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Autore: TheManiae    20/09/2019    1 recensioni
Due nuovi nemici scendono in campo, e stavolta sono molto più potenti e pericolosi di qualsiasi altri affrontati prima d'ora. I nostri eroi dovranno unire le forze e scavare dentro l'essenza dei loro Miraculous, o il mondo pagherà il prezzo più alto:
La Fine.
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimento: Questa storia contiene scene di violenza e sangue molto dirette. Se siete persone sensibili vi sconsiglio la lettura. Se volete continuare, non dite che non vi ho avvertito.

Capitolo 10: Nebbia


 

Da quanto stava correndo? Minuti? Ore? Il tempo non sembrava avere senso in quella nebbia grigia. Alya sentiva una stanchezza fisica incredibile, ma al tempo stesso non sentiva nulla. Pensò quasi che avrebbe potuto correre per sempre in quella foresta.

La figura continuava a starle davanti, un'ombra scura abbastanza vicina da vederne la forma ma troppo lontana per capirne l'identità.

Correva più veloce che poteva nella foresta misteriosa. Gli alberi, alti tronchi scuri e sottili, scorrevano così rapidamente nella sua vista che Alya non si accorse nemmeno di altre ombre che si muovevano tra essi.

«Fermati!» urlò la rossa. La misteriosa creatura sembrò non sentirla nemmeno, continuando a correre. Alya lanciò un lamento frustrato, e la rabbia le diede l'energia per correre ancora più velocemente. Eppure non importava quanto fosse feloce, quell'ombra restava un mistero, e lei non poteva accettarlo.

All'improvviso il suo piede di scontrò con una radice. Il mondo si girò per un istante, tutto divenne nero, e Alya si sentì leggera, mentre precipitava urlando nel gigantesco pozzo. Prima che la vista si oscurasse del tutto, riuscì a vedere decine di occhi rossi che la fissavano da oltre il bordo.

 

 

Quando riaprì gli occhi, scoprì di trovarsi stesa sul pavimento della propria stanza, con ancora addosso il costume da Rena Rouge. Scattò in piedi, guardandosi attorno. La figura era sparita.

«Alya...»

La rossa si voltò di scatto e lanciò un grido. A terra c'era sua sorella Etta, coperta di ferite sanguinanti e con una gamba strappata dal ginocchio in giù. Accanto a lei, in una pozza del loro sangue misto, c'era la gemella Ella, riversa a terra e con gli occhi chiusi.

Alya corse di loro e prese la sorellina tra le proprie braccia. «No, no no no! Etta!» Le lacrime cominciarono a scorrere dalle sue guance mentre reggeva la sua testa sulle ginocchia. Respirava a malapena.

«I mostri...» la piccola sussurrò, la voce piena di dolore. «I mostri... sono venuti... la mamma... Ella...» rivolse uno sguardo alla gemella, e ricominciò a piangere. Poi i singhiozzi si trasformarono in una forte tosse, dalla quale uscì del sangue. Troppo sangue.

«Etta! Etta!» Alya la strinse, cercando di fermare la tosse. Lacrime e sangue si mescolarono.

Poi, all'improvviso, la tosse si fermò, i suoi occhi si chiusero e smise di respirare.

«Etta? Etta, parlami!» Alya scosse il corpo della sorellina, ma questa non rispose. Il petto era fermo, e le braccia cadevano inermi verso terra. «No, no ti prego. Dio no, ti prego!» gridò, la voce spezzata dal dolore e dai singhiozzi.

«Aww, che scenetta commovente.»

Alya si voltò di scatto. Un ragazzo stava sulla soglia della porta, fissandola con un occhio verde smeraldo e un sorriso folle sul volto. Lo riconobbe subito.

«Sei stato tu... a fare questo?» chiese. La sua voce era carica di dolore e rabbia. Tanta rabbia.

