Film > Star Wars
Ricorda la storia  |       
Autore: Nat_Matryoshka    11/10/2019    3 recensioni
"La casa era immersa nel silenzio, tranne che per lo sfrigolio impercettibile delle candele che si consumavano.
Rey si strinse nel suo scialle di lana, scossa da un nuovo brivido."
[Reylo AU gotica || scritta per la Reylo Fanfiction Anthology 2019, "Amid Secrets and Monsters"]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Generale Hux, Rey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
 



“Caro Finn,
ti scrivo queste righe sul treno, in viaggio verso Coruscant. Ho lasciato Jakku solo questa mattina, eppure mi sembrano passati secoli! Ho già visto tanti alberi coperti di foglie, di un rosso e giallo quasi irreale. Ce n’erano di simili in un quadro appeso in una casa dove ho lavorato anni fa, ma non mi era mai capitato di ammirarli dal vivo. Immagino che l’autunno sia arrivato, qui dove le stagioni cambiano davvero.
Tu come stai? Spero bene, e spero che Madam Holdo non ti faccia stancare troppo. Se tutto va bene, dovrei iniziare domani. Ancora non riesco a credere che abbiano scelto proprio me, ma ho l’indirizzo in tasca e i nuovi principali mi aspettano per questa sera, per cui è tutto vero.
Una parte di me era quasi dispiaciuta di lasciare Jakku, ma non posso continuare a vivere nel passato e inseguire fantasmi. L’orfanotrofio era un posto orrendo, lo sai benissimo anche tu. I miei genitori non sono mai tornati, e restare lì a vendere rottami non servirà a fare in modo che si ricordino di me. E chissà… forse questo nuovo lavoro riuscirà finalmente a dare una svolta alla mia vita. Lo spero. 

Ti lascio per ora, forse aggiungerò qualche riga una volta arrivata in città.”
 
 
La ragazza posò la penna, la asciugò appena con un fazzoletto che teneva in tasca e attese che anche l’inchiostro sul foglio si seccasse. Il treno correva per le campagne illuminate dalla luce autunnale, e ogni miglio era un passo in avanti verso l’ignoto, lontana dalla città in cui aveva vissuto da quando aveva memoria. Sempre che si potesse considerare “città” un agglomerato urbano strappato a fatica alla campagna arida, abitato da disperati che sceglievano di scappare dalla civiltà. Jakku era proprio quello: un covo di desolazione e solitudine, il posto peggiore in cui crescere… eppure, lo aveva chiamato “casa” per almeno quindici anni.

Rey scosse la testa, allontanando quei ricordi. Non doveva pensare al passato. Se lo era ripetuto come una preghiera, era l’unica motivazione che l’aveva spinta ad inviare la lettera di presentazione, pochi giorni dopo aver letto quell’annuncio sul giornale. I proprietari di un’antica villa alla periferia della Capitale cercavano personale di servizio che sbrigasse le faccende di casa; offrivano vitto e alloggio e non chiedevano nemmeno referenze, bastava che la persona in questione sapesse accendere il fuoco e cavarsela con le faccende domestiche. La paga mensile era buona, ma era stata la promessa di uno stipendio fisso e di un tetto sopra la testa ad attirarla: in una casa signorile, almeno, avrebbe potuto mangiare tutti i giorni.   

Gettò un’occhiata alla foto della villa sul giornale e chiuse gli occhi, appoggiando la testa sul sedile. La lettera le sfiorava una gamba, protetta dalla tasca del grembiule che aveva comprato con gli ultimi soldi guadagnati prima di andarsene. Aveva rinunciato a tre porzioni di cibo che le avrebbero riempito lo stomaco per tutta la giornata, pur di non presentarsi sul nuovo posto di lavoro con i vecchi vestiti consunti, e il resto era finito nel biglietto del treno che l’avrebbe condotta a Coruscant.

