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Autore: Azaliv87    10/10/2019    2 recensioni
Avverto subito che questa ff non vuole essere un proseguimento dell'opera di Ai Yazawa, ma più che altro una sorta di storia originale ricreata nel contesto di Nana. Non abbiamo certezze del tempo trascorso nei capitoli del futuro di quel manga, ma considerate che la mia storia vi aggiunge altri 10 anni ancora, quindi è ambientata quasi 15-20 anni dopo la morte di Ren. Non ci saranno i personaggi che già conoscete, ci saranno davvero poche apparizioni sporadiche, ho volutamente cercato di creare dei personaggi tutti miei.
La trama gira attorno ad un gruppo di adolescenti che frequentano il classico liceo giapponese. Come sfondo abbiamo anche una nuova band musicale, che avrà modo di influenzare in un modo o nell'altro i protagonisti principali.
Vi lascio ora un pezzetto del primo capitolo così che possa introdurvi a questa ff.
"Ogni ragazza lo guardava con aria trasognata, immaginandosi di diventare presto la sua fidanzata; dalle più disinvolte, alle più timide. Tutte stravedevano già per lui. Tutte, tranne una."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Tokyo, Giappone

 
 
Quella mattina il sole risplendeva sui tetti della città di Tokyo. I suoi raggi accarezzavano con delicatezza i grattacieli facendoli risplendere d’argento in lontananza ed il vento lambiva dolcemente le foglie degli alberi nel giardino dell’istituto Okimaru.
-SBANG! – la porta dell’aula si aprì di colpo, e la professoressa Uzumi entrò con lestezza, prendendo posto alla cattedra. Insolitamente alle sue ordinarie abitudini, aveva lasciato la porta aperta, ed un’ombra si stagliava al di là di essa. Guai in vista? Si poteva presumere che quella giornata non potesse proseguire esattamente come tutte le altre. Gli alunni della sezione “E” del terzo anno avevano notato la stranezza di quel evento e, con gli occhi fissi sulla professoressa, attesero che lei si esprimesse.
-Buongiorno, ragazzi. Quest’oggi c’è una novità: da questo giorno in avanti, avrete un nuovo compagno di classe. – disse loro con uno strano sorriso sul volto per poi rivolgersi al giovane ancora fuori – Su avanti, entra pure e presentati. –
Lo sconosciuto fece qualche passo e si palesò ai loro occhi. Tutti restarono in un silenzio quasi tombale. La professoressa, una donna molto giovane che insegnava inglese, invitò il ragazzo, ad avvicinarsi alla scrivania con un gesto della mano.
-Sono lieto di fare la vostra conoscenza. Il mio nome è Takeru Mizuki. Vengo da Kyoto e mi sono trasferito qui da poco. Spero di ambientarmi bene in questa classe. –
Aveva pronunciato queste semplici parole con una calma ed un timbro di voce deciso e solenne, ma con un enigmatico sorriso sulle labbra. Aveva gli occhi di un verde magnetico, strano colore per un orientale, e i tratti del viso erano talmente lineari e armoniosi che potevano essere scambiati per quelli di una donna. Rimase con la schiena eretta e mostrò un portamento elegantemente e impeccabile. Tutte le ragazze presenti in aula rimasero senza fiato ed emisero un lungo sospiro di apprezzamento. Erano rimaste colpite dal suo fascino. E non ci misero molto a tempestarlo di domande anche imbarazzanti, sempre più curiose. Takeru si beò mentalmente, ci aveva preso l’abitudine di attirare gli sguardi ovunque, e allettare i desideri delle ragazze che incontrava, non era una cosa che lo stancava, affatto… si domandò a quale strappare un bacio per prima.
Takeru Mizuki era decisamente un ragazzo molto attraente; con la sua carnagione rosata ed un fisico atletico. Era alto, snello e slanciato. Portava i capelli castani che gli ricadevano delicatamente sul viso. Dal suo sguardo smeraldino traspariva molta sicurezza. Aveva un modo di fare beneducato, reverente e gentile. Ogni ragazza si era fatta incantare da queste sue caratteristiche, e lui, senza mostrare alcun imbarazzo, aveva preso a raccontare di sé in maniera spigliata e disinvolta, rispondendo a tutte le loro domande quasi fosse abituato alla presenza di un pubblico.
