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Autore: Saigo il SenzaVolto    24/09/2019    5 recensioni
AU, CROSSOVER.
Sequel de 'Il Pianto del Cuore' e de 'La Battaglia di Eldia'
Il Villaggio della Foglia ha una lunga serie di precedenti nella formazione di alcuni dei più pericolosi e famigerati Ninja Traditori che abbiano mai messo piede sulla Terra: Orochimaru, Kabuto, Obito, Itachi, Sasuke... era solo questione di tempo quindi prima che ne producessero un altro. Ma nessuno, specialmente Naruto, si era aspettato che il prossimo Nukenin sarebbe stato Boruto Uzumaki, il prodigio di Konoha. Questa è la conclusione della sua storia, e di tutto ciò che ha generato. Una nuova Guerra sembra aleggiare inevitabilmente all'orizzonte. La Quinta Guerra Mondiale.
Una Guerra per porre fine a tutte le Guerre.
Uno scontro tra Bene e Male. Tra Luce e Oscurità. Tra Shinobi e Guerrieri. Tra Famiglia e Famiglia.
Riuscirà Naruto a rimettere insieme la sua famiglia spezzata? Oppure la sua storia terminerà così, schiacciata sotto la morsa crudele ed implacabile del Destino?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Naruto Uzumaki, Sarada Uchiha, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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BORUTO - LA MORSA DEL DESTINO:

GUERRA TRA FAMIGLIE



DESTATI


 

 

DESTATI
(Kingdom Hearts)

 
Destati!
Tendi la mano!
 
È giunta l'ora,
Destati.
Le porte verranno schiuse.
Destati, Destati, Destati.
 
Su rimembra, tu trepida!
Su sveglia! Ehi ricorda!
 
Destati! Destati!
Forza, tendi la mano!
Destati! Destati!
È giunta l'ora!
 
E ancora una volta
Apriranno le porte!
 
Su rimembra tu trepida!
Su sveglia! Ehi ricorda!
 
Eh? Come? Non lo vuoi!?
Tuttavia t'appartiene!
Ciò che hai perduto
Diventerà uno solo!
 
 


.

.

.

SEI
DAVVERO
TU
???
COLUI
CHE
È
STATO
SCELTO
???


.

.

.
 


Tempo Sconosciuto
Luogo Sconosciuto

Un abisso oscuro.

Cadde in un vuoto profondo per quelle che sembrarono ore in questo sogno.

Ma era davvero un sogno?

Non lo sapeva, era tutto così reale.

Così, finì per aprire gli occhi. Guardandosi attorno nell’infinita oscurità che lo circondava, si sentì leggermente nervoso, poiché non aveva idea di cosa fosse successo o di dove si trovasse. E questo lo spaventava più di quanto gli piacesse ammettere. Per cui, fece l’unica cosa che poteva fare per sfuggire al terrore e al buio.

Richiuse gli occhi.

E sprofondò nell’oscuro abisso del sonno ancora una volta.
 


La tua vita è andata in frantumi… eppure ancora rifiuti la morte.

La Luce ti evita… ma l’Oscurità accetta ogni cosa.

Abbraccia la forma che ti è stata data… indossala come un’armatura.

Non rifiutare ancora una volta il tuo vero io… rigetta la maschera dietro cui ti sei nascosto.

Comprendi la crudeltà dei Figli della Luce…  coloro che gettano gli altri nella loro Ombra.

Scegli da solo… il vero te.

Desideri forse… affogare nella disperazione?

Sei tu colui… colui che può comandare le ombre.
 


Il ragazzo riaprì gli occhi. Stava cadendo in un vuoto senza fine. Non c’era nemmeno un filo di vento attorno a lui, eppure la sua chioma di capelli biondi gli ondeggiava senza sosta sopra le palpebre pesantemente socchiuse, segno della sua sonnolenza. I suoi abiti fluttuavano all’aria, un misero paio di pantaloni neri, dei sandali scuri e malmessi, ed una logora maglietta bianca con un enorme buco sul petto. Tuttavia, nemmeno un rivolo di sangue usciva fuori dalla ferita sopra al punto dove si trovava il suo cuore.

Ancora, lui cadde. Cadde, cadde e cadde per quelle che sembrarono ore in questo sogno. Ma era davvero un sogno? Non lo sapeva, era tutto così reale. Così, finì per riaprire gli occhi ancora una volta, la sua espressione vacua e spenta. Vide e percepì il suo corpo atterrare lentamente sopra una piattaforma circolare di cristallo, altamente colorata e luminosa. Guardandosi attorno nell’infinita oscurità che lo circondava, si sentì leggermente nervoso, poiché non aveva idea di cosa fosse successo o di dove si trovasse. E questo lo spaventava più di quanto gli piacesse ammettere.

“Che cosa è successo?” quelle parole gli uscirono da sole dalle labbra, come un soffio. Si strinse il petto, nel punto vuoto dove, un tempo, si trovava il suo cuore, sentendo all’improvviso un forte dolore. “Io… la battaglia col drago… lui…” le sue mani gli afferrarono la testa, scuotendola furiosamente mentre i suoi occhi lampeggiavano di rabbia e dolore. “L’abbiamo sconfitto. Lui… è morto. Ho fatto tutto quello che potevo… E adesso dove… dove sono finito?” Il vuoto nel suo petto pulsò di dolore, facendogli sfuggire un gemito. Faceva male, anche senza cuore. Perché faceva così dannatamente male?

Il ragazzo gridò, ruggendo la sua ira ai cieli. Mentre urlava, il suo petto iniziò a fargli più male, facendolo crollare in ginocchio. La rabbia, il dolore, la disperazione e la confusione che stava provando in quel momento erano indescrivibili, e rendevano la sua sofferenza e il suo corpo ancora più pesanti. Stringendo le mani in pugni, colpì il terreno con una forza sufficiente da fargli credere che si sarebbe rotto. Rimase sorpreso quando percepì invece un dolore lancinante al petto. Dopo aver stretto rapidamente la mano per eliminare l’intorpidimento, fissò la piattaforma su cui era atterrato.

Era una vetrata che rappresentava la sua immagine. L’immagine del suo corpo addormentato, appoggiato sulla sagoma di una mezzaluna nera e bianca. La piattaforma era per lo più di un colore blu acceso simile alle squame di un drago che ricordava di aver visto in passato, e innumerevoli kunai e shuriken decoravano il cerchio che la circondava. Ma, soprattutto, mentre osservava il volto addormentato della sua immagine, notò che attorno alla vetrata del suo corpo c’erano sei immagini di altri volti. Altre persone. Persone che, qualcosa dentro di lui – non il cuore, dato che sentiva di non avercelo più – gli stava dicendo che aveva conosciuto. Erano volti familiari. Ma c’era qualcosa che non andava. Due delle immagini erano in frantumi, spezzate. Riusciva a vedere gli altri, ma quei due erano irriconoscibili.

Scosse la testa, incapace di capire. “Cos’è questo posto?” sussurrò.

Fu in quel momento che la sentì. Una voce così melodiosa, giovanile e pura che la sua mente sentì due emozioni che non avrebbe mai pensato di poter provare contemporaneamente: paura e gioia. “Non preoccuparti,” la voce parlava serenamente, echeggiando attorno a lui come se fosse vicina, mentre il suo proprietario non si vedeva da nessuna parte. “In questo Reame, nessuno ti farà del male. Ma temo che tu sia troppo ferito per poter andare avanti. Perciò dimmi, e non temere, che cos’è che desideri?”

Il giovane si guardò attorno freneticamente. Aprendo leggermente la bocca per parlare, si ritrovò confuso quando la richiuse istintivamente e guardò di nuovo la piattaforma, osservando che sotto la sagoma della luna sopra cui dormiva il suo corpo era raffigurato un piccolo castello. “Io… Io non lo so. Pensavo che abbattere il drago e ritornare dalla mia famiglia fosse l’unica cosa che volevo… ma ora non ne sono più così sicuro.” Si accigliò, chiudendo gli occhi per un momento. “Chi… Chi sei? E dov’è che mi trovo? Io sono… sono morto, non è vero? Sei un’anima venuta a condurmi negli inferi?”

“No,” fu la sua semplice risposta. “Il mio unico desiderio è vedere perché non sei ancora caduto a fondo nell’Oscurità che risiede dentro di te. Sei stato tradito dai tuoi familiari, lasciato a morire da tutti, abbandonato dai tuoi genitori, sfruttato dal Destino, e infine sei rimasto… da solo. Eppure, com’è che ancora continui ad andare avanti?”

“Ti ho fatto io una domanda per primo,” ribatté saccentemente lui, stringendosi il petto mentre lo sentì fargli di nuovo male. “C-Cos’è questo posto, e chi sei tu? E… che cos’è questo dolore? Non ho mai provato niente di simile prima d’ora…”

“È il Potere. Un Potere che hai cercato di utilizzare in passato e che hai temuto di abbracciare completamente a causa di coloro che controllano la tua vita, coloro che ti hanno gettato nell’ombra, che non vogliono permetterti di continuare a vivere.” Il ragazzo rabbrividì, sentendo la voce farsi sempre più vicina. Era come se fosse proprio dietro di lui, a sussurrargli nell’orecchio. “Questo Potere può essere tuo… il Potere che io ti concederò per combattere e difenderti da coloro che vorrebbero ferirti ed ucciderti… se tu deciderai di scegliere me.”

Assottigliando gli occhi verso il vuoto oscuro intorno a lui, il giovane parlò. “Qual è il trucco?”

La voce ridacchiò, generando una sensazione surreale e piacevole nel suo petto. “Se sceglierai me, l’unica cosa che ti chiederò è proteggere i miei figli e diventare il loro Guardiano. Il loro Campione. Ma questo solo se… oh no, cielo, sto affrettando le cose.” La voce emise una piccola risatina soffocata. “Perdonami, è che sono troppo contenta di averti qui, quindi perdonami se ogni tanto sarò troppo diretta. Ma la verità è che non vedo l’ora di vedere cosa puoi fare. Dopotutto, fino ad oggi non ti sei mai arreso, e il tuo cuore continua a battere con una strana Luce attorno all’Oscurità che lo avvolge.”

Il biondo si sedette a gambe incrociate sulla piattaforma, incrociando le braccia. “Non sto capendo niente di quello che dici,” disse, serio e freddo. “Piantala di blaterare questioni su queste fantomatiche ‘Luci’ e ‘Oscurità’, e dimmi per cosa sono qui e cosa mi rende così dannatamente speciale.”

“Quel tuo cuore è ciò che ti rende speciale,” rispose lei. “Esso è il potere che detieni per combattere con tutte le tue forze anche se stai soffrendo. Il tuo dolore è ciò che mi ha attirato, l’odio che nascondi nel profondo è ciò che mi ha chiamato, e… il fatto che tu desideri altro Potere è ciò che mi ha convinta. Ma tu non vuoi solo ottenere il Potere, no. Al contrario, vuoi conquistarlo, renderlo tuo, guadagnarlo. E se a questo aggiungi la tua determinazione, il tuo carisma, la tua lealtà, io… io sento tutto il mio essere… cominciare a fremere per l’eccitazione. Com’è che ci riesci? Come fai a rendermi così… così…”

“Stai iniziando a spaventarmi…” disse nervosamente lui, impallidendo.

“Non posso farci niente, sei perfetto. E il fatto che nel tuo ultimo istante di vita, anche quando sei stato costretto a sacrificarti per sconfiggere il mostro, hai continuato ad aggrapparti all’unico barlume di Luce che ti era rimasto… è stata la prova finale di cui avevo bisogno,” dichiarò la voce, trepidante. “Tu… sei come me. Getti nella tua ombra coloro che prendono la Luce e la tengono per loro stessi, nonostante sei stato scelto per unirti all’Oscurità. Sei veramente il Campione più strano che io abbia mai visto, Boruto Uzumaki.”

Il ragazzo, Boruto Uzumaki, si distese di schiena sulla vetrata, fissando l’oscurità e il vuoto sopra di lui, uno sguardo distante nei suoi occhi eterocromi. “Non sono così speciale come credi,” mormorò lentamente, sentendo il dolore al petto crescere leggermente. “Non sono riuscito a sopravvivere alla battaglia, e avevo promesso ai miei amici, alla mia famiglia, che non li avrei mai lasciati da soli. Non sono riuscito a mantenere fede alla mia promessa.” Strinse un pugno con forza e rassegnazione. “Ho dovuto sacrificarmi per difendere Naruto, Sarada, e tutti gli altri. Ho dovuto lasciarmi Mikasa, Sora, e la mia vera famiglia alle spalle per la loro salvezza. Perciò dimmi, perché sono stato scelto se non ho potuto neanche mantenere fede alla mia unica ragione di vita? A cosa serve un ‘Campione’ se non può nemmeno restare fedele alle sue parole?”