Nessuno avrebbe mai dato un centesimo ad una bambina cresciuta tra i rottami, certamente non Unkar Plutt, il suo ultimo, orribile datore di lavoro. Ma cosa diceva sempre il generale Kenobi? Hai un’anima bella, Rey. Non è una dote comune. Se qualcuno dovesse fermarsi al tuo aspetto, valutandolo prima della tua personalità, beh… spero possa immediatamente capire quanto sbaglia.
Il generale Kenobi le piaceva, e lui era affettuoso con lei, come un nonno con la propria nipotina preferita. Era stata la sua domestica qualche tempo, fino a che non era partito lasciandole un indirizzo: se avrai bisogno di me, cercami nella vecchia Tatooine, le aveva detto. I ricordi del passato devono tornare al loro posto… ma la mia porta sarà sempre aperta per te, bambina. Conservava quel pezzo di carta stropicciato nello scrigno di legno che lui le aveva regalato, un vecchio cimelio di famiglia intagliato. Rey non se ne separava mai, e ci aveva infilato i suoi due averi più preziosi: l’indirizzo, e l’unico ricordo dei suoi genitori, un ciondolo di cristallo azzurro rozzamente lavorato.

Non aveva molti bagagli con sé, a parte quel baule e un paio di cambi d’abito. In fondo, pensò tra sé e sé, per iniziare una nuova vita era necessario lasciarsi ogni cosa alle spalle.
 

 

*
 
 

Il cancello di ferro battuto era lì, davanti a lei. Rey alzò gli occhi verso la villa, e quel che vide la fece restare a bocca aperta.

Un grande edificio a due piani, più grande di qualunque abitazione avesse mai visto, si stagliava nella nebbia leggera della giornata piovosa, in fondo ad un ampio viale di ghiaia fiancheggiato da alberi. Da quella distanza riusciva solo a vedere una serie di finestre chiuse sui due piani superiori, ma bastò ad accendere la sua curiosità. Quasi non si accorse di toccare il cancello, sovrappensiero, e con suo grande stupore si accorse che era stato lasciato aperto. Probabilmente il suo nuovo principale la aspettava e non aveva voglia di perdere tempo, pensò mentre percorreva il viale, inspirando il profumo intenso del legno umido. Iniziava a piovere: il cielo azzurro era stato sostituito da una coperta di nuvole grigio metallo, che si addensavano in forme tormentate.

I suoi passi scricchiolavano sulla ghiaia bagnata. Una volta di fronte alla porta d’ingresso si fece coraggio e batté un paio di colpi sulla superficie di legno scuro, sistemandosi subito il grembiule in un impeto di nervosismo. Si chiese che razza di persona fosse l’uomo, o la donna, che aveva inviato l’annuncio al giornale: un anziano gentile e saggio come il Generale Kenobi, o magari un essere viscido come Unkar, sempre pronto a sfruttarla e a rifiutarsi di pagarle il dovuto? Il pensiero del suo ultimo incontro con quell’uomo la faceva ancora rabbrividire. Non aveva fatto altro che strattonarla per un braccio, ma ancora si sentiva addosso le sue dita, come se fosse accaduto solo qualche ora prima…

“Bene, vedo che sei arrivata puntuale.”

Si era talmente persa nei propri pensieri da trasalire. Sbatté le palpebre e fissò lo sguardo sul proprietario di quella voce imperiosa, un uomo alto con indosso un completo nero inamidato. Aveva i capelli rossi pettinati all’indietro e una fioritura di lentiggini sul naso arrossato dalla giornata inaspettatamente fredda.

“S-sì, sono la nuova domestica. Mi chiamo Rey” balbettò la ragazza, raddrizzando la schiena. L’uomo la squadrò rapidamente da capo a piedi con aria di leggera disapprovazione, poi si fece da parte per scortarla all’interno, senza nemmeno aspettare che si chiudesse la porta alle spalle. Rabbrividendo impercettibilmente, si affrettò a raggiungerlo.

L’interno appariva scarsamente illuminato: le finestre che davano sul cortile principale erano schermate da pesanti tende di velluto scuro, quasi del tutto tirate. L’unica fonte di luce, a parte gli spiragli grigiastri che filtravano dai vetri, erano le candele sistemate su un candelabro all’ingresso. Cercò di aguzzare lo sguardo per cogliere qualche dettaglio, ma riuscì solo a distinguere il motivo damascato della carta da parati e la sagoma della ringhiera, dello stesso legno marrone cupo di cui erano fatti la porta e i pilastri. Sul pavimento era disteso un tappeto piuttosto spesso, ma era impossibile capire di che colore fosse.

