Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PeNnImaN_Mercury92    22/09/2019    2 recensioni
850. Fu quello l'anno in cui Eren Jaeger si trasformò per la prima volta in gigante, dimostrando il legame indissolubile tra il genere umano e quello titanico; l'anno dello scontro diretto con i Guerrieri Marleyani e del reclutamento di coloro che, come il sottoscritto, furono protagonisti di questi innumerevoli eventi sconvolgenti, che rovesciarono interamente il modo di osservare la realtà.
L'850 fu l'anno in cui ebbi modo di conoscere per la prima volta Claire Hares, anch'essa presenza fissa di tali fatti accaduti in quella terra che ora chiamiamo Eldia e divenuta ormai ufficiale del Corpo di Ricerca, figura di spicco all'interno del Corpo d'Armata e, sebbene eccessivamente legata a ideali che da sempre ho ritenuto banali e insulsi, che ha sempre messo a repentaglio la propria vita per ciò in cui credeva.
Io, Jean Kirschtein, depositario dei più valorosi insegnamenti che questa giovane donna potesse offrirmi, mi accingo a raccontarvi la mia esperienza come Ricognitore, oltre che le avventure della soldatessa intrepida e inarrestabile.
** SEGUITO DI "LE ALI DELLA LIBERTA'", SECONDO CAPITOLO DELLA SERIE INCENTRATA SUL PERSONAGGIO OC DI CLAIRE HARES **
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Wings of Freedom Series '
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6. Mistero d'amore


Dopo esserci disposti in mezzo ad alcuni soldati veterani, seguendo le indicazioni impartiteci da Dieter Ness durante le lezioni teoriche, ricreammo in maniera abbozzata, ma comunque simile, la Formazione ad Ampio Raggio ideata dal Comandante Erwin Smith. 

Il Comandante si era offerto volontario di affiancare la Caposquadra Claire per quella simulazione, uno degli ultimi momenti di addestramento che precedettero l’effettiva quarantottesima operazione oltre le mura. 

Quasi un mese dall’arruolamento era trascorso; avevo cercato di fare tesoro di ogni consiglio, suggerimento di Claire Hares, l’istruttrice più bizzarra e alla mano in cui avessi potuto imbattermi nella mia lurida vita. 

Malgrado la sua disponibilità, le sue strabilianti competenze, nonostante la brevità della sua carriera militare, non avrei mai dovuto diffidare dalle parole della soldatessa Asia Kleine, risalenti al primo giorno di addestramento: la soldatessa bionda, per quanto perennemente sorridente e gentile nei modi, aveva messo tutti i nuovi arruolati sotto torchio per un mese intero. 

Spesso, facendosi affiancare dai suoi fidati, appartenenti a quella che, durante la vera e propria missione, sarebbe stata nominata “squadra di appoggio”, era solita condurre meri addestramenti individuali. Che chi legga il racconto del sottoscritto creda a tali aneddoti: niente, nemmeno gli allenamenti dell’istruttore Shadis, erano più estenuanti da quelli diretti dalla graziosa e spietata Claire Hares. 

Eppure, se c’era qualcosa che contraddistingueva gli ardui addestramenti di Claire dalle altre attività che il Corpo di Ricerca conduceva, era il soddisfacente esito di tali prove; Ymir stava acquisendo la capacità della dedizione, Bertholdt imparava ad essere più risoluto nei movimenti, Armin era riuscito a illustrare a tre soldati veterani una manovra d’attacco ideato da lui stesso. 

Per la prima volta, provai un sentimento di orgoglio nei riguardi dei miei compagni, un neonato altruismo che, pian piano, stava cercando di abbattere quell’egoismo che mi aveva sempre procurato una grande fama. 

Eppure, Claire non pareva regalare la sua fierezza solo agli altri ex-cadetti. 

 

- Se ti impegni ancora di più, potresti eguagliare Mikasa! - mi riferì una volta la Caposquadra, dopo un addestramento individuale. Entrambi sapevamo che non sarebbe stato possibile (ne avremmo avuto la piena certezza soltanto tempo dopo), ma ciò che ella detestava era darsi per vinti. -Parti dal fatto che hai un talento innato per il dispositivo di manovra - continuò lei, mentre l’avevo raggiunta sul ramo di un altissimo albero del bosco per l’allenamento con il dispositivo 3D. 

-Ce la sto mettendo tutta, signore - risposi. -Solo che… trovo difficile mantenere coordinati i movimenti e riflettere con rapidità sul nemico. 

-Continui ad essere troppo diretto, Jean - rispose a braccia incrociate. -Non con le persone, ma nell’agire. Impara ad avere nervi saldi. Osserva con attenzione il nemico. Conoscilo. 

Impugnò i manici delle lame dopo averle caricate, facendomi segno di seguirla.

Ci avventurammo nel bosco dominato da nuovi fantocci, rimontati nel minor tempo possibile dal macchinario installato da Asia Kleine. 

Tentavo di stare al passo ai suoi rapidi e studiati movimenti, riuscendoci piuttosto bene. Mi aveva insegnato a mantenere il pieno controllo dei rampini che sparavo utilizzando la minore quantità possibile di gas, offrendomi aneddoti che un istruttore con a carico un numero indistinto di reclute non avrebbe mai potuto rivelarmi. 

Non appena Claire si imbatté in un gigante di legno, sparò il rampino sul ramo di un albero, dove la raggiunsi.

-So che ti sembrerà difficile farlo ora, Jean. Ma prova ad immaginare l’effetto di avere un titano vero e proprio, magari un anomalo. Devi saperne riconoscere le caratteristiche, soprattutto i comportamenti dei più famelici. L’efficienza del dispositivo di manovra è limitata in battaglia, se ti butti a capofitto sul nemico. 

Sospirai, stringendo i manici delle lame. Claire iniziò a camminare avanti e indietro alle mie spalle. -Vuoi sopravvivere? Allora devi imparare a precedere l’avversario. 

