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Autore: Menade Danzante    26/09/2019    3 recensioni
[Established Relationship | Post-Apoca-nope | Post-"Una settimana e un giorno"]
Dal testo: "La mano del demone si allungò furtiva sull'altro lato del letto e lo trovò vuoto, ma il proprietario non si scompose minimamente: Aziraphale, quando non passava la notte a dormire, gli faceva compagnia fino alle prime luci del giorno, quando lo svegliava con un lieve tocco sulla parte del corpo più vicina a lui e gli comunicava che sarebbe andato da qualche parte o a leggere alle piante. Crowley impiegò qualche istante prima di ricordare che l'aveva fatto anche quel giorno: gli aveva annunciato che sarebbe uscito per un po' e che sarebbe stato di ritorno in tempo per trovarlo di nuovo sveglio. Ricordò anche di avergli sorriso, completamente vinto dalla delicatezza che l'altro gli riservava sempre quando lo lasciava tornare al suo amato sonno."
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'How to cope with Apoca-nope and be happy'
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wooden

Una gamba di legno di nome Smith









La mano del demone si allungò furtiva sull'altro lato del letto e lo trovò vuoto, ma il proprietario non si scompose minimamente: Aziraphale, quando non passava la notte a dormire, gli faceva compagnia fino alle prime luci del giorno, quando lo svegliava con un lieve tocco sulla parte del corpo più vicina a lui e gli comunicava che sarebbe andato da qualche parte o a leggere alle piante. Crowley impiegò qualche istante prima di ricordare che l'aveva fatto anche quel giorno: gli aveva annunciato che sarebbe uscito per un po' e che sarebbe stato di ritorno in tempo per trovarlo di nuovo sveglio. Ricordò anche di avergli sorriso, completamente vinto dalla delicatezza che l'altro gli riservava sempre quando lo lasciava tornare al suo amato sonno. Quei sorrisi erano rari e dettati esclusivamente dal poco autocontrollo che il demone esercitava sui suoi muscoli appena apriva gli occhi dopo una bella dormita. Aveva cominciato a sospettare che Aziraphale approfittasse di quei momenti per rubargli delle reazioni poco gestibili, ma non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo ad alta voce: finché l'angelo non avesse rivelato ad anima viva quelle sue piccole debolezze, sarebbe andato tutto bene.

Dal chiarore della stanza dovevano essere all'incirca le dieci del mattino. Crowley sbuffò un sospiro annoiato prima di sistemarsi meglio sul materasso per cercare di far scivolare le coperte più in alto sul suo corpo, ma capì ben presto che stare sdraiato sulla pancia non era l'ideale per un'operazione del genere. Rinunciò poco dopo accontentandosi di aggrapparsi al cuscino con entrambe le braccia.

Non passarono più di cinque minuti che venne interpellato dalla soglia della stanza.

«Crowley?» bisbigliò Aziraphale pianissimo. Se fosse stato ancora addormentato, il demone non l'avrebbe sentito.

«Mmm» fu l'unico suono che Crowley riuscì ad emettere: tanto bastò per far alzare il tono di voce all'altro.

«Posso entrare, caro?»

La richiesta fu così assurda per il demone che dovette aprire gli occhi del tutto prima di aggrottare la fronte, improvvisamente più sveglio di prima. Che razza di domanda gli aveva posto l'angelo? Quella era la loro camera, Aziraphale non aveva alcun bisogno di permessi speciali per avvicinarsi al letto o a qualsiasi altro punto della stanza.

«Vieni». Avrebbe voluto fargli notare la cosa, ma il sonno pesava ancora traditore sulle sue palpebre perché potesse anche solo pensare di formulare a parole quella che era stata più una sensazione che il frutto di un vero e proprio atto di intelligenza. Si spostò automaticamente verso il centro dell'enorme letto per dare la possibilità ad Aziraphale di sedersi e si sforzò di voltare la testa per guardarlo negli occhi.

«Ti ho svegliato?»

Crowley scosse il capo come poté: si stava solo godendo gli ultimi attimi di relax prima di alzarsi. L'angelo sorrise e avvicinò lentamente due dita alla guancia del demone in una lieve carezza che fece sussultare appena il rosso. Non si sarebbe mai abituato a quelle tenerezze, lo sapeva, e, a giudicare dal guizzo negli occhi di Aziraphale, lo sapeva pure il suo bastardo aguzzino.

