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Autore: OmegaHolmes    29/09/2019    1 recensioni
La malinconia è come un germoglio, che una volta innestato, cresce, silenzioso, non lasciando spazio ad altro; più il tempo passa, più cresce, trovando maggiore nutrimento in ogni tipo di sofferenza, così che alla soglia dei quarant’anni è grande quanto un buco nero che risucchia senza pietà tutto ciò che incontra.
Poi c’era Miller.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Hardy, Ellie Miller
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell'autrice: Dopo anni ho riguardato "Broadchurch" innamorandomene nuovamente e sopratutto perdendomi del tutto per Alec Hardy. Non so cosa farei per vedere solo una serie su di lui, perchè ci sono ancora troppo cosa che avrei voluto sapere, ma purtroppo è finita. Ricordo che fin dall'inizio (intendo la prima volta che la vidi) ho sempre shippato questi due, sentendomi altamente in colpa, perchè lei era sposata. E poi... beh, il resto è storia.
In questo periodo sto scrivendo moltissimo, cosa che non facevo da anni ed è nata questa One Shot. Non un capolavoro, ma ha bisogno di essere condivisa.
Buona lettura a tutti,
Alice.




Di fronte a sé si stagliava l’infinito, quell’infinito così irritante, scalpitante che aveva terminato per perdersi, innamorandosene.
Questo doveva essere l’effetto che faceva quel posto, così fantastico e tetro allo stesso tempo, che ti avvolgeva con ogni sua particella di presenza. L’aria, il mare, la sabbia, l’erba, ogni cosa a Broadchurch ti entrava dentro e ti cambiava, portandoti all’assuefazione.
I paesaggi infinitamente vasti e solitari gli facevano comprendere quanto realmente piccolo fosse. Ma non solo lui, Alec Hardy, ma l’essere umano in sé.
Odiava essere uomo, essere umano, essere così simile a centinaia di orribili uomini che aveva dovuto guardare negli occhi mentre li interrogava, arrestava e buttare giù la pillola amara dei loro rivoltanti segreti ed andare avanti, giorno dopo giorno, da solo come se nulla fosse.
Era sempre stato un carattere tendenzialmente antisociale, ma con il passare del tempo la sua chiusura al mondo aumentava esponenzialmente. Amici? Non ne aveva. L’unica donna che era riuscito a conquistare, costruendoci una famiglia, l’aveva tradito e lui l’aveva coperta, prendendosene tutta la colpa, come sempre. Per lui era impossibile vivere senza il senso di colpa, sin da quando aveva memoria.
La separazione dei genitori, la morte prematura del padre, la depressione del fratello maggiore, tutto lo aveva sempre percepito come un proprio errore. Eppure in giovane età tutto ciò era il combustibile che lo ardeva da dentro e gli dava la fame di successo. Era diventato Detective Ispettore a giovane età, con il massimo dei voti, dopo aver terminato la laurea in giurisprudenza con la lode. “Hardy il perfettino” o “Hardy il pignolo” questi erano i suoi soprannomi, prima di quel maledetto caso a Sandbrook.
Aveva lavorato per un paio di anni a Londra, ottenendo numerose promozioni, ma dopo aver conosciuto Tess aveva optato per una vita più tranquilla.
Che pessima idea del cazzo, pensò mentre il sole calava dietro l’orizzonte del mare, per scomparire lasciando posto alla fredda notte autunnale.
Improvvisamente percepì un senso di vuoto insinuarsi nel petto, così profondo, da non riuscire più a respirare. Nonostante l’operazione e il pacemaker, quella terribile sensazione non se n’era mai andata.
Forse era causata anche dall’assenza di Daisy per andare a trovare la madre per due settimane, eppure gli pareva di averlo sempre avuto, sin da quando aveva 6 anni. La malinconia è come un germoglio, che una volta innestato, cresce, silenzioso, non lasciando spazio ad altro; più il tempo passa, più cresce, trovando maggiore nutrimento in ogni tipo di sofferenza, così che alla soglia dei quarant’anni  è grande quanto un buco nero che risucchia senza pietà tutto ciò che incontra.