Scese nuovamente dal ramo, ingaggiando battaglia contro il fantoccio, i cui movimenti, azionati dal pannello di controllo della sottoposta dai capelli rossi, si erano fatti improvvisamente più rapidi. 

Dopo un paio di secondi, Claire trovò il momento giusto per sparare il rampino destro per intercettare la collottola. 

Claire ruotò attorno al gigante un paio di volte, per poi tagliarne la nuca, mentre la osservavo, deciso a fare tesoro del tempo che dedicava a perfezionare le mie tecniche. Balzai giù dal ramo e terminai con dedizione il mio addestramento.

 

•• ━━━━━ ••●•• ━━━━━ ••

 

La simulazione stava procedendo meglio del previsto, soprattutto in presenza del Comandante Erwin, che sapeva rapportare gradualmente gli ordini di cambio tramite i fumogeni, dai più semplici a quelli più complessi. 

Noi reclute sapevamo che in vero territorio aperto sarebbe stato molto più difficile seguire la marcia, ma il compito di Erwin apparentemente non era mutato di una virgola: riportare a casa tutti noi novellini da un’operazione, così si vociferava, alquanto ardua. 

La simulazione durò tutta la giornata; i Capisquadra avevano, difatti, messo a disposizione, sotto il consenso della Guarnigione, i due terzi del territorio pianeggiante del Wall Rose per permetterci di condurre l’addestramento. 

Alle diciassette, i due istruttori ci informarono che il giorno d’allenamento - l’ultimo, poiché da lì a due giorni avremmo ufficialmente fatto la nostra comparsa nelle terre sotto dominio dei giganti - non era terminato, ma che la Squadra d’Appoggio avrebbe condotto l’ultima parte della simulazione, ossia la disposizione ad ampio raggio in orario notturno. 

Una volta congedati, Ymir e Christa parlavano tra loro; la prima sfogò sulla seconda tutto il suo dissenso. 

-Questa puttana continua a massacrarci… ma non dorme mai? 

-Ymir, - la guardò preoccupata la dolce ragazza dai capelli biondi. -forse dovresti… 

-Ah, non preoccuparti, Ymir - alzò la voce Claire, alle nostre spalle. Le sorrise. -Sarà molto più divertente di quanto tu possa pensare, assicurato. 

Sconcertati, ci voltammo verso Ymir, affatto arrossita. Avrei detto, alquanto incazzata.

-Ma come fa? - chiese preoccupato Bertholdt, vicino a me, riferendosi al talento auditivo della Caposquadra. 

Risi, ripensando alla disavventura della mia compagna. -Non lo so, ma è parecchio inquietante. Ancor più di Sasha. 

Quest’ultima, trascinando i piedi per terra, affamata, lanciò uno sguardo d’ira nella mia direzione. -IO NON SONO INQUIETANTE, JEANNINO! 

-Chiudi il becco, ragazza-patata! - sbottai, infastidito, prima che la stanchezza mi conducesse fino agli alloggi, dovrei avrei potuto concedermi una breve dormita prima dell’inizio dell’addestramento notturno. 

Claire ci osservò allontanarci, guardandoci con aria felice e gratificata. 

Si voltò, dopo aver udito dei passi. Erwin era diretto nella sua direzione. 

-Credo che io e te dobbiamo parlare, mio caro - esordì la più giovane. 

-Ero venuto apposta per domandartelo - ridacchiò sornione Erwin. -Non ti dispiacerà continuare la conversazione nel mio ufficio. 

Claire scosse il capo, incamminandosi verso gli interni della caserma. 

-Chiacchierate sempre di lavoro, voi - commentò alle loro spalle Asia Kleine, accendendosi una sigaretta. -Ma una bella scopata non ve la concedete mai? Hares, non dirmi che tu e il tuo adorato capitano Levi…

Claire le lanciò addosso le briglie del suo cavallo, sorridendo. -Ecco, adesso avrai da fare anche tu. Vai a sistemarmele, per cortesia. 

Asia spalancò gli occhi, cercando supporto dal suo amante - amico, confidente… mi risulta ancora incomprensibile definire il rapporto che la rossa avesse con la massima autorità del Corpo di Ricerca. 

Tuttavia, Smith la guardò seriamente. -Obbedisci, Asia. Sei sotto il comando di Claire, lo sai. 

I due si allontanarono, cercando quanto più possibile di non badare alle imprecazioni della donna ribelle. Un minuto più tardi, sedevano nell’ufficio del Comandante. 

-La domanda sorge spontanea - iniziò Claire, sedendosi. -O meglio, esigo dei chiarimenti sul motivo per cui hai voluto rendere nota ai cadetti la posizione di Eren nella missione. 

Erwin non si aspettava un quesito differente. Piegò il busto in avanti, fissando la subordinata. -Non nascondiamoci nulla a vicenda, Claire. So quanto tu sia scaltra, sono sicuro che ragioniamo allo stesso modo, perciò avrai già capito. 

Claire deglutì. -Nelle sedici relazioni che noi istruttori abbiamo consegnato alle nuove reclute erano riportate cinque versioni diverse sulla disposizione di Eren Jaeger. Dunque è come crediamo tutti, senza volerlo ammettere: tra i cadetti c’è…

-Claire, sai che mi piace giocare d’azzardo, e occorre sempre mettere in conto ogni variante di un’equazione - riprese l’altro. -Sappiamo per certo che non tutte le persone, all’interno delle Mura, vogliono vedere l’Umanità trionfare; ed Eren è l’unica nostra chance. Ma questi potrebbero approfittare della vulnerabilità del ragazzo e di noi ricognitori in missione per puntare a sconfiggere soprattutto lui. Non è così, Claire?

Claire rifletté un paio di secondi. -Quindi tu credi che il nemico possa rivelarsi durante la nostra missione all’esterno, principalmente per dare la caccia a Eren… e tu vuoi usare il ragazzo come esca?! - domandò esterrefatta la più giovane. 