«Oh no cara, sei stata tu a fare questo.» Kishin avanzò nella stanza. L'impermeabile arrivava fino al terreno, nascondendogli i piedi.

«Ma che stai dicendo?»

«Oh, non ricordi?» Kishin ridacchiò. «Sei fuggita dallo scontro finale, Alya Césaire. Sei scappata come un cane con la coda tra le gambe. Un patetico coniglio travestito da volpe, ma pur sempre un coniglio.»

Con un grido di rabbia e dolore, la rossa si lanciò verso di lui per colpirlo. Con un'espressione di assoluta calma, Kishin strinse la sua mano prima che potesse toccarlo, e con un movimento annoiato la scagliò contro la parete. Alya gemette, sentendo i polmoni svuotarsi e le ossa scricchiolare. Cadde a terra, mentre il ragazzo si avvicinava.

«Sento il tuo odio, la tua rabbia, ma non puoi scappare alla realtà. Hai abbandonato i tuoi compagni nel momento di maggior bisogno, ed ecco il risultato.» La mano di Kishin si gonfiò di colpo e divenne nera, trasformandosi in un gigantesco pugno ricoperto di cristalli scuri. Colpì il muro, che esplose verso l'esterno e creò un'enorme spaccatura.

Guardando fuori, Alya vide una Parigi devastata. Il cielo era coperto di nuvole nere e rosse che nascondevano completamente il sole. I palazzi erano in rovina, ridotti a scheletri di metallo e mattoni, e le strade erano piene di macchine distrutte e cadaveri sventrati nei modi più disgustosi. Ovunque, strane creature nere si aggiravano, divorando i morti.

Alya fissò il paesaggio con sguardo distrutto. Al contrario, accanto a lei, Kishin lo fissava con folle gioia. «Bellissimo, vero?»

«Non può essere... io non avrei potuto...»

«Ma l'hai fatto. Ti vanti tanto di essere una supereroina, ma appena la situazione si è fatta difficile sei scappata, correndo a nasconderti.»

Kishin la afferrò per la gola e la alzò come se fosse una bambola di pezza, tenendola sollevata da terra di almeno due piedi. La fissò, sorridendo in modo psicotico e strinse la presa. Alya gli artigliò la mano con le unghie, ma sembrava che lui non sentisse nulla. Sangue nero scivolò lungo la pelle pallida, gocciolando a terra.

«Smettila di lottare» disse Kishin, stringendo ancora di più la presa. «Hai perso. La tua città è distrutta, la tua famiglia e i tuoi amici sono morti, sventrati e divorati dai miei figli. Hai perso tutto. Arrenditi e lasciati andare.»

Aveva ragione. Aveva perso ogni motivo per vivere. La sua famiglia, i suoi amici, la sua città. Sarebbe stato tutto molto più semplice se si fosse lasciata andare a quella stretta mortale e avesse accolto la morte nel suo petto.

Eppure non ci riuscì. Sentì qualcosa bruciare nella sua anima. Era rabbia? Odio? Vendetta? O qualcosa di diverso? Non lo sapeva, sentiva solo che non poteva mollare così.

Con uno sforzo incredibile per il dolore, riuscì a dondolare il corpo e colpì Kishin con un calcio direttamente al volto. Il ragazzo pallido lasciò la presa ed emise un ringhio divertito. «Piccola stronzetta...»

Non ebbe tempo di dire altro. Alya gli balzò addosso e lo gettò a terra, per poi cominciare a colpirlo al volto con una serie di pugni selvaggi, urlando di rabbia e piangendo di dolore. Continuò a colpirlo finché il volto del nemico non fu ridotto a una massa informe e irriconoscibile di carne pallida e sangue nero.

Le braccia le caddero lungo i fianchi, le mani coperte di lividi e liquido nero. Ansimò, ferma in un limbo tra un pianto disperato e una risata folle.