L’uomo dai capelli rossi si era fermato accanto alla scala, con in mano una bugia presa chissà dove. “Benvenuta a Brendol Hall” continuò. “Io sono Armitage Hux, proprietario ed erede della tenuta. Come avrai capito da sola, la villa è grande e non riusciamo ad occuparcene come vorremmo, per cui abbiamo pensato fosse il caso di assumere altro personale.” Indicò con gesto vago lo spazio avanti a sé, poi si girò e imboccò l’ampia scalinata di legno, in una muta richiesta di essere seguito. Rey si accodò a lui, assicurandosi prima di non avere le scarpe bagnate.

Le stanze del piano di sopra erano tutte chiuse. Il padrone la scortò lungo il corridoio, permettendole di dare una rapida occhiata ai quadri appesi alle pareti: antiche stampe che raffiguravano monumenti famosi, un fitto bosco illuminato da una falce pallida di luna, vedute di città che non conosceva, tutte immerse in un’atmosfera piuttosto tetra. In fondo al corridoio faceva bella mostra di sé il più grande, un ritratto a figura intera di un uomo dall’aria severa, con indosso quella che sembrava una divisa dell’Esercito piena di medaglie. Per un attimo, i suoi occhi color ghiaccio sembrarono osservarla.
La casa era immersa nel silenzio, tranne che per lo sfrigolio impercettibile delle candele che si consumavano. Rey si strinse nel suo scialle di lana, scossa da un nuovo brivido.

“Al piano terra si trovano le cucine, una vecchia stanza per gli ospiti non usata da anni e il salottino da ricevimento, oltre alla sala da pranzo. Qui sopra, invece, le stanze più importanti sono il mio studio e quello del dottor Snoke. La tua camera è lì in fondo, l’ultima porta a sinistra prima della fine del corridoio” spiegò Hux. “Al piano di sopra c’è la soffitta, ma è piena di cianfrusaglie e non agibile da qualche anno, quindi non devi preoccupartene.”

Rey annuì. Non avrebbe saputo bene come rispondere altrimenti: lo stava ancora studiando, incerta su come valutarlo. Hux si avviò nuovamente verso le scale, aspettandosi di essere seguito a breve distanza.

“I tuoi compiti riguardano principalmente la pulizia e il servizio: dovrai rassettare le stanze, spolverare e lavare, ritirare la posta, fare il bucato, servire i pasti e il tè” continuò elencando sulle dita, con il tono di chi sapeva di avere la situazione perfettamente sotto controllo. “Gli altri membri della servitù sono Mitaka, il nostro cocchiere che si occupa anche del giardino, e la cuoca, miss Netal.  In questo momento sono impegnati, ma confido che avrete modo di conoscervi questa sera, all’ora di cena.”

Scesero le scale in silenzio. La ragazza girò lo sguardo e intravide il proprio viso riflesso nello specchio appeso lì accanto: i capelli umidi iniziavano a sfuggire dall’acconciatura in cui li aveva legati, tre chignon morbidi dietro alla testa. Era stanca, non mangiava da giorni, e le occhiaie scure che circondavano gli occhi testimoniavano quanto fossero scomodi gli alloggi di fortuna in cui si era ridotta a dormire dopo essere stata mandata via dall’orfanotrofio. Un’ottima prima impressione, non c’è che dire, rifletté amaramente tra sé e sé.

Hux tornò nel punto in cui si era trovato poco prima, al centro dell’ingresso. La pioggia sottile di poco prima si era trasformata in un acquazzone che scrosciava con intensità ancora maggiore, si abbatteva sul tetto, sferzava i vetri.

“Pulirai ogni stanza non chiusa a chiave, anche i nostri studi. L’unico piano in cui non dovrai mai avventurarti” – fece una pausa, come ad assicurarsi che l’attenzione della ragazza fosse interamente rivolta a lui – “è il seminterrato. Lì dentro non c’è nulla che possa competerti, e ti assicuro che, se lo vedessi, saresti la prima a non voler avere nulla a che fare con le cantine.” (Stava… sorridendo?) “Tutto ciò che può servirti per la pulizia è raccolto in uno stanzino adiacente alla cucina, compresi gli abiti da lavoro che indosserai da ora in poi, per cui domattina potrai iniziare immediatamente a lavorare