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Autore: Roscoe24    25/09/2019    3 recensioni
"Chissà perché non si era fatto avanti, si trovò a riflettere. Alec, di norma, era un tipo abbastanza impulsivo: vedeva un ragazzo, gli piaceva, faceva di tutto per averlo. Con Magnus si era comportato in modo diverso. Era stato al suo gioco."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano settimane che non riusciva a toglierselo dalla testa. Per la precisione era dal giorno della festa a tema Alice attraverso lo specchio che lui stesso aveva organizzato nei minimi favolosi dettagli e alla quale l’altro, l’uomo del mistero, si era imbucato. Quella spina nel fianco di Raj aveva provato a cacciarlo, e lui stesso avrebbe volentieri cacciato Raj a calci dal suo studio, se non fosse stato così fastidiosamente bravo nel suo lavoro. Raj, infatti, si occupava della parte burocratica di tutta l’attività – una cosa che lui, Alec Lightwood, il miglior party planner di tutta NY, trovava di una noia mortale. Era costretto a controllare tutto ciò che Raj annotava perché era lui il responsabile, ma la maggior parte del lavoro era fatta dall’altro. Per questo non poteva cacciarlo. Più noiosa di una giornata passata a leggere scartoffie c’erano solo quelle serate in cui suo fratello Jace lo trascinava contro la sua volontà in locali (pieni di etero) solo perché lui gli facesse da spalla. Alec detestava quelle serate. Lui era costretto a conversare con persone (ragazze) che non gli interessavano minimamente, mentre suo fratello era impegnato a fare una gastroscopia con la lingua alla prima maggiorata che gli fosse capitata sott’occhio. Era frustrante. E noioso, appunto. Quasi quanto le scartoffie.
L’ultima serata divertente che aveva avuto era stata, appunto, quella organizzata da lui stesso  nella quale aveva conosciuto Magnus – così si chiamava l’uomo che si era comportato in modo sfuggente tutta la sera, dopo che Alec l’aveva fatto entrare, assicurandosi che sarebbe stato responsabile per lui. Avevano brindato, si erano scambiati qualche sorriso – o meglio, Alec aveva sorriso, sfoggiando tutto il suo charme e l’altro aveva reagito allontanandosi, quasi fosse stato preso dal panico. Quella reazione aveva confuso Alec, perché in un primo momento aveva pensato che il suo gay-radar fosse rotto. Insomma, prima che entrasse, Magnus l’aveva guardato con un palese interesse – tanto che le sue guance erano diventate rosse, quando Alec l’aveva squadrato a sua volta, prima di ordinare a Raj di farsi da parte e di lasciarlo passare anche se non era in lista. Che ci volete fare? Alec ha un debole per i bei ragazzi e gli viene facile infrangere delle regole per un viso prezioso come quello di Magnus. Se poi le regole da infrangere sono quelle ridicole imposte da Raj e dal suo lato paranoico, tanto meglio. Suona un po’ sadico, ma Alec si diverte a mandare in panico il suo burocrate/addetto alla sicurezza.
Tuttavia, quell’attimo di titubanza durò ben poco. Se la reazione iniziale di Magnus, ovvero fuggire dopo il primo brindisi, gli aveva fatto pensare che avesse frainteso completamente il suo sguardo iniziale, dovette ricredersi sia ogni volta che notava Magnus guardarlo da lontano con quei suoi bellissimi occhi a mandorla, di quel castano così caldo da sembrare ambra liquida, sia ogni volta che distoglieva frettolosamente lo sguardo quando Alec ricambiava i suoi. E Alec aveva ricambiato ogni sguardo, perché a sua volta non riusciva a togliergli gli occhi di dosso.
Dopo ogni scambio di sguardi, da cui Magnus si trovava inevitabilmente a fuggire, compariva sul suo viso un adorabile rossore che lo rendeva ancora più bello – e desiderabile, se Alec doveva essere apertamente sincero con se stesso. E, di solito, lo era.
Chissà perché non si era fatto avanti, si trovò a riflettere. Alec, di norma, era un tipo abbastanza impulsivo: vedeva un ragazzo, gli piaceva, faceva di tutto per averlo – se anche l’altro mostrava interesse, chiaramente. Con Magnus si era comportato in modo diverso. Era stato al suo gioco. Aveva giocato con le regole che l’altro aveva silenziosamente imposto senza davvero rendersene conto. E quella sera, le regole prevedevano sguardi da lontano e un occhiolino ogni tanto da parte di Alec, a cui l’altro reagiva arrossendo, perché era responsabile per lui. Era tremendamente serio, quando aveva pronunciato quelle parole. Gli avrebbe fatto volentieri da guardia del corpo, dannazione, se ciò significava non distogliere lo sguardo nemmeno per un secondo da Magnus-sono-inconsapevolmente-sexy.
Quando la serata, però, era giunta al termine, Alec l’aveva visto andarsene, insieme ai primi disertori del divertimento, e da quella sera non l’aveva più visto.
