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Autore: Sabriel Schermann    27/09/2019    6 recensioni
Alex si ritrovò di fronte la pagina limpida del diario che aveva iniziato quel giorno di fine estate, riflettendo su che cosa scrivere.
Il rumore dell’acqua che scivolava sulle piastrelle le inondava la mente di pensieri.
Le pareva di essere un corpo fluttuante sul mare, poggiato su una conchiglia.
[Storia classificata al quinto posto al contest “Happy Birthday To You" indetto da MaryLondon sul Forum di EFP]
[Storia classificata al secondo posto al contest "Contest - Una macchia di storia" indetto da Inchiostro_nel_Sangue sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La Casa di Cristallo'
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La Rinascita

 

 

 

 

 

Alex entrò in casa, girò la chiave nella serratura e ripose le scarpe al proprio posto. Aveva avuto una giornata estenuante e non aspettava altro che potersi finalmente coricare sul letto e addormentare.
Non riusciva a smettere di pensare al cranio che avevano trovato i suoi colleghi quella mattina nella piccola palude poco lontano dal bosco.
Doveva scoprire a chi appartenesse, aveva bisogno di dargli un nome e unirlo al resto del corpo a cui spettava.
Ripose la giacca nel ripostiglio, dirigendosi verso la cucina, riempiendo un pentolino d’acqua e ponendolo sul fuoco.
Il ricordo del suo primo caso le balzò alla mente all’improvviso: la polizia doveva scoperchiare un sepolcro a causa di un errore nell’autopsia del cadavere all’interno che, a loro avviso, avrebbe contribuito a incriminare la persona sbagliata.
La carne era quasi del tutto scomparsa, nonostante la donna fosse stata inumata in un sarcofago di legno solamente cinque anni prima.
Per molto tempo Alex non riuscì a identificare nulla di estraneo sui suoi resti, fino a quando un pomeriggio, sul punto di dirigersi verso casa, non diede un’ultima occhiata al costato, su cui campeggiavano ancora minuscoli lembi di tessuto umano.
Un residuo simile alla punta di una lancia era stato conficcato nell’osso, rendendo probabilmente quasi del tutto impossibile notarlo attraverso la carne. Doveva essere rimasto lì per molto tempo prima che la vittima morisse, perché nulla faceva intendere che la ferita esterna non si fosse rimarginata.
Rovesciò all’interno del pentolino qualche foglia di tè nero alla cannella, dirigendosi poi verso la camera da letto.
Si infilò dei pantaloni comodi, distendendosi sulla parte di materasso su cui dormiva David, rammentandosi improvvisamente delle caramelle che il ragazzo era solito nascondere nel cassetto del suo comodino.
Non gli piacevano, ma per qualche particolare ragione che Alex non riusciva a comprendere, masticarle prima di addormentarsi lo aiutava a prendere sonno più facilmente.
Presa dalla curiosità, spalancò il cassetto, sbirciandone l’interno: sotto le caramelle, imponente come la più alta delle piramidi, campeggiava un oggetto che aveva ormai eliminato dalla memoria, sorprendendola come un colpo inaspettato in pieno viso.
Interdetta, lo prese delicatamente tra le mani, aprendo la prima pagina, quasi completamente bianca.
Ricordava bene di averlo iniziato quel giorno di fine estate, il giorno in cui prese la decisione di andare via, il giorno della morte di Lukas.
Aveva deciso di segnare la data e basta, per ricordarlo così, come il giorno più vuoto e più pieno della propria vita.
Sfogliò le pagine sottili, ormai rovinate dal tempo, scoprendo che l’inchiostro era a tratti quasi scomparso. Decise dunque di ricalcarlo nuovamente, per non perdere la memoria.
Le parole disseminateci sopra però, suggerivano tutt’altro che bei ricordi. Dopo la morte di Lukas, il suo unico confidente, si sentì come un vagabondo senza bussola che aveva perduto inaspettatamente la strada della salvezza.
Da quel giorno, lentamente, ebbe inizio il declino.