Il giovane guerriero sentì una sensazione strana avvolgergli il petto, come una carezza invisibile. “Perché tutti possiamo riprovare una seconda volta,” rispose lei. La voce fece scomparire il dolore nel suo petto, la dolce melodia delle sue parole che leniva il suo cuore, come se si stesse ricostruendo piano piano. È per questo che ti ho portato qui, piccolo. Dopotutto, voglio vederti diventare più forte. Voglio concederti una seconda possibilità. Posso aiutarti a tornare nel tuo mondo, se lo desideri.”

Boruto si mise a sedere di scatto. “Davvero?” esclamò, scioccato. Il suo volto s’illuminò di speranza. “Puoi riportarmi indietro?”

La voce ridacchiò, un suono soave e melodico. “Se ti ho salvato dalle grinfie della morte, perché non dovrei essere in grado di riportarti indietro?” dichiarò, divertita. “Ma prima, ci sono alcune cose che dobbiamo chiarire. Dimmi, piccolo, che cos’è che desideri?”

Il giovane chiuse gli occhi e provò a pensarci. “Io… Io non lo so,” rispose. “Voglio diventare più forte, voglio riunirmi ai miei amici, e continuare a portare avanti la mia Rivoluzione, certo… ma anche se ti dicessi tutto questo, comunque non mi sentirei veramente sincero. Perché? Cosa mi sta succedendo?”

“Non sei sincero con te stesso. C’è qualcun altro dentro di te, il tuo vero io… Perché non chiedi a lui che cos’è che vuole?”

Dopo che la voce ebbe detto quelle parole, il dolore nel suo petto aumentò fino a quando non sembrò scoppiare. Qualcosa… Qualcosa dentro di lui esplose letteralmente fuori dal suo corpo. E dopo due secondi di agonia, proprio lì, dinanzi a Boruto, era comparso… un secondo Boruto. Il biondo lo osservò con gli occhi e la bocca sgranati, imitato dal suo alter ego. “Heh, non so cosa sia tutto questo, ma devo ammettere che mi sento meglio!” esclamò la copia, sorridendo come un bimbo ed osservandosi il corpo.

Boruto assottigliò lo sguardo. “Chi sei tu?” domandò, rimettendosi rapidamente in piedi.

“Non mi riconosci?” ridacchiò l’altro biondo, scuotendo la testa. “Ci siamo già incontrati anni fa, sotto le Cascate della Verità. Hai la memoria corta?”

Il Nukenin serrò i denti, una miriade di ricordi che presero ad investirlo rapidamente alla menzione di quell’evento. “La mia Luce,” sibilò fastidiosamente. “L’altra parte della mia anima. Come diavolo è possibile?”

Il secondo Boruto sorrise. “Riflettici, se io sono la nostra Luce, che cosa sei tu?” gli chiese lentamente.

Boruto esitò, assottigliando gli occhi. “Dovrei essere la nostra Oscurità?”

“Bingo!” esclamò quello, alzando un pollice all’insù e annuendo come un idiota. “Risposta corretta! Finalmente, per di più! Era ora, insomma. Per essere quello più intelligente dei due, certo che sai essere molto lento a dedurre la realtà dei fatti, mio caro me stesso.”

Il guerriero serrò i denti con rabbia. “Mi rifiuto di crederlo!” ruggì, alzando lo sguardo verso il buio che li circondava, rivolgendosi alla voce. “Io non sono un essere dell’Oscurità! E questo idiota che mi assomiglia non può di certo essere parte di me!”

“Ehi, così ti offendi da solo, sai?”

“Non puoi negare quello che sei,” disse la voce, lenta e pacata. “Che ti piaccia o meno, la consapevolezza di sé è qualcosa che non si ottiene sempre con gioia. Non a tutti piace scoprire ciò che si è veramente.”

Boruto ringhiò come un animale. “Io sono sempre stato consapevole di ciò che sono! È per questo che sono riuscito ad attivare il Potere del Risveglio su Eldia, ricordi?” ribatté a gran voce.

“No, non è andata così,” la voce del suo alter ego lo fece trasalire. Lo stava osservando seriamente, con il suo stesso sguardo accigliato e solenne. “Sei riuscito ad attivare i manufatti solamente perché ti sei ricordato quello che eri. Quello che sei sempre stato prima di giungere ad Eldia. Sono stati i nostri amici a fartelo ricordare, ma adesso non è più così. Non sei più la stessa persona che eri una volta. Tu – o dovrei dire Noi – siamo cambiati dopo essere giunti sul mondo di Mikasa. E in fondo al tuo cuore, lo sai anche tu.”

Il Nukenin ridusse gli occhi a due fessure.

La sua Luce lo guardò con un sorriso sommesso. “Che cos’è che desideriamo, fratello?” gli chiese, come se stesse rivolgendo a sé stesso una domanda di cui conosceva già la risposta. “Cos’è che abbiamo scoperto di volere durante la nostra ultima battaglia?”

Boruto esitò, incerto su cosa pensare. Poi, di colpo, i suoi occhi si sgranarono. Scosse la testa. “No!” sibilò.

La sua Luce annuì. “Sì, invece.”

“Ho detto di no!” ruggì feralmente Boruto. “Mi rifiuto anche solo di concepirlo! Non puoi seriamente pensare una cosa del genere!”

“Io non ho pensato proprio niente,” ribatté l’altro. “Sei stato tu ad arrivarci da solo.”

Il guerriero contrasse la sua espressione in un ringhio più animalesco che umano, stizzito, iniziando a serrare i pugni con forza. Sentiva il dolore nel suo petto ricominciare a dolere con prepotenza. “Mi rifiuto di credere a quello che stai insinuando. Se sei veramente parte della mia anima, allora dovresti saperlo anche tu. Non c’ è perdono nel mio cuore per quei due mostri che ci hanno generato. E mai ce ne sarà. Non posso perdonarli, né ora né mai.”

“Ne sei davvero certo?” domandò la Luce, sorridendo con ironia e sapienza.

“Mi prendi in giro, idiota? Hai forse dimenticato quello che abbiamo passato a causa loro? Quei bastardi ci hanno trattato come mostri, e adesso pretendono di volerci bene? Non farmi ridere!” dichiarò solennemente, come un capitano inflessibile dinanzi ad un suo sottoposto.

La sua Luce scosse la testa. “Ma anche tu hai dovuto ammettere che Naruto e Hinata non sono malvagi,” lo contraddisse seriamente, facendolo irrigidire. “Ammettilo. Abbiamo visto entrambi che quei due non sono cattivi. Non lo sono mai stati. Hanno sempre cercato di avvicinarsi a noi durante la nostra missione, e non si sono mai arresi fino alla fine. Loro due ci vogliono bene, fratello. Così come ci vogliono bene i nostri genitori.” Il Nukenin fece per parlare, ma l’altro lo incalzò immediatamente. “E lo sai anche tu, in fondo al tuo cuore, anche se non riesci ad ammetterlo. Tu, io… noi due siamo una cosa sola… ed entrambi desideriamo la stessa cosa. Desideriamo ritornare ad amarli.”

“No!” sputò velenosamente Boruto, incapace di accettarlo.

La Luce snudò a sua volta le labbra in un ringhio. “Smettila di essere così testardo!” urlò furiosamente. “Ammettilo una buona volta! Anche noi vogliamo bene a quei due! Anche noi li amiamo! È per questo che hai deciso di rivelare la tua storia a Naruto dopo il vostro scontro! È per questo che non sei riuscito ad allontanare Hinata quella notte in cui hai parlato con lei! Perché hai scoperto di volergli ancora bene! Persino l’Eremita delle Sei Vie è riuscito a capirlo prima di te! Noi due li amiamo, esattamente come ci amano anche loro.”

“E guarda dove ci ha portato il loro amore!” gridò ferocemente di rimando il biondo. “Smettila di vivere nel mondo dei sogni! Quei due ci hanno rovinato la vita! Ci hanno ucciso! È a causa loro che abbiamo continuato a soffrire per tutta la nostra esistenza! Mi rifiuto di pensare che qualcosa dentro di me voglia dare loro una seconda possibilità!” Il suo sguardo e la sua espressione si fecero gelidi e taglienti come una lama. “Anche se questo qualcosa è una parte della mia stessa anima,” dichiarò freddamente.

Lo sguardo del suo gemello si fece esitante e confuso, ricolmo di stupore. “Preferiresti rinnegare una parte della tua anima pur di non ammettere la realtà?” sussurrò la Luce, scioccata. “Preferiresti rinnegare me?”

“Vogliamo scommettere?” confermò quello, ghignando e snudando i denti. “Io non sono te, fratello. Forse lo sarei stato un tempo, se le cose fossero andate diversamente, ma così non è stato. Mi spiace deluderti.”

La sua Luce, per tutta risposta, sorrise misteriosamente. “Lo vedremo,” disse infine. “Anche se al momento sei tu quello in controllo dei due, un giorno le cose potrebbero cambiare. E allora… allora finalmente capirai ciò che risiede veramente nel tuo cuore, ed inizierai a smettere di lamentarti della tua vita.”

Boruto lo guardò con disprezzo. “Non mi sono mai lamentato della mia vita. Anzi… a differenza tua, dopo essere stato abbandonato, io ho deciso di farmene una ragione ed andare avanti. Ho provato a seguire una nuova strada. Non mi stupisce che sia io quello attualmente in controllo. Tra i due, io sono decisamente più forte di te.”

La Luce sorrise, anche se la sua espressione tradì un velo di tristezza all’udire quelle parole. Sembrava deluso. Essere insultati da sé stesso non doveva essere piacevole, in fondo. “Lo vedremo,” si limitò a ripetere, prima di dissolversi nel nulla in mille sfere luccicanti simili a lucciole che presero a fluttuare all’aria. Poi, in meno di un battito di ciglia, esse scomparvero tutte come se non fossero mai state lì.

Boruto osservò il punto in cui si era trovato il suo gemello per altri due secondi, prima di alzare lo sguardo e riprendere a rivolgersi alla voce di prima. “Adesso che cosa hai intenzione di fare, misteriosa signora?” domandò ad alta voce, guardandosi a destra e sinistra. “Questo incontro non è andato come speravi, presumo?”

Passarono due secondi di silenzio. “No, di certo,” ammise lei, come se fosse pensierosa. “Ancora una volta, devo ammettere che sei riuscito a stupirmi, piccolo Campione. Ma la mia decisione ormai è presa. Ti aiuterò a tornare nel tuo mondo, anche se al momento ti ritrovi incapace di accettare quello che sei realmente.”

“Quindi mi concederai il Potere di cui accennavi prima?” domandò, inarcando un sopracciglio.

Il Potere è già dentro di te, ma è ancora incompleto,” disse lei. “C’è qualcos’altro che risiede ancora nella tua Oscurità.”

Il biondo esitò, incerto su cosa pensare di tutta quella faccenda. Come poteva esserci qualcos’altro dentro di lui, oltre che alla sua fantomatica Luce? Non ci stava capendo nulla di tutto quel discorso. Immerso nei suoi pensieri, mentre si guardava intorno, notò immediatamente che la piattaforma su cui poggiava i piedi si stava crepando improvvisamente, sgretolandosi e rompendosi sempre di più. L’oscurità attorno a lui si stava facendo più densa. “Uh… ti spiacerebbe darmi una mano?” esalò nervosamente.

Ma le sue parole non fecero nulla per impedire che la piattaforma si spezzasse dopo un solo istante. Boruto cadde nel vuoto e nel buio, urlando per il terrore, mentre la voce nelle sue orecchie lo cullava dolcemente.

“Non temere, al momento questo non è altro che un brutto sogno…”
 


.

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COSÌ TANTO DA FARE…
COSÌ POCO TEMPO.


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FAI CON CALMA,
NON AVERE PAURA.


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NON TEMERE,
VIENI AVANTI.