Si era chiesto spesso cosa facesse. E spesso si era chiesto in che modo potesse rintracciarlo, ma non sapeva granché di lui, se non il suo nome. Persino il suo cognome gli era sconosciuto.
Ma poi un giorno, come in uno di quei film dove sembra che tutto vada bene e ogni singolo individuo è baciato da una fortuna disneyana, la provvidenza rimediò a questa lacuna.
Alec se ne stava nel suo loft, a Brooklyn, e si sentiva in piena fase creativa. Da lì a poco sarebbe stato il compleanno di sua sorella Isabelle e lui voleva organizzare qualcosa in grande – magari unendo l’elegante a tutte quelle cose super nerd che piacevano tanto a lei e al suo ragazzo Simon, con il quale era da poco andata a convivere. Tendeva sempre a cercare dei rumori di sottofondo quando creava, perché era convinto che gli stimolassero meglio il cervello. Il caso volle che quel giorno Alec scelse la televisione come sottofondo, piuttosto che la musica. E fu proprio dalla televisione che uscì una voce vagamente familiare, qualcosa che andò a punzecchiare il cervello di Alec, reclamando tutte le sue attenzioni.
“Magnus Bane, cartomante! Venite a scoprire cosa vi riserva il futuro! La prima lettura è a metà prezzo!”
Alec fece una corsa così scattante che per poco non inciampò sul tappeto persiano che aveva in salotto – il quale confinava con il suo studio, in cui si trovava fino ad un attimo prima.
Eccolo lì, si disse mentre fissava lo schermo, bello esattamente come se lo ricordava, se non di più. Il fato aveva rimediato all’errore che Alec aveva commesso non chiedendo il numero di cellulare a Magnus, quella sera di qualche settimana prima, e adesso gli stava fornendo, tramite lo schermo di una costosa televisione, un indirizzo al quale recarsi per una lettura.
Alec sorrise, incapace di trattenersi, e dopo essersi segnato l’indirizzo, andò in camera sua per prepararsi.


Magnus Bane abitava a Brooklyn, non tanto distante da dove abitava Alec. Lo reputò un buon inizio, perché stava a significare che avevano già qualcosa in comune. Certo, non era molto, ma era sempre qualcosa. E in quel preciso istante aveva bisogno di concentrarsi su qualcosa di positivo, visto che Alec aveva preso quella vicinanza come un enorme sfottò da parte del destino, dal momento che per settimane si era arrovellato il cervello per niente, considerando che gli sarebbe bastato percorrere due isolati a piedi per raggiungere Magnus.
Cattivo, destino. Cattivo!
Ad ogni modo, per l’occasione Alec aveva indossato qualcosa di impeccabile. Aveva passato una buona mezz’ora a fissare la sua cabina armadio, in preda all’indecisione, poi aveva optato per uno dei suoi look preferiti: una camicia bianca sotto ad una giacca nera, il tutto abbinato a dei pantaloni dello stesso colore. Niente cravatta, ovviamente, e aveva lasciato volontariamente i primi bottoni della camicia sbottonati. Qualcosa in stile Chris Hemsworth per Hugo Boss.
Chris Hemsworth, pensò Alec e di norma, quel pensiero gli provocava lo stesso stato emotivo che Homer Simpson riserva alle ciambelle. Ma quel giorno, il pensiero del dio del tuono non gli fece un grande effetto. Era troppo concentrato su Magnus. E se nella sua mente c’era lui, chiunque altro diventava insignificante. Paragonato a lui, il bell’australiano, più che il dio del tuono sembrava Pikachu.
Alec attraversò la strada e per un pelo un automobilista non lo investì. Il maleducato lo insultò e lui rispose con un vistoso dito medio. La maleducazione capisce solo la maleducazione e per quanto Alec ripudiasse certi comportamenti, a volte era costretto ad averli.
Di certo, comunque, non avrebbe lasciato che uno dei tanti maleducati che abitavano, purtroppo, le strade della sua adorata New York, gli rovinassero l’umore. Stava per incontrare Magnus, dopo che aveva quasi perso le speranze: l’unica cosa in grado di abbattere la sua euforia sarebbe stato un meteorite. E avrebbe dovuto letteralmente cadergli in testa.
Arrivato davanti all’edificio corrispondente all’indirizzo, offertogli inconsapevolmente da Magnus solo qualche ora prima, Alec spinse il portone con una mano. Lo trovò chiuso, ovviamente. Come aveva potuto pensare di trovarlo aperto? Era stato un gesto sciocco, dettato dall’impazienza. Lo sapeva. In realtà, ogni centimetro fremente del suo corpo lo sapeva.
Era così eccitato all’idea di rivederlo che tutto, persino la logica, passava in secondo piano.
Sorrise tra sé, mentre scorreva con lo sguardo i vari nomi sui citofoni attaccati alla parete, vicino al portone. Notò che Bane, M. si trovava all’ultimo piano. Premette il pulsante e rimase in attesa.