 

˷

 

Aveva appena superato l’uscita del laboratorio quando se la ritrovò davanti, accostata al muretto di pietra circostante l’edificio, i capelli corvini risplendenti al sole e racchiusi in un’elegante crocchia leggermente spettinata.
La vide avvicinarsi lentamente, quasi con timore.
«Ehi» la salutò senza troppo entusiasmo, come si fa con una vecchia amica che, in fondo, abbiamo abbandonato.
Alex ricambiò il saluto, osservandola con attenzione. Le sue forme armoniose erano avvolte in dei stretti pantaloni di stoffa neri, mentre il seno era incastrato dietro una maglietta verde tenue che pareva decisamente troppo calda per quella stagione.
«Devo parlarti di una questione» le disse schietta la ragazza di fronte a lei, anticipandola. «Possiamo andare in un posto tranquillo?».
Alex esitò qualche istante: «A casa mia non dovrebbe esserci nessuno» le rispose dirigendosi verso la bicicletta che utilizzava ogni giorno.
«Sei a piedi?». La giovane fece un cenno di assenso.
«Siediti dietro allora» le propose, «faremo presto».
Quando entrarono in casa, qualche minuto più tardi, Alex la fece accomodare sul sofà appena acquistato dai genitori.
«Ti va un Clover Club¹?».
La ragazza la fissò con sguardo confuso.
«Un cocktail a base di gin» sorrise Alex, dirigendosi verso la cucina.
«Da quando sai fare i cocktail?» gridò l’altra di rimando, accomodandosi sul divano.
«Da quando avevo sedici anni» rispose Alex raggiungendola e porgendole la bevanda qualche minuto più tardi, «lavoravo al bar della piazza».
Un silenzio imbarazzante avvolse improvvisamente la stanza.
«Perché sei qui, Sindy?».
La vide sorseggiare lentamente il liquido dolciastro, lasciandolo scorrere sulla lingua e nella gola, leccandosi le labbra.
«Ho bisogno di un favore» le disse con lo sguardo rivolto al pavimento, poggiando il bicchiere sul tavolino di vetro al centro del salotto, per poi protendersi verso di lei.
Alex aveva sempre considerato Sindy una persona attraente e intelligente, ma non aveva mai preso in considerazione l’idea che potessero diventare amiche. Al contrario, credeva non sarebbero mai andate d’accordo, e soprattutto che la ragazza non si sarebbe mai abbassata a chiederle aiuto.
«Dimmi pure» rispose Alex, abbandonandosi ai cuscini dietro la sua schiena, sorseggiando il suo cocktail.
Le era venuto particolarmente buono, come forse le veniva sempre, nonostante le costanti lamentele del proprietario del locale.
Vide la ragazza di fronte a lei agitarsi, passandosi una mano nei capelli, alzandosi poi in piedi.
«Ma come fai?!». Sindy quasi gridò. «Come diavolo fai a rimanere così impassibile dopo la morte di tuo fratello?».
Sindy prese a vagare per la stanza a passo svelto.
«Spiegami, è normale che lui sia stato arso vivo e tu te ne stai qui a sorseggiare il tuo cazzo di cocktail?!» le gridò, ponendosele davanti.
Alex poggiò lentamente il bicchiere sul tavolino, levandosi in piedi con aria minacciosa: «Come osi venire a casa mia e accusarmi di non amare mio fratello?».
Un incendio la stava ardendo dall’interno.
«Non ti accuso» rispose Sindy di rimando, «mi baso su ciò che vedo» continuò con tono più calmo, puntandole un dito contro.
«E quello che vedo è che sei un’egocentrica vittimista del cazzo, presa solo dai tuoi obiettivi e dalle tue manie, proprio come apparivi a scuola».
La vide avvicinarsi a passo lento, con aria scura.
«Ti stavano tutti dietro perché soffrivi di bulimia, ma io davanti a me ora vedo una persona sana e più che in forma!».
Poi, silenzio. Fu un attimo, e fu inevitabile.
