No» assicurò la giovane, diplomatica. «Mi fido di Adam, come ho detto, e...» fece una piccola pausa per esibire un altro dei suoi sorrisi letali, «... sono anche abbastanza sicura di potermi difendere»

Angelo e demone si scambiarono uno sguardo terribile: le fiamme dell'Inferno erano del tutto fuori dalla portata di Anathema, ma l'acqua santa poteva essere trovata letteralmente in ogni dannata chiesa. Crowley stava forse rischiando la sua stessa esistenza per aver accettato di pranzare in compagnia di quei due squinternati? In che razza di follia si era imbarcato?

La mora sembrò intuire il problema, perché strabuzzò gli occhi e si abbassò sul tavolo a sua volta, imitando l'angelo. «Non intendo uccidervi» precisò, ma Crowley non si sentì per niente rassicurato. «Ho solo preso qualche precauzione... Un ferro di cavallo, un rosario, una candela... cose così3. Ma se devo essere sincera, confido di non dover ricorrere a questi metodi»

Il ritorno di Newt interruppe la conversazione e catalizzò completamente l'attenzione della donna su di lui.

«Senti qualcosa di strano?» chiese Aziraphale a mezza voce, sfruttando il momento di distrazione degli altri due.

«Niente» ribatté Crowley quasi senza muovere le labbra. L'angelo rilasciò un sospiro di sollievo e sorrise bonariamente derisorio nei confronti della giovane. Dal canto suo, Crowley la rivalutò: doveva ammettere di averla considerata più sprovveduta di così. Non era colpa sua se i metodi umani fatti in casa non fossero proprio il massimo per sconfiggere i demoni, ma almeno aveva preso le sue misure e aveva dimostrato di essere consapevole del potenziale pericolo in cui si era cacciata. Certo, rivelare i suoi metodi era stata una mossa ingenua, ma in fondo era lì con loro e non sembrava intenzionata a fuggire via né ad attaccarli.

Il pranzo proseguì senza intoppi e con molta più collaborazione da parte del disastro ambulante che la ragazza si era scelta come fidanzato. Probabilmente era colpa del sake. In ogni caso, Crowley era contento di non dover parlare troppo. Gli piaceva di più ascoltare gli altri con i loro aneddoti e le loro buffe congetture piuttosto che partecipare attivamente. Ciò che preferiva, però, era vedere Aziraphale animato dalla curiosità ogni volta che uno dei due invitati diceva qualcosa di nuovo. Ascoltare le sue domande e le sue piccole innocenti bugie per tenere il loro segreto al sicuro da Newt era subdolamente divertente. E poi c'era il contatto sotto il tavolo, la loro conversazione segreta senza fine: a Crowley bastava sentire le loro ginocchia premute insieme per non sentirsi fuori posto.



-



Quando abbandonarono la tavola era ormai tardo pomeriggio.

«Vi ringrazio tanto per essere venuti» fornì Aziraphale una volta usciti dal ristorante.

«È stato un piacere» ribatté Anathema, sincera, con Newt che annuiva dietro di lei. La ragazza protese la destra verso l'angelo per poi offrirla a Crowley, che la guardò con un sopracciglio alzato, sorpreso: aveva i gadget anti-demone in borsa e poi faceva la prima mossa per stringergli la mano?Tuttavia non fece storie e ricambiò il gesto con un mezzo sorriso di circostanza.

«Potremmo rifarlo» propose Newt poco dopo. «Al cottage, magari. C'è un bel giardino. Potremmo mangiare lì»

Anathema sorrise il suo assenso e li guardò speranzosa, una punta di astio sempre in serbo per Crowley.

«Sarebbe bellissimo!» esultò Aziraphale, estorcendo un sì anche al rosso con il semplice uso del suo sguardo più tenero.

Di fronte a quegli occhi blu il demone si sentì di nuovo pervadere dalla certezza di aver fatto più di un torto all'angelo in una sola giornata. Gli dispiaceva, soprattutto, di aver messo un freno alla curiosità di Aziraphale. Era un controsenso: lui, il vecchio serpente che aveva tentato Eva con la promessa della sapienza, che impediva al suo angelo di conoscere qualcosa di diverso dall'ordinario. Assurdo, semplicemente assurdo! Ne andava della sua dignità di demone.

Scoprì che sarebbe stato quasi disposto a sentire quello che aveva da dire Anathema pur di accontentare Aziraphale, ma Newton rimaneva un problema grosso ed evidente: era allampanato, ma stupido no, non troppo, almeno.