La voce metallica di Magnus lo raggiunse dopo solo qualche secondo.
“Sì?”
“Sono qui per una lettura.”
“Certo, le apro subito.”
Chissà se aveva riconosciuto la sua voce, si trovò a riflettere Alec. Aveva omesso la sua identità per fargli una sorpresa, perché voleva capire dalla reazione che avrebbe letto sul suo viso, appena fossero stati faccia a faccia, se anche a Magnus faceva piacere rivederlo. Sperava di sì.
Lo scatto metallico della serratura che veniva aperta ridestò Alec dai suoi pensieri e, questa volta, quando spinse il portone con una mano, si aprì.
A quel punto, Alec si diresse verso l’ascensore con un sorriso stampato sul viso.


Avrebbe potuto prendere le scale, ma non l’aveva fatto essenzialmente per due motivi: con l’ascensore si fa prima e percorrere le scale fino ad arrivare al sesto piano l’avrebbe ridotto in condizioni poco presentabili. Per quanto Alec amasse fare sport, sapeva distinguere la differenza tra fare movimento e sembrare un pazzo sudato. E la seconda possibilità non era contemplata, quando lo scopo della sua visita era fare colpo sull’attraente cartomante.
Arrivato davanti alla porta, quindi, Alec si lisciò la camicia – un gesto più che altro meccanico, dal momento che la sua camicia era perfetta – e bussò.
Rimase in attesa dieci secondi, prima di vedere la porta aprirsi. Magnus gli si mostrò in tutta la sua bellezza. Aveva i capelli castani scompigliati, come se ci avesse messo le mani per provare ad aggiustarli, invano. Erano troppo ribelli e ad Alec piacevano tantissimo. Indossava una camicia di jeans, troppo abbottonata per i gusti di Alec, le cui maniche erano arrotolate fino ai gomiti, e un paio di pantaloni neri, che gli stavano divinamente.
“Ciao, Magnus.” Lo salutò, con un ampio sorriso.
L’altro lo guardò, colto da un improvviso stupore, per qualche istante, prima di rinsavire. “Alec?”
“Ti ricordi, zuccherino,” Sorrise, affabile, “Mi fa piacere.”
Magnus arrossì fino alla punta dei suoi disordinati capelli scuri.  “C-che ci fai qui?”
“Una lettura. È questo che fai, giusto? Ho visto l’annuncio alla tv e ho pensato di scoprire cosa mi riserva il futuro.” Alec si chinò leggermente verso di lui, all’altezza del suo orecchio. “Magari se sono fortunato, nel futuro i nostri destini si incroceranno ancora.” Si rimise in posizione eretta ed ammiccò, facendo completamente dimenticare a Magnus come diamine si facesse a respirare.
Ispira, espira. Non dovrebbe essere tanto difficile. Ah no? E allora perché improvvisamente era diventata la cosa più difficile del mondo???
Datti una calmata, Bane!
Giusto, doveva calmarsi. Essere professionale. Niente isterismi.
“Ehm, sì.”  Magnus evitò di guardarlo ancora. Gli occhi di Alec, e tutta la sua intera persona a dire la verità, lo facevano agitare – roba da farfalle nello stomaco e gambe talmente molli da sembrare fatte di gelatina. “Seguimi, andiamo nel mio studio.” Si voltò e si incamminò all’interno della casa. Alec lo seguì immediatamente e davvero avrebbe voluto notare l’arredamento, o la disposizione dei mobili, capire che tipo di gusti avesse Magnus se si trattava di oggetti per la casa, ma… l’unica cosa che notò fu come quei pantaloni rendessero una meravigliosa giustizia al suo sedere. Sul serio, l’umore di Alec era salito di almeno dieci tacche verso la pace dei sensi.
Grazie, signora Bane, dovunque e chiunque tu sia, per aver dato alla luce un figlio con un sedere tanto bello. Alec Lightwood ringrazia con tutto il suo cuore, colmo di una traboccante gratitudine.
“Alec?”
Quando la voce di Magnus raggiunse le sue orecchie, Alec si rese conto che gli aveva fatto una domanda e lui, per ovvi motivi, non l’aveva sentita. Era… distratto.
“Sì, caro?”
“Ti ho chiesto se vuoi qualcosa da bere.”
“Vuoi farmi ubriacare per approfittarti di me, tesoro?”
Magnus scosse la testa, ma all’altro non sfuggì il leggero rossore che colorò le sue guance. “No, volevo solo essere educato.”
“Quanto sei tenero, pasticcino. Ad ogni modo, ti ringrazio, ma no. Sono a posto così.”
“Bene,” concluse l’altro, sedendosi frettolosamente ad una scrivania. Solo allora Alec si rese conto che erano nel suo studio e dal momento che non era più distratto come qualche istante fa, poté notare sia la stanza che l’arredamento. La prima cosa che saltava all’occhio era la parete-finestra che stava alla destra di Alec – era immensa e riempiva la stanza di una piacevole luce naturale. Al centro dello studio si trovava la scrivania di Magnus, un mobile che aveva tutta l’aria di essere stato fabbricato almeno duecento anni prima, con un legno estremamente pregiato. Ad Alec piacque molto.
