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Autore: Marti_uwu    02/10/2019    2 recensioni
"Allora, solo dopo aver provato in ogni modo ad uscire da quella gabbia indistruttibile ed essere rimasto totalmente prosciugato da ogni energia, capisci che non otterrai niente lottando con tutto te stesso perché non è così che funziona."
Scritta in un momento a metà tra la crisi e la rinascita, spero che possa passarvi qualcosa.
[716 parole]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono dei momenti in cui tutto è così strano.
A volte sono istanti, giusto qualche secondo. Altre volte sono minuti. Altre volte ancora sono ore. Il peggio, però, è quando sono giornate.
Ci sono istanti in cui ti senti distante, isolato, in un barattolo di vetro ricoperto da ovatta che ti impedisce di sentire bene i suoni e di vedere bene cosa c’è al di fuori del tuo piccolo mondo.
E quando ti senti rinchiuso da giorni non vuoi fare altro che scappare, correre via. Vorresti rompere quel barattolo di vetro a martellate ma non puoi, cerchi di arrampicarti sulle sue pareti lisce con le unghie e con i denti ma scivoli inesorabilmente verso il basso: il peso delle tue paure e delle tue insicurezze ti trascina verso il basso come la forza di gravità comanda i corpi.
Allora, solo dopo aver provato in ogni modo ad uscire da quella gabbia indistruttibile ed essere rimasto totalmente prosciugato da ogni energia, capisci che non otterrai niente lottando con tutto te stesso perché non è così che funziona.
Vuoi sapere come funziona?
Te ne accorgi e ti disperi perché sei consapevole di quanto le emozioni divorino il tuo organismo da dentro, sai come ogni piccolo ostacolo, grande quanto un granello di sabbia, sia per te, in quel momento, una montagna immensa.
E dopo non essere riuscito a superare quell’ostacolo in nessun modo non ti resta nient’altro da fare che arrenderti e aspettare.
E solo quando arrivi a questo punto i tuoi pensieri diventano più lucidi, comprendi razionalmente che i problemi non sono poi così catastrofici. Ma rimane un problema: mentre il tuo cervello sa che non ci sono pericoli, il tuo cuore è ancora in uno stato di allerta massima, trema e scuote la tua cassa toracica e rischia anche di tornare a compromettere la tua lucidità.
Allora hai due opzioni. Torni nel circolo e ricominci a correre per fuggire di nuovo da esso o lasci che il tuo cuore sfoghi tutte le emozioni.
Perché è così che funziona: ci sono tante emozioni che trattieni, tu, persona sensibile, che ti commuovi per niente e che allo stesso modo rimani delusa per piccolezze. Tante emozioni, forse troppe, che non possono essere rivelate in pubblico. Non perché impure o scandalose, no!, solo perché mostrarsi fragili è simbolo di debolezza, mentre dovrebbe essere sinonimo di coraggio. Coraggio per mostrare ciò che sei realmente.
Ma non si può fare. Allora lasci correre le tue emozioni quando non c’è nessuno vicino, per non mostrare i tuoi timori.
E ti ritrovi a casa da solo, nella tua stanza, attaccato al termosifone alla ricerca di un po’ di calore e di conforto per combattere il freddo invernale che alberga dentro di te, a piangere.
Piangi tutte le tue emozioni. La felicità, la tristezza, l’ansia, lo stress, la rabbia.
E solo dopo una buona mezz’ora di pianto sei soddisfatto perché hai sfogato le emozioni di un mese. E magari ti sentivi un po’ vuoto da giorni perché le emozioni stancano, ma dopo aver tramutato i tuoi sentimenti in lacrime ti senti meglio. Il tuo cuore è più leggero e la tua mente non è più sopraffatta da mille pensieri. E stai di nuovo bene. E come un hard disk appena ripulito puoi ricominciare a immagazzinare altre emozioni.

Noi persone sensibili siamo così. Diamo peso alle emozioni più di quanto dovremmo. E, sappiamo che sembra assurdo, ma le emozioni ci stancano. Specialmente quelle negative. Tutto è amplificato. Anche se il nostro cervello sa di stare bene il nostro cuore non si sente così. Questo non significa che siamo depressi o che soffriamo di attacchi di panico. Dobbiamo solo lasciarci andare ogni tanto per tornare “normali”.
Che poi riusciamo a fare le cose esattamente come in tutti gli altri giorni, ma sentiamo che qualcosa non è al suo posto, sentiamo che c’è un sovraccarico del sistema. Ma siamo comunque in grado di affrontare tutto, ogni situazione, anche se poi a casa piangiamo come dei bambini perché sono stati giorni pessimi. Ma non siamo deboli. Assolutamente. Siamo forti, più forti di tutti, perché anche se abbiamo il bisogno fisico di crollare sappiamo sempre rialzarci e rimetterci in gioco, magari puntando più in alto di prima.
 
Angolo autrice:
Cari lettori, un saluto.
Ora lascio per un attimo la serietà. Questa è il primo testo di questo genere che scrivo.
Forse il cambio di persona tra la prima parte e la seconda del brano vi lascia basiti ma è fatto apposta. Ho sentito il bisogno di scrivere qualcosa perché ho appena passato una serata come le sopra citate a piangere ascoltando musica triste. Vi chiederete perché. Non c’è un motivo vero. Semplicemente il cuore sente che ha bisogno di sfogarsi e di buttare fuori le emozioni accumulate, specialmente quelle negative. Dopo il pianto si sta bene e quindi mi è venuta voglia di scrivere qualcosa a riguardo che possa esprimere, almeno nella milionesima parte, i problemi di chi, come me, sente ogni emozione amplificata.
Non definirei questo brano un flusso di coscienza perché non lo è, ma penso ci si avvicini: sono pensieri riordinati giusto un minimo con della punteggiatura per essere leggibili.
Spero solo che si possa comprendere, anche solo un pochino, la sensazione che si prova.

 
   
 
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