Se l'angelo e la strega fossero rimasti soli, però...

E va bene, pensò il demone, prima di dire ad alta voce: «Vado ad avviare il motore». Schioccò le dita e improvvisamente anche a Newt quella parve una splendida idea da imitare: salutò e si avviò verso il suo sgangherato autoveicolo.

«Perché l'hai fatto?» gli chiese Anathema, il volto corrucciato dall'ignoranza.

Crowley la ignorò per rivolgersi al biondo con fare burbero. «Hai dieci minuti, angelo, non di più. Sfruttali bene»

«Oh, Crowley

Il demone si chiese stupidamente in quanti modi Aziraphale fosse in grado di pronunciare il suo nome per cogliere sempre nel segno, con tutte quelle sfumature e intonazioni diverse. Scosse la testa, sventolò una mano in segno di commiato e fece dietrofront verso la Bentley: probabilmente l'avrebbe scoperto solo provocando l'angelo nelle più svariate maniere.

Quando si sedette al volante si rese conto di star sorridendo.



-



«Sei sicuro di non volerlo sapere, mio caro?»

La domanda era arrivata così di punto in bianco mentre Crowley si arrampicava sul materasso che il demone dovette fare mente locale per capire a cosa Aziraphale si stesse riferendo: la sua aura.

«M-hm» mugugnò, scettico. «Non credo che mi piacerà, angelo» elaborò.

Il biondo si voltò a guardarlo incredulo con quei suoi occhialetti da lettura. «Crowley, credi che insisterei se fosse una notizia negativa per te?»

Touché: no, non lo credeva possibile. «Me lo dirai comunque, no?»

Aziraphale sorrise colpevole. «Beh, vorrei dirtelo, caro, ma non ti obbligherò ad ascoltarlo se non vuoi»

Crowley si sistemò sotto le coperte e aspettò di posizionare la testa al centro del cuscino prima di parlare. «D'accordo» esalò, senza rivolgere gli occhi all'angelo.

«Anathema ha detto che la tua aura non è affatto come quella dei Cavalieri, anzi: è molto diversa»

Quello diceva tutto e niente. Lo sapeva anche da sé di non essere come uno di loro, grazie tante.

«In effetti, se vuoi saperlo» - e non lo voleva - «è molto più simile alla mia»

Gli occhi del demone saettarono verso Aziraphale: l'angelo lo stava guardando. «Sul serio?» domandò, genuinamente curioso.

La testa del biondo ondeggiò giuliva: «Così dice Anathema. Lo ritiene particolare perché le differenze dovrebbero essere più marcate visto che siamo un angelo e un demone»

Un'ondata di panico travolse Crowley all'improvviso.

«E... è un bene?» s'informò, tentando di mascherare il tremore. «Per te, dico. Che significa per te, per la tua... anima?»

Ora non aveva le lenti a proteggerlo e fu costretto a fronteggiare a viso scoperto l'occhiata piena di tenerezza che gli venne rivolta. «Ti chiedi se io stia Cadendo, mio caro?»

Il demone non rispose, la mente sconvolta all'idea che Aziraphale potesse subire quella punizione terribile. Non meritava questo, non meritava di Cadere, non meritava di essere rinnegato da Dio: aveva protetto la Sua Creazione migliore, il fiore all'occhiello del Piano Divino, che diamine! No, non poteva succedere, non a lui, non ad Aziraphale, non-

«Non essere sciocco» fu il rimprovero divertito che però ricevette e che lo lasciò senza parole. «Sarebbe accaduto secoli fa». L'angelo dovette notare lo sguardo perso dell'altro, perché domandò: «Da quant'è che non rispetto gli ordini, caro?»

Crowley si rese conto di dover dare una risposta con interi secondi di ritardo. «Dall'Eden» convenne, la gola secca.

Aziraphale annuì lentamente, colpevole. «Conclusioni?»

La mente del demone era una tabula rasa.

«Non sto Cadendo, Crowley.» completò il biondo. «Né tu stai ascendendo, se è per questo»

Meno male, ma si curò di non dirlo e di concentrarsi sulle informazioni che aveva. Il ragionamento aveva senso, doveva concederglielo. Se Dio avesse voluto condannare Aziraphale con la stessa sentenza con cui aveva cacciato Crowley dal Paradiso, questo sarebbe accaduto molto tempo prima. L'angelo aveva sfidato gli ordini di Dio in persona, aveva regalato la sua spada di fuoco agli umani contro le direttive della Madre, ma non aveva subìto alcuna conseguenza. Crowley non riusciva ad immaginare crimine peggiore di quello, perciò decise di dare alla teoria di Aziraphale il credito che meritava.