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Boruto riaprì gli occhi, senza realmente sapere quand’era stato che li aveva chiusi. Si ritrovò in mezzo ad una strana isola circondata dal mare, osservandosi attorno con circospezione. Grandi cespugli lo fiancheggiavano da ogni lato, splendidi fiori adornavano il prato su cui poggiava i piedi, ed enormi alberi da frutto offrivano riparo ed ombra da un sole caldo e accecante come un faro. Vedendo ciò, il biondo sorrise. Mentre si trovava in quel luogo surreale, qualcosa nella sua mente lo stava facendo sentire a proprio agio. Lo stava facendo sentire in pace.

Fu quando si rialzò dall’erba su cui era disteso che notò il resto del suo corpo. I suoi vestiti erano cambiati, mutandosi in una lunga cappa oscura e un grosso mantello nero che gli celava tutto il corpo. Sotto, indossava una maglia nera e dei pantaloni scuri come la notte, mentre sulla sua fronte, il suo vecchio coprifronte sfregiato era apparso misteriosamente dal nulla, legato saldamente. I suoi occhi si sgranarono. Lui conosceva questi abiti. Era la divisa dell’Organizzazione Kara.

“Che cosa è successo ai miei abiti?” esclamò, scioccato, osservando il proprio abbigliamento con un misto di affetto e nostalgia.

La voce gli rispose subito“I vestiti che indossavi nell’ultima battaglia erano troppo rovinati, per cui ho preso quelli che indossavi solitamente nel tuo mondo. Non vorrei che il nostro Campione possa camminare vestito di stracci, in fondo. Ma per adesso… dovresti voltarti. Ci sono alcune cose che dobbiamo scoprire insieme.”

Il ragazzo fece come gli era stato detto e trovò alcune figure familiari mentre si muoveva in avanti, camminando verso la spiaggia. Edifici e capanne di legno, principalmente, ma la vista di un gigantesco drago etereo lo fece trasalire, lasciandolo a bocca aperta. Lui aveva già visto quel drago. Era la forma della sua Volontà di Fuoco. Il Potere che aveva usato per sconfiggere Vrangr. “C-Che cosa diavolo significa?” esalò, senza fiato, osservando l’immenso rettile azzurro che torreggiava sopra di lui, intento a fissarlo con occhi elettrici e fosforescenti. “Non dirmi che sai parlare anche tu?”

Ancora una volta, gli fu risposto in un modo che non si aspettava. “Che cosa temi di più?” domandò il drago, la sua voce elettrica e sottile.

“C-Cosa?” chiese Boruto, confuso, mentre si guardava intorno in cerca di risposte.

“Che cosa temi di più?” ripeté il drago etereo, impassibile. Prima che potesse rispondere, una seconda figura apparve dinanzi al Nukenin all’improvviso. Un uomo alto, con una lunga chioma di capelli biondi, una cappa bianca con fiamme rosse ricamate sui bordi, ed un cappello da Hokage in testa. “Che cosa temi di più?” domandò Minato Namikaze.

“Capisco…” disse il giovane, osservandosi attorno mentre comprendeva sempre più che quella era solo una specie di illusione incredibilmente dettagliata. “Credo che sia sentirmi debole. Essere incapace di fare quello che voglio, e di non poter difendere le persone a cui tengo davvero. Ho paura di essere… impotente.”

L’apparizione successiva fu un altro volto familiare. Una donna dai capelli rossi come il sangue, occhi grigi come il metallo ed uno sguardo serio e determinato. “Qual è la cosa più importante per te?” domandò Kushina Uzumaki.

Mettendosi una mano sotto al mento e massaggiandoselo con l’indice e il pollice, il Nukenin si prese un secondo per pensare. “Difendere e restare assieme alla mia famiglia,” rispose, accigliandosi al solo pensiero di non poter essere in grado di riunirsi con i volti delle persone che amava di più. I suoi inseparabili compagni di vita.

“Cosa vuoi dalla vita?” chiese il suo drago etereo, incombendo su di lui.

“Non ne sono più sicuro, a questo punto,” borbottò ironicamente lui.

Le tre figure dinanzi a lui scomparvero all’improvviso. “Temi di non essere in grado di cambiare il tuo Destino, desideri restare sempre unito con le persone che ami, e il tuo futuro è ancora incerto…” riprese a parlare la stessa voce di prima, solenne e melodica come una musica. Quelle parole echeggiarono sommessamente per tutta l’isola. “Il Potere che hai ottenuto ti permetterà di ritagliare il tuo percorso, modellandolo con le tue scelte. È nato dalla forma del tuo cuore, assumendo le sembianze di drago, e sarà l’unico mezzo con cui sarai in grado di combattere contro coloro che incombono sul tuo cammino.”

Boruto alzò lo sguardo verso il cielo, gli occhi sgranati. “V-Vuoi dire che il Potere che mi hai concesso è lo stesso degli artefatti? Ho ottenuto il Potere del Risveglio?” domandò, sconvolto.

La voce rise. “Dopo esserti sacrificato per uccidere il drago, il Potere del Risveglio è scomparso assieme a te. Gli artefatti sono andati distrutti, ma la loro energia si è fusa con la tua anima. Per cui, in un certo senso, adesso sei tu il nuovo Portatore del Potere,” spiegò, suonando sempre più divertita mano a mano che l’espressione del biondo si riempiva di stupore.

“Questo… non me l’aspettavo,” ammise il guerriero, sospirando pesantemente. Si passò una mano nei capelli dorati. “Ma ti ringrazio per avermi aiutato ad ottenerlo,” disse semplicemente, senza emozione.

“Non ringraziarmi ancora. Piuttosto, guarda alla tua destra,” ridacchiò lei, le sue parole simili a musica.

Boruto voltò la testa verso destra, inarcando un sopracciglio, ma i suoi occhi notarono immediatamente l’oggetto conficcato nel terreno sabbioso a pochi metri da lui. Un sorriso pieno di emozione gli contornò le labbra appena lo riconobbe. “La mia spada!” esclamò, correndo verso di essa e rimuovendola dal terreno. La osservò con attenzione mentre la librava in aria, ricordando con affetto il giorno in cui il suo maestro gliela aveva regalata, molti anni prima. Era ironico pensare che era stato proprio con quella stessa arma che aveva ucciso il drago, alla fine. “Pensavo fosse andata distrutta,” disse con sollievo.

Se la legò saldamente dietro la schiena, celandola sotto la sua cappa oscura.

È un’arma creata per darti la forza di coloro che credono in te,” spiegò lentamente la voce. “Ma ricorda, devi usarli con saggezza, sia la spada che il tuo Potere. Ci sono molti che meriterebbero di essere uccisi da essi, ma sono curiosa di vedere cosa ne farai. La tua mano era ferma durante lo scontro con il Divoratore di Mondi. Sapevi che non c’era modo di aggirarlo. E per questo, sei riuscito a sconfiggerlo. Eppure, qualcosa di più profondo della tua natura ti impedisce di soccombere all’Oscurità come è successo a quella creatura.”

Il ragazzo si guardò attorno coi suoi occhi eterocromi. “Che cosa stai dicendo?” domandò, incapace di comprendere.

La voce sembrò sussurrargli nelle orecchie, facendolo rabbrividire. “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, piccolo mio,” disse lentamente. Un soffio di vento caldo vibrò nell’aria, facendo ondeggiare il mantello e i capelli del biondo. “E dove si annida il potere, crescendo sempre di più… spesso accadono brutte cose. Non dimenticarlo mai.”

Lui annuì, esitante, cercando di assimilare quei suggerimenti al meglio. “È una buona cosa che un mostro come Orochimaru non sia mai entrato in possesso di un Potere simile,” ammise alla fine, iniziando a comprendere ciò che la voce stava cercando di fargli capire. Boruto era già molto potente di per sé. Lo era sempre stato, sin da prima di giungere a Eldia, e adesso aveva ottenuto una nuova arma devastante nel suo arsenale. Troppo potere avrebbe potuto dargli alla testa, com’era successo con Orochimaru. O con Madara. O persino con Obito. Doveva essere cauto.

“Quel cercatore di potere corrotto non è nulla in confronto a ciò che tu puoi diventare,” gli disse lei, sorprendendolo per come suonasse stranamente più fredda e insensibile del solito. “Lui ha corrotto così tante vite, ha creato innumerevoli bambini che vivono nell’Oscurità, e ha osato persino provare a rovinarti la vita. Eppure, non è lui quello che ti ha ferito di più…”

Poi, prima che il giovane potesse aprire bocca, tutto ciò che lo circondava scomparve nel nulla, e la sua visione piombò nel buio più totale.

Boruto trattenne il respiro.
 


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PIÙ TI AVVICINI ALLA LUCE
PIÙ GRANDE DIVENTA LA TUA OMBRA.

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Il ragazzo rimase a bocca aperta. In meno di un battito di ciglia, il paesaggio attorno a lui era cambiato ancora una volta in maniera incomprensibile. Si trovava letteralmente all’interno di alcune gigantesche nuvole dorate, talmente grosse e dense da riuscire a riempire tutto lo spazio che lo circondava, per chilometri e chilometri, fino ad oltre l’orizzonte. Era come trovarsi in cielo, sospeso in mezzo alle nubi. Uno spettacolo mozzafiato. Boruto osservò il paesaggio con uno sguardo allibito, meravigliandosi della bellezza del luogo in cui si trovava. Eppure, senza riuscire a comprenderlo, qualcosa dentro alla sua testa gli stava facendo avere una sensazione di déjà-vu. Si sentiva come se, in qualche strano e irrazionale modo, lui fosse già stato in quel posto. Anche se non riusciva a ricordarselo.

Sentì il suono di passi che risuonava dietro di lui. “Chi è là?” domandò, voltandosi di scatto. Si trovò faccia a faccia con… una figura indescrivibile. Una donna, senza ombra di dubbio, con una lunga chioma di capelli dorati e luminosi come il sole. Indossava una splendente veste bianca, ed un sorriso ricolmo di dolcezza e affetto le incurvava le labbra, anche se i suoi occhi erano celati alla vista dai suoi capelli. Attorno a lei, un’indescrivibile aura di pace e benevolenza pura sembrava irradiarsi dalla sua stessa presenza, talmente pesante da essere percepibile anche ad occhio nudo. Stava camminando lentamente verso di lui, le mani unite assieme ed il suo sorriso raggiante come l’alba.

“C-Chi sei tu?” domandò il ragazzo, completamente sconvolto.

La misteriosa figura sorrise dolcemente. “Immaginavo che non mi avresti riconosciuta,” disse con una voce soave e piacevole. “Eri così piccolo quando venni a farti visita l’ultima volta. Non mi stupisce che non riesci a ricordarti di me, Boruto.” Il guerriero sgranò gli occhi. “Permettimi di presentarmi allora, piccolo mio,” disse subito dopo la misteriosa figura, accarezzandogli il volto con una mano“Il mio nome è Hikari, e sono la guardiana della tua anima.”

“Tu sei…” il Nukenin sentì le parole morirgli in gola. “…sei la voce che mi ha aiutato per tutto questo tempo. Sei stata tu.” Il suo volto era congelato dalla confusione e dallo stupore mentre la osservava con gli occhi sgranati, sentendo il proprio cuore sciogliersi al contatto della sua guancia con la mano della donna.

Lei annuì, il suo sorriso sempre più largo. “Finalmente ci rincontriamo, Boruto. Anche se immagino che questa mia forma possa farti sentire a disagio,” sussurrò. “Perciò, lascia che ti mostri il mio vero aspetto.”

Prima che l’altro potesse aprire bocca, in meno di un battito di ciglia, la figura dinanzi a lui venne improvvisamente rivestita da un’aura accecante di luce, per poi essere completamente trasfigurata subito dopo. E poi, quando la luce si dissolse, la donna che Boruto si ritrovò davanti era estremamente diversa dalla prima. Era diventata più alta, mentre i suoi lunghi capelli dorati erano diventati corti e spigolosi, di un colore azzurro acquoso come il mare. Il suo volto invece era rimasto praticamente invariato, se non per dei profondi e bellissimi occhi blu molto simili ai suoi, ricolmi di affetto e gioia. Indossava uno strano abito nero e bianco con delle fasce azzurre che le pendevano dai fianchi, assieme a delle calze nere e delle scarpe a punta argentate. “Questa è la mia forma originale. Mi dispiace di non aver potuto mostrarmi a te in questa forma durante il nostro primo incontro, anni fa.”