All'improvviso un tentacolo nero fuoriuscì dal petto di Kishin in un'esplosione di sangue nero, scagliandosi contro Alya e spingendola contro la parete. Lei urlò quando il tentacolo penetrò nella spalla, perforando l'osso e inchiodandola alla parete.

«Questo è stato molto...» Kishin si rialzò in modo inquietante, come un burattino a cui venivano mossi i fili. La testa si risistemò con un sinistro suono melmoso, la pelle bianca che si muoveva e ricopriva la massa nera sottostante. Il folle sorriso rapidamente riapparì sul suo volto. «...divertente.»

Altri viticci neri fuoriuscirono dal suo corpo, infilzando Alya in una decina di punti diversi. La rossa urlò e pianse, sentendo come se fosse avvolta dalle fiamme. Da ogni tentacolo si dipanavano decine di minuscoli viticci neri, che scavavano dentro la carne e penetravano nelle ossa, muovendosi come serpenti.

Kishin si avvicinò, finché il suo volto non si trovò a pochissimi centimetri da quello di Alya. «Ti darò un'ultima possibilità. Arrenditi ora, e ti prometto una morte rapida.»

Come risposta, lei gli sputò in faccia. «Mai.»

Kishin sorrise nuovamente, ma stavolta era un sorriso gentile, compassionevole. La mano sinistra si trasformò in una lama affilata, nera come il peccato. Poco prima che gliela infilasse nel cranio, lei vide brillare il suo occhio cremisi.

 

 

Alya si svegliò urlando. Le dita stringevano le lenzuola bagnate di sudore, mentre la ragazza ansimava e il suo cuore batteva a un ritmo folle.

La porta della stanza si aprì di scatto. «Che succede?» chiese Nora con voce preoccupata. «Urlavi così forte che ti abbiamo sentita dalla cucina.» Dietro di lei apparvero le gemelle, Ella ed Etta.

Alya le fissò in silenzio per diversi secondi, prima di scendere dal letto e correre ad abbracciarle entrambe, piangendo. Le sorelle la guardarono confuse. «Sorellona, stai bene?»

«Si...» balbettò, la voce rotta dai singhiozzi, le labbra curve in un sorriso. «Mai stata meglio.»

Raccontò loro ciò che aveva sognato, ovviamente senza accennare alla sua doppia identità. Le sorelle la ascoltarono attentamente, e quando ebbe finito le diedero tutte e tre un abbraccio. «Stai tranquilla. Era solo un incubo.»

«Si... solo un incubo.»

Fecero colazione tutte assieme e andarono a scuola. Vicino al cancello, Alya vide Marinette che la aspettava. La stilista la chiamò alzando la mano non appena la vide.

«Non ci posso credere» esclamò Alya, abbracciandola. «Marinette Dupain-Cheng in anticipo? Sto sognando?»

Marinette rise. «A volte anche i sogni si avverano. Andiamo.»

Un'esplosione di coriandoli le accolse non appena entrarono in classe. Tutti i loro compagni si misero a gridare, mentre qualcuno sparava una seconda salva di coriandoli, che invasero i capelli di Arya. Lei non capì cosa stesse accadendo. «C-Cosa?»

«Grandi notizie!» esclamò Juleka, porgendole il cellulare. «Sabine Parker ha sentito parlare del tuo vlog su Ladybug e ha dichiarato di volerti avere nel suo show!» Per dare enfasi alle sue parole, fece partire il video sul cellulare.

Mentre lo guardava, Alya non poteva crederci. Sabine Parker era la sua giornalistra preferita e padrona di uno show televisivo tutto suo. Era la sua idola. E sarebbe stata nel suo show! Gridò di gioia, abbracciando Juleka, Rose, la professoressa e Adrien. Ci vollero tre persone, Marinette compresa, per calmarla. «Fai piano» le disse l'amica, ridendo.

«Scusa ma sono... così felice...»

«Propongo un brindisi» esclamò Adrien, alzando un bicchiere di plastica. «Ad Alya!»