-Non abbiamo altra scelta - si alzò il Comandante, guardando fuori dal finestrone posto alle spalle della scrivania. -Il nostro obiettivo non è solo eliminare chiunque minacci la nostra vita, ma ottenere spiegazioni, informazioni sul motivo per cui ci troviamo in questa situazione misera, in cui, secondo la storia, siamo sempre stati assoggettati dai giganti - si rivolse a Claire. -Non è quello che hai sempre desiderato anche tu?

Gli occhi della bionda si ritrassero dal suo sguardo, puntando al tavolo del mobile davanti a lei, perplessa. -Qual è il tuo piano? 

Lo sguardo di Erwin si fece sempre più amaro. -Saremo costretti a sacrificare le vite di alcuni nostri compagni, Claire. 

L’orrore si fece strada sul volto di lei. Rimase alcuni secondi in silenzio, secondi che, in quella stanza, parvero interminabili. Si rialzò, camminando lentamente avanti e indietro per l’ufficio, per poi aggiungere: -Sai che io sono pienamente d’accordo con Levi sul fatto di sprecare delle vite. 

-Levi ne è già al corrente, non ha opposto resistenza alla cosa, per quanto risultasse piuttosto contrariato - rispose Smith, spingendo il busto contro lo schienale. 

-Tsk, Levi - sbottò Claire. A volte mi sembra il tuo cagnolino fedele, avrebbe aggiunto Claire, commentando spregiudicatamente la cieca fiducia del suo compagno nei riguardi del loro comandante. 

Eppure, provò a domandarsi il motivo per cui una persona così fidata come Levi avesse approvato la decisione fredda e priva di cuore di Erwin. “La vittoria dell’Umanità viene prima di tutto”, avrebbe detto in quell’istante il biondo, come era solito ricordare sempre ai suoi colleghi. Sembrava così tanto una giustificazione, ma a chi voleva prendere in giro, lei? Quante volte, aveva rischiato la morte certa pur di permettere ai suoi compagni di salvarsi? Nel ricordarlo, Claire sfiorò la sua enorme e vistosa cicatrice riportata sul lato del viso, fino al suo collo. 

Era quello il loro compito, dopotutto, e lei non poteva dimenticarlo. Offrire il loro cuore per il Genere Umano. 

Con afflizione, Claire guardò nuovamente il suo superiore. -E sia - concluse, prima di risedersi e ascoltare il progetto di Erwin da attuare contro il nemico, a loro ancora sconosciuto. 

-Dovremmo essere in grado di catturarlo lì - al termine della spiegazione, Erwin indicò la Foresta di Alberi Giganti sulla cartina raffigurante le terre del Wall Maria, situato a quindici chilometri da Karanes. -Dopo averlo attirato in presenza della squadra di Levi, dove Eren verrà realmente tutelato. 

Claire sospirò, stanca di immaginarsi già lo scenario di morte che presto avrebbero dovuto affrontare. Si alzò. -Va bene, Erwin. È tutto chiaro. 

Erwin la osservò, decidendo poi di accompagnarla alla porta. -Sai che non posso realmente contare su di te, se tu non ti fidi completamente del piano. Ma sappi che è tutto di vitale importanza - poggiò i palmi di entrambe le mani sulle sue spalle. -Anche questa missione fa parte del grande piano che è la nostra Rivoluzione, Claire. 

Gli occhi di lei brillarono nell’udire tale parola. 

-Il tuo ruolo nella missione sarà semplice, ma di vitale rilevanza. Posso ancora contare su di te?

Erwin la stava supplicando. Da quando ella aveva generosamente offerto al Corpo tutta la sua forza di volontà, da cui erano valse piccole, importanti vittorie, la sua prontezza e la sua voglia di cambiare, Smith non aveva esitato un attimo a riporre in lei la più completa fiducia. 

Era diversa da tutti i suoi coetanei che si erano distinti; non cercava la fama, né mirava a ottenere una vendetta nuda e cruda da parte dei giganti, o di chiunque altro le avesse procurato dolore nella sua vita. Ciò che poneva entrambi sullo stesso piano era la voglia di un riscatto. Ella sapeva che, con fatica, con sacrificio, avrebbero ottenuto quello che cercavano: dimostrare la verità e concretizzare la loro agognata libertà.

Nell’udire quelle preghiere, lo sguardò di Claire si fece improvvisamente intransigente. Lei e il Comandante rimasero a guardarsi empaticamente per alcuni istanti, finché lei non portò valorosamente il pugno al petto. -Agli ordini. 

Il suo gesto strappò un sorriso a Erwin, che la vide allontanarsi. 

 

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Nonostante il tono malavvezzo di Ymir, Claire aveva mantenuto la parola. 

La spedizione sarebbe iniziata in meno di quarantott’ore, per cui, escludendo il libero addestramento che avrebbe avuto luogo la mattina successiva, reputava tutti noi pronti alla nostra prima missione oltre le mura. Di conseguenza, quell’addestramento notturno risultò il più frivolo di sempre. 

Dopo soltanto un’ora dedicata all’esercitazione nel bosco interamente buio, Claire ci richiamò sventolando la sua torcia, attorno alla quale erano già raggruppati alcuni dei suoi sottoposti. 

Claire - probabilmente, senza aver ottenuto il consenso di Erwin Smith - aveva appiccato un piccolo fuoco, su cui Sasha faceva arrostire della carne di lepre. 

-Sasha?! - sbottarono alcuni di noi, curiosi di vederla lì. 

-Si è offerta gentilmente di prepararci un piccolo “spuntino” notturno. In cambio, non avrebbe toccato le razioni altrui. È un tipo di parola - ridacchiò Claire, non appena l’avemmo raggiunta. -Ringraziatemi che sia lei a cucinare, altrimenti ora ci troveremmo già con metà della carne. 

Strizzò l’occhio alla recluta, visibilmente imbarazzata. 

Sedemmo tutti attorno al fuoco, prima che i soldati fidati di Claire iniziarono a distribuire la prelibatezza, dopo aver allontanato la cuoca famelica dalla brace. 

Ciascuno di noi iniziò a mangiare con grande appetito.

-Caposquadra, lei è la migliore! - esclamò soddisfatto Fabian, addentando la carne. 