Il palmo della mano destra di Alex colpì energicamente la guancia sinistra di Sindy, facendola indietreggiare e causandole un bruciore che fino a quel momento aveva provato soltanto con Martin, in circostanze diverse.
La guancia le bruciava terribilmente.
Sindy si accasciò a terra, tenendosi il viso con entrambe le mani. Senza realizzarlo, si coprì istintivamente il capo con le braccia, rannicchiandosi su se stessa.
Alex si trovò davanti agli occhi una scena del tutto inaspettata: la giovane donna che solo qualche minuto prima la accusava di menefreghismo ed egocentrismo, era ora avvolta su se stessa, tentando disperatamente di proteggersi, come se qualcuno stesse continuando a colpirla, ancora e ancora.
Alex sapeva bene che questo comportamento poteva significare solo una cosa.
Le si avvicinò lentamente, accovacciandosi accanto a lei.
«Scusami» sussurrò, «non intendevo farti del male. Non voglio picchiarti» continuò in tono cauto.
La vide scostare lentamente le mani dal viso, osservandola con occhi velati di lacrime.
Alex le carezzò d’istinto la guancia urtata, facendo una lunga pausa prima di ricominciare a parlare.
«Mio fratello era il mio unico punto di riferimento» mormorò con lo sguardo perso nel vuoto.
«È stato lui a infondere fiducia in me in quel periodo» continuò.
«Mi sentivo male alla sola idea di uscire di casa, perché non ero come te e come le altre, perché non rispecchiavo gli standard di bellezza prefissati dalla società. E’ stato lui a insegnarmi a piacermi come sono» continuò.
«Lukas era un drogato del cazzo, questo lo sappiamo tutti». Alex fece una pausa. «Ma era una persona autentica».
Una lacrima solitaria fuggì furtivamente dalle sue iridi lucenti, ma si disperse subito lanciandosi nel vuoto.
«Ho dovuto imparare ad essere forte per sopportare le chiacchiere, per avere una vita normale».
Sindy la osservava assorta, con le labbra semiaperte.
Si fissarono per un tempo indefinito, disperdendosi l’una nello sguardo dell’altra, così tanto che i colori dei loro occhi parevano mescolarsi insieme: forse un legame l’avevano già creato, al contrario di quanto credevano entrambe.
Alex era consapevole di ciò che stava per fare, ma decise di dedicarsi al presente e di prendere la vita come veniva, come Lukas le aveva insegnato. Sapeva che Sindy amava i ragazzi, come li amava lei, ma non poté impedirsi, in quel momento, di prenderle il viso tra le mani e poggiare delicatamente le proprie labbra su quelle della giovane donna, piene e rossastre.
Sapevano inaspettatamente di lacrime, salate e dolci allo stesso tempo, come la ragazza a cui appartenevano.
Sindy rispose con trasporto, aggrappandosi al collo di Alex con una mano, lasciando che l’altra scorresse verso i suoi seni prosperosi, stringendoli tra le dita fino a farla mugolare nella sua bocca.
Sindy non poteva dire di non avere avuto dei dubbi riguardo la propria sessualità, ma non ne aveva mai avuti sul fatto che amasse gli uomini, e soprattutto sul fatto che amasse Martin.
Nonostante ciò, in quel momento la curiosità era più forte di qualsiasi altro pensiero potesse passarle per la testa.
Lasciò roteare la lingua intorno a quella della donna, tracciando il contorno delle labbra, stringendole le spalle, il seno, la vita.
Poi, come un’improvvisa scossa tellurica, la porta d’ingresso si spalancò, lasciando intravedere una figura femminile sulla soglia, immobile. Le due giovani si separarono subito, osservandosi con sguardo allarmato. Non sapevano se fossero pronte alle conseguenze, ma le avrebbero affrontate, qualsiasi esse fossero state.