«Ad Alya!»

E tutti bevvero

«Vorrei fare un annuncio» disse Nino ad alta voce. Si avvicinò ad Alya e le prese le mani tra le sue, fissandola negli occhi. «Alya Cesaire, fin da quando ti ho vista la prima volta, ho pensato tu fossi la cosa più bella del mondo. Stando vicino a te, questo pensiero è solo diventato più forte. Sei una ragazza splendita, spiritosa e forte. Per questo voglio chiederti questo: Vuoi stare con me?» Appena terminò di parlare, la baciò sulla guancia.

Alya lo guardò per qualche secondo senza dire nulla, toccandosi la guancia come se si fosse appena accorta di averla. I suoi occhi cominciarono a luccicare, e alcune lacrime scesero sulla pelle. Sorrise. «Si. Si!» Saltò addosso al ragazzo, stringendolo e baciandolo con foga. Tutti i presenti applaudirono.

«Ehm Ehm.»

Mentre era preda delle lacrime, Alya vide Chloé avvicinarsi con la sua solita aria da superiore, seguita a ruota da Sabrina. Non se ne preoccupò. Era una giornata così bella che nemmeno quelle due poterono rovinarla. Si separò da Nino per affrontarla.

Chloé si fermò davanti a lei. Alya si aspettò di tutto. Insulti, vanterie, grida di rabbia, una bibita gettata sul viso. Qualunque cosa.

L'unica che non si aspettò era che Chloé la abbracciasse.

«Sono così felice per te!» esclamò la figlia del sindaco, lasciando Alya totalmente scioccata.

«Chloé? Stai bene?» Alya si staccò dall'abbraccio e le toccò la fronte. «Sei malata per caso?»

«Oh Alya, non fare la sciocca» disse lei, per poi schioccare le dita. Sabrina, che per tutto il tempo aveva tenuto le mani dietro la schiena, le passò una piccola busta, che poi Chloé porse ad Alya. «Su prendi. L'ho fatto ordinare da New York.»

Incuriosita, Alya aprì la busta. All'interno c'era una scatola contenente vari prodotti di bellezza, tutti di marche pregiatissime e super costose. La rossa lo guardò per qualche secondo, per poi rivolgere a Chloé un'occhiata sospettosa. «E' un modo per dirmi che sono brutta?»

Chloé ridacchiò, tenendosi educatamente una mano davanti la bocca. «Oddio, certo che no! Però se andrai in diretta internazionale devi essere semplicemente la ragazza più bella della Francia.»

Alya rimase qualche secondo in silenzio, gli occhi spalancati nello stupore totale. «G-Grazie Chloé.» Parole che non avrebbe mai pensato di dire. La abbracciò, come lei aveva fatto poco prima. Un'altra cosa che non pensava avrebbe mai fatto.

E così fecero festa, mangiando torte dolci e di frutta e sorseggiando bibite gassate e lisce. Ballarono a ritmo della musica dello stereo, e Alya danzò insieme a Nino.

Fu bellissimo. La sua famiglia stava bene. I suoi sogni si stavano avverando. Il ragazzo che le piaceva si era dichiarato. Perfino l'odiosa Chloé era gentile con lei. Era tutto troppo bello... per essere vero.

«Questo mondo non è reale, vero?»

Il mondo venne svuotato da ogni colore, e tutti si fermarono.

Marinette si voltò verso di lei e sorrise, ma non era Marinette. La sua pelle era diventata bianca come il latte, mentre i capelli erano color del sangue. Due aloni arancioni le circondavano gli occhi, ora completamente neri e con le iridi rosse e affilate. Sorrise, mostrando le zanne affilate.

«Hai capito in fretta» disse la creatura che era stata Marinette. La sua voce suonava distorta, lontana, eppure chiarissima. «Complimenti.»