In breve tempo inevitabilmente tutte le ragazze pendevano dalle sue labbra. Ognuna di loro lo guardava con aria trasognata; dalle più disinvolte, alle più timide. Tutte stravedevano già per lui. Tutte, tranne una.
 
Questa alunna era diversa dalle altre. Non solo per il disinteresse che pareva avere nei suoi confronti, ma anche nell’aspetto. Sedeva in prima fila, nella seconda colonna di banchi a partire dalle finestre. Il sole la illuminava con un unico fascio di luce, quasi fosse l’unica della stanza a meritarlo. Pareva designata dagli angeli ad una richiesta di convocazione tra loro. Era perciò difficile non notarla. Teneva lo sguardo fisso sulle vetrate ed ammirava, con aria annoiata, le cime degli alberi dondolare lievemente al vento. Vestiva con il fuku coi colori della scuola: una blusa bianca, una corta gonna pieghettata verde ed una giacca chiara con bordature verdi e blu, un grande nastro verde legato a fiocco sul petto florido e gonfio. Il suo corpo era già quello di una donna fatta e matura, poteva benissimo far carriera nel mondo dello spettacolo o della moda.
Era seduta con la schiena dritta, le lunghe gambe asciutte erano perfettamente allineate, con le caviglie che si accavallavano tra loro sul lato sinistro. Con una mano giocherellava con la penna, facendola stare in equilibrio tra pollice e indice, eseguiva quei gesti in maniera del tutto meccanica, senza prestarci davvero attenzione. Il mento era appoggiato sul palmo dell’altra mano e dal suo profilo dava a vedere la noia che stava provando. La sua carnagione era molto chiara, quasi come una tazza di latte con l’aggiunta di qualche goccia di succo alla fragola. I lineamenti del viso erano graziosi e dolci, come quelli di una bambola di porcellana: la pelle liscia e vellutata, le ciglia lunghe… tuttavia non assomigliava affatto ad un’orientale. È una gaijin. Rifletté Takeru tra sé e sé. Gli occhi lucevano come due zaffiri ed il taglio era tondeggiante. I capelli erano lisci e di un biondo chiaro dorato; le circondavano il volto a forma di cuore, per poi scenderle lungo la schiena. Erano lunghissimi e per comodità li aveva legati in una banale coda di cavallo alta. Facendo un veloce calcolo mentale, avrebbero potuto arrivarle benissimo al fondo schiena se li avesse tenuti sciolti. Takeru avrebbe mentito a sé stesso nel dire che non gli era caduto lo sguardo su quella ragazza, non appena varcata la soglia. D’altronde non era una ragazza che si potesse ignorare facilmente… Tuttavia lui non era il tipo da perdere la testa alla prima occasione, per cui aveva presto postato la sua attenzione verso l’intera classe di sconosciuti su cui sperava di fare bella impressione.
Più volte gli era capitato di dare una sbirciata a quella strana ragazza, mentre continuava a rispondere alle domande delle sue nuove compagne di classe, e mai una volta lei aveva mostrato interesse alla presentazione. Ed era stata proprio la sua completa e costante estromissione nei suoi riguardi a fargli più volte spostare il capo verso l’ala est per vedere se in qualche modo la sua voce o la sua risata potevano averla convinta a guardarlo almeno una volta. Inutile dire che ogni sua speranza era vana. Forse avrebbe dovuto avere con sé una tromba o un megafono, per ottenere la sua attenzione.
