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Autore: inzaghina    10/10/2019    10 recensioni
Bill è in procinto di diventare padre e le sue notti tendono ad essere irrequiete e costellate da incubi e da ricordi dolorosi. L'uomo non vuole angustiare Fleur con le sue paure, scordandosi della forza della moglie e della luce che ha saputo portare nella sua vita anche dopo il terribile attacco sferratogli da Greyback.
Fleur era la luce nelle sue tenebre: l’alba che squarciava il cielo notturno portando il sole; era la sua casa: il suo posto sicuro nel mondo.
[Seconda classificata a parimerito al contest “Happy Birthday to you!” indetto da MaryLondon sul forum efp.]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour | Coppie: Bill/Fleur
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Seconda classificata a parimerito al contest “Happy Birthday to you!” indetto da MaryLondon sul forum efp.


 
Un susseguirsi di albe

 
 
C’erano notti in cui il respiro regolare di sua moglie e il profumo di lavanda misto alla salsedine dei suoi capelli erano sufficienti a cullarlo: notti in cui la sola rassicurante presenza della donna al suo fianco bastava a fargli prender sonno; notti in cui l’abbraccio della moglie riusciva a cancellare i ricordi angoscianti e il dolore provocato dalle sue cicatrici. In quelle notti le sue mani tracciavano delicatamente i contorni del corpo morbido di Fleur, sfiorando i punti più sensibili al suo tocco, provocandole languidi brividi di piacere per poi affondare dentro di lei e perdersi nel suo sguardo che era ghiaccio e fuoco insieme e che lo faceva sentire sempre a casa. Fleur era la luce nelle sue tenebre: l’alba che squarciava il cielo notturno portando il sole; era la sua casa: il suo posto sicuro nel mondo.
E poi c’erano le notti agitate: quelle in cui si ritrovava a osservare il cielo oscuro farsi sempre più chiaro, fino al sopraggiungere dell’alba che spazzava i suoi pensieri più bui; quelle in cui solo il frastuono del temporale riusciva a superare l’eco dei battiti incessanti del suo cuore, accelerati dalla sofferenza provocata dalle perdite dolorose e dalle cicatrici sempre più sbiadite; quelle in cui nel cielo punteggiato di stelle tracciava infiniti disegni, ritornando ai suoi giochi di bambino con Charlie. Solitamente Fleur riusciva a percepire la sua inquietudine, svegliandosi e inchiodandolo con quel suo sguardo forte e dolce, insistendo che non era affatto un problema stare sveglia insieme a lui. Non c’era spazio per la dolcezza in quelle notti: le unghie di Bill graffiavano la schiena della moglie, le sue dita s’aggrovigliavano nei lunghi capelli profumati, le sue labbra lasciavano segni vermigli che spiccavano in maniera evidente sulla pelle diafana e la distanza tra i loro corpi veniva cancellata, facendolo esplodere di un piacere violento e impetuoso, che lo lasciava ogni volta senza fiato. Nemmeno la luce dell’alba riusciva a tranquillizzarlo dopo quelle notti: quando Fleur s’addormentava tra le sue braccia e Bill si ritrovava a combattere con i sensi di colpa e la convinzione di non essere abbastanza per lei, di non meritarsela.  
Si prospettava una di quelle notti e Bill era intenzionato a non disturbare il sonno di cui Fleur aveva bisogno, sapendo che non sarebbe riuscito a rimanere in quel letto un solo minuto di più. Sgusciò fuori dalle coperte, abbandonando con dispiacere il corpo caldo della moglie — le cui curve invitanti erano coperte solo da un piumino candido — i capelli di Fleur erano sparsi sul cuscino, incoronando il suo viso e donandole un aspetto etereo e sereno. Allungò le dita verso il suo volto, scostandole una lunga ciocca argentea dalla guancia, rimanendo incantato come ogni volta che si soffermava a guardarla e si ricordava che, tra tutti gli uomini che la desideravano, aveva scelto proprio lui. Indossò un paio di jeans, un vecchio maglione morbido e scese al piano inferiore, facendo scricchiolare i gradini della scala sotto ai suoi piedi nudi. La luce della luna — prossima a diventare piena e causa dell’aumento dei suoi dolori — illuminava il piano inferiore del loro cottage, permettendogli di prepararsi una tazza di the senza bisogno di accendere la luce.
La pungente aria invernale sferzò il suo viso, trasformandosi in un insperato balsamo per i contorni frastagliati delle sue ferite, accompagnandolo mentre raggiungeva il bagnasciuga su cui le onde s’infrangevano ritmicamente. Si sedette su uno scoglio lambito dall’acqua, stringendo la tazza bollente tra le mani, perdendosi nei riflessi creati dalla luna sulla superficie scura che si estendeva davanti a lui. La vista del satellite lo portò come sempre a riflettere su quanto avrebbe potuto cambiare la sua vita qualche anno prima, se solo Greyback fosse stato trasformato durante l’attacco. Sapeva bene che Fleur non avrebbe rinunciato a lui nemmeno se fosse diventato un licantropo, quello che ignorava era se lui glielo avrebbe permesso o se avrebbe invece cominciato a combattere il loro sentimento: ricalcando le orme di Remus Lupin. Voleva credere che avrebbe desiderato il meglio per la donna che amava, lasciandola libera di trovare qualcuno che la potesse rendere felice e che non le facesse sopportare un simile fardello — gli piaceva pensare che si sarebbe comportato da nobile Grifondoro, ma non era affatto certo che sarebbe riuscito a rinunciare a Fleur ed era dannatamente felice di non aver dovuto affrontare un simile dilemma.
L’attesa della loro prima figlia avrebbe dovuto essere un momento speciale e gioioso, incentrato sui desideri per il futuro della loro piccola, non su un passato tragico e su incubi che non voleva condividere con la donna che amava. Amava pensare che l’arrivo della prima nipote avrebbe riportato il sorriso genuino sul volto dei suoi genitori: quello stesso sorriso che non aveva più visto dopo la Battaglia del 2 maggio 1998. Avevano deciso di comune accordo di chiedere a George di essere il padrino della loro primogenita, sperando che sarebbe stato un ulteriore tassello nel tentativo del giovane di tornare alla normalità. Normalità… che parola assurda, tutti erano consapevoli che la vita di George non sarebbe mai stata quella vissuta prima della Battaglia, ma il gemello sopravvissuto stava combattendo e facendo del suo meglio ogni giorno. Quando gli avevano fatto la richiesta, le iridi nocciola di George s’erano illuminate attorno alle pupille dilatate e il ragazzo aveva chiesto se erano proprio certi di voler affidare un simile compito proprio a lui.
Bill si chiese se sarebbe stato all’altezza del ruolo di padre, sperando di valere anche solo un decimo di suo padre: l’esempio migliore che avrebbe potuto seguire in quello che sarebbe stato il ruolo più importante della sua vita, insieme a quello di marito. Dubitava che Fleur s’interrogasse sul suo imminente ruolo di madre, pareva nata per diventarlo e stava accettando ogni piccolo cambiamento del suo corpo e i suoi sbalzi d’umore con la forza d’animo che Bill aveva imparato a conoscere così bene negli anni. Era certo che le sue notti insonni fossero inconsciamente legate a queste paure, ma non sapeva come spiegarglielo; non voleva deludere né lei né la loro bambina e non voleva impensierirla.
 