Boruto rimase di sasso. “V-Vuoi dire che ci siamo già incontrati in passato?” esalò lui, incredulo. “Non credo che avrei potuto dimenticarmi un incontro simile.”

Hikari rise, un suono allegro e soave che gli fece sobbalzare il cuore istintivamente. Era… bellissimo. Non c’era altro modo per descriverlo. “Oh, eri solo un bambino l’ultima volta che ci siamo visti,” spiegò dolcemente lei. “E poi, al tempo riuscii a comunicare con te solamente tramite un sogno. Adesso le cose sono diverse. Grazie al mio intervento, sei finalmente giunto al mio cospetto, questa volta per davvero.”

Il giovane Uzumaki si osservò attorno, facendo un passo indietro. “Cosa mi hai fatto?” domandò, i suoi occhi che guizzavano in tutte le direzioni per guardare con meraviglia lo spazio incontaminato di nuvole che li circondava.

“Oh cielo, questo non sarà semplice da spiegare,” iniziò a dire lei, richiudendo ancora una volta la distanza che li separava. “Vedi, nell’ultima battaglia che hai affrontato, tu non sei sopravvissuto. Non temere, però, perché come hai già visto, non sei morto. Tuttavia, tecnicamente lo sei stato… per diverso tempo, in realtà. Il tuo corpo era stato distrutto, ma non il tuo spirito. Ho dovuto lavorare per molto tempo per riuscire a rimetterli insieme. Riunire i pezzi frammentati del tuo cuore è stata la parte più difficile, sai.”

Boruto sbiancò, divenendo pallido come se fosse afflitto da febbre. “Q-Quindi, la piattaforma dove ci trovavamo prima…”

“Esatto. Quello era il tuo cuore,” spiegò lei, afferrandogli le mani con le sue e facendolo arrossire. “A proposito… come ti senti adesso? Il tuo corpo prova ancora dolore?”

All’udire quella domanda, il ninja traditore si diede un’occhiata generale ed emise un respiro che non sapeva di aver trattenuto. “Hai fatto un ottimo lavoro,” fletté le spalle, toccandosi il petto nel punto sopra il cuore. “In effetti, non mi sono mai sentito così bene prima d’ora. Non sento più alcun dolore al petto, e la ferita che avevo sul cuore è sparita.”

La donna ridacchiò. “Mi fa piacere sentirlo. Ho fatto del mio meglio per curare il tuo corpo devastato dalla battaglia e ripristinarlo nelle condizioni di prima, ma non saresti sopravvissuto nel Reame dei viventi in quelle condizioni in cui eri ridotto. Per questo ti ho portato qui.”

Boruto si guardò attorno, osservando lo spazio che lo circondava con attenzione. “Qui… dove? Dove siamo precisamente?” domandò.

“In questo momento, io e te ci troviamo in una dimensione particolare. Una dimensione a cui solo le anime dei defunti possono accedere normalmente. Il Mondo Finale,” rispose.

“Il Mondo Finale?” ripeté quello, confuso oltre ogni misura.

Hikari annuì. “Consideralo una specie di Limbo,” disse con un sorriso rassicurante. È il mondo che sta al confine con la Terra dei Defunti, il luogo dove vanno le anime di coloro che perdono la vita nella dimensione reale. Oltre questo Limbo, c’è solo la morte.” Se prima il giovane era confuso, quella dichiarazione lo atterrì non poco. Vedendo il suo terrore, la donna dai capelli azzurri gli accarezzò la guancia. “Ma non temere, non correrai nessun pericolo se resterai accanto a me. Come ti ho già detto, ti ho strappato alle grinfie della morte diverso tempo fa. Non sei ancora veramente morto.”

Boruto si riscosse dallo sconvolgimento. Com’era possibile una cosa del genere? Come poteva aver fatto quella donna a riportarlo indietro se era morto durante la battaglia? Una cosa del genere non era possibile, e lui lo sapeva. Cosa stava succedendo? Perché lo aveva riportato indietro? Come aveva fatto? E soprattutto…

…chi era veramente questa Hikari?

“Hikari… Hikari significa Luce,” sussurrò Boruto, ragionando furiosamente con la mente. Fissò la donna coi suoi occhi eterocromi aggrottati per il sospetto. “Tu sei… un Dio? Sei la Divinità della Luce?” domandò, cauto e incerto.

La donna ridacchiò, portandosi una mano davanti la bocca. “Immaginavo che lo avresti pensato,” disse. Un tempo sono stata molte cose e ho avuto diversi nomi. Sono stata una semplice donna. Sono stata una combattente. Sono stata una maestra. Sono stata una maga. Ma adesso, adesso la gente crede che io sia una forza della natura, oppure una divinità. Ma io non sono né l’una né l’altra. Sono solo un’entità divisa in due ed ormai priva di potere, il cui unico scopo è guidare i suoi figli lungo la strada della Luce. Sono la loro Guardiana. Però… credo che tu possa considerarmi una specie di Dea, se la cosa ti è più semplice.”

Boruto la osservò senza battere ciglio, stravolto dallo stupore, la sua mente che tentava invano di concepire e assimilare quella realizzazione così sconvolgente e soverchiante. Scosse la testa all’improvviso, sospirando con esasperazione. “Ok, ok, sto impazzendo, ho capito. Lo sapevo che dovevo dare retta a Mikasa quando mi diceva che sarei finito per uscire pazzo per via degli allenamenti…” sussurrò, passandosi una mano sul volto.

“È la verità, piccolo mio, non sei impazzito. Anche se ammetto che potrebbe essere una notizia sconvolgente per un giovane essere umano,” lo corresse lei.

Il Nukenin la osservò con attenzione. “Ma se tutto questo è vero… allora perché?” domandò, incapace di capire. “Perché mi hai riportato indietro? Perché mi stai aiutando a… a rimettermi tutto d’un pezzo? Io dovrei essere morto, in fondo. Perché lo stai facendo?”

Per tutta risposta, la donna lo avvolse inaspettatamente tra le sue braccia, stringendolo in un abbraccio improvviso. Il biondo sentì il suo cuore esplodere per l’emozione e le sue guance farsi paonazze per l’imbarazzo. “Non te l’ho detto? Tu sei il Campione più strano che io ho mai visto fino ad ora,” rispose lei, sussurrandogli nell’orecchio senza mai mollarlo dalla sua presa“Non voglio veder finire la tua storia così precocemente. C’è così tanto che puoi ancora ottenere e generare nel tuo mondo. Io voglio solo darti la possibilità di farlo.”

Boruto scivolò lentamente via dall’abbraccio, ancora paonazzo. La sua espressione imbarazzata fece ridacchiare Hikari con divertimento. “S-Solo perché sono un Campione?” chiese ancora, incerto. “Ma non ha senso. Tu stessa e quella mia… copia, diciamo, avete detto che io sono un essere dell’Oscurità. Se tu sei veramente la Guardiana della Luce… allora perché fare questo? Perché aiutare me?”

Il sorriso di Hikari si fece più sottile, più tirato“Hai ragione,” ammise lentamente, distogliendo lo sguardo dal suo volto. “Per quanto mi dolga ammetterlo… tu non sei uno dei miei seguaci. Non sei un Campione della Luce. Tu… Tu sei stato scelto dal buio. Sei il Campione dell’Oscurità.”

Il Nukenin trasalì fisicamente. “Ma che cosa significa essere un Campione?” domandò.

La Guardiana si sedette sopra le nuvole, voltando la testa verso un punto imprecisato del cielo. “Un Campione è colui che possiede dentro di sé un’anima antica,” spiegò lentamente, la sua voce melodica come una musica soave. “L’anima più forte che esiste nel suo mondo, in realtà. Devi sapere, piccolo, che ogni singolo mondo che esiste nell’universo possiede al suo interno due Campioni. Uno scelto dalla Luce, ed uno scelto dall’Oscurità. Questi due Campioni vengono scelti di generazione in generazione, ma talvolta le cose possono variare, e sono loro due a reggere l’equilibrio e la salvaguardia di ogni singolo mondo. Senza di uno, l’altro non può esistere. È una legge universale, che esiste sin dall’alba dei tempi. E se uno dei due Campioni muore… col tempo un altro lo sostituirà a sua volta, e così via. Fino alla fine dell’universo.”

Boruto abbassò lo sguardo, osservandosi la mano destra ed il suo Marchio impresso su di essa. “Quindi… io sarei uno dei due Campioni della Terra?” chiese, ancora incredulo.

Hikari annuì. “Esatto. Il Campione dell’Oscurità.”

Il biondo rimase in silenzio per diversi secondi, gli occhi sgranati e vacui, incapace di parlare. “C-Chi è stato il precedente Campione prima di me?” riuscì a chiedere alla fine.

Hikari abbassò la testa verso terra, le sue labbra diventate una linea sottile. “Il precedente Campione dell’Oscurità nel tuo mondo… si chiamava Madara Uchiha,” rivelò seriamente. “Lui era il tuo predecessore.”

Boruto trattenne il fiato. Madara Uchiha? Il vero Madara Uchiha? L’uomo più malvagio, crudele, infamato, e pericoloso che aveva mai messo piede nel loro mondo? L’uomo che l’intera storia degli Shinobi ricordava ancora con terrore e disprezzo, come se fosse stato un incubo per tutti coloro che lo avevano visto? Uno dei due cofondatori della Foglia? L’artefice della Quarta Guerra Mondiale? Era lui il suo predecessore?

Non riusciva a crederci.

“A-Allora,” la voce del ragazzo divenne terrorizzata e piena di dolore a quel punto. “Il mio Destino è quello di finire come lui? V-Verrò ricordato per sempre come una calamità per tutto il genere umano? Sarò costretto a diventare un mostro solo perché sono il suo successore?”

Con suo sommo stupore, prima che potesse battere ciglio, Hikari lo abbracciò di nuovo. Boruto trattenne il fiato, sconvolto, mentre il suo cuore si scioglieva ancora una volta mentre veniva abbracciato dalla donna. Sentì la sua mente diventare improvvisamente leggera, come se tutto il timore, tutto l’orrore, e tutto lo sconvolgimento che aveva provato prima fossero improvvisamente spazzati via dalla sua presenza. “No, piccolo mio, no,” lo rassicurò dolcemente Hikari, passandogli una mano sulla schiena per tentare di confortarlo. “Non è così che sei destinato a finire. Solo tu puoi scegliere quello che farai, e come lo farai. Nessun altro può farlo, a parte te. Ciò che genererai nel mondo puoi deciderlo solo tu.”

Boruto sentì un’ondata di sollievo inondarlo come un fiume in piena.

“Tuttavia,” la voce della donna riprese a parlare subito dopo. “Un Campione non passa mai inosservato nel suo mondo. La sua stessa presenza, di solito, genera sempre degli avvenimenti unici. Dei cambiamenti che nessuno può evitare. Così come sta succedendo con te, sin da quando hai deciso di lottare per portare la Guerra nel tuo mondo.”

L’Uzumaki sgranò gli occhi.

Hikari sciolse l’abbraccio, dandogli un bacio sulla fronte e facendolo arrossire prepotentemente. “La tua presenza sta cambiando la Terra, piccolo mio. Ma l’esito di questo cambiamento… solo il tempo e le tue azioni potranno rivelartelo.”

Passarono due secondi di silenzio. Poi, lentamente, Boruto annuì con la testa, accettando le informazioni in silenzio. “C-Capisco,” esalò lentamente. “Ma se io sono il Campione dell’Oscurità… allora chi è quello della Luce? Chi è il tuo Campione?”

L’espressione della donna divenne insondabile. Il suo sorriso, seppur luminoso, divenne strano. “Credo che tu conosca già la riposta a questa domanda. Il mio Campione sulla Terra è una persona che, proprio come te, ha cambiato il mondo con la sua esistenza. Una persona che tu conosci molto bene.”

Boruto esitò, inarcando un sopracciglio per la confusione. Poi, appena la sua mente prese a ragionare con più lucidità, i suoi occhi si sgranarono a dismisura e il ragazzo percepì – poteva quasi giurarlo – che il suo cuore smise di battere per diversi secondi. Perché la realizzazione che lo folgorò in quel momento gli tolse letteralmente tutto il fiato dai polmoni. Il Campione della Luce era sempre stata una persona che lui aveva conosciuto sin da sempre. Una persona che lui, ancora oggi, sapeva di non poter sconfiggere in nessun modo.