«Che c'è?» chiese, cercando di suonare brusco o quantomeno annoiato dalle moine dell'angelo. Capì di aver fallito miseramente nell'incrociare lo sguardo del biondo per la seconda volta.

«Ho pensato che potremmo fare colazione» cinguettò Aziraphale.

«Una vera novità. Complimenti, angelo» commentò Crowley, maledicendo i suoi tempi di recupero che non gli permettevano di suonare sarcastico al punto giusto – non che il biondo fosse proprio un campione nell'individuarlo, ma per il demone rimaneva comunque un vanto personale.

«Dove?» chiese, cominciando davvero a riprendere coscienza del mondo e voltandosi finalmente a pancia in su cercando di non avvilupparsi goffamente nelle coperte.

«Qui» rispose Aziraphale. «In casa» precisò poi di fronte alla faccia stupita del demone. Ecco, quella era una novità: in casa o in libreria bevevano e basta. Probabilmente la più impegnativa sfida culinaria in cui si erano lanciati era consistita nel mettere a bollire l'acqua per il tè o nel preparare manualmente una cioccolata calda senza bruciarla nel processo. In più, il palato di Aziraphale era fin troppo delicato perché le banali confetture di Tesco1 potessero suscitare in lui il benché minimo interesse, e la stessa cosa valeva per tutti i prodotti dozzinali che la colazione poteva prevedere nel reparto dedicato del supermercato.

«Sei sicuro?» chiese Crowley, più sveglio che mai.

L'angelo annuì con vigore prima di battere la mano sul materasso in modo definitivo. «Ti aspetto di là, caro». Uscì prima che il demone potesse replicare alcunché e a Crowley non rimase che alzarsi.

Non ci mise molto a rendersi presentabile e a rinfrescarsi il viso per scacciare via le ultime tracce di sonno, compreso il solco che il cuscino gli aveva generosamente lasciato proprio sulla guancia che Aziraphale aveva accarezzato – Crowley si disse che sicuramente l'aveva trovata buffa.

La curiosità di vedere cosa l'angelo si fosse fatto venire in mente superava l'odio per le sorprese alle quali non sapeva reagire. Immaginava che Aziraphale avesse fatto un giro in qualche forno squisito di sua conoscenza e avesse solo apparecchiato una tavola invitante per sperimentare un po' di quella domesticità con cui nessuno dei due aveva mai fatto i conti in seimila anni. L'idea scaldava il petto di Crowley più di quanto fosse disposto ad ammettere persino a sé stesso e si odiava non poco ogni volta che sentiva una strana e fastidiosa fitta allo stomaco che lo coglieva ad ogni santa nuova trovata di Aziraphale, ma ormai aveva capito di non poter fare niente in proposito. Non si stupì affatto, di conseguenza, di avvertire quella stessa tensione una volta pronto ad unirsi all'angelo in sala o in qualunque altra stanza dell'appartamento avesse scelto per allestire quel tavolo. Né fece alcunché per reprimere lo stupido sorriso che gli era spuntato davanti allo specchio mentre sistemava la collana: anche quello faceva parte del pacchetto completo.



Stanza non era propriamente la parola adatta per descrivere il luogo in cui Aziraphale si era ingegnato a piazzare un tavolo per due: Crowley dovette aggrapparsi al muro del soggiorno delle piante per non crollare a terra in preda ad un mancamento.

«Che diavolo...?» sussurrò più a sé stesso che ad Aziraphale, che lo guardava dall'altro lato della sala godendosi ogni sua singola reazione.

«Non è possibile» disse Crowley a voce più alta senza riuscire ad abbassare lo sguardo dal folle prodigio che la sua mente faticava a comprendere. Perché , Aziraphale aveva allestito un tavolo, ma aveva deciso di farlo nel posto più improbabile di tutti: il soffitto. Le sedie fluttuavano compostamente intorno alla sua circonferenza e, anche se Crowley non riusciva a vederle, era certo che sulla tovaglia lilla vi fossero tazzine e teiere e... cose, qualunque cosa fosse utile per una stramaledetta colazione.

Fissò quella composizione assurda per almeno tre minuti interi senza chiudere la bocca prima che la voce di Aziraphale lo riportasse alla realtà.