«Fammi uscire. Subito.» La voce di Alya era un sibilo furente che non lasciava possibilità di negoziare. Il suo era un ordine.

La falsa Marinette alzò un sopracciglio, rivolgendole un ghigno affilato. «Vuoi uscire? Non preferiresti restare in questo paradiso?» Alzò la mano, e la realtà davanti a loro cambiò. Si ritrovarono su un divano di tela rosso, in mezzo a un set illuminato dai fari. Attorno a loro, nell'ombra, migliaia di spettatori senza volto battevano le mani e gridavano il nome di Alya. «Perché scomodarsi ad affrontare una vita tanto brutta quando potresti restare qui? Io posso far avverare ogni tuo desiderio più nascosto e impossibile.»

Alya osservò l'ambiente attorno a se, la bocca aperta e lo sguardo sgomento. Tutte quelle persone che la applaudivano e la chiamavano a gran voce. Era il suo sogno, no? Scoprire ogni verità e diventare una grande reporter, era questo che voleva. E ora la possibilità di diventarlo era lì, doveva solo allungare la mano e prenderla.

La falsa Marinette le offrì la mano. Le unghie erano cresciute, trasformandosi in artigli ricurvi e neri, in contrasto con la pelle bianca come neve. «Affare fatto?»

Alya alzò la propria mano. Stava per toccare quella di Marinette, o qualsiasi cosa fosse, quando un suono la interruppe. Era delle grida di dolore, qualcuno che veniva orribilmente massacrato. E di colpo, i ricordi dell'incubo le tornarono in mente. Guardò di nuovo la folla che la inneggiava, però vide solo ombre senza volto. Anche la sua famiglia e Nino erano diventati null'altro che ombre.

Tornò a guardare la falsa Marinette. Quando ritirò la mano, il sorriso sul volto del demone svanì. «No.»

«Perché?» La sua espressione tradiva il suo stupore. «Questo è ciò che desideri. Non mentirmi. Ho visto la tua anima. So cosa desidera il tuo cuore. Perché rifiutarlo?»

«Questo non è ciò che desidero. Tutte queste sono solo ombre e inganni.» Alya agitò il braccio, e di colpo ogni cosa svanì. Rimasero da sole, circondate da un infinito vuoto bianco. Il demone si guardò attorno, con espressione sorpresa. «Là fuori la mia città, la mia famiglia e i miei amici hanno bisogno di me. Non intendo vivere i miei sogni in una menzogna.»

La falsa Marinette la fissò per diversi secondi, con un'espressione sorpresa sul volto. Poi sorrise, lo stesso sorriso gentile che aveva Kishin. Si alzò in piedi e si avvicinò.

«Sei stata brava, Alya Cesaire.»


 

Con la coda dell'occhio, Alya vide qualcosa muoversi dietro di lei. Voltandosi, si ritrovò nuovamente nella foresta dove tutto era iniziato. Era al centro di una radura avvolta nella nebbia, gli alberi neri che salivano fino alle stelle. E tra i tronchi scuri, vedeva centinaia di occhi rossi che la fissavano.

«Non tutti riescono a superare le proprie paure» disse la falsa Marinette, ma quando Alya si girò per guardarla, non c'era più. Al suo posto c'era una grossa volpe bianca, alta quanto lei, con due piccoli occhi rossi e luminosi, senza iride o pupilla. Nove code dalla punta rossa danzavano elegantemente dietro di lei. «Pochissimi riescono a resistere ai propri desideri.»

La volpe si avvicinò e toccò la fronte di Alya col muso. L'ultima cosa che Alya vide prima che l'oscurità l'avvolgesse furono gli ardenti occhi rossi della volpe a nove code.

«Ti seguiremo.»

 

 

 

Spero di aver spiegato bene il mio pensiero riguardo le Illusioni e, per estensione, il Miraculous della volpe.
Alla prossima

-La Follia mi scorre nelle vene

   
 
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