 

˷

 

Alex si ritrovò di fronte la pagina limpida del diario che aveva iniziato quel giorno di fine estate, riflettendo su che cosa scrivere.
Troppo tempo era passato da quando aveva scritto l’ultima volta e temeva di non essere più in grado di esprimere ciò che realmente desiderava.
Mentre il sapore amarognolo del tè le scorreva bollente giù per la gola, accese la televisione, senza prestarci troppa attenzione.
Con un brusio in sottofondo, si sedette al tavolo della cucina, cominciando a scrivere all’improvviso, come in preda ad una crisi di astinenza.
La memoria la guidava tra la marea di parole che affollava la sua testa, imbrattando il sottile foglio bianco. Non riusciva più a fermarsi.

 

“Caro Lukas,
questi anni sono passati alla velocità di quei temporali estivi di cui ti lamentavi sempre.
Sono finalmente diventata un’archeologa forense, come tanto desideravo, e potrei anche essere in grado di analizzare le tue ossa, se solo ne avessi ancora.
Non so quanto io sia cambiata in questo tempo, non so se mi piaccio oppure no, se sono attraente come dicevi o uno stupido suino come dicevano loro.
Li sento sempre, sai? Come una voce che si ripete ininterrottamente, mi tormenta, e a un certo punto accade una cosa strana. Insieme alle loro parole disgustose, posso sentire anche la voce di mamma in sottofondo.
Se fossi rimasto in vita, Lukas, sono sicura non ti sarebbe dispiaciuto avere una sorella bisessuale. Anzi, se ti conosco bene, probabilmente ne saresti andato quasi fiero, e lo avresti detto a tutti i tuoi amici.
Sei sempre stato così, meravigliosamente terribile!
Invece essere diversi è proprio uno schifo. È orribile essere presi in giro per il proprio aspetto o per il proprio orientamento sessuale. Perché le persone devono sempre apporre delle etichette? Non possono semplicemente considerarsi umane?
Mamma mi ha visto, sai. Mi ha visto baciare una ragazza.
Ora non parliamo più da tanto tempo, ma se devo essere completamente onesta con te, Lukas, come sono sempre stata, la cosa non mi pesa meno di quanto immaginassi.
Come tu mi hai insegnato, ho imparato a dare poco peso alle parole della gente.
Ma cosa ti scrivo a fare? Da lassù le cose le vedrai meglio di quanto le veda io da qui, dal mio piccolo mondo.
Aspetta Lukas, ancora un’ultima cosa: ora voglio mettere in pratica uno dei tuoi consigli.
Non voglio deluderti.
Non vedo l’ora che arrivi quel giorno in cui potrai rispondermi e noi potremo finalmente riunirci come dei veri fratelli.
Ti aspetto…

 

La penna blu come le sue iridi si bloccò improvvisamente.
Alex fissò le poche righe che aveva scarabocchiato con espressione stranita, sentendosi in qualche modo soddisfatta. Scrivere a suo fratello non era stato facile, ma sentiva di non avere più pesi sulla coscienza.
E sapeva che lui avrebbe senza dubbio approvato le sue scelte.
Alzandosi, udì di sfuggita le parole pronunciate dal cronista televisivo.
Non poteva fare altro che constatare quanto avesse ragione, ripercorrendo l’ardua strada del passato, attraverso la bulimia, le critiche e le opinioni inconsapevoli che le persone amavano lanciare, forse semplicemente per sentirsi meglio degli altri.

“I media hanno vinto. Bellezza uguale magrezza e addome piatto”.
Per qualche strana ragione, gli esseri umani amano sentirsi apprezzati al di sopra degli altri, competere per aggiudicarsi la totale vittoria.
Era vero. Ormai erano tutti d’accordo. Il lavaggio del cervello era riuscito in maniera ottimale.
Aprì il rubinetto della doccia, lasciando che i vestiti le scivolassero di dosso.
Avvolse le ciocche scarlatte in una morbida coda ciondolante sulle spalle, osservando la propria immagine riflessa nello specchio.
Osservò il suo corpo nudo, quasi imbarazzata nel notare le proprie parti intime, riparandosele con le mani.
Ciò che vide però, la sorprese terribilmente. Una donna ormai adulta, dal viso grazioso e i capelli del colore del miele la fissava con sguardo assente, indecifrabile, ma carico di speranza.
Nel riflesso vide una donna che aveva accettato le sfide che la vita le aveva posto e che aveva saputo gioire di fronte alla buona sorte.
Il rumore dell’acqua che scivolava sulle piastrelle le inondava la mente di pensieri.
Le pareva di essere un corpo fluttuante sul mare, poggiato su una conchiglia, una di quelle che Lukas avrebbe conservato gelosamente in ricordo del viaggio compiuto.
Decise dunque di conservare anch’ella la memoria del proprio cammino.
La memoria di una nuova Alex, una donna che aveva imparato ad amarsi e a bastare a se stessa per quella che era.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

¹ Clover Club: cocktail classico a base di gin e sciroppo al lampone.


   
 
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