«Lo so che non approvi,» ammise l'angelo, trattenendo a stento il sorriso, «però mi è sembrato infelice non provare nemmeno una volta una cosa divertente come questa»

Crowley capì e si disse che avrebbe dovuto prevederlo con largo anticipo. Quando aveva fatto vedere Mary Poppins ad Aziraphale per la prima volta qualche giorno prima, in effetti, l'angelo era stato così entusiasta durante la sequenza del tè sul soffitto che il demone avrebbe davvero dovuto immaginare che prima o poi avrebbero mangiato lì anche loro. O quello, o saltare da un tetto di Londra all'altro, di notte, ricoperti di fuliggine. Doveva ammettere che se il biondo lo avesse posto di fronte alla scelta, non avrebbe davvero esitato a optare per il pasto sospeso a mezz'aria.

«Non posso farti vedere un film che tu fai questo?!» esclamò allibito Crowley.

Aziraphale piegò leggermente la testa di lato e assunse un cipiglio vagamente altezzoso: il demone seppe all'istante di avergli dato uno spunto per una replica che non avrebbe ammesso obiezioni.

«Non credo di essere stato l'unico ad aver tratto ispirazione dagli straordinari metodi di Julie Andrews. O sbaglio, caro?»

Crowley arrossì di botto, ma non seppe bene per quale ragione: sicuramente l'imbarazzo di essere stato messo all'angolo influiva sul suo colorito, ma c'era anche una punta di sfacciato orgoglio in quel rossore. Aveva insistito per vedere quel film perché Aziraphale potesse notare le evidenti somiglianze tra la tata della famiglia Banks e quella in casa Dowling. Si era ritenuto un po' offeso quando l'angelo non si era degnato di fare nemmeno un commento in tal senso, ma alla fine aveva scelto di non puntualizzare e di discolpare Aziraphale dalla terribile onta di non averlo spiato abbastanza quando aveva vestito i panni di Tata Ashtoreth. Quella provocazione, però, cambiava tutto.

«Tu... Tu l'hai capito» dedusse, incredulo e dimentico dell'ombra del tavolo sul pavimento.

L'angelo sorrise teneramente. «Oh, Crowley. Ma certo»

«E perché non l'hai detto prima?!» indagò, suonando più acuto di quanto avesse voluto. Dal modo in cui Aziraphale intrecciò le mani in grembo la risposta gli sembrò ovvia: per tirare fuori l'argomento alla prima occasione utile per ottenere qualche vantaggio personale, come quello di fargli mangiare un toast con burro e marmellata sul lato sbagliato della stanza.

Crowley rilassò le spalle: riconosceva una certa genialità perversa in quel comportamento e di sicuro gli piaceva, anche quando a rimetterci la dignità era lui.

Gli si mozzò il respiro in gola quando l'angelo riprese a parlare senza rispondere alla domanda.

«Credo che saresti stato una tata perfetta se non avessi avuto il compito di indirizzare il giovane Warlock verso il Male»

Lo sguardo che Aziraphale gli stava rivolgendo era così dolce e amorevole che Crowley nemmeno si accorse della portata del complimento, né si ricordò di inveire perché lui era un demone e “tata perfetta” non figurava nella descrizione dell'incarico. Deglutì cercando di far sparire la fitta allo stomaco che era tornata a farsi sentire, ma il risultato fu così scarso che decise di lasciar perdere subito.

«Ci accomodiamo? Vuoi?» continuò Aziraphale, sporgendosi in avanti per richiamare una sedia dal soffitto e indicare a Crowley di sedersi. «Potremmo volare fino a lì, ma non credo che la stanza ci permetta di aprire e sbattere le ali, perciò...»

Il demone recuperò l'uso delle gambe e della parola. «Non aspettarti che mi metta a cantare, angelo, perché non ne ho veramente intenzione»

Aziraphale rise. «Me ne farò una ragione, caro»

Il demone fece per sedersi, ma il mezzo giro su sé stesso gli fece notare per la prima volta le piante intorno a loro. Storse il naso con disgusto e le indicò con la testa. «Devono proprio stare con noi?»

Vide chiaramente il corpo dell'angelo scosso da un improvviso tremito per il pronome che aveva usato e Crowley ne fu spietatamente felice: non era giusto che fosse solo lui ad avere ripercussioni fisiche quando si trattava della loro relazione. Quella era la sua personale rivincita dopo tutto quello che subiva giornalmente in presenza del biondo.