Alle spalle di Magnus, la parete era interamente coperta da una libreria, piena zeppa di libri di ogni genere. Alec, nella sua analisi, notò addirittura un libro bianco, alto, che aveva tutta l’aria di essere un ricettario – o un grimorio, se magia e stregoni fossero davvero esistiti.
“Qualcuno ti ha mai letto le carte?” domandò Magnus, riportando l’attenzione di Alec su di sé.
“No, è la prima volta.”
Magnus aprì un cassetto della sua scrivania e ne estrasse un mazzo di carte, che appoggiò davanti a sé. “E cosa ti ha spinto a provare?”
La sua domanda non era per niente casuale. Magnus voleva sapere se era venuto lì per lui, perché voleva rivederlo. Una parte di lui gli disse che era sciocco pensare che uno come Alec potesse interessarsi ad uno come lui, un ragazzo più che ordinario, ma Magnus aveva deciso di non farsi soffocare dalle sue insicurezze e di tentare lo stesso quella domanda.
“Mi pare ovvio.” Alec si tolse la giacca nera e la appoggiò allo schienale della sedia, situata davanti alla scrivania di Magnus. Successivamente, con una lentezza che rischiò di far bloccare per sempre il cuore del cartomante per l’ansia, cominciò a sbottonarsi i polsini della camicia e arrotolarsi le maniche fino ai gomiti. Fu un gesto carico di una grazia inaspettata, che attirò tutta l’attenzione di Magnus, il quale non riuscì a staccare gli occhi dalle mani di Alec – e non solo perché erano bellissime, ma perché si muovevano in modo ipnotico. Magnus notò i vari anelli alle dita affusolate dell’altro: uno al pollice, al medio e all’anulare per la mano destra, e uno all’indice e al mignolo per la mano sinistra.
Gli stavano bene. Adornavano le sue mani in modo perfetto, quasi quei dettagli andassero ad arricchire qualcosa che, di per sé, era già bellissimo.
Quando finalmente Alec prese posto sulla sedia davanti a lui, Magnus, non più distratto dai movimenti delle sue mani, riprese a respirare.
Una cosa che, tuttavia, smise nuovamente di fare giusto due secondi dopo quando Alec, sporgendosi un tantino verso di lui, inchiodò le sue iridi meravigliose su di lui e disse: “Per te, Magnus. Sono qui per te.”
Merda, era stato così concentrato a guardarlo che per un attimo si era dimenticato della domanda che gli aveva fatto. Poteva essere così stupido? Pensava di no, e invece doveva proprio ricredersi.
Ad ogni modo, quella risposta gli bloccò il respiro in gola. E il modo che aveva Alec di guardarlo, trasudando tutta la sicurezza di cui un essere umano può essere dotato, lo costrinse a distogliere lo sguardo. Non era abituato a reggere sguardi simili. Non era avvezzo a ricevere tanta schietta sincerità.
Alec si accorse di quel gesto e reagì appoggiando un indice sotto al mento di Magnus, spronandolo a guardarlo di nuovo. “Se le mie attenzioni ti disturbano, basta che tu me lo dica, Magnus. Me ne andrò e ti lascerò in pace.”
Era sincero. Magnus lo sapeva, glielo leggeva in quelle iridi regali e brillanti. In quel colore così particolare che aveva subito attirato la sua attenzione, la prima volta che si erano visti. Ancora prima della bellezza del suo viso, Magnus aveva notato quella dei suoi occhi.
“Non mi disturbano,” rispose, in un sussurro. “Non voglio che tu te ne vada.”
Alec sorrise e spostò il dito dal mento di Magnus, accarezzandogli leggermente quella piccola porzione di pelle con il polpastrello, prima di interrompere qualsiasi contatto. Tirò un impercettibile sospiro di sollievo a quelle parole.
“Sai, per un attimo alla festa ho pensato che il mio gay-radar fosse rotto.”
Magnus non riuscì a trattenere un sorriso. “Beh, è rotto.” Disse, indicando con un cenno del capo un portapenne vicino al computer sulla scrivania. Quando Alec seguì la traiettoria di quel gesto, notò una piccola bandiera inserita tra le penne. Rosa, viola, blu.
Magnus era bisessuale.
“Sì, hai ragione. Il mio radar sta perdendo colpi.”
Magnus rise e Alec lo seguì.
“Cominciamo?” Domandò il cartomante, dopo qualche istante, mostrandogli il mazzo di tarocchi.
Alec annuì e Magnus cominciò a mescolare le sue carte. Alec lo guardò fare in silenzio, prestando particolare attenzione all’espressione concentrata che comparve sul viso di Magnus: una piccola ruga di espressione solcò il centro delle sue sopracciglia, mentre estraeva dal mazzo la prima carta e la appoggiava sul tavolo.