Il nero del cielo lasciò finalmente spazio alle prime sfumature violacee e le stelle persero un po’ del loro scintillio, quando Bill percepì un intenso aroma di lavanda mischiarsi alla salsedine; si voltò repentinamente, trovandosi faccia a faccia con Fleur. La donna era avvolta dal caldo maglione dolcevita color fiordaliso donatole dalla suocera il Natale precedente, da un paio di pantaloni della tuta del marito decisamente troppo grandi per lei e stringeva tra le mani la sua tazza preferita.
“Non dovresti essere qui… hai bisogno di riposo,” le disse, raggiungendola per stringerla tra le braccia e inalare il suo profumo fiorito.   
“Sai che non mi piasce stare a letto senza di te,” ribatté lei, posando la testa sul suo petto.
“Non riuscivo a dormire,” rispose, posandole un bacio tra i capelli.
“Potevi svegliarmi,” gli rammentò, staccandosi dal suo abbraccio quanto bastava per incatenare gli occhi acquamarina a quelli cerulei di lui.
“Il tuo riposo è più importante che mai,” insistette lui, abbassando lo sguardo sulla pancia ormai prominente della moglie.
“Potrebbe essere un buon allenamento per quando arriverà notre fille,” sorrise Fleur, sollevandosi in punta di piedi per posare le proprie labbra su quelle del marito.
Bill ricambiò il bacio, sentendo le preoccupazioni per un passato che non poteva cambiare e per un futuro imprevedibile sbiadire poco a poco, desiderando avvicinare ancor di più il corpo della donna al proprio; le sue mani risalirono lentamente la schiena fasciata dalla lana azzurra, perdendosi nei capelli setosi. Fleur schiuse la bocca, approfondendo il bacio e sospirando di piacere quando le lingue si sfiorarono, dando inizio a una danza ipnotica; un improvviso movimento costrinse i due a interrompere il bacio, ritrovandosi a scrutarsi a vicenda con identici sorrisi estasiati sui loro volti.
“L’hai sentito anche tu?” domandò la francese, afferrando la mano di Bill e portandosela sulla pancia.
Lui annuì, sfiorando con riverenza il ventre teso della moglie, dentro cui la loro bambina scalciava impaziente.
“Sarà una grande giocatrice di Quidditch, ne sono certo…” mormorò Bill, con gli occhi lucidi e la voce rotta dall’emozione.
“Darà filo da torcere a tutti quanti, poco ma sicuro…” aggiunse Fleur, intrecciando le dita sottili a quelle callose del marito.
“Come la sua mamma,” bisbigliò il primogenito Weasley, ammiccando.
Fleur roteò gli occhi divertita, prima di evocare un plaid da stendere sulla sabbia umida, attendendo che Bill vi si sedesse e creasse uno spazio tra le gambe fasciate dai jeans in cui lei potesse accoccolarsi. Il the nelle tazze, posate da qualche minuto sul terreno, era diventato ormai freddo e con un colpo di bacchetta venne riscaldato da Bill; Fleur inalò il profumo calmante del suo infuso alla malva e verbena, lasciandosi andare contro al petto dell’uomo, che la baciò nuovamente tra i capelli. Di fronte a loro l’orizzonte andava schiarendosi sempre di più, lasciando spazio a infinite tonalità di viola che riempivano le placide acque cristalline di riflessi glicine, malva e lilla. I due innamorati assistettero al cielo farsi sempre più azzurro, mentre il sole inondava di riflessi luminosi la lunga spiaggia dorata che si estendeva di fronte a Villa Conchiglia: la medesima spiaggia sulla quale i due avevano fatto innumerevoli passeggiate. La baia incontaminata si estendeva per chilometri e non si scorgevano altre abitazioni; Bill prese un sorso dalla sua tazza, senza smettere di accarezzare la pancia di Fleur e di stringerla protettivamente.