-E dicci, Mizuki, hai già la fidanzata? – gli chiese una ragazza dalla chioma ramata in seconda fila. Alcuni alunni emisero dei fischi in coro per prenderlo in giro. Takeru sospirò ripensando a ciò che si era lasciato alle spalle e occhi negli occhi con la sua nuova interlocutrice, affermò:
-No. Ora non più. – si era espresso con un sorriso che sapeva avrebbe scaldato gli animi di quelle giovani. Certo, non poteva più dirsi impegnato con una ragazza, visto come si erano evolute le cose negli ultimi mesi. C’erano stati ancora momenti in cui aveva ripensato a lei. Ma non era destino: quella storia era già partita male fin dall’inizio. Doveva accettarlo e ammetterlo a sé stesso. Solo così sarebbe riuscito a voltare pagina veramente. Peraltro non doveva essere cosa difficile per uno come lui, se si considerava la popolarità che aveva sempre avuto, negli ultimi anni aveva addirittura raggiunto livelli impensabili, senza parlare dell’effetto che già aveva ottenuto solo entrando in quell’aula da meno di cinque minuti. Tutte le ragazze erano già cadute ai suoi piedi, e non sarebbe stato strano se per pranzo si fosse trovato a dover decidere quale appuntamento accettare. La brunetta della 5° fila era decisamente accattivante, la moretta seduta in fondo aveva l’aria di una facile, ma gli occhi da cerbiatta della giovane col caschetto sulla sinistra erano proprio graziosi. Stava passando in rassegna ogni bellezza presente, quasi a voler sfidare la fredda accoglienza della biondina sulla destra. Non riusciva a levarsela dalla testa, non conosceva il suo nome, ma gli era diventato impossibile ignorarla. Quella testolina chiara era ostinata e questo lo infastidiva quasi avesse ricevuto un rifiuto secco. I suoi occhi tornarono nuovamente ad esaminarla. Se fosse una ganguro sarebbe stato meglio!? Si chiese rassegnato, conoscendosi, poteva affermare che i suoi gusti non raggiungevano simili depravazioni. Le ganguro erano quelle ragazze fissate sulla moda che amavano riempirsi di bracciali, collane e grossi orecchini per farsi notare. Si coloravano le unghie con smalti fluorescenti o brillantinati, tingevano i capelli di tonalità molto chiare, quali il biondo, preferibilmente platino, poi aggiungevano mèche dai colori vivaci e amavano raggiungere livelli di abbronzatura altissimi, tanto da arrivare perfino a bruciarsi la pelle. Se anche in un primo momento Takeru aveva pensato che lei fosse una di quelle fissate croniche, si era accorto in fretta di aver commesso un errore di valutazione. Un errore grosso come un palazzo. A parte una semplice collanina in argento al collo, i suoi polsi erano pressoché spogli, due braccialetti in tessuto, uno nero e l’altro rosso le circondavano il polso destro, intrecciandosi tra loro, mentre sul sinistro esibiva un banale orologio. Le sue unghie, seppur ben curate non avevano segni evidenti di smalto. Da quella distanza, inoltre, poteva constatare che la chioma bionda era del tutto naturale, nessuna tinta quindi. Ma quel suo accurato esame terminò, quando lei finalmente si mosse. L’emozione che gli salì in gola lo fece annaspare all’idea di poter incrociare per la prima volta i suoi occhi. Purtroppo però, per lui, ciò che lei spostò non fu la direzione del suo volto, bensì azzardò qualcosa di irrimediabilmente imprevedibile per Takeru. E l’impennata che sentì nei pantaloni gli fece mancare il fiato per un lungo momento.
La ragazza, ignara delle conseguenze dei suoi movimenti, aveva semplicemente deciso di cambiare posizione delle gambe. Lo aveva fatto chiaramente senza premeditazione, nemmeno se n’era accorta, più che altro appariva infastidita e scomoda. Oppure era stato solo per un capriccio, stanca e rassegnata di perdere tempo in quell’inutile presentazione piuttosto che cominciare la lezione. Takeru in quel momento non lo poteva sapere e non era nemmeno abbastanza lucido per ragionare al meglio.
I suoi occhi erano rimasti stregati come travolti da un incantesimo, quando l’aveva vista snodare le gambe dalla sua precedente posa aggraziata, per poi accavallare le ginocchia sull’altro lato. Tuttavia se il movimento si fosse limitato a quello, non ci avrebbe trovato nulla di male, ma nel muoversi con la sua naturalezza, quel banale e semplice atto era divenuto un invito a nozze per un ragazzo della sua età. Non si era accorta minimamente di essere nella sua diretta visuale. Nel frangente in cui le sue ginocchia si erano aperte di quei pochi centimetri, Takeru era riuscito ad intravvedere uno spicchio delle sue mutandine. E quel motivo a scacchi inglese dai toni del rosa e del nero non se lo sarebbe tolto dagli occhi per le future 12 ore.
   
 
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