Non poteva essere.

Hikari annuì. “Esattamente, mio piccolo Boruto. Il Campione della Luce… è tuo padre.”

Il giovane abbassò lo sguardo. “Lui…” esalò, serrando i pugni con una ferocia smisurata. “Avrei dovuto immaginarmelo.” La donna luminosa lo guardò con un misto di compassione e affetto, senza proferire parola. Boruto fece un respiro profondo, cercando di calmare la sua crescente rabbia nei confronti dell’uomo che un tempo aveva chiamato padre, prima di rivolgersi nuovamente alla Dea. “Hai detto che sono il Campione dell’Oscurità. Ma se tu sei la divinità della Luce, e non sei stata tu a scegliermi, allora… chi mi ha scelto come Campione?” le chiese seriamente.

Lei sospirò. Per la prima volta da quando l’aveva vista, Boruto poté giurare che la sua espressione divenne quasi… triste. Sembrò appassire, persino. “Tu appartieni all’Oscurità, e l’Oscurità non è governata da nessuno, se non da sé stessa. Tuttavia, colei che ti ha scelto e che ti ha reso un Campione… è mia sorella.

Boruto assottigliò gli occhi. “Tua sorella?”

“L’altra parte della mia anima,” rettificò la Guardiana, sospirando. “Devi sapere che io e lei, un tempo, eravamo una cosa sola. Una sola persona, una sola entità. Ma un giorno, a causa di una guerra scoppiata migliaia e migliaia di anni fa, finimmo per essere divise, diventando due entità separate e a sé stanti. Da allora, io e lei regniamo sopra le due Forze che reggono l’universo: la Luce e il Buio, guidando i nostri seguaci e proteggendoli come se fossero i nostri figli. Eppure, pur avendo lo stesso compito, io e lei non siamo più in buoni rapporti.”

“Perché no? Avete litigato?” domandò ironicamente Boruto, inarcando un sopracciglio.

Il sorriso di Hikari era pieno di rammarico quando lo guardò. “Oh, no. Io amo ancora con tutto il cuore mia sorella, ma lei è… cambiata, nel corso degli anni. È diventata più fredda, più crudele, più oscura. Essendo diventata un’entità di pura Oscurità, non ha potuto farci niente. E per questo motivo lei mi detesta, per quanto questa cosa mi faccia soffrire sin dall’alba dei tempi. E detesta anche tutti coloro che nella loro vita decidono di perseguire il bene, la generosità, e il calore. In sostanza, mia sorella odia la Luce, e tutti i suoi seguaci,” spiegò con tristezza.

Boruto assimilò le informazioni in silenzio, senza proferire parola. Una Guardiana della Luce, ed una dell’Oscurità. Due entità divise e costituzionalmente opposte. “Questo suo odio nei miei confronti ha portato alla nascita della discrepanza tra Luce e Ombra,” continuò a spiegare la donna, lentamente“I seguaci dell’Oscurità rigettano a loro volta la Luce, e con essa anche tutti i suoi seguaci. Per cui, spesso i miei figli e i suoi figli finiscono per combattersi a vicenda, inevitabilmente. Sempre, ovunque, e comunque; senza eccezione.”

Il Nukenin sgranò gli occhi appena realizzò le implicazioni di quell’affermazione. Fece istintivamente un passo indietro, allontanandosi da Hikari. “Dunque io e te siamo nemici,” dedusse seriamente, fissandola coi suoi occhi aggrottati. Appena realizzò quella cosa, inconsciamente, la sua mano si mosse per afferrare istintivamente l’elsa della sua spada. “Ma allora… perché mi stai aiutando? Stai forse tramando qualcosa?”

Hikari scosse la testa, per nulla turbata dalla sua diffidenza. “Niente affatto, piccolo mio. A differenza di mia sorella, io non odio l’Oscurità, né tantomeno coloro che decidono di perseguirla al posto della mia Luce. Ogni creatura nell’universo ha il diritto di essere libera e di scegliere la strada che più le aggrada, sia essa la Luce oppure l’Oscurità. Nemmeno io posso impedirlo, per cui l’ho accettato sin da subito.” Poi però il suo sguardo si fece rattristato, il suo sorriso ridotto ad una linea sottile. “Tu invece cosa ne pensi?” domandò a sua volta lei, la sua voce melodica contornata da una strana nota di – Boruto faticò a crederci – timore. “Adesso che sai la verità, adesso che sai di appartenere all’Oscurità, che cosa dice il tuo cuore? Mi… Mi odi anche tu, Boruto?”

Lui esitò, senza abbassare la guardia, osservando coi suoi occhi eterocromi l’intera figura della Guardiana dinanzi a sé, notando come il suo bellissimo viso ed i suoi occhi azzurri brillavano di apprensione. La sua mente tentò di ragionare, scandagliando ogni pensiero, ogni emozione, ogni sensazione, mentre la sua mano continuava a restare posata sull’elsa della sua spada legata dietro la schiena. Passarono diversi secondi di silenzio assoluto. Poi, lentamente, il guerriero si rilassò.

“Io non ti odio,” rispose, sospirando sommessamente e rilasciando la sua arma. “Ma… non posso dire di fidarmi completamente di te.”

In meno di un batter d’occhio, il ragazzo si ritrovò avvolto in un terzo abbraccio. Il sorriso che spuntò sulle labbra di Hikari era raggiante come il sole di mezzogiorno. “Avevo ragione su di te, piccolo mio. Sei davvero speciale. Ed è per questo che ho deciso di aiutarti,” esclamò lei.

Boruto rimase confuso. “Come sarebbe?”

“Tu sei speciale, Boruto. Pur essendo stato scelto dal Buio, pur essendo fatto costituzionalmente da Oscurità… tu continui ad aggrapparti alla Luce.” spiegò gioiosamente la donna, accarezzandogli il volto. “Nonostante tutto quello che hai passato, nonostante tutto il dolore che hai sperimentato e l’odio che risiede nel tuo cuore… tu hai scelto me. Ed è per questo che non posso abbandonarti al tuo Destino.”

Il ragazzo era estremamente perplesso. “Non-Non capisco a cosa ti riferisci…” fu tutto ciò che riuscì a dire.

Hikari lo guardò con amore, come una mamma guarda il proprio bambino dopo una marachella“Quando sei stato abbandonato dai tuoi genitori, tu stavi per cedere completamente all’odio e alla follia,” spiegò lentamente lei, il suo tono di voce ricolmo di una distinta nota di orgoglio. “Eppure, dopo tutto ciò che hai passato, tu hai comunque scelto di unirti alle persone che ti hanno mostrato la bellezza della vita. Nel momento in cui avevi deciso di abbandonare la tua esistenza maledetta, hai scelto di seguire l’unico barlume di Luce che ti era stato offerto in mezzo a quella terribile Oscurità. Hai scelto di seguire Mikasa, quella notte, per vedere se ci fosse ancora qualcosa per cui valesse la pena vivere, per cui valesse la pena combattere. Quella notte, piccolo mio, tu hai scelto la Luce invece che arrenderti all’Oscurità. Hai scelto me.”

Gli occhi del giovane erano sgranati a dismisura, la sua mente travolta da innumerevoli ricordi, pensieri, ed incertezze. Le memorie di quel giorno, quel fatidico e maledetto giorno che per tutti questi anni aveva continuato a tormentarlo incessantemente, gli ritornarono in testa tutte in una volta.

“Pur essendo un Campione dell’Oscurità, tu continui a seguire la Luce che ti è rimasta,” continuò Hikari, sempre più piena di emozione. “Nessun Campione ha mai fatto una cosa simile prima di te. Tu… Tu sei unico, Boruto Uzumaki. E il tuo essere così speciale mi… mi manda in estasi. Non mi era mai successa prima una cosa del genere.”

Boruto sentì una sensazione di timore azzannargli la bocca dello stomaco. “Ma questa cosa non spiega nulla,” ribatté seriamente, allontanandosi freneticamente da lei. “A-Anche se in passato io decisi di seguire l’unico barlume di speranza che Mikasa mi stava offrendo… questo non mi ha mai fatto dimenticare ciò che ho subìto. Io non ho mai perdonato l’Hokage e sua moglie, e non ho mai smesso di odiarli fino ad oggi. Per non parlare di tutto ciò che ho causato nel mio mondo.”

Hikari lo osservò in silenzio.

Boruto aveva ridotto gli occhi a due fessure, il suo Jougan che brillava di luce azzurra e fosforescente. “Io ho portato la guerra nel mio mondo,” dichiarò lentamente, la sua voce gelida e priva di emozione. “Ho distrutto ogni tipo di ‘pace’ che l’Hokage – il tuo stesso Campione – aveva generato. Ho ucciso innumerevoli persone, ho devastato Villaggi, ho manipolato la vita delle persone. Io sono un mostro, e l’ho sempre saputo.”

Ancora, la donna non disse niente.

“E la cosa che sembri aver dimenticato è che non me ne sono mai pentito,” disse solennemente il ragazzo, la sua espressione ferale. “E non me ne pentirò mai, perché sono ancora convinto che tutto ciò che faccio sia per portare nel mio mondo la vera Pace. Ogni morte, ogni dolore, ogni sofferenza e devastazione che ho causato e che causerò in futuro… è tutto in nome di questo. Della vera, unica e sola Pace.” La sua voce non mostrò mai una sola tinta di esitazione durante tutto quel discorso. “Per cui… dentro di me, forse ho sempre saputo di essere una persona cattiva. Un… Un seguace dell’Oscurità, come dici tu. Ma non me ne pento nemmeno adesso, e tu lo sai. E nonostante questo... tu mi stai dicendo che vuoi aiutarmi solo perché una volta ho scelto il bene? Solo perché quando ero a fondo della disperazione io ho scelto te?!”

Hikari sorrise, il suo volto amorevole e affettuoso come prima. “Esatto,” rispose semplicemente.

Boruto ghignò malvagiamente. “Non ci credo,” ribatté. “Dov’è il trucco? A cosa stai mirando, misteriosa Dea della Luce?”

“Stai dimenticando un semplice particolare, piccolo mio,” lo interruppe Hikari, ridacchiando con divertimento. “Anche se tutto quello che hai detto e fatto è vero, tu non hai mai abbandonato la tua Luce.”

Il ghigno scomparve improvvisamente dal suo volto. Boruto rimase a bocca aperta.

“Non hai mai abbandonato coloro che consideri la tua famiglia. Non hai mai voltato le spalle a coloro che ti hanno mostrato che la vita è degna e meritevole di essere vissuta. Questa lealtà nei confronti della Luce è ammirevole, pur nonostante le azioni discutibili che hai compiuto a causa e in difesa di essa. E per me… questo basta e avanza, Boruto,” dichiarò la donna, senza la minima esitazione. “Come ti ho già detto, io non odio l’Oscurità.”

L’Uzumaki non riusciva a credere a quelle parole, completamente allibito oltre ogni misura.

“E poi, il fatto che tu non riesca a perdonare i tuoi genitori non dipende interamente da te,” disse improvvisamente Hikari, sconvolgendolo ancora di più.

Boruto trasalì. “Che cosa?!”

La Guardiana della Luce sospirò. “Mia sorella ha caricato su di te un fardello pesantissimo,” gli spiegò, posando le mani sulle sue spalle“Ha settato il tuo Destino per renderlo arduo e crudele. Ha reso la tua esistenza piena di incertezze, dolore, e rabbia. È lei la causa per cui tu sei incapace di perdonare i tuoi genitori, e di accettare ciò che sei realmente.”

Boruto sentì il suo cuore riempirsi di feroce furia. “COME SAREBBE?!” urlò furiosamente.

“L’Oscurità nel tuo cuore è la più grande che io abbia mai visto in un mortale, eppure tu continui a rifiutare di lasciarle prendere il sopravvento,” continuò lei. “Ti sei mai chiesto perché possiedi quell’occhio, Boruto? Perché proprio tu, tra tutte le infinite razze che esistono nell’universo, sei l’unico che è riuscito a risvegliare il Jougan?”

Il biondo s’irrigidì all’udire quella domanda inaspettata, la sua mano che si mosse inconsciamente per coprirsi l’occhio destro sgranato. La sua mente era ricolma di sconvolgimento e confusione. “C-Cosa sta dicendo?!” pensò.