Annuì e si concesse di prendere un paio di lunghi respiri prima di evidenziare l'ovvio.

«E allora quel è il problema?», perché c'era un problema: come potevano le aure di un angelo e di un demone essere tanto simili come diceva Anathema?

Ma ancora una volta Aziraphale rise e si tolse gli occhiali che non gli servivano. «Hai passato secoli interi – ma che dico?, millenni a cercare di spiegarmi che siamo sempre stati dalla nostra parte e adesso che lo siamo veramente, che anch'io lo so, che ti ho raggiunto, non riesci a capirlo?»

La bocca del demone si spalancò in un “Oh” che non venne fuori. Si sentì avvampare mentre Aziraphale scuoteva la testa e tornava a dedicare la sua attenzione al libro che stava leggendo. Il rosso si chiese se l'altro si fosse reso pienamente conto di tutte le cose che aveva detto, ma non ebbe il coraggio di chiederglielo: gli sarebbe servito del tempo per abituarsi all'idea di avere un campo d'energia intorno in grado di provare il suo legame speciale con Aziraphale e se si fosse soffermato anche a pensare alle parole specifiche del biondo sarebbe impazzito, lo sapeva.

«Ho una domanda per te, comunque» lo informò l'angelo poco dopo, risollevandolo dalle sue elucubrazioni. «Dimmi quando ti sei ripreso, caro, così che io possa portela senza provocare la tua discorporazione»

Crowley fissò Aziraphale come se nel suo letto si fosse intrufolato qualcuno di molto più sarcastico del solito. Non era giusto che l'angelo potesse prendersi gioco di lui in quel modo ogni volta che riusciva a zittirlo con la sua micidiale dolcezza. Il demone non aveva lo stesso potere!

«Non ho bisogno di riprendermi» mentì, tirandosi a sedere contro lo schienale del letto. «Spara»

Vide il sopracciglio di Aziraphale esprimere tutto la sua diffidenza nei confronti di quell'affermazione, ma non si fermò a discutere: piazzò la bomba.

«Tu ed io... siamo... una coppia

Crowley rifletté rapido: se avesse aspettato cinque minuti prima di dare il permesso all'angelo di fargli quella domanda si sarebbe sentito meno vulnerabile e terrorizzato? La risposta era così palese che nemmeno perse tempo a maledirsi: ovviamente no.

Erano una coppia? L'unico metro di paragone erano gli umani, ma loro non erano tali. Erano un angelo e un demone e Crowley sapeva – sentiva – di non avere la possibilità di correre con i parallelismi. Certo, come loro si tenevano per mano, a volte anche in pubblico quando entrambi erano sufficientemente in vena di tenerezze, e come gli umani condividevano un letto e una casa, un divano su cui abbracciarsi senza alcun motivo apparente, solo per il gusto di farlo durante una bella maratona di Cuori senza età. Forse, però, non tutti gli umani leggevano alle piante incastrati nella stessa poltrona per sentire meglio il calore reciproco, né aspettavano i momenti davvero importanti per baciarsi sulle labbra: era ancora qualcosa di così innovativo per entrambi che, senza la necessità di discuterne, avevano deciso di dare a quel tocco il significato e il gusto della scelta. Di solito era Aziraphale a prendere l'iniziativa, a cogliere e a suggellare prima di Crowley le svolte decisive della loro storia insieme: al demone serviva guardare i fatti in prospettiva, ma non disdegnava mai il contatto né l'idea di imparare dall'angelo il modo migliore di coccolarlo al di là dei pasticcini.

Crowley sapeva che tutte quelle cose agli umani non avrebbero lasciato alcun dubbio, ma valeva lo stesso per loro, per due creature ineffabili come un angelo e un demone soli contro tutti, dalla loro parte?

Si voltò verso Aziraphale dopo interi minuti di silenzio.

«Forse... Forse sì»

Le labbra di Aziraphale tremarono appena e Crowley temette di averlo spaventato. Ma poi lo vide sorridergli così incondizionatamente, così appassionatamente che si sentì attraversare da un'ondata di sollievo.

Fu spontaneo per entrambi chiudere la distanza tra i loro volti e cercare l'uno la bocca dell'altro: quello era un evento importante, dopotutto e Crowley fu particolarmente fiero di aver avuto l'intuizione giusta.