“Il mago.” Disse Magnus, guardando prima la figura rappresentata nella carta e poi Alec, il quale si scoprì inaspettatamente curioso. Non era un mistero che la lettura delle carte non gli interessasse quanto il cartomante, ma adesso che tutto era cominciato non poteva negare una certa curiosità.
“Ed è positivo o negativo?”
Magnus sorrise. “È positivo: il mago è colui che è artefice della propria fortuna, chi ha capacità ed intelligenza, le usa, e grazie ai suoi meriti raggiunge risultati.”
“Oh,” Alec era colpito, “Mi piace questa carta.”
Magnus sorrise di nuovo, intenerito da quella reazione. “Anche a me.”
Il cartomante estrasse dal mazzo un’altra carta e l’appoggiò sul tavolo, accanto a quella del Mago. C’era raffigurata una donna, avvolta in una lunga veste regale e con una corona in testa. Alec pensò fosse una regina, ma Magnus lo smentì prima ancora che  lui parlasse.
“La papessa. Anch’essa positiva.” Specificò. “Rappresenta conoscenza, fede e fedeltà. Spesso si riferisce ad una figura femminile, affidabile e sincera.”
“Isabelle.” Commentò di getto Alec, “Mia sorella.”
Magnus notò il tono carico d’affetto con cui aveva pronunciato il nome della ragazza e, ancora, non riuscì a trattenere un sorriso. Alec era bello e appariscente, sicuro di sé e affascinante in una maniera letale, ma Magnus aveva l’impressione che ci fosse altro, in lui. Un lato tenero che non mostrava a chiunque.
Estrasse dal mazzo un’altra carta, talmente inequivocabile che lo fece arrossire a tal punto che sentì il viso andare a fuoco. Era una reazione sciocca! Quella lettura non riguardava lui, ma Alec, eppure si sentì ugualmente esposto, quasi come se la cosa riguardasse entrambi.
Forse lo speri, gli sussurrò una vocina nell’orecchio, ma lui la scacciò immediatamente.
“Gli amanti,” mormorò, in un sussurro strozzato. Meno male doveva rimanere professionale e non lasciarsi andare a nessun tipo di isterismo.
Professionalità, un corno. Come diamine poteva rimanere professionale se anche le carte gli remavano contro?
“Il significato è piuttosto ovvio,” Continuò, “Ma oltre all’amore, questa carta può avere altri significati: desiderio di una relazione d’amore vera, o attrazione fisica che si trasforma in attrazione spirituale.” Magnus teneva gli occhi bassi sulla carta, quasi non avesse il coraggio di guardare Alec in viso. Per questo non notò i suoi movimenti. Non notò che si era alzato dalla sedia, aveva circumnavigato la scrivania mentre Magnus guardava la carta e si era appoggiato al bordo, proprio vicino a lui. Solo quando la sua mano coprì quella di Magnus, il cartomante alzò lo sguardo sul suo cliente. Non prima di essersi esibito in un leggero sussulto sorpreso.
“Sai, per adesso è la mia carta preferita.” Gli sorrise e si chinò leggermente verso di lui. Aveva un profumo così buono, notò Magnus, mentre altro non aspettava che Alec arrivasse a destinazione: la sua bocca. Si sarebbe fatto baciare e l’avrebbe baciato a sua volta. Mentirebbe se dicesse di non aver fantasticato su questo momento, in queste settimane. Si era spesso domandato che fine avesse fatto il bel party-planner che aveva garantito per lui, quando si era imbucato ad una festa alla quale nemmeno voleva partecipare, ma alla quale la sua amica Clary aveva tanto insistito partecipasse. Peccato che si fosse dimenticata di metterlo in lista. Dopo quella sera, comunque, si era chiesto, un quantità innumerevole di volte, se si sarebbero mai rivisti e adesso era lì, nel suo studio, e stava per baciarlo.
Magnus stava per ringraziare la Fortuna, ma la dea bendata gli riservò un grosso tiro mancino proprio quando il viso di Alec era a due centimetri dal suo.
Il campanello di casa sua aveva preso a suonare come un ossesso.
“È uno scherzo!” Esclamò Alec, alzando gli occhi al cielo in un moto di frustrazione.
“Faccio presto.” Si scusò Magnus, alzandosi dalla sedia e uscendo dallo studio. Si diresse – con più fretta del necessario – verso la porta d’ingresso e l’aprì senza nemmeno controllare chi fosse, pienamente convinto che avrebbe trovato sull’uscio la signora Pearlman, la sua vicina ossessionata dai tarocchi e dal malocchio. Gli faceva visita almeno tre volte al giorno.  E Magnus, due sulle tre volte, la rimandava gentilmente a casa.
Quella volta, più che la gentile ma un po’ stramba signora Pearlman, Magnus sul suo uscio trovò la progenie di Satana.
“Camille.” Commentò a denti stretti. Non sopportava quell’arpia della sua ex. Erano stati insieme tre mesi, prima che lui capisse che lo tradiva ogni volta che ne aveva l’occasione e si divertiva pure a farlo passare per quello paranoico, quando sospettava l’ennesimo tradimento.