“Riflettici, piccolo mio. Prova a ripensare al tuo passato, a tutto ciò che ti è successo nel corso della vita. Perché possiedi il Jougan? Perché il tuo corpo si è rifiutato di assimilare l’Energia Naturale dopo che hai ricevuto il Sigillo Maledetto? Perché continui a rifiutare il vero te che risiede nel tuo cuore?”

Hikari strinse la presa che aveva sulle sue spalle, aprendo le labbra per parlare ancora. Ma non fece in tempo. Poiché, in quel preciso ed esatto momento, qualcosa accadde intorno a loro. L’aria tremolò e si distorse completamente, e all’improvviso e senza nessun avvertimento, un’oscura e vorticosa massa di energia nera avvampò alla vita in mezzo al cielo, sibilando nel vuoto e generando un ronzio sinistro e inquietante. Boruto e Hikari trasalirono e si voltarono di scatto, il primo con gli occhi sgranati e pieni di terrore, e la seconda con un’espressione contrita e triste in volto.

E da lì, in mezzo a quella massa ripugnante d’Oscurità e malvagità, una figura emerse lentamente dal vortice nero.

Hikari si raddrizzò solennemente. “Sapevo che saresti venuta,” disse, rammaricata. “Era da tempo che non ci vedevamo.”

La donna dai capelli bianchi così simile a lei le rivolse un ringhio ricolmo di furia e disprezzo.

Hikari sospirò. “Ben tornata, Yami.”
 


DESTATI!
È GIUNTA L’ORA!



 
DESTATI!
TENDI LA TUA MANO!

 
DESTATI!
LE PORTE VERRANNO SCHIUSE!
 
EH? COME? NON LO VUOI?
TUTTAVIA T’APPARTIENE!
CIÒ CHE HAI PERDUTO
DIVENTERÀ UNO SOLO!

 




 
“Allontanati da lui, maledetta feccia!” urlò ferocemente la donna appena arrivata, la sua espressione un cipiglio ferale, contorto e rabbioso. All’udire la sua voce, profonda e carica di odio e brama di morte, Boruto ebbe un brivido involontario, sgranando gli occhi. Accanto a lui, Hikari sembrò invece ritrarsi in sé stessa, come se quelle parole l’avessero ferita nel profondo.

“Sorella mia, non gli ho fatto niente…” sussurrò la Guardiana della Luce.

Un’ondata oscura e malevola venne prepotentemente emessa dal corpo di Yami, talmente malefica e oscura da far accapponare la pelle. Boruto trasalì e fece un passo indietro appena la vide schizzare ferocemente verso di loro, terrorizzato e incerto sul da farsi, mentre la Guardiana mosse con disinvoltura una mano, dissolvendo all’istante l’ondata come se non fosse mai esistita. Le due sorelle si osservarono a vicenda per diversi secondi senza proferire parola, due occhi ricolmi di rabbia e odio contro due occhi pieni di amore e tristezza. E mentre loro due si fissavano a vicenda, Boruto ne approfittò per studiare con attenzione la nuova arrivata. Il suo aspetto era quasi identico a quello di Hikari, su questo non aveva dubbi. Stessa faccia, stesso corpo, e stessi lineamenti. I dettagli, tuttavia, erano estremamente diversi. A differenza della sorella infatti, Yami aveva i capelli bianchi, quasi tendenti al grigio, e due paia di occhi gialli fosforescenti ricolmi di odio e malvagità. Indossava inoltre un abito nero e oscuro, con dei guanti striati di rosso sulle dita delle mani, e delle scarpe nere ai piedi. Era come se fossero entrambe la stessa persona, solo… diversa. Due lati opposti della stessa moneta.

Boruto fece un passo indietro, terrorizzato a morte. Col suo Jougan, poteva chiaramente percepire l’aura di energia che entrambe le figure stavano emettendo in quel momento. Ed era… indescrivibile. La loro energia era immensa. Incalcolabile. Indescrivibilmente più grande di qualsiasi altra energia che lui avesse percepito prima d’ora invita sua. Più grande di quella del Settimo Hokage, più grande di quella di Sasuke Uchiha… e persino più grande di quella di Vrangr. Era una cosa sconcertante. Il suo occhio gli stava urlando freneticamente di mettersi al riparo. Non aveva mai visto prima d’ora una simile quantità di chakra racchiusa in un singolo corpo umano. E ce n’erano ben due!

“I-In che razza di situazione sono andato a finire?” fu tutto ciò che riuscì a pensare mentre le osservava, sconvolto.

Fino a quando, la Guardiana dell’Oscurità emise un ringhio basso e animalesco. “Stai giocando sporco, parassita!” ruggì, facendo un passo in avanti e rivolgendosi alla sorella. “Io non ho mai interferito negli affari dei tuoi luridi seguaci! Non avevi nessun diritto di toccare il MIO Campione!”

Hikari assunse un’espressione afflitta. “Yami, non potevo lasciarlo da solo quando stava per morire. Ho solo cercato di-”

“Non l’avrei lasciato morire neanch’io, se è per questo!” la incalzò furiosamente l’altra, snudando i denti. “Ma tu me lo hai rubato per prima, p*****a!!”

Nonostante la situazione tesa, Boruto si sentì leggermente a disagio mente osservava le due Guardiane litigare tra loro. “Ehm, Hikari? Questa dovrebbe essere tua sorella?” domandò allora con esitazione, incerto.

Lei annuì, senza voltarsi a guardarlo. “Si, piccolo. Lei è la tua vera Guardiana, Yami.”

“ALLONTANATI DA LUI!” ruggì a gran voce la donna oscura, visibilmente infuriata oltre ogni descrizione. “NON TE LO RIPETERÒ UNA TERZA VOLTA!”

L’espressione afflitta di Hikari si mutò in uno sguardo determinato e deciso. “Non lo farò, sorella. Non quando il tuo odio e la tua inutile brama di farmi la guerra lo stanno facendo soffrire ingiustamente. Nemmeno io posso restarmene in disparte nel vedere uno dei miei figli che viene trattato così,” ribatté lei, la sua voce per la prima volta carica di una forte autorità e decisione. Sembrava essere diventata una vera Guardiana adesso.

Il volto di Yami divenne ancora più feroce e rabbioso di prima. “Lui è MIO!” ringhiò come un animale, imbestialita. “È uno dei MIEI figli, non dei tuoi! Non hai il diritto di interferire con lui!”

“Potrà anche appartenere all’Oscurità, ma ha scelto me una volta,” ribatté la Guardiana della Luce con voce inflessibile. “Non gli volterò le spalle una seconda volta, nemmeno per te.”

“Lui appartiene a ME, feccia! Non ti permetterò di continuare a riempirgli la testa con le tue futili menzogne! Le tue parole possono suonare dolci e amorevoli, ma in realtà sei solo un mostro che vuole tenersi ogni creatura per sé! Non me lo porterai via così facilmente!”

“Ha già fatto la sua scelta anni fa, e non mi ha mai tradita fino ad ora. Che ti piaccia o no, non ha mai voltato le spalle alla Luce.”

“Lui è il mio Campione dell’Oscurità! Sarà colui che DISTRUGGERÀ la tua patetica e disgustosa Luce una volta per tutte! Non ti permetterò di forzarlo a scegliere te!”

“Questo figlio ha il diritto di scegliere da sé il percorso che dovrà intraprendere. Non forzerò mai nessuno a scegliere me, ma ha il diritto di sapere la verità. Ha il diritto di conoscere ciò che tu gli hai-”

“LA PIANTATE GENTILMENTE DI PARLARE TRA DI VOI COME SE IO NON CI FOSSI?!” urlò a gran voce Boruto, esasperato e furioso dall’essere stato ignorato fino a quel punto. Le due Guardiane si voltarono di scatto verso di lui, stupite dalla sua improvvisa esplosione. Boruto le osservò entrambe con uno sguardo gelido e accigliato, i due occhi aggrottati per l’irritazione, la sua precedente paura completamente dimenticata. “Non ho idea di quello che state dicendo, e nemmeno m’interessa. Ma non ho intenzione di restarmene buono e in disparte mentre voi vi insultate come due bambine che fanno i capricci. Perciò, vi consiglio di piantarla.”

Yami ghignò feralmente, facendo un passo verso di lui. “Una tale forza d’animo,” sussurrò maliziosamente, sorridendo con delizia come se fosse in estasi. “Non mi aspettavo niente di meno dal mio Campione.”

Boruto la guardò con freddezza, i suoi occhi pieni di gelida furia. “Io non appartengo a nessuno, Guardiana del Buio,” dichiarò sfrontatamente. “E non ho intenzione di partecipare al vostro gioco di possesso. Stai indietro, se non vuoi pagarne le conseguenze.”

Sorridendo ironicamente, la donna continuò ad avanzare verso di lui. Il suo corpo s’irrigidì mentre la vedeva farsi sempre più vicina. “Non hai nulla da temere, mio piccolo Raiju.”

“Come mi hai chiamato?” ribatté il Nukenin, sempre più nervoso e confuso, mentre faceva un passo indietro e sguainava lentamente la sua spada. La Guardiana dell’Oscurità lo ignorò, i suoi occhi dorati che lo perforavano col loro sguardo, mentre un sorriso dentato e deliziato contornava le sue labbra in un’espressione quasi maniacale. Inconsciamente, le sue gambe cominciarono a tremolare per l’impulso di allontanarsi da lì a gambe levate. Era la prima volta che gli succedeva. Yami lo raggiunse in meno di un battito di ciglia, quasi teletrasportandosi davanti a lui, e gli accarezzò dolcemente una guancia. Il biondo trattenne il fiato con forza.

“Ma per ora, sembra che tu debba ancora crescere,” disse. Quindi, schioccò le dita e tutto il mondo attorno a loro mutò forma all’improvviso.

Con gli occhi sgranati, il ragazzo saltò lontano da lei, osservando il paesaggio. “Dove siamo?” esclamò mentalmente. Erano stati portati tutti e due in un mondo oscuro. Un ambiente buio e tetro fatto di oscurità, con rocce che avevano sfumature di grigio, nero e azzurro tutt’insieme. Non c’era cielo, solo un vuoto infinito. E davanti a lui, la Guardiana d’Ombra era riapparsa ancora una volta e stava allungando una mano per poggiarla sul suo petto, proprio sopra il cuore. Di Hikari, invece, non c’era più traccia.

Deglutendo per il nervosismo, Boruto si sentì tentato di urlare a squarciagola per il terrore, finché non si ricordò di essere uno dei guerrieri più potenti del suo mondo, oltre che un infamato assassino e criminale. “Non temere, mio Campione. Io sono la tua Guardiana, nonché colei che spera semplicemente di mettere ordine in tutte le cose e porre fine alla follia portata da coloro che combattono per il possesso della Luce.” Mentre parlava, il petto – abbastanza abbondante – della donna rivelò una specie di emblema che raffigurava un cuore in frantumi. “Ho usato questo emblema per trovarti dopo che mi eri stato rubato, e sono qui per porre fine alla tua sofferenza una volta per tutte.”

“Cosa stai dicendo? Mollami!” ruggì il biondo, oltraggiato, allontanando la mano di Yami con uno strattone delle braccia. “Non pensare di potermi ingannare con le belle parole. Io non appartengo all’Oscurità.”

Ridacchiando con il naso, la Guardiana gli si avvicinò di nuovo. “Se non desideri essere controllato dall’Oscurità, tutto ciò che devi fare è reclamarla per te.” Si chinò vicino al suo volto, incurante della spada del ragazzo puntata alla sua gola. “È l’unico modo che hai per riuscire a proteggere i tuoi amici, e la tua famiglia.”

Boruto trasalì fisicamente alla menzione dei suoi amici. “Non provare a fare del male alle persone che amo!” ringhiò pericolosamente, avvicinando ancora di più la punta della spada al collo della Guardiana.

“L’amore non è altro che una forma di avidità. Ci fa desiderare di possedere l’affetto degli altri. Noi esseri viventi siamo ciechi, sai. Ci dimentichiamo troppo spesso di quanto sia crudele il modo in cui esso ci distrugge,” si mise una mano sul petto, proprio sull’emblema del suo cuore spezzato. “Anch’io ho amato, un tempo. E come puoi vedere, esso mi ha lasciata solo come un’ombra di ciò che ero. Un’entità divisa in due, perennemente in lotta con sé stessa.”