“Che ne disci di una passeggiata?” propose Fleur dopo qualche minuto di confortevole silenzio, ansiosa di sgranchirsi le gambe.
“Perché no? È ancora presto…” rispose Bill, balzando in piedi e trascinandola con sé; avviandosi verso il lato della spiaggia che celava una caletta nascosta in cui i coniugi avevano fatto l’amore innumerevoli volte, stringendo Fleur a sé. La piccola spiaggia era raggiungibile percorrendo uno stretto passaggio tra alcuni gruppi di alte rocce e nel sole del mattino era più splendente e silenziosa che mai. Fleur raggiunse il bagnasciuga, lasciando che le onde fredde lambissero i suoi piedi scalzi e sorridendo in direzione del sole che stava inondando i suoi capelli chiari delle medesime sfumature del cielo. Attorniata dalle rocce chiare che rendevano l’acqua limpida e cristallina come le più rinomate spiagge del mar dei Caraibi, con la pallida luce dell’alba che l’illuminava, Fleur fece segno al marito di raggiungerla. Lui l’accontentò, pensando che il panorama paradisiaco che li circondava impallidiva a confronto con la bellezza di Fleur.
“Ti amo così tanto,” le sussurrò tra i capelli che ondeggiavano nel vento mattutino, socchiudendo gli occhi per il riverbero causato dal sole splendente nel cielo terso.
“Ti amo anch’io, cher,” rispose, abbracciandolo.
“Ora smetterai di angustiarti per il nostro futuro?” gli domandò qualche attimo dopo, conducendolo verso due massi piatti circondati da fiori selvatici dov'erano soliti sedersi.
“E tu come lo sai?” domandò, guardando l’orizzonte lontano dove cielo e mare si confondevano.
“Ti rigiri nel letto ogni notte e io ormai ho il sonno leggero, visto che non trovo mai una pozione comoda… perché non ti sei confidato con me?”
“Non te ne ho parlato perché non credevo fosse il caso di aggiungere altre preoccupazioni, gli ultimi mesi della gravidanza sono i più stancanti e tu hai bisogno di tranquillità e riposo…”
“Sono tua moglie, Bill,” gli sorrise, prendendo la sua mano. “Mi puoi parlare di tutto quanto… dovresti condividere anche le cose più brutte con me, non solo quelle belle.”
“Voglio essere un buon padre e a volte non sono sicuro se ne sarò capace,” ammise quindi, abbassando lo sguardo e concentrandosi sulla sabbia fine tra le dita dei loro piedi.
“Il solo fatto che tu te ne stia preoccupando rende evidente che sarai un ottimo padre, amore mio… certo, faremo degli errori, ma quali neogenitori non li fanno? Sono certa che la nostra piccola saprà perdonarci,” lo rassicurò Fleur, osservandolo con dolcezza.
Bill annuì, risollevando le iridi chiare su di lei. “Grazie,” sussurrò, sfiorando le sue labbra con un bacio che sanciva una promessa che avrebbe mantenuto con tutte le sue forze. Rimasero immobili, senza bisogno di altre parole, con gli sguardi incatenati e le mani intrecciate, con le onde del mare come unico sottofondo e il cielo terso che si faceva sempre più azzurro e li inondava di luce, spazzando via ogni residuo delle preoccupazioni di Bill.
 