-Sì, come no! - parlava Claire, tra un boccone e l’altro. -So benissimo che vengo giudicata come la più fuori di testa del Corpo d’Armata. 

-Non credo, signore - prese la parola Reiner, approfittando del momento informale. -Tra tutti, quella considerata nel modo peggiore è la signorina Hanji Zöe - Reiner arrossì improvvisamente. -Non voglio sminuire la Caposquadra, io… 

-Ah, tesoro. Sono pienamente d’accordo con te - non tardò a farsi sentire Asia, grattandosi la cute sotto la bandana bianca. 

-Come, Asia? Mi deludi, pensavo provassi un odio incondizionato per la mia persona - Claire parlò, dopo aver sputato un nervo, guardando in maniera arcigna la sua sottoposta. -In ogni caso, - tornò a osservare i novellini, con divertimento, -ognuno qui ha determinate stranezze. Sono sicura che Levi avrà già costretto tutti voi a pulire da cima a fondo l’intera caserma. 

Alcuni annuirono, disgustati, me compreso. Ymir, seduta accanto a me, si rivolse a Christa, coprendosi la bocca, per poi riferirle sotto voce: -La numero uno rimane questa qui di fronte.

-Ymir! - sbottò Christa, impaurita. 

Claire, in grado di udirla, scoppiò a ridere. -Apprezzo così tanto la tua sincerità, Ymir. 

La mia compagna non era affatto intimorita, ma la osservò con inopportuna malizia. 

-Caposquadra… - presi la parola. -Non voglio essere troppo invadente, ma ha davvero un udito così sensibile come pare?

Tutti attesero la risposta della bionda, che, dopo aver ingerito l’ultimo boccone di carne selvatica, incrociò le braccia, abbassando il capo, sorridendo. -Be’, in realtà è così. È una qualità molto simile a quella dell’olfatto super sviluppato del Caposquadra Mike. Torna utile, a volte. 

-Torna utile praticamente sempre! - non riuscì a contenersi il suo fidato sottoposto Larry. -La signorina Claire ha permesso alla Legione di evitare una grande quantità di pericoli, nelle varie missioni.

-Be’, penso che non ne valga la pena parlarne ancora - riprese Claire, sorridendo, un po’ arrossita. -Alla fine ognuno ha la propria dote. Ymir, ad esempio, sa essere incredibilmente sincera. Attenta, però - ammonì quest’ultima. -Le ultime sperimentazioni sui giganti ci hanno fatto constatare che questi non sono grandi amanti degli insulti. Scegli bene i tuoi bersagli, Ymir. 

Questa incassò il colpo, nel bel mezzo delle risate di tutti i cadetti, mie comprese, contento che finalmente qualcuno avesse dato una buona lezione ad una persona piuttosto prepotente come lei. 

-Smettila di ridere, ragazzo-cavallo - brontolò lei, a bassa voce. 

Non risposi, continuando a ridere, testimone Connie, intento a scimmiottare la ragazza, accanto a me. 

Claire ci osservava divertita, felice dell’allegria che aveva contagiato tutti noi, intenti a godere gli ultimi istanti di tranquillità prima dell’inizio dell’orrore che ci attendeva oltre le Mura. Tuttavia, il suo sguardo si spostò sullo sguardo cupo di Mikasa, di fronte a lei, intenta a terminare lentamente la carne. 

La osservò comprensiva, consapevole che il motivo del suo malumore fosse la mancanza di Eren a quel bizzarro falò. 

-Ragazzi, potete rimanere a chiacchierare per un altro po’ - ci riferì lei, alzandosi. -Attenti a non allontanarvi troppo, se non vi ritrovo qui vi sgozzo tutti. E, soprattutto, non usate i dispositivi di manovra. 

Alcuni erano già andati nei dintorni del fuoco, tra gli alberi, compresi alcuni soldati sottoposti della giovane ufficiale. Mentre cercavo di comprendere il bislacco elogio di Connie sulla straordinaria bellezza della Kleine, la vidi dirigersi da Mikasa, rimasta ancora seduta sul tronco di un albero caduto mentre era intenta a guardare il vuoto, per poi inginocchiarsi di fronte a lei. 

-Hey, prodigio - le sussurrò. -Tutto bene?

Mikasa la rassicurò con un cenno del capo, guardando le fiamme in maniera indistinta. 

-Ti va se facciamo due passi? Voglio scambiare qualche parola con te - le chiese in maniera confortante la Caposquadra. 

Mikasa obbedì come se la richiesta fosse un vero e proprio obbligo, seguendo Claire lontano dal falò. 

-Ieri il capitano Levi mi ha scritto. A quanto pare, Eren è stato in grado di compiere una nuova trasformazione - le raccontò la bionda, lungo il cammino. -Hanji ha finalmente capito che, affinché riesca a trasformarsi, è necessario infliggersi una piccola ferita. 

Mikasa la guardò terrorizzata. -Una ferita?! Caposquadra, la supplico, non fategli del mal…

Claire scoppiò a ridere. -Ma certo che no! Diffida da quanto hai visto in tribunale, Levi non può arrecargli alcun danno - ritornò seria, scostandosi i numerosi ciuffi di capelli biondi che non potevano essere raccolti dalla coda di cavallo. -Trattiamo Eren con le pinze, te lo assicuro. È di vitale importanza che stia bene.

La mia compagna si sentì più sollevata, soffrendo comunque dell’assenza del ragazzo. Si alzò la sciarpa fin sopra il naso, sconsolata.

Claire la osservò curiosa, ma indulgente. -Tieni molto a lui, non è così? 

Mikasa fece un minuscolo cenno, senza fiatare.

-Be’, anche lui sembra volerti molto bene, a dire il vero - ridacchiò. -Una settimana fa, durante il suo addestramento individuale, non ha fatto altro che elogiarti. Dice che ancora soffre del fatto di averti ferita. 

Mikasa si agitò nuovamente. -E’ stato del tutto involontario.

