«Sei pronto?» Sam si abbottona la giacca e nel riflesso dello specchio intravede Bucky, seduto immobile su uno sgabello. 

«Non credo… non credo che verrò.»

Vorrebbe dirgli di non essere ridicolo, ma si morde la lingua quando legge la colpa negli occhi di Bucky.

Lo raggiunge ma rimane in piedi accanto a lui. «Ci saranno tutti, hai il diritto di esserci come chiunque altro.»

Le labbra di Bucky si stirano in un sorriso che però somiglia più a una smorfia. «Dici così perché… beh, sei tu.»

Sam incrocia le braccia sul petto. «E questo che significa?»    

«Ti rifiuti di vedere il marcio nelle persone.»  

Bucky lo guarda dritto negli occhi e Sam si abbandona a un sospiro prima di prendere posto nella sedia accanto a lui. «Qui non si tratta di te, Barnes. Si tratta di onorare una persona che ha sacrificato tutto per noi.»

«Ho ammazzato Howard. E Maria.» Eccola lì, di nuovo, la colpa nei suoi occhi.  

«Tony ha dato la sua vita anche per te.» 

Bucky serra la mascella, questa volta non lo guarda. «Dubito l'abbia fatto per me.»

Sam sospira di nuovo e squadra Bucky per un momento. Chiamare Steve risolverebbe il problema? Decide di no, Steve è un casino ambulante ora come ora, deve risolverla da sé. «So che ciò che ci è successo non è facile da digerire-» 

«Non dev'essere facile nemmeno per te.» Bucky aggrotta la fronte. «Non ne hai ancora parlato, dici sempre che bisogna farlo, ma non ascolti i tuoi stessi consigli.»

Sam si tira indietro contro lo schienale della sedia, incurva le spalle. «Non eviterai questa conversazione, Barnes.»

«Forse sei tu che vuoi evitare una conversazione.»

Sam alza le mani. «Sto bene, per noi sono passati solo pochi istanti. Chi è rimasto… beh, a loro è andata peggio.»

«Sei morto, Sam.»

«Anche tu.»

Bucky gli scocca un ghigno, gli occhi freddi. «Non è la prima volta, per me.»  

Sam scatta in piedi e si schiarisce la voce. «Dato che non possiedi un completo, ti ho procurato una giacca scura. La trovi nell'armadio, se cambi idea.»

Mentre esce stringe i pugni nella speranza che le mani smettano di tremare.                        

Se ne sta in disparte, all'ombra di un albero, in attesa che i familiari più stretti escano dalla casa. Prova a non pensare, ma non è bravo in quello.

Non ha senso negare la realtà, la realtà va affrontata, anche se fa male. Ed essere morto, beh, ha fatto male. Ma non c'è stato il tempo di raccogliere i pezzi, si è svegliato e Strange l'ha catapultato nell'ennesimo campo di battaglia. Inizia a capire Steve, quanto quella vita l'abbia provato, perché non riesce a darsi pace e accettare che il passato è passato.

Però lui non è Steve, lui non si crogiola nei propri ricordi e nel dolore, non si lascia tentare dal dolce canto della nostalgia. Sam chiede aiuto e va avanti. Deve.

Bucky calpesta un ramoscello, di proposito. Sam nota subito la giacca, quella che gli ha lasciato, e deve aver cercato di dare una sistemata ai capelli, con poco successo.

L'unico rumore è il vento leggero che fa frusciare gli alberi, l'acqua del lago s'increspa appena in superficie. È una bella giornata, dopotutto, anche se quella calma è surreale.

«Avevi ragione, non sto bene.» Sam si ficca le mani in tasca, lo sguardo basso. «Essere morto ha lasciato un segno.»

«Lo lascia sempre.» Bucky sa, comprende. E misura le parole, gli lascia lo spazio di cui ha bisogno per respirare. 

«Sono contento che tu sia qui.» Non si riferisce solo al funerale.

«Anche io.»

Sam si chiede se anche per Bucky sia lo stesso.

 

Note: Con questa os inizia la mia avventura con in Writober 2019, organizzata da https://fanwriters.wordpress.com/.
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