*
 
L’estate successiva fu piena di giorni assolutamente perfetti in cui Bill e Fleur facevano iniziare la loro giornata con una passeggiata all’alba; la pancia della donna era tornata piatta e la piccola Victoire si godeva questi momenti in compagnia dei genitori, tra le braccia forti del padre. Con il progredire della gravidanza di Fleur, le ansie di Bill erano scemate fino a scomparire e quando la piccola era venuta al mondo, nel secondo anniversario della Battaglia, Bill aveva scoperto in sé una forza mai avuta prima. Le ombre erano definitivamente sparite dalla vita dell’uomo, squarciate da un’alba estremamente luminosa.
Quando le dita di Victoire avevano afferrato l’indice di Bill, sotto lo sguardo esausto ma felice di Fleur, lui si ripromise di educare la figlia sperando che diventasse come sua madre — la donna che lo aveva salvato donandogli tutto il suo amore.  

 
 

Nota dell’autrice:
Amo Bill e Fleur, anche se trovo che JKR si sia molto divertita a far sembrare la francese una ragazza piena di sé e piuttosto egocentrica, per poi stupire tutti i lettori con il suo lato innamorato, forte e caparbio dopo l’aggressione di Bill. Ovviamente, trattandosi di personaggi secondari, sappiamo molto poco di loro, ma sono convinta che non sia stato affatto semplice superare il trauma dell’attacco di Greyback per Bill. Mi piace pensare che lui e Fleur abbiano raggiunto la felicità l’uno accanto all’altra, ma penso che il primogenito Weasley abbia dovuto lottare con demoni non indifferenti per potersi godere questo futuro per cui entrambi hanno combattuto. Ho sempre immaginato Bill come solare, intelligente e sicuro di sé, ma dopo l’attacco il suo carattere è mutato e, con la morte di suo fratello e di tante altre persone a cui voleva bene, pensieri bui hanno cominciato a farsi strada nella sua mente — soprattutto nel cuore della notte.
Fleur invece me la immagino come la roccia di Bill, una presenza su cui ha sempre potuto contare e che ha combattuto fieramente per stare accanto all’uomo che amava. Me la figuro anche come un’ottima madre, molto tranquilla anche con la primogenita.
Le albe a cui mi riferisco nel titolo hanno un duplice significato, perché si riferiscono sia all’arrivo di Victoire, che all’amore condiviso tra Bill e Fleur, che si rinnova ogni giorno — quello stesso amore che ha salvato Bill, facendolo tornare a essere il ragazzo bello, dolce e innamorato che Fleur aveva conosciuto agli albori della seconda guerra magica.
In ultimo tengo a precisare che le parole storpiate pronunciare da Fleur servono solo a riprendere il suo accento francese e non sono errori di battitura.
Come sempre scrivo note chilometriche e me ne scuso, ma spero che la storia possa essere di vostro gradimento.
 

 
   
 
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