-Lo so, Mikasa. Me l’ha spiegato - incrociò nuovamente le braccia, guardando la flora circostante. -A volte l’amore può far male - si toccò nuovamente la cicatrice sul collo. -Lo confesso soltanto a te, questa me la sono procurata per salvare una persona che amavo.

Mikasa guardò la ferita cicatrizzata del suo superiore, chiedendosi se effettivamente il sentimento che ella provava per il ragazzo-gigante potesse essere definito “amore”. 

-Lui è la mia famiglia - parlò la ragazza, come se avesse cercato di rispondere alla sua precedente domanda interiore. -Eren mi ha salvata quando la mia vita non aveva più il minimo significato. 

Complici la lontananza dagli altri, il buio e il silenzio che circondavano le due donne, il contatto con una persona che non aveva timore a parlare di sé, né a nasconderle ciò che la corvina desiderava sapere sul suo migliore amico, Mikasa confessò la sua triste storia. Senza entrare nei dettagli, Claire conobbe la sua esistenza semplice e bucolica vissuta con entrambi i suoi genitori, la cui madre apparteneva al misterioso ceppo Orientale, fino al sopraggiungere, la mattina di un giorno qualsiasi, di malcapitati, che, dopo aver sgozzato entrambi i genitori, avevano rapito la piccola.  

Convinta che la sua vita precoce sarebbe terminata su quel freddo pavimento in legno di una casa abusiva qualunque, Eren era venuta a salvarla, rischiando anche di venire ucciso alla tenera età di otto anni. 

Mikasa, dal cui volto traspariva, inizialmente, solo una quantità infinita di dolore, terminò quel tragico, dolcissimo racconto con tranquillità. Era ancora intenta a ripagare il più grande debito che avesse mai dovuto a qualcuno, perciò, niente e nessuno l’avrebbe fermata dal proteggere Eren. 

Strinse i pugni, contenendo una potenza che, Claire ne era consapevole, avrebbe potuto benissimo eguagliare quella del soldato più forte delle Mura. 

La più grande inizialmente non rispose, guardando l’oscurità che si espandeva davanti a loro. 

-Mikasa, ti assicuro che non gli succederà nulla - prese la parola la bionda, dopo alcuni attimi di silenzio. -I miei compagni più fidati lo supervisioneranno. Nutro molta fede in loro, so che porteranno a termine la loro missione - ripensò al pericolo a cui il quartetto dei suoi migliori amici sarebbe andato incontro. Deglutì, timorosa, poi si voltò in direzione dell’ex cadetta. -Rischieranno la loro vita, pur di metterlo in salvo, da qualunque cosa. 

Mikasa la osservò con grande ritegno, facendo l’ennesimo cenno del capo.

Claire ancora faticava a lasciare che i suoi migliori amici combattessero, senza che lei interferisse per salvarli da situazioni di eventuali pericolo; aveva miseramente fallito di nuovo già un anno prima, quando, per condurre in salvo Petra, a rischio di essere afferrata dalle fauci di un gigante, Claire la strattonò via, intercettando, per errore, il rampino di un altro soldato intento a combattere, che le aveva sfregiato in maniera permanente il lato del suo viso.

Cercò di distrarsi, ponendo a Mikasa una domanda più che pertinente: -Dunque tua madre apparteneva al clan d’Oriente? - chiese con riserbo. 

-Sì. Purtroppo la sua razza non è mai stata ben accetta dal popolo delle Mura, assieme a quella degli Ackerman. I miei genitori vivevano in alta montagna, per evitare che potessero confondersi tra la gente, che li ha disprezzati praticamente da sempre - raccontò Mikasa, destando sempre più l’attenzione della Caposquadra, ignara del fatto che anche lei appartenesse ad un clan che, secondo quanto lei era venuta a conoscenza, possedeva incredibili qualità. 

-Te l’ho chiesto perché, come te, anche mia madre era figlia di una donna del clan d’Oriente - inspirò, ansiosa. -Mikasa, hai mai visto, in sogno, o in altre occasioni, oggetti o paesaggi che non hai mai incontrato nella vita reale? 

Mikasa la guardò confusa, vi rifletté per poi scuotere il capo. -Credo proprio di no, signore. Mi rincresce, ma…

-Non preoccuparti - la rassicurò Claire, piuttosto delusa, ma conscia che Mikasa non avesse alcuna colpa. Le sorrise. -Torniamo indietro, siamo già piuttosto lontani e tra poco dobbiamo assolutamente rientrare - si arrestò, porgendole la mano. -Grazie per la chiacchierata, Mikasa. 

La corvina la guardò fiduciosa. Libera di un fardello che si portava avanti da anni, ossia, non aver mai raccontato ad alcunché il suo triste passato, strinse la mano del suo superiore, per poi fare ritorno al falò.

Prima che Claire potesse seguirla , si voltò ancora indietro, dirigendo il suo sguardo sul tronco di un grande albero.

-Ymir, Christa, vedete di non impiegarci troppo tempo. Il coprifuoco è tra meno di dieci minuti! - le ammonì Claire, ridacchiando sommessamente. 

Il corpo di Ymir, alle spalle del tronco e di fronte a quello esile della biondina Christa, troppo imbarazzata per rispondere alla Caposquadra, fece capolino, guardandola senza vergogna, in maniera piuttosto maliziosa. -Ai suoi ordini, Caposquadra Hares. 

Claire si era già allontanata, prima di replicare. -Vi avviso: se non tornate in tempo, passerete il giorno prima della missione a lucidare le stanze degli ufficiali.

Una risposta impertinente, a cui Claire non volle badare, raggiunse le sue orecchie, così come le voci di Reiner e Bertholdt, anche loro intenti a fare ritorno, più distante da lei.

-... sicuro… Annie non… problemi - riuscirono ad intercettare le sue orecchie, lasciandola piuttosto perplessa.

Nel frattempo, ero rimasto attorno al falò a parlare liberamente con Armin e Connie, finché Claire non ci ordinò di ritirarci in caserma.