Poi c’era Miller.
La quale non riusciva a collocare in tutto quel quadro.
Sì, certo, anche nei confronti di lei i sensi di colpa erano molteplici: l’averle preso il posto di lavoro, essere stato colui che aveva arrestato il marito pedofilo ed assassino, averla immischiata nei fatti di Sandbrook ed alla fine in tutta la merda della sua vita. A volte aveva l’idea che se non si fosse mai trasferito a Broadchurch, anche Danny Latimer sarebbe ancora vivo.
Eppure lei era diversa, per quanto si odiassero e si insultassero, l’aveva sempre visto come l’unica donna capace di farlo sentire forte. Sin da primo istante che l’aveva vista sconvolta per il ritrovamento di Danny, la debolezza di lei avevano reso lui più forte e lucido.
Miller era emotiva, impulsiva, sentimentale,ma era fedele e combattiva.
Aveva sempre percepito sé stesso troppo emotivo, troppo lunatico, troppo sensibile, ma di fronte a lei riusciva ad avere il controllo, a sentirsi un uomo migliore.
Però sapeva che lei lo aveva odiato e forse l’odiava ancora, come tutte quelle volte che aveva rifiutato una sua dimostrazione di affetto, facendolo sentire un idiota.
Il buio divenne cieco, mentre una pioggia fredda iniziò a picchiettare stancamente sul suo volto.
Improvvisamente avvertì un profondo bisogno di essere amato, di stare con qualcuno, insieme ad una carica di rabbia, che lo fece balzare in piedi e camminare spedito giù dalla collina, verso la città.
La pioggia cadeva, irritante su di lui, come a volerlo annegare.
L’acqua. Odiava l’acqua, ma non l’avrebbe fermato, non questa volta.
Arrivò di fronte alla casa dei Miller, ormai solo più abitata da Ellie e i suoi figli, si fermò a osservare la sua architettura bianca fissarlo con imponenza.
Il cuore gli batteva forte in petto, accompagnato dagli incessanti ansimi del suo respiro.
Soltanto dopo una manciata di minuti decise di andare a suonare al campanello, mentre l’acqua gli scivolava giù dai vestiti proprio come quella volta.
Udì un rumore di passi provenire dall’interno, accompagnato dalla voce della collega che domandava chi fosse. Quando aprì la porta sgranò gli occhi, tra il sorpreso e lo sconvolto.
“Hardy! Che- che diavolo stai facendo, sei bagnato fradicio!”
L’uomo ansimava, fissandola con il cipiglio torvo tipico del suo elemento “Miller.” Soffiò, tra i suoi ansimi.
“Si può sapere che stai facendo? Forza entra!”
Lui scosse il capo “No, non voglio entrare.”
“E allora cosa sei venuto a fare? Hai una pessima c’era,Hardy...”
La donna continuava a fissarlo preoccupata, con i grandi occhi marroni spalancati, avvolta in uno dei suoi soffici maglioni.
“Ho bisogno di te.”
“Bisogno di me?!” ribattè confusa “Bisogno di me per cosa?”
Hardy fece un passo in avanti, con una sicurezza tale che Miller fece un passo indeciso indietro, trattenendo il fiato, sovrastata dalla statura dell’altro. L’acqua piovana gocciolava dai capelli scuri, dal naso acquilino e dal mento, scivolando giù dai vestiti, come un’anatra sull’acqua. La donna continuò ad indietreggiare fino a trovarsi con le spalle contro il muro della parete,  accanto alla porta ancora aperta. Hardy continuava ad avanzare con quello sguardo così intenso che aveva il terrore la potesse inghiottire, non lasciandole spazio. Avrebbe voluto reagire, tirarle uno schiaffo, un calcio, spingerlo via, ma non ci riusciva, non questa volta.