«È la stanza più bella» spiegò Aziraphale dopo essersi ripreso. «E lo è grazie a loro»

Il demone aveva i suoi dubbi su quell'asserzione: soltanto il giorno prima aveva trovato una foglia troppo mogia rispetto alle altre e, senza farsi vedere dall'angelo, l'aveva sgridata a dovere. Meritavano di rimanere sole per comprendere il rimprovero, altrimenti così non avrebbero mai imparato, ne era certo, ma Aziraphale aveva usato il tono impositivo con cui lo rimetteva in riga: a Crowley non rimase che sibilare in direzione delle foglie più vicine e prendere posto sulla sedia perché Aziraphale lo portasse a un passo dal soffitto con un miracolo.

Alzò gli occhi al cielo nel vedere la tavola per la prima volta: pasticcini, biscotti, pancake, muffin, bacon, uova, caffè, tè e latte, più qualche sciroppo che Crowley non perse tempo a identificare. La fitta non accennò a sparire nemmeno quando si disse che tutto quello era una follia ridicola: se possibile si intensificò quando Aziraphale lo raggiunse e cominciò a servirsi delle varie prelibatezze.

Contro ogni previsione, il demone si abituò ben presto alla sensazione di non avere la terra sotto ai piedi, e dopo qualche minuto anche l'ondeggiare del tavolo passò dall'essere un ostacolo per qualsiasi operazione che richiedesse l'uso delle posate all'essere una piacevole culla per i movimenti di entrambi, nonché un perfetto mescolatore automatico per il tè. Crowley smangiucchiò qui e là sia i piatti dolci che quelli salati, ma il suo vero godimento era un altro: il sorriso smagliante di Aziraphale ogni volta che si guardava intorno e confermava a sé stesso di essere riuscito a replicare una delle sue scene preferite di un film.




«Per scendere dobbiamo pensare a qualcosa di triste?» chiese con sarcasmo Crowley quando furono entrambi sazi e appagati.

Aziraphale rise. «Oh no, non credo che si debba arrivare a tanto»

Il demone scosse il capo sconvolto dal fatto di aver davvero ricevuto risposta a una domanda retorica come quella. Fece schioccare le dita e gentilmente persero quota fino a toccare il pavimento senza alcun danno nemmeno per le porcellane.

L'angelo pose la mano su quella di Crowley e lo guardò negli occhi con intensità.

«Grazie» fornì semplicemente, ma fu abbastanza per mandare il demone in confusione.

Non gli venne niente di perfido da dire, né di tenero. Con le parole non andava d'accordo: per lui sarebbe stato tutto molto più semplice se fosse stato in grado di trasmettere per via cutanea il caos di sensazioni ed emozioni che gli albergava dentro ogni volta che Aziraphale agiva nei suoi confronti con quella morbidezza. Questo gli avrebbe risparmiato i silenzi goffi con cui generalmente cercava di mascherare i suoi sentimenti, ma purtroppo il suo involucro mortale non gli permetteva di arrivare a tanto. Si limitò, dunque, a catturare gentilmente la mano dell'angelo nella sua, sperando che quello fosse sufficiente a dargli un'idea di quello che provava.

«La prossima volta avvisami, però» disse, sperando di apparire burbero. «Ho quasi avuto un infarto»

«Che esagerazione!» lo canzonò l'altro. «E comunque... La prossima volta?». Aziraphale strinse a sua volta la mano del demone e sorrise.

Sospirò e alzò gli occhi al cielo per tenere alta la sua dignità di creatura malvagia prima di annuire: purtroppo l'avrebbe davvero rifatto se fosse servito a vedere Aziraphale così felice. Il tentativo di sembrare scocciato, tuttavia, andò completamente in frantumi quando l'angelo si sporse sul tavolino per portarsi le nocche di Crowley alle labbra e depositarvi un bacio.

Prima o poi, il demone ne era certissimo, sarebbe morto discorporato e sarebbe stata tutta colpa di Aziraphale e delle sue smancerie. Quella mattina, però, Crowley si limitò a stringere più forte la mano dell'angelo: non era ancora giunta la sua ora di morire.









Note:

[1]: Tesco è una linea di supermercati britannici.
Il titolo è una citazione a Mary Poppins, nello specifico alla battuta: “Conosco un uomo con una gamba di legno di nome Smith”, “E come si chiama l'altra gamba?”.

   
 
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