-Dopodomani affronterete una bella sfida - parlò, dopo che ebbe ricevuto l’attenzione di ognuno di noi. -Riposatevi e cercate il più possibile di credere in voi stessi, quando sarete là fuori, tra due giorni. Usate la testa, siate lucidi come lo siete stati durante l’addestramento. Sono fermamente convinta che possiate riuscirci.

Il mio cuore non smetteva di martellare nel petto, nell’immaginare gli orrori che avrei rivisto nuovamente a distanza di poche ore.

Non avrei mai tradito tutte le promesse che mi ero fatto, ma in quel momento ero stato letteralmente travolto dalla paura. 

-Sissignore! - esclamammo in coro, prima di rompere le righe. 

Mentre i miei compagni, compresi alcuni soldati sottoposti di Claire, si erano già allontanati, involontariamente mi avvicinai alla soldatessa, intenta a spegnere il falò.

Il mio cuore aveva bisogno dell’ennesima rassicurazione; stavo imparando anche io a porre più fiducia in chi mi stava attorno, ma non ero bravo a fidarmi senza che qualcosa mi fosse promesso.

-Mi scusi, signore - richiamai la sua attenzione. 

Ella mi guardò, ma io non fui in grado di continuare la mia richiesta. Pietrificato, iniziai a balbettare.

-Jean, andrà tutto bene - mi confortò lei. -So cosa stai provando in questo momento, ci sono passata anche io - terminato di spegnere le fiamme, mi guardò dritto negli occhi. -Ma correrete il minor numero di rischi possibili. 

Il suo discorso era del tutto sincero, per quanto ella avesse omesso che l’ordine del Comandante rendesse esplicito che le reclute non avrebbero potuto correre rischi, soprattutto per l’eventuale presenza di una spia, eventualità che i massimi responsabili del Corpo sospettavano già da parecchio. 

Tuttavia, le sue parole mi tranquillizzavano poco. Sapevo che, in sua presenza, potevo confidarmi senza rimorsi, così come era toccato alla mia compagna Mikasa pochi istanti prima. Per cui, senza particolare titubanza, le chiesi: -Caposquadra, lei ha mai avuto veramente paura? 

Presa alla sprovvista, ebbi l'opportunità di vedere per la prima volta Claire Hares in difficoltà. Mi osservò stralunata, per poi perdersi un istante nei suoi pensieri. 

Infine, sospirò, avanzando di un passo. La sua mano destra raggiunse la mia testa.

-Abbiamo tutti paura, Jean. Essere umani comporta anche dover far fronte ai propri timori. L’importante è trovare il coraggio di affrontarli. Aggirarli serve a ben poco. Se tutti lo facessero, probabilmente l’Umanità si sarebbe già estinta.

Concluse la sua affermazione con un sorriso, da cui non traspariva affatto sicurezza, ma sincerità e convinzione.

Le sue parole furono susseguite da una raffica di vento che fece rabbrividire entrambi. 

Sentii un’empatia forte che mi teneva connesso alla persona che avevo di fronte; una connessione che avrebbe potuto legare solo chi, come noi, aveva affrontato la peggiore delle paure umane. Un legame tra coloro che erano ben consapevoli della propria scelta e le sue eventuali conseguenze. 

Mi sorrise di nuovo, come suo solito, mentre io realizzavo sempre di più quanto ella fosse stata sincera con me. 

Iniziai ad apprezzare la sua personalità leale, seppure tremendamente ancorata a quegli ideali per cui ella era disposta a morire, se fosse stato necessario. 

Eppure, nonostante la sua scelta, ella aveva imparato a conoscere bene il mondo, anche a causa di avvenimenti determinati di cui ero ancora ignaro, ma che, molto tempo dopo, mi avrebbe rivelato. 

-Jean, credi in te stesso. Hai tantissimo talento, rimani concentrato e avrai ben poco da temere - aveva concluso, sorridente, prima che potessi congedarmi da lei. 

 

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“Lei ha mai avuto veramente paura?”

Quella domanda rimase sospesa nel silenzio, nella calma di quel boschetto lontano dai nemici, dall’odio di chi del Corpo di Ricerca non è mai importato niente. 

Essa continuò a riecheggiare nella mente della Caposquadra per tutta la serata, anche a seguito del rientro da quel buffo, insolito falò. 

Ma quel sorriso dolce che mi aveva rivolto svanì dal suo viso non appena tutti i nuovi arrivati fecero ritorno nei dormitori comuni. 

Con una candela accesa, ella percorse il tetro corridoio delle stanze degli ufficiali per raggiungere la sua, fortunatamente non troppo distante. 

Era angosciata, esausta e ansiosa. La preoccupazione, del resto, non mancava mai prima di una spedizione, momento in cui ella sentiva tutto il peso delle sue responsabilità divorarla dal profondo.

Quella volta, tuttavia, tale sentimento risultò sembrarle ancora più dirompente: avrebbe dovuto guidare un discreto numero di novellini in una delle operazioni più complesse di sempre, lasciando che buona parte dell’esercito, ignara del piano originale di Erwin, rischiasse la vita per una minaccia di cui nessuno, neanche il Comandante stesso, era pienamente a conoscenza. 

Claire vedeva già il sangue versato invano da una moltitudine di poveri soldati, i cui cadaveri avrebbero faticato a fare ritorno nelle case dei propri cari. 

Un fortissimo senso di nausea la prevalse, facendola accasciare a terra, ai piedi della porta. 

Le venne da piangere, per quanto non versasse più lacrime da tanto tempo. 

La promozione a carica di tenente era stata efficace anche nel tentativo di farla maturare, di renderla meno incline al sentimentalismo e alla debolezza di cuore. 

Non a caso, Claire, per la prima volta, guardò al suo vissuto come soldato ricognitore, alla ricerca del ricordo dell’ultima volta in cui aveva pianto. 

Claire sobbalzò nel rammentare una circostanza altroché simile, ossia la vigilia della sua prima spedizione in veste di tenente. 