Quando fu abbastanza vicino da potergli contare il numero di lentiggini sul volto, l’uomo appoggiò la testa sul muro dietro la donna,  lasciando il corpo ricadere su di lei, quasi a peso morto. Era bloccata tra il muro e la figura esile eppure solida di Hardy. Percepiva l’acqua dell’impermeabile di lui ricaderle sul suo maglione, facendola rabbrividire. Un misto di paura, curiosità e piacere la invasero nel medesimo istante. I loro sterni aderivano l’uno all’altro, mentre l’uomo continuava a tenere le braccia ferme lungo i fianchi, gocciolanti.
Ellie percepiva il fiato caldo dell’altro sul collo, facendola rabbrividire, immobile, come a paura di poterlo rompere.
D’un tratto un rantolo arrivò al suo orecchio, accompagnato da un singhiozzo soffocato.
“H-HArdy…” sussurrò allora la donna, sorpresa.
Di risposta il detective si fece scappare un altro singhiozzo più forte e la cinse, disperatamente, affondando questa volta il volto nella spalla della donna, che ancora scioccata cercava di ricambiare l’abbraccio, colpita dalla reazione di lui, curvo e tremante su di lei. Le mani esili e lunghe di Hardy si aggrapparono al suo maglione, con così tanta forza e rabbia che pereva volesse strapparglielo via. La naturale maternità di Ellie prese il sopravvento, iniziando ad accarezzargli la schiena con lenti movimenti concentrici, cercando di trattenere le lacrime pizzicanti ai bordi degli occhi.
“Alec… “ sussurrò “ Va tutto bene… sono qui.”
All’ascolto del suo nome, parve andare in apnea, per alcuni istanti, aumentando la stretta intorno al suo bacino.
Passarono alcuni minuti prima che l’uomo si calmasse del tutto e trovasse il coraggio di alzare il volto, asciugarsi le lacrime con lo sguardo basso, evitando il contatto visivo di lei, ancora sconvolta.
“Ora..” balbettò, schiarendosi la voce, cercando di tornare in uno stato dignitoso “Devo andare, Mil-“
“Tu non te ne vai proprio da nessuna parte.” Ribattè decisa, fermandolo cingendogli un polso saldamente. “Non ti lascio andare da nessuna parte in uno stato del genere, Hardy.”
Prima che avesse la forza di ribattere, percepì la porta chiudersi alla spalle, mentre con gli occhi arrossati e segnati dal pianto la osservava stancamente.
“Non dovrei essere qui…” soffiò, passandosi una mano sul volto.
“Beh, ci sei venuto tu, quindi ora resti.” Continuò duramente, ma rendendosi conto di quanto fosse distrutto l’uomo in quel momento, decise di addolcire il tono “Comunque sono sola, Tom è ad un compleanno e Fred è a cena da mia sorella, quindi non disturbi. Hai mangiato?”
Il detective fece cenno di no e di tutta risposta Ellie sospirò “Quand’è che imparerai a nutrirti come un umano?”
Di tutta risposta ricevette un grugnito di disappunto.
“Forza, togliti la giacca prima che mi allaghi tutta la casa. In cucina ho ancora degli avanzi della cena di stasera, te li metto a scaldare.”
“Non ho fame, Miller. Davvero, devo andarmene prima-“
“Prima di cosa?” lo fissò duramente lei.
“Prima che mi penta di ciò che ho appena fatto.”
“Ah, grazie tante! Potevi evitare di venire se abbracciarmi ti ha fatto tanto schifo!” avvampò permalosa Miller, punta sul vivo, mentre si diresse in cucina “Sai cosa ti dico? Vattene pure se vuoi, lunatico del cazzo!”
Cazzo , pensò Hardy maledicendosi “Miller, io non intendevo-“ disse allora, togliendosi la giacca e seguendola in cucina, dove lei si volse a guardarlo accigliata, con gli occhi già colmi di lacrime.
Quello sguardo, di nuovo.
“Allora che cosa intendevi, Hardy? Perché sei venuto qui? Perché mi hai abbracciato, eh?”