Incurante, Boruto fece un provocatorio passo indietro. “Mi spiace, ma non m’interessa,” disse, lottando per non mostrare quanto fosse nervoso realmente. “L’unica cosa che voglio è tornare a casa. Ho degli amici che hanno bisogno di me. La tua fantomatica Oscurità non m’importa.”

Yami scoppiò a ridere, sardonica e ironica. “Eh? Come? Non vuoi l’Oscurità? domandò con divertimento, fissandolo come se fosse un bambino che fa i capricci. “Tuttavia essa ti appartiene. E tu appartieni a lei. L’Oscurità è ciò che sei, mio caro Campione. Io ti ho scelto, e niente può cambiare questo fatto. Non puoi sfuggire a ciò che sei, neanche se lo desideri veramente.”

Gli occhi di Boruto si aggrottarono. “Hikari mi ha detto che sei tu la causa della mia Oscurità. Ha detto che è a causa tua che non riesco a liberarmi della mia sofferenza,” sibilò, furioso. “Che cosa mi hai fatto?”

“Dimentica le menzogne di quella sgualdrina,” lo incalzò lei con incuranza, avvicinandosi col volto al biondo. “Dimentica l’insulsa speranza che la sua falsa bontà ti ha indotto a credere. La Luce è solo una menzogna, Boruto. Non è altro che un tesoro privo di valore. I viventi si affannano per ottenerla, i seguaci di quella donna si stremano per difenderla… e questo che cosa ha generato? Nient’altro che guerre e sofferenze. Dopotutto, tuo padre ha fatto lo stesso con te, o sbaglio?”

Il guerriero sgranò gli occhi.

“Lui ti ha abbandonato perché voleva farti comprendere l’importanza del suo lavoro. Ti ha lasciato da solo perché voleva aprirti gli occhi. Il suo intento era positivo, in teoria… ma questo cosa ha generato in te? Rispondimi. Cosa ti ha fatto comprendere con le sue azioni?” domandò Yami.

Boruto fissò il suo volto con apprensione, la sua mente completamente stravolta, i suoi occhi sgranati. “C-Che lui non poteva accettarmi per quello che ero…” esalò.

“Esatto,” sussurrò la Guardiana, allungando le mani ed abbracciandolo. Nonostante la paura che provava, Boruto non poté resistere. Il suo corpo si afflosciò, incapace di reagire alla sensazione di calore e piacere che il contatto col corpo di Yami gli stava procurando. La sua spada gli cadde di mano. “Vedi com’è subdola la falsità della Luce? Ti allieta con dolci promesse… anche se non è mai in grado di mantenerle. Ma a noi non servono le sue promesse. Noi sappiamo qual è la realtà delle cose, mio piccolo Campione. Non ci serve la Luce per poter essere felici… tutto ciò che ci serve è l’Oscurità.”

“N-No, ti sbagli,” sussurrò lui, scuotendo la testa e divincolandosi dalla stretta della donna. “Ciò che mi ha salvato sono stati Mikasa, Sora e Urahara! Loro sono ciò che mi ha portato ad essere quello che sono oggi! Non sei stata tu, né tantomeno questa Oscurità di cui parli! Io combatto per ciò che ritengo giusto, c’è ancora del buono in me! Non sono crudele come te!”

Yami sorrise. “Oscurità non significa ‘male’, mio piccolo Campione,” lo corresse ironicamente lei“Certo, essa si nutre delle emozioni negative, ma di per sé non è malvagia,” spiegò, saccente. Boruto rimase a bocca aperta. “Ma se sei davvero così convinto, allora dimmi: da dove pensi che provenga l’odio, Boruto? Dalla Luce, o dall’Oscurità?”

Il guerriero ridusse gli occhi a due fessure. “Dall’Oscurità, immagino.”

“Sbagliato,” Yami scoppiò a ridere. “Vedi? È così semplice confondere la realtà con la falsità! L’odio nasce dall’amore, Boruto! L’odio esiste grazie ad esso! Si odia qualcosa o qualcuno solo perché si teme che esso possa fare del male e portarci via quello che abbiamo di più caro! Quello che amiamo davvero! Non si può odiare qualcosa senza motivo! Se tutti pensano che l’amore appartenga alla Luce e l’associano ad essa… allora dovrebbero anche ricordarsi che l’odio nasce grazie ad esso. L’odio è un sentimento della Luce, non dell’Oscurità!” dichiarò con foga.

Boruto esitò, completamente a corto di parole. C’era un fondo di verità nel discorso che stava facendo quella donna. Eppure, qualcosa dentro di lui si rifiutava di accettarlo. “Che cosa vuoi da me?” domandò alla fine, cercando di mantenere la calma.

“Io VOGLIO te,” rispose lei, avvicinandosi a lui e leccandosi le labbra in modo quasi sensuale. Boruto deglutì nervosamente. “Io ti desidero, mio piccolo Campione. Tu appartieni a me, appartieni all’Oscurità, ed essa ti brama, ti desidera, ti vuole per sé. Eppure, tu continui a sfuggirmi ogni volta. Ogni volta che penso che finirai finalmente per abbracciare il Buio, anche quando ti riduci a compiere il più crudele dei mali… riesci sempre a sfuggirgli in qualche modo. Non ti lasci mai andare ad esso, al suo abbraccio, al suo richiamo che ti brama con ogni fibra del suo essere.”

La mano sinistra di Yami lo afferrò per un braccio, mentre la destra si mosse per massaggiargli il petto. Boruto divenne rigido come la pietra, incapace di muoversi, le sue guance che avvampavano di calore. Smettila di fuggire da me, Boruto. Accetta l’Oscurità che ti ha scelto, rendila tua, domala. Diventa il Campione che io so che sei in grado di essere… e sbarazzati della patetica Luce a cui continui ingenuamente ad aggrapparti. Se lo farai, otterrai un potere ben più grande di quello che la mia ripugnante sorella ti ha concesso. Un Potere abbastanza grande da poterti permettere di uccidere una buona volta quel mostro che hai chiamato padre. Dopotutto, sai... lui e i suoi Shinobi hanno trovato i tuoi amici,” sussurrò.

Passarono due secondi di silenzio glaciale.

Poi, Boruto registrò appieno quella frase.

Il giovane Uzumaki trattenne pesantemente il fiato. “C-C-Che cosa?” esalò lentamente, gli occhi sgranati, il volto pallido, le braccia tremanti.

Lo sguardo di Yami era ferale. “Tuo padre ha trovato il vostro nascondiglio sulla Luna,” ripeté ancora una volta la Guardiana del Buio. “Ma questo è successo più di un anno e mezzo fa, ormai. Le cose sono precipitate piuttosto rapidamente dopo quel momento. Sei stato dichiarato morto sin da allora.”

Il Nukenin non riusciva a credere alle sue orecchie. Non poteva crederci per davvero. Sentì la sua testa riempirsi di sussurri oscuri e velenosi. “C-Cosa ne è stato dei miei amici?” domandò freneticamente, afferrando Yami per il colletto e scuotendola con forza, minaccioso e solenne. “Che cosa è successo a Mikasa? A Sora? E a tutti gli altri? DIMMELO!”

“Non se la passano bene,” rispose lei, incurante del suo sguardo terrorizzato. “Dopotutto, essere condannati a morte non è un’idea molto allettante, non trovi? E la loro prigionia non è stata neanche molto piacevole, immagino.”

Boruto sentì il mondo ruotare vertiginosamente attorno a lui, scosso da un profondo senso di terrore e orrore. La sua mente venne azzannata da una paura e una furia primordiali e indescrivibili, talmente immensi da riuscire a togliergli il fiato dai polmoni e da fargli arrestare il battito cardiaco. Il solo pensiero di veder morire i suoi amici bastò a fargli sorgere una nausea terribile allo stomaco.

Yami sorrise maliziosamente. “Scommetto che questo mia sorella non te l’aveva detto… non è vero?”

Il Nukenin abbassò lentamente gli occhi sgranati e terrorizzati verso il suolo. Serrò i pugni con così tanta forza da sentire il sangue colargli dai palmi delle mani, assieme al tremore incessante delle sue braccia. Le sue labbra si snudarono in un ringhio animalesco e bestiale, ricolmo di ferocia e oltraggio.

Ma non sapeva che quando parli del diavolo… spuntano sempre le corna.

“Basta così, Yami.” Hikari era apparsa all’improvviso dal nulla, illuminando con la sua sola presenza quel mondo oscuro e privo di luce. Stava fissando sua sorella con uno sguardo misto tra il dispiaciuto e il deluso. “Lascialo stare.”

La donna oscura allargò il suo sorriso. “Perché non lo chiedi anche a lei?” chiese a bassa voce, rivolgendosi al suo Campione.

Boruto alzò lentamente lo sguardo verso la Guardiana dai capelli azzurri, i suoi occhi vacui e spenti. Hikari lo osservò con dolore. “È vero?” domandò, la sua voce bassa e priva di emozione. “Tu lo sapevi?”

La Guardiana della Luce abbassò lo sguardo a terra, visibilmente rattristata. Passarono diversi secondi prima che riuscisse a rispondergli sinceramente. “Sì,” ammise lentamente, chiudendo gli occhi. “Sì, lo sapevo.”

Lo sguardo di Boruto si riempì istantaneamente di collera. “E non me lo hai detto?!” ruggì, solenne e furioso. Afferrò la sua spada da terra come un guerriero pronto ad attaccare. “Mi hai preso in giro fino ad ora!”

“No! Non è vero, piccolo! Io… Io volevo solo aiutarti ad arrivarci gradualmente! Non volevo tenertelo nascosto, credimi!” esalò lei, i suoi occhi pieni di dolore e tristezza, portandosi una mano sul cuore ed estendendone un’altra verso di lui. “Oh, se solo avessimo avuto più tempo…”

Ma Yami scoppiò a ridere follemente, il suono delle sue risate che echeggiò nell’oscurità che li circondava come un rimbombo acuto e sinistro. “Lo vedi infine, Boruto? La Luce sa solamente illudere le persone, ed i suoi figli!” esultò a gran voce. “Ed è per questo che merita di essere eliminata!”

Veloce come una saetta, Yami scattò all’azione. Con un solo balzo in avanti, raggiunse la sua sorella con un ghigno stampato in faccia, le sue mani puntate in avanti e brillanti di energia oscura. Nel tempo che passò tra un battito di cuore e un altro, un’immensa colonna di fuoco nero schizzò fuori dal terreno sotto i piedi di Hikari, talmente grossa e potente da far tremare con prepotenza la roccia e il suolo per chilometri e chilometri.

Ma Hikari non si era lasciata colpire. Appena la colonna di fiamme nere si dissolse, la Guardiana apparve, avvolta da una sfera di energia luminosa e bianca come la neve, le sue braccia estese verso il basso e la sua espressione un misto di tristezza e solennità. La sua gemella oscura ringhiò per la rabbia e la frustrazione, schizzando all’aria verso di lei e sferrando un portentoso pugno verso la barriera che la difendeva. L’energia si dissolse e si frantumò come vetro, e Hikari fu costretta a saltare lontano da lì per non finire investita dalla carica della sorella, atterrando leggiadramente sopra un macigno di roccia distante cento metri da lei.

Yami ghignò, la sua espressione un miscuglio di ferocia e brama di sangue, puntando le mani in avanti e generando col semplice pensiero una sfera di energia oscura, vorticosa e ribollente. Dall’altra parte, Hikari fece lo stesso con le sue mani, generando una sfera bianca e luccicante di energia luminosa. Le due sfere schizzarono in avanti con una rapidità inaudita, talmente veloci da essere invisibili ad occhio nudo, scontrandosi con prepotenza nel mezzo del buio vuoto di quel mondo. La loro collisione fece tremare l’aria e tutto ciò che circondava le donne, distruggendo ogni cosa nel raggio di venti metri: roccia, pietra, spazio e tempo. In alto, il confine dimensionale di quel mondo sembrò vibrare improvvisamente, esplodendo inaspettatamente e frantumandosi in mille pezzi come se non fosse mai esistito. L’aria stessa si squarciò, rivelando un nuovo mondo al di là di questo, pieno di rocce che fluttuavano in aria, sospese nel nulla, in mezzo ad un cielo rosato.