 

Ella non si riteneva pronta: ancora stressata dalla perdita di suo fratello, avvenuta giusto qualche mese prima, sentiva di non aver guidato i suoi compagni fidati a svolgere un accurato addestramento, facendoli esercitare su compiti e azioni pressoché inutili. Inoltre, una giovane di appena vent’anni non poteva coprire un incarico di alto rango, per poi essere posta alla pari di gente di gran lunga più esperta e matura. 

Questi pensieri la stavano tormentando al tramonto del giorno prima. Ella, dopo aver saltato la cena, era ancora al Campo d’Addestramento per perfezionare le ultime carte raffiguranti le strategie da lei proposte e affinate anche da Levi, da sempre suo mentore.

Sentiva che qualcosa non andava e che avrebbe preferito rompersi un arto proprio durante la fase esercitativa per non scendere in campo il giorno dopo.

Che ragionamento immaturo!, si autocolpevolizzò, lanciando in aria i fogli, disperandosi. 

Si domandava incessantemente la ragione per cui Erwin avesse deciso di affidare tutti quei preziosi incarichi ad una bacata novellina, peraltro insicura. 

-Che stronza di merda! - imprecò in preda ad un attacco di panico, battendo i pugni sul tavolo, per poi accasciarsi ai suoi piedi, rimettendo.

Distesa a pancia in su, iniziò a piangere, finché non udì in lontananza i passi di qualcuno che si affrettava a raggiungerla.

-Hai finito questo teatrino del cazzo? - tuonò Levi, freddo come sempre. 

Certamente il suo intervento non fu d’aiuto, ma non allarmò ulteriormente la biondina, già abituata al suo modo di fare burbero. 

-Dimmi quante ne vuoi, Levi - parlò, la voce ridotta ad un filo. -Sappi che domani falliremo l’impresa per colpa mia. Non solo per la mia inesperienza, anche per la mia insicurezza.

Levi non rispose, inginocchiandosi davanti a lei.

-Ti rendi conto di come io stia impazzendo? Erwin era ubriaco quando ha deciso di farmi tenente, cazzo? 

Levi la aiutò a sedersi, facendole alzare il busto da terra. 

-Non hai capito un bel niente, mocciosa - intervenne Levi. -Erwin non avrebbe mai voluto rischiare la dignità e l’incolumità del Corpo se tu fossi veramente quello che ora fingi di essere, una sciocca bambina capricciosa troppo cresciuta. Ma perché si fida di te, della perspicacia che dimostri sotto pressione durante una missione, del tuo indubbio talento. 

Claire lo fissò intensamente, asciugandosi le lacrime dagli occhi. 

-Perché tu fai tutto con il cuore e ci metti la tua anima per farci vincere. È per questo che ha affidato parte degli incarichi del suo esercito a te- la voce di Levi divenne improvvisamente molto più addolcita, rassicurandola quanto servisse. 

Il corvino la rimise in piedi, dandole la mano. 

-Butta quei fogli schifosi e vieni con me - le disse, indicando i pezzi di carta per terra.

-Quei fogli mi servono durante la missione! - sbottò Claire, rialzandosi.

-Stai scherzando, spero - borbottò nuovamente il capitano. -I ragazzi hanno già impresse nel loro cervello tutte le tattiche che gli hai spiegato, e tu che ne sei l’autrice non dovresti nemmeno azzardarti a consultarle. 

-Ma… - continuò Claire.

-Hai rotto le palle. Cestina tutto. È un ordine.

Claire sbuffò, affrettandosi a obbedire, prima di raggiungere Levi, spostatosi qualche metro più avanti. 

Egli la condusse verso la stalla, dove il corvino si affrettò a prelevare il suo destriero dal manto grigio, possente e rapido. 

-Da bravo, Blue - rassicurò il cavallo, probabilmente confuso per l’insolito orario in cui era stato costretto a svolgere servizio. Levi gli carezzò il muso, avvicinandolo al suo viso, 

Claire rimase nuovamente addolcita dall’attitudine del capitano, che la invitò a montare assieme a lui. 

Levi cavalcò Blue, battendo le redini più e più volte, conducendolo lontano dalla caserma.

Claire, ancora scossa dalla crisi nervosa precedente, stringeva con fatica il compagno, guardando intontita il paesaggio circostante. 

Forse conosceva il luogo in cui il suo amato la stava conducendo, ma non voleva proferire altro, godendosi quei brevissimi attimi di tranquillità in presenza di quell’uomo che pazientemente aveva deciso di occuparsi di lei, a suo modo.

Come il sole si affrettava sempre più a scomparire all’orizzonte, dietro le colline erbose rinfrescate dalla rugiada, i due raggiunsero la casetta di Claire, regalo esclusivo di qualche mese prima da parte di Levi. 

Quest’ultimo la aiutò a scendere dal destriero, accompagnato dal cavaliere verso un palo in legno posto proprio davanti all’antica costruzione, attorno a cui il corvino legò con cura le briglia in cuoio.

Claire, rimasta a qualche passo di distanza, si sentì circondarsi i fianchi dalle braccia del minuto capitano, che la strinse a sé, avvicinando il suo viso a quello della compagna. 

-Basta disperarti. Ora stai bene - proferì a bassa voce lui, riuscendo a convincerla che, sì, in quel momento tutto andava per il verso giusto.

Perché loro erano i più forti. Perché ella si era promessa che avrebbe riportato alla gloria la razza umana a qualunque costo. 

-Levi… - cominciò lei, prima di sentire le labbra dell’amante poggiarsi con foga sulla sua bocca. 

La vergogna dei primi mesi di fidanzamento era scomparsa. Il Capitano Levi aveva finalmente imparato come comportarsi con quella ragazza che, egli l’aveva giurato a se stesso, avrebbe protetto e amato fino al suo ultimo respiro. 

Levi sapeva di avere un’indole prepotente, che non aveva nascosto qualche momento prima, quando aveva cercato di rassicurare la sua adorata in un momento difficile. 

Perciò, era desideroso di rimediare al più presto. 

Lasciò con lentezza la bocca di Claire, sempre più serena e compiaciuta, attento a non farla allontanare, anzi, stringendola ancora più forte di prima. 