Si erano lasciati da sei mesi, ma lei puntualmente si presentava a casa sua per convincerlo a tornare insieme perché siamo anime gemelle, Magnus!
Magnus rabbrividiva in preda al ribrezzo ogni volta che le sentiva pronunciare quelle parole.
“Ciao, cucciolo.”
E rabbrividiva anche ogni volta che quel soprannome orribile raggiungeva le sue orecchie.
“Va’ via, Camille, ti prego. Lasciami in pace.” Fece per chiudere la porta, ma lei schiaffò con decisamente poca grazia il palmo sulla superficie in legno.
“Almeno lasciami parlare!!” Il suo tono uscì lagnoso, come quello di una bambina viziata a cui viene sottratto un gioco. Si riduceva tutto sempre e solo ad un capriccio, per Camille.
“No. So già cosa mi vuoi dire. E non voglio sentirlo. Non mi interessa.”
“Magnus!” Esclamò lei, con voce stridula. “Lo sai che non mi piace quando mi parli in questo modo!”
“E a me non piaci tu, eppure… eccoti qui, sulla mia soglia, mentre mi imponi la tua nefanda presenza. La vita sa essere ingiusta, a volte.”
“Detesto il tuo sarcasmo! Mi irrita!”
E tu irriti me, avrebbe voluto dirle, ma non voleva risultare troppo ripetitivo. Inoltre, se ancora le avesse dato corda, avrebbe prolungato la sua presenza sulla propria soglia e Magnus aveva una certa urgenza di tornare nel suo studio.
Prese un respiro profondo, facendo ricorso a tutta la sua pazienza, ma proprio quando stava per parlare, una voce giunse alle sue spalle.
“Che sta succedendo?”
Magnus si voltò quel tanto necessario per vedere Alec che gli veniva in contro. Non stava guardando lui, ma Camille. E non era uno sguardo che il cartomante avrebbe definito piacevole.
Senza dire una parola, Alec si piazzò alle sue spalle e lo abbracciò da dietro, stringendolo a sé, e appoggiando le mani sul suo addome e il mento sulla sua spalla. Il cuore di Magnus accelerò, come se fosse in preda ad una botta improvvisa di adrenalina. Il corpo di Alec era caldo contro il proprio e il suo profumo gli invase le narici nel modo più piacevole possibile. Era qualcosa di deciso, ma non per questo invadente, che gli ricordava l’odore del mare. Per un attimo, fu tentato di sciogliersi contro quel corpo, di assaporare fino in fondo la sensazione calda che quel contatto gli provocava. Per un attimo, si dimenticò persino di Camille, ma poi la sua voce fastidiosa gli trapanò le orecchie.
“E tu chi saresti??” Domandò, mal celando l’isteria.
“Alec, il suo ragazzo. Ti direi che è un piacere conoscerti, ma non mi piace dire bugie.”
“Stai insieme a lui?” Domandò stizzita, rivolgendosi a Magnus.
“Sì.” Confermò, godendosi a pieno l’espressione scioccata della donna, quando colto da chissà quale coraggio, Magnus sollevò una mano per accarezzare una delle guance di Alec. Si voltò leggermente per farlo, e solo in quel momento si accorse di quanto effettivamente fossero vicini i loro visi. Magnus, da quella misera distanza, riusciva a vedere quanto fossero lunghe le ciglia di Alec, e le piccole, minuscole lentiggini che puntellavano delicatamente e quasi impercettibilmente il suo naso.
“Ma noi ci apparteniamo!!”
Ancora, la voce odiosa di Camille lo strappò dalla sua attenta ed interessante analisi. Magnus dovette fare uno sforzo titanico per non alzare gli occhi al cielo. Sul serio, non l’aveva mai trovata insopportabile come in quel momento. Cosa aveva potuto trovarci, in lei, mesi prima? Magnus non sapeva dare una risposta a questa domanda.  
“Non è vero. E non c’è nessun noi, Camille.”
Era furiosa, così tanto che Magnus si aspettava di vedere il fumo uscirle dalle orecchie, come nei cartoni animati. Si sforzò enormemente per non scoppiare a ridere e la osservò mentre girava i tacchi, offesa oltre ogni limite, e si dirigeva verso l’ascensore.
Una volta che la strega fu fuori dai giochi, Magnus impiegò tre secondi a chiudere la porta. E una volta compiuto quel gesto, Alec interruppe anche qualsiasi contatto tra di loro. Magnus sentì come un vuoto che gli lasciò un brivido freddo sulla pelle.
“Grazie.” Gli disse, quando si voltò per guardarlo.
“Non c’è di che, tesoro. Sembrava parecchio fuori di testa e ho pensato che in due avremmo fatto prima a togliercela dai piedi.”
“Perché, c’è qualcosa che ti rende impaziente?” Lo sfidò Magnus, non sapendo esattamente dove stava trovando il coraggio di comportarsi in quel modo. Istinto, forse. Lo stesso che l’aveva spinto ad accarezzargli una guancia poco prima.