Hikari si voltò e fuggì, rintanandosi nella dimensione appena apparsa attraverso gli squarci inter-dimensionali, ma Yami non si sarebbe lasciata sfuggire la sua acerrima nemica così facilmente. La ricorse con uno scatto indescrivibile, arrestando la sua fuga non appena le riapparve davanti sopra una roccia altissima simile ad una colonna di pietra. “Te ne vai di già, feccia?”

La Guardiana della Luce la guardò con tristezza. Ti prego, sorella, basta così. Mettiamo fine a questa inutile discrepanza. Non voglio combatterti.”

“Oh, peccato… Io invece lo voglio eccome!” ruggì l’altra, ridendo follemente e puntando ancora una volta le mani in avanti. Un’ennesime colonna di fuoco nero venne generata dalle sue braccia, simile ad un raggio portentoso, diretto con prepotenza e senza esitazione verso il bersaglio. Dalla parte opposta, Hikari la imitò nel movimento, evocando un raggio di luce bianca talmente accecante da essere fastidioso per gli occhi. I due attacchi schizzarono l’uno contro l’altro, richiudendo la distanza che li separava ogni secondo di più.

Poi però, prima che potessero collidere e scontrarsi a vicenda, accadde qualcosa.

Un’improvvisa esplosione di vento ed elettricità guizzò nel mezzo dei due attacchi, centrandoli in pieno e facendoli detonare prima che potessero fare contatto. I due raggi esplosero in un boato di fiamme ed energia, detonando come una portentosa bomba atomica dalla portata distruttiva devastante. Per chilometri e chilometri, tutto ciò che si trovava nel mezzo della loro traiettoria venne distrutto completamente. Le immense montagne di roccia che fluttuavano in quel mondo si creparono e si frantumarono, spezzandosi in mille pezzi che presero ad andare alla deriva nell’aria come missili privi di obiettivo. L’aria vibrò e tremò, ricca di energia e chakra, scuotendosi come se fosse tangibile. E dopo diversi secondi di tensione, tutto tacque e il silenzio tornò a regnare sovrano.

Hikari e Yami sgranarono gli occhi, confuse, e si voltarono verso la loro destra. Boruto apparve dinanzi a loro, in mezzo ad entrambe, solenne e freddo come il ghiaccio. La sua spada in mano, la sua cappa che fluttuava nel vento, il suo Marchio che gli brillava di luce sul volto, e i suoi piedi poggiati sopra un grosso frammento di pietra che fluttuava lentamente nel vuoto. “Adesso basta!” urlò, la sua voce pericolosamente solenne e minacciosa. Le fissava entrambe con uno sguardo ardente di rabbia e gelida crudeltà.

“Piccolo, che cosa fai? Vattene via da qui! Non voglio ferire anche te!” esclamò Hikari, sconvolta.

“Per una volta sono d’accordo con lei, mio Campione,” concordò Yami. “Credimi, questo è uno scontro a cui non vuoi partecipare.”

Il Nukenin le ignorò entrambe. “Mi sono stufato delle vostre menzogne,” ringhiò come un animale. “Non ho più intenzione di restare qui a guardarvi. Rispeditemi immediatamente nel mio mondo, prima che perda la pazienza.”

La Guardiana dell’Oscurità gli rivolse un sorriso deliziato“Non ancora, mio piccolo tesoro. Abbiamo ancora molto da discutere, insieme. Una volta che avrò finito con questa lurida pu-”

“Taci, vecchia pazza,” la incalzò freddamente lui, del tutto incurante delle sue parole e intenzioni. Puntò la sua spada verso Yami, e poi la spostò verso Hikari. “Le vostre parole non m’interessano. Non ho più nessuna intenzione di restare qui e seguire i vostri piani.”

La Guardiana della Luce esitò, guardandolo con apprensione. “Piccolo mio, cosa vuoi fare?” domandò.

“Rispeditemi indietro,” ordinò ancora una volta lui. “Non voglio più restare in questo posto nemmeno un secondo di più. Devo andare a salvare i miei amici, e non ho più tempo da perdere.”

L’espressione di Yami si mutò in un ghigno soddisfatto. “Finalmente stai iniziando a suonare come un vero Campione Oscuro!” esclamò con emozione. “Questo vuol dire che ti unirai finalmente alla tua Oscurità?”

Boruto la fulminò con uno sguardo tagliente come una lama. Il suo Jougan pulsò minacciosamente. “Credo che tu non abbia capito. Non ho la minima intenzione di prendere posizione nella vostra stupida guerra senza senso. Luce… Oscurità… non me ne frega assolutamente niente di questa storia. Io non sono un Campione dell’Oscurità, e non sono neanche un seguace della Luce. Io non sono… niente.”

Hikari e Yami lo osservarono in silenzio, stupite e scioccate dalla sua dichiarazione così sfrontata.

Il biondo le osservò entrambe con odio. “Della vostra battaglia non può fregarmene di meno,” continuò a dire senza esitazione e interesse. “Io non seguirò nessuna di voi due. Mi rifiuto di unirmi al tuo patetico Buio, Yami; e non ho neanche intenzione di abbracciare la tua stupida Luce, Hikari.” Il suo volto divenne una maschera di odio e ferocia a quel punto. “Seguirò da me il mio sentiero, e non permetterò a nessuno di decidere quello che devo essere. Sono IO l’artefice del mio Destino. Sono IO quello che decide cosa fare o meno.”

Yami ringhiò sommessamente. “Non puoi rinnegare ciò che sei. L’Oscurità ti ha già scelto, e la Luce non può accoglierti ormai,” sibilò.

“Allora combatterò l’Oscurità, ed annienterò ogni Luce che oserà opporsi a me,” ribatté il guerriero, sprezzante. Sembrava così serio, così deciso e potente da non apparire minimamente come il misero ragazzo che era. “Adesso riportatemi nel mio mondo, prima che perda la pazienza. Non ho più interesse a seguire i vostri discorsi inutili e privi di senso.”

Con suo sommo stupore, Hikari sorrise dolcemente. Se questo è il sentiero che hai deciso, allora vai pure, piccolo mio,” sussurrò lentamente.

“TU STANNE FUORI! LUI È MIO, E MIO SOLTANTO!!!” urlò rabbiosamente l’altra donna.

“No, Yami. Lui ha il diritto di scegliere da solo la strada che deve percorrere. Che essa sia la mia, la tua… o nessuna delle due.”

La Guardiana oscura ringhiò come un animale. “La strada di mezzo lo porterà comunque da me! Non c’è altro che Oscurità nel mezzo del nulla! La via di mezzo porta al Tramonto!”

“Ma la strada di mezzo conduce anche all’Alba, se fatta al contrario. Solo lui potrà scegliere come percorrerla,” dichiarò solennemente l’altra. Detto ciò, Hikari si rivolse a Boruto“Adesso vai, piccolo mio, e ritorna nel tuo mondo natale. E sappi… che mi dispiace. Mi sarebbe piaciuto molto poterti parlare ancora.”

Boruto si accigliò mentre la guardava con rabbia. “E come faccio?” domandò seriamente.

“Usa il potere racchiuso nel tuo Jougan. Esso ti permetterà di raggiungere il tuo mondo. È sempre stato racchiuso dentro di te sin dall’inizio, ma solamente adesso sei diventato in grado di attivarlo. Fai attenzione.”

Il Nukenin sgranò gli occhi. “Ma certo,” esclamò mentalmente. Poi si riscosse dallo stupore, facendo un cenno col capo verso la Guardiana, e con un solo salto balzò lontano da lì, verso una roccia alla sua sinistra. Infuse una grossa quantità di energia nel suo occhio destro, chiudendolo un paio di secondi prima di riaprirlo con uno scatto repentino del collo. E fu allora, con sua enorme soddisfazione, che accadde ciò che si era immaginato.

Con un guizzo elettrico e scattante, un vorticoso vortice di energia nera si aprì nel nulla in mezzo all’aria. Un portale inter-dimensionale, simile a quelli che Sasuke Uchiha era in grado di evocare col suo Rinnegan. La sua via di fuga per tornare a casa. Il biondo si portò rapidamente dinanzi ad esso.

“Ricordati sempre quello che ha visto oggi, mio Campione,” la voce di Yami echeggiò con solennità e potenza alle sue spalle. Boruto l’ascoltò senza nemmeno voltarsi a guardarla. “Più ti avvicini alla Luce, più grande diventa la tua Ombra. Non puoi sfuggirmi, che ti piaccia o meno. Perché la maledizione che ti è stata impressa in passato continua a darti la caccia ancora oggi. E ricordati sempre la cosa più importante…”

Il Nukenin rabbrividì, serrando i denti, ignorando quell’avvertimento e balzando dentro al vortice di energia senza la minima esitazione. Eppure, per qualche strano motivo, le parole della Guardiana continuarono ad echeggiargli nelle orecchie senza sosta, anche quando il portale alle sue spalle si richiuse con un sibilo minaccioso e raccapricciante.

“Un giorno non molto lontano... quel tuo occhio azzurro ti porterà via tutto.”
 











 

Note dell’autore!!!

Salve a tutti gente! Ecco a voi, finalmente, l’inizio della terza ed ultima parte della serie Boruto – La Morsa del Destino’. Ecco a voi la sezione conclusiva: ‘Guerra tra Famiglie. È con enorme gioia e trepidazione che posso finalmente portarvi questo primo capitolo dopo tutto questo tempo di attesa. C’è voluto del tempo, ma ci siamo. Spero che possiate aver apprezzato anche solo un pochino questo primo capitolo e prologo.

Innanzitutto ci tengo a dirvi che mi dispiace di avervi fatto attendere un mese prima di pubblicare il capitolo, ma non è dipeso da me. Come saprete anche voi, tempo fa il sito Tinypic ha chiuso perennemente, per cui tutte le immagini che avevo caricato nel corso delle due storie precedenti sono andate perdute, e ci ho messo un bel po' di tempo e fatica a ritrovarle e caricarle nuovamente nei vari capitoli. Adesso ho risolto, ma è stata dura e mi è costato del tempo. Inoltre, sto per avvicinarmi alla fine degli esami, quindi lo studio sta diventando sempre più intenso per me, in vista di un’eventuale laurea il prima possibile.

Parlando del prologo in sé, invece… adesso abbiamo finalmente conosciuto la Guardiana tanto citata nel passato e siamo riusciti a scoprire come ha fatto il nostro Boruto a sopravvivere alla Battaglia di Eldia. Come vi avevo promesso, le risposte stanno cominciando ad arrivare. Questo capitolo è pieno di riferimenti al passato e a eventi che abbiamo già letto, ma molte cose verranno spiegate nel dettaglio solo successivamente. Le vostre domande avranno sempre una risposta per tempo.

La figura di Hikari, così come quella di Yami, è ispirata ad Aqua, un personaggio della serie Kingdom Hearts. Hikari significa ‘Luce’ in giapponese, mentre Yami vuol dire ‘Buio’. La loro presenza era già stata citata nelle due storie precedenti, se ben vi ricordate, per cui adesso era giunta l’ora di conoscerle. Non sarà l’ultima volta che le vedremo. Ci sono ancora molte cose da narrare, ma io non posso fare spoiler. Dopotutto, oltre agli Otsutsuki e Kawaki, adesso sono entrate in gioco anche loro. Avremo modo di capire cosa vogliono e il perché delle loro azioni.

Per chi si fosse fatto dei dubbi: non ho intenzione di rendere questa serie una specie di Crossover alla Kingdom Hearts dove i protagonisti visitano vari mondi e i personaggi originali vengono messi in secondo piano. La vicenda tratterà come sempre il mondo di Naruto e l’avventura di Boruto nella ricerca della Pace, com’è sempre stato in passato. I personaggi esterni a Naruto come Hikari, Zeref, e tutti gli altri che già conosciamo avranno ovviamente approfondimenti, ma le loro storie verranno solo spiegate. Questa – ricordiamocelo – è la narrazione della vita di Boruto, e di lui soltanto. Il resto potrà essere narrato una volta che la serie sarà conclusa, forse.

Detto ciò, vi invito, come sempre, a farmi sapere cosa ne pensate. I vostri commenti e i vostri pareri sono ciò che mi spinge a scrivere e a continuare a portare avanti questo piccolo progetto. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate della storia e della sua evoluzione, e sono aperto ad ogni tipo di critica, positiva o negativa, purché sia costruttiva. Quindi, se vi va, fatemi sapere tutto quello che volete. Grazie a tutti in anticipo, e a presto!!!
   
 
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