Quando si separarono Aziraphale si sistemò meglio a gambe incrociate per poggiare la testa sulla spalla di Crowley e automaticamente il demone gli passò il braccio intorno al busto. Rimasero in silenzio per un po' prima che il rosso si sentisse in dovere di distruggere l'atmosfera.

«Se la mia aura non ha alcun problema...» cominciò, logico.

«Crowley» lo ammonì Aziraphale, la voce increspata da un sorriso disarmato.

«No, no, senti: se va tutto bene, perché Anathema continuava a fissarmi male?»

L'angelo si scostò dal corpo del demone per guardarlo negli occhi. «Sul serio?» Aziraphale scosse il capo. «L'hai investita, Crowley» spiegò, paziente. «Per un'umana non è piacevole, caro. Beh, nemmeno per me lo sarebbe, ma un mortale ne è più... colpito»

«Ancora con questa storia?!» sbottò il demone. «Io non ho fatto niente! Sono illazioni!». Si sentì punto sul vivo dallo sguardo dell'angelo, ma visto che non ottenne alcuna risposta si trattenne dal continuare sullo stesso argomento.

Aziraphale gli si accoccolò contro di nuovo e afferrò il libro che aveva dimenticato sulle coperte. Crowley gettò uno sguardo alla copertina prima che l'angelo ritrovasse il segno.

«Ancora Ariosto?» commentò. «Ma non l'avevi finito?»

«Oh, sì. L'ho ricominciato»

«Ugh» fornì il demone rilasciando un sospiro, ma alla fine sorrise. «Dove sei arrivato?»















Note:

[1]: Viene fatto intendere che Adam abbia modificato i ricordi di tutti gli abitanti del Pianeta, compresi Aziraphale e Crowley, in modo tale che gli eventi della settimana prima della mancata Apocalisse risultassero più spiegabili o quantomeno attribuibili a una sorta di allucinazione collettiva. Ho immaginato che anche la vera natura dei due fosse stata in qualche modo resa opaca per gli umani presenti sulla scena.

[2]: Nel libro viene chiaramente detto che le aure sono collegate all'emotività, all'essenza, allo stato di salute e addirittura alla creatività delle persone: chi è più creativo ha un'aura più ampia e con più colori. Nella serie Anathema capisce di essere di fronte a esseri sovrannaturali malvagi quando vede i Quattro Cavalieri, perciò ho pensato di attribuirle senza alcun danno al canon la capacità di comprendere anche la vera natura di Aziraphale e Crowley. Ulteriori piccoli appunti sulle aure che ho disseminato nella storia sono riadattamenti personali di qualche ricerca svolta online: trattandosi di pseudoscienza, quindi niente di dimostrabile, le idee sulle aure variano in lungo e in largo, socialmente e geograficamente parlando. È proprio la trattazione del tema che mi ha dato l'idea di inserire l'avvertimento “What if?”: non c'è niente di scientifico, è solo la mia interpretazione funzionale alla trama qui riportata.

[3]: Ho veramente cercato su WikiHow come sconfiggere un demone e questi sono metodi elencati lì. Anathema ha un ferro di cavallo sull'architrave del cottage, mi è sembrato plausibile che lei fosse a conoscenza di questo tipo di rimedi, anche se immagino siano quasi completamente inefficaci contro i demoni nell'universo di Good Omens: sappiamo che l'unico vero modo per distruggere una creatura sovrannaturale è usare l'arma letale di Paradiso e Inferno a seconda dei casi. Un ferro benedetto probabilmente avrebbe solo l'effetto ustionare Crowley, come il suolo consacrato di una chiesa.











Angolino di Menade Danzante:

Avevo detto che non sarebbe finita con la long e infatti eccomi qua. La mia mente segue ormai questo filo conduttore per il futuro degli Ineffable Husbands e sentivo che in “Una settimana e un giorno” mancava qualcosa: il punto di vista di Crowley. Mi sono divertita tantissimo ad utilizzare quello di Aziraphale, ma ho capito di voler dare spazio alla sensibilità del demone, soprattutto in un contesto nuovo per entrambi in cui può valere di tutto e di più. Sono certissima che tornerò ancora su questa sorta di “universo” per aggiungere tasselli al rapporto tra i due.

Spero di essere riuscita a mantenere IC tutti i personaggi e che la OS vi sia piaciuta!

Ringrazio tutti coloro che leggeranno, che vorranno farmi sapere il loro parere e che semplicemente apriranno la ff per uscirne subito dopo!

Alla prossima!

   
 
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