Più la vedeva crollare, più si sentiva emotivamente forte da poterla sorreggere: “Perché avevo bisogno di te, te l’ho detto. Perché… avevo bisogno di sentirmi amato, per una cazzo di volta nella vita.”
“Quindi sei solo venuto per usarmi, riempire il tuo vuoto e andartene?” continuò ancora più ferita.
“No, Miller, per l’amore del cielo no!” grugnì stancamente “Ti sembro il tipo per una cosa del genere? E’ che… avevo fottutamente bisogno di vederti, di sentirti, di toccarti- “ più il discorso si complicava, maggiormente il suo accento scozzese diventava incontrollato, rendendolo grottesco.
Ellie restò colpita da quelle parole inattese da parte del suo freddo collega, così scorbutico e apatico, da renderle difficile immaginare che potesse essere tanto… emotivo.
“Tu… lo volevi davvero?” mormorò lei, con le braccia conserte al petto, avvicinandosi lentamente alla figura di lui, chino, passandosi due dita sugli occhi.
“Cazzo, sì…” rispose raucamente.
“Guardami, Hardy.” Sussurrò implorante.
Il detective alzò lo sguardo triste, restando senza fiato di fronte gli occhi lucidi della sua collega, così fragile ora.
In una frazione di secondo lo scozzese si maledì mentalmente e la tirò a sé, baciandola con una disperazione e dolcezza tale, da toglierle il fiato.
Non avrebbe mai potuto immaginare che il suo capo fosse tanto bravo a baciare e che anche la sua disordinata barba potesse essere tanto piacevole al tatto.
Le mani di lui la cercavano disperatamente, stringendola a sé con tanta enfasi che si dovette lasciare andare totalmente in balia di lui e le sue attenzioni. Il suo corpo esile era solido, mentre la spingeva contro la parete per poterla sovrastare del tutto.
Ellie lo spinse via, in cerca di fiato, cremisi in volto, con i ricci ribelli arruffati per quel folle contatto.
“H-Hardy… aspetta… che cosa vuoi?” mormorò lei, timidamente, piena di paure.
“Voglio te.” Ripose lui, raucamente, fissandola con gli occhi scuri e penetranti.
“Intendi…?”
“Tutto, Miller. Tutto.”
La donna ebbe un tuffo al cuore, deglutendo rumorosamente.
“Io-io… beh, non ... non penso di farcela, non ora…insomma, maledizione, Hardy… non puoi fare così!”
“Così come?”
“Essere sempre misterioso e scontroso, per poi improvvisamente presentarti a casa mia e volere… insomma!”
“Che cosa hai capito, Miller?” arricciò il naso.
“Beh che vuoi… fare sesso, no?”
“No! Beh… non adesso, non così… oh, andiamo non sono un maniaco! Io… vorrei stare con te, Miller.”
“Tipo… ragazzo e ragazza?”
“Tipo, sì.”
“E diventare una coppia?”
“Se ti va.”
“Dio, sì!” scoppiò a ridere lei, abbracciandolo euforica.
Per la prima volta nella sua vita Ellie Miller udì Alec Hardy ridere e Santo cielo pensò ha una bellissima risata.
Quella notte non ci furono pianti soffocati sul cuscino di Ellie Miller, né preghiere soffocate, imploranti che fosse sempre abbastanza forte. Né si alzò nel mezzo della notte a controllare i suoi figli, per poi insinuarsi nel letto di Fred per sentirsi meno sola.
No.
In quella nottata l’unico a parlare fu il suo cuore che scalpitava con troppa veemenza nel suo petto avvolto dalle braccia salde di Hardy, che la cingeva con fare protettivo. I loro respiri parevano coordinati, come i loro sogni e i loro cuori rotti.
Per la prima volta dopo molto tempo non dovette prendere delle gocce per dormire, gli bastarono le dolci carezze e le soffici labbra di Alec Hardy per addormentarsi, felicemente.
 
  
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