Entrambi sapevano cosa ciascuno di loro desiderasse. Alcuni secondi dopo, mano nella mano, i due entrarono nella casetta, un po’ polverosa per il tempo trascorso lontano da essa, tra dispositivi di manovra, garze, sudore e sangue, ma accogliente come sempre. Perché, in fin dei conti, apparteneva ad entrambi, ed era luogo in cui potevano esprimersi senza dover preoccuparsi del pensiero altrui, degli orrori e delle difficoltà del loro mondo.

Levi, dopo aver passato un’esistenza riprovevole, aveva potuto godere di brevi, dolci ed intensi istanti di felicità come quelli grazie alla giovane donna tenera, caparbia e straordinaria per cui il suo cuore ardeva giorno dopo giorno. 

Dopo averle regalato l’ennesimo bacio disperato, nel salotto buio al piano terra, il corvino la condusse verso la piccola scala in legno, dalla quale si poteva accedere alla minuscola mansarda, ancora profumata, malgrado fossero passati diversi giorni dall’ultimo, faticoso lavoro di pulizie del capitano. 

Le giacche dei due soldati erano già per terra. Levi, sempre più deciso a offrire un momento di piacere all’amata, spaventata dalle mille responsabilità di cui si era presa carico, iniziò a liberare lentamente Claire dalle cinghie che avvolgevano tutto il suo corpo, dopo averla fatta stendere sul letto matrimoniale della stanza. 

Claire, inizialmente, rimase ad osservare, con la voluttà negli occhi, finalmente liberi da ogni senso di angoscia. 

Levata l’imbracatura dal suo corpo, la bionda decise di serbare all’amato lo stesso trattamento, dedicandogli parole d’amore sussurrate all’orecchio mentre ella era all’opera. 

Terminato il lavoro, ad entrambi risultò decisamente più semplice liberare l’altro dai vestiti restanti, cosicché Claire, nuda e meravigliosa agli occhi del corvino, potesse finalmente concedersi a lui. 

Improvvisamente, tutto le sembrò meraviglioso; in quel luogo, lontano dai doveri, dall’oppressione, dalla morte, nutrì l’illusione di una libertà che lei e il suo compagno non avrebbero mai smesso di cercare. 

Ad ogni tocco del corvino, Claire rabbrividiva, libera e felice, persa in quegli occhi blu intensi, a tratti tenebrosi, un tempo spenti, ora ardenti di amore. 

Levi si innamorava sempre di più di lei in quegli attimi speciali e rari, perdendo il controllo assoluto non appena osservò il ventre di Claire contrarsi sotto le sue dita. 

Iniziò a baciarla tempestivamente, con un po’ di violenza, dimenticando addirittura la preoccupazione di farle del male; aveva imparato che, malgrado il suo aspetto dolce e puro, Claire poteva essere incredibilmente forte e risoluta anche in quegli attimi. 

Del canto suo, lei, che, pensò, non aveva mai sperimentato l’energia del suo amato in un momento intimo come quello, pregò affinché Levi potesse continuare a riempirla di quelle attenzioni per ancora tanto tempo. 

-Levi, io… - biascicò lei, nel tentativo di riferirgli, di nuovo, il suo amore per lui, che, per farla tacere, avvicinò una mano al suo seno destro, stringendolo lentamente.

Si era innamorata di quella sensazione di piacere forte e intensa, così vicina al dolore fisico, ma decisamente gradevole. 

Alcune ore dopo, Claire adagiava sul corpo di Levi, intento a carezzarle la schiena morbida con le dita affusolate. Era ancora sveglia, seppur esausta, il che l’avrebbe aiutata ad addormentarsi da lì a poco. 

Le premeva, tuttavia, rendere noto a Levi quello che pensava, la sua riconoscenza nei confronti di colui che la amava così tanto.

-Grazie, Levi - mormorò sotto voce. -Scusami per essere sempre così immatura e stupida.

Levi la strinse ancora di più, abbandonandosi, come accadeva in maniera assolutamente rara, in un sonno agitato, seppur addolcito dal momento di piacere precedente. 

 

Nel rammendare quel meraviglioso ricordo, a Claire scese una lacrima. Osservò la sua stanza, impeccabile, graziosa, ornata con schizzi di ogni genere, dai ritratti dei suoi migliori amici agli schemi per le tattiche di combattimento. 

La luce della luna filtrava dalla finestra, la colpì talmente tanto da indurla ad avvicinarsi per osservare il cielo costellato di punti luminosi. 

Guardare quello spettacolo la rasserenava, al contempo, le ispirava forti emozioni nei riguardi di chi le era più a cuore tale da volerle esprimere. 

Provava affetto anche per i Cadetti con cui aveva instaurato un’unione da poco; le ricordavano il tempo del suo arruolamento, le sue contentezze e la tristezza di alcuni anni prima.

La sua mente allontanò ogni tipo di tensione non appena, dentro di sé, si fece spazio la dolce immagine di Petra, soldatessa giovane, mamma, donatrice di amore dal primo giorno che Claire l’aveva conosciuta. E i suoi vecchi compagni di addestramento, Erd, Gunther e Oruo, non venivano certamente dopo. 

Claire raggiunse la sua scrivania, trovandovi un vecchio diario, se la sua mente non ricordava male, un regalo del suo superiore Erwin. 

Dopo averlo aperto, la sua mente revocò il momento in cui anche lei si era trovata davanti al Comandante per giurare fedeltà al Corpo di Ricerca. C’era Petra, c’erano i suoi compagni. C’era la paura di cui mi aveva parlato.

Sentì il bisogno di raccontare quei sentimenti che ricordava ancora vividamente, gli istanti salienti della sua esistenza.

Eppure, mentre stava scrivendo, risultò palese che qualcos’altro era rimasto, malgrado il tempo trascorso: la speranza di un miglioramento, che la induceva ogni giorno a dare il massimo.

Lo faceva per l’Umanità. Lo faceva per chiunque ella amasse, e non avrebbe mai smesso fino all’ultimo battito del suo cuore. 

  
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