Alec, per tutta risposta, si morse il labbro inferiore e spinse Magnus contro la porta. Gli sfiorò la punta del naso con la propria e si passò la lingua sulle labbra, come se stesse pregustando qualcosa – un  bacio – che, tuttavia, si stava ancora negando. Percorse tutto il suo viso con gli occhi, come a volerne memorizzare anche il minimo dettaglio e alzò una mano per accarezzargli il viso.
“Chiarito che quella non è più la tua ragazza, ce l’hai un ragazzo?”
Magnus fu spiazzato da quella domanda: sia perché il suo cervello aveva smesso di funzionare correttamente non appena Alec si era leccato le sue bellissime labbra, sia perché pensava che il fatto che poco fa stavano per baciarsi la dicesse alquanto lunga sulla sua condizione di single.
O sul fatto che l’unico ragazzo che avrebbe voluto nella sua vita si trovava proprio davanti a lui e lo stava schiacciando, nel modo più piacevole possibile, con tutto il suo corpo contro la porta di casa sua.
Non avrebbe mai più visto la sua entrata con gli stessi occhi, di questo ne era certo.
“Mi pare una domanda futile, Alec.” Aveva la gola secca. Sembrava che la sua cavità orale si fosse improvvisamente riempita di sabbia. Era impaziente di essere baciato, come un adolescente alle prime armi, e tutto quel temporeggiare era quasi frustrante.
“Tu accontentami, tesoro. Ce l’hai un ragazzo?”
C’era sicuramente un motivo, dietro quella domanda. Magnus si chiese se non dipendesse dal fatto che, forse, in passato Alec avesse avuto a che fare con qualcuno che gli avesse mentito, magari uno di quegli uomini sposati che non dicono la verità a degli amanti che non sanno di essere amanti perché, appunto, non sanno dell’esistenza di un coniuge. Avrebbe voluto saperlo, avrebbe voluto conoscere ogni dettaglio del suo passato, della sua storia. Ma adesso… adesso l’unica cosa che voleva fare era accontentarlo, rassicurarlo.
“No, non ce l’ho.” Sussurrò, cercando di guardarlo negli occhi. Inutile, dal momento che quelli di Alec erano fissi sulla sua bocca. Magnus sentì, chiaro e definito, un brivido percorrergli tutta la colonna vertebrale.
“Bene,” La mano con cui poco prima gli stava accarezzando il viso scese, percorse il perimetro delineato della mascella e arrivò fino alle labbra. Alec gli accarezzò quello inferiore con il pollice. E Magnus reagì d’istinto a quel gesto schiudendo la bocca, la quale aveva ancora tutta l’attenzione dell’altro. Magnus sentì di nuovo un brivido percorrergli ogni centimetro della propria pelle, ma questa volta era caldo, bollente, quasi incontrollabile, un fremito ingestibile. “Perché sarebbe stato imbarazzante uscire in tre,” Continuò, e questa volta i suoi occhi cercarono quelli di Magnus e lì si incatenarono. Fermi, saldi, immobili. Bellissimi. “E siccome non mi piace condividere, alla fine avrei dovuto sfidarlo a duello e lottare con lui per vincere il tuo cuore.”
“Stai per caso dicendo che sono un premio da vincere?” Replicò, seguendo il tono scherzoso di Alec.
“No,” Alec percorse ancora il suo viso con lo sguardo, e si fece serio. “Ti sto dicendo che ne vali la pena.”
“Non puoi saperlo, non mi conosci neanche.” Sussurrò, rapito da quelle inaspettate parole.
“Chiamalo istinto. Di solito non sbaglio.” 
“Sbruffone.”
Alec rise. “Se non vuoi darmi ragione subito, puoi sempre uscire con me e darmi ragione in seguito.”
Magnus lo guardò impegnandosi al massimo per riservargli un’espressione pungente, ma non ci riuscì. Le sue labbra vennero inevitabilmente tirate in un sorriso divertito.
“D’accordo, ci sto.”
Alec annuì. “Adesso, vieni qui.”
Magnus avrebbe voluto assecondare quella richiesta avvicinandosi, ma Alec lo precedette. Appoggiò tutto il proprio corpo al suo, aderendo come una seconda pelle e intrappolandolo contro la porta. Avvicinò il viso al suo e si appropriò delle sue labbra con una voracità famelica, mentre una delle sue mani andava a piazzarsi dietro la nuca di Magnus e cominciava a giocare con i suoi capelli disordinati.
Magnus accolse la lingua di Alec e insieme diedero il via ad un bacio appassionato, qualcosa che accese il cuore di  Magnus di un fuoco che non bruciava da tempo. Anzi, mai nessun fuoco simile si era acceso dentro di lui. Nessun bacio, dato o ricevuto, era paragonabile a quello in cui era impegnato adesso. Poteva dire, senza ombra di dubbio, che fosse il miglior bacio di tutta la sua vita.
Alec lo faceva sentire desiderato come nessuno prima di lui aveva mai fatto, e lo baciava come se avesse voluto prendersi ogni fibra del suo corpo, ma allo stesso tempo avesse voluto donargli ogni fibra del proprio.
Gli faceva mancare il respiro e girare la testa, eppure non ne aveva abbastanza. Era ebbro, ma mai sazio di quelle labbra dal sapore più dolce che avesse mai assaggiato. Ne voleva ancora, e ancora, e ancora. Si staccavano giusto il tempo necessario per riprendere aria e ricominciare a far scontrare le loro labbra, a far aderire i loro corpi. Magnus allacciò le proprie mani dietro il collo di Alec e con una gamba, avvolse la sua vita per tirarlo ancora più a sé. Un gemito di stupore uscì dalla gola di Alec e Magnus se ne appropriò senza pensarci due volte con un altro bacio.
Le mani di Alec lasciarono la nuca di Magnus e scesero, impazienti, ma non per questo frettolose, accarezzando le sue spalle e scendendo, sempre di più, fino a raggiungere i fianchi e, successivamente, le gambe. Magnus si stupì quando capì le intenzioni dell’altro: Alec lo stava sollevando, afferrandolo per le cosce. Le sue mani si aggrapparono ad esse con una decisione tale che Magnus sentì lo stomaco contorcersi su se stesso, ma lo lasciò fare. Anzi, lo aiutò persino a sollevarsi, intrecciando poi le gambe dietro la sua schiena. Aveva l’impressione che Alec fosse un tipo possessivo (non mi piace condividere), ma non in modo inquietante o tossico (se le mie attenzioni ti disturbano, basta che tu me lo dica. Me ne andrò e ti lascerò in pace) piuttosto, in quel modo dolce che ti fa sentire le farfalle nello stomaco – e i suoi gesti, nella loro decisione, lo dimostravano. Alec lo voleva. Magnus lo percepiva in ogni bacio e nel modo in cui si era sistemato tra le sue gambe. Era tutto così naturale. Tutto così giusto. Magnus ebbe l’impressione di aver trovato un pezzo mancante di se stesso. E non solo perché Alec si incastrava perfettamente al suo corpo. Era come diceva la carta degli amanti: un’attrazione fisica (e di quella ce n’era tantissima) destinata a diventare un’attrazione spirituale. La ricerca, e il conseguente raggiungimento, di una vera relazione d’amore.
“Dobbiamo fermarci.” Ansimò Alec contro le sue labbra, estraniando così Magnus dai suoi pensieri. Appoggiò la fronte alla sua. “Se andiamo avanti, non riuscirò più a resisterti.”
Magnus lo capiva. Lo capiva perfettamente.
“E non voglio che succeda così. Voglio andarci piano.”
Magnus la trovò una cosa estremamente romantica. “Sì, d’accordo.” Gli baciò la punta del naso, stupendosi piacevolmente da solo per tanta audacia.
Gli hai infilato mezzo metro di lingua in gola, bello mio, un bacio sul naso non è audacia!
Giusto, sì, ottima osservazione.
“Lo vuoi quel drink, adesso?”
“Sì.” Gli baciò a stampo le labbra lucide e gonfie, un contatto leggero paragonato ai precedenti. “Direi che è un’ottima idea.” Alec si staccò da lui, liberandolo in questo modo da sé e dalla porta, e aiutandolo a rimettere i piedi per terra. Magnus fu attraversato di nuovo da quella sensazione di vuoto, che tuttavia sparì immediatamente non appena Alec gli rivolse un sorriso appagato.
“Vieni con me.” gli disse Magnus, consapevole di guardarlo come se avesse trovato un tesoro raro.
Istinto.
A volte basta solo quello. E Magnus aveva davvero la sensazione di aver incontrato qualcuno di speciale. Ne era certo.




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Ciao a tutti!
Questa OS nasce essenzialmente per due motivi: in preda alla nostalgia, ho cercato Malec su Tumblr e mi sono imbattuta in un sacco di post che parlavano dei Malec della 1x10. Questo, più l’aver visto una fanart nella quale Magnus leggeva le carte ad uno sfacciato Alec (secondo motivo) ha fatto sì che nel mio cervello ronzasse un’idea. E allora ho pensato di provare a scriverci qualcosa ed è nata questa OS.
Ora, non penso di essere riuscita in pieno a rappresentare questi AU!Malec come nella serie, ma spero comunque che vi siano piaciuti!
Mi sarebbe piaciuto almeno sapere che fine hanno fatto nella serie, se sono usciti e si sono innamorati. Se AU!Alec è una diva. Se AU!Magnus, sotto la sua timidezza, è un gattino sarcastico.
Comunque, bando alle mie ciance!
Spero che la OS vi sia piaciuta e se ne avete voglia, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Se siete arrivati fino alla fine vi ringrazio!
Un abbraccio, alla prossima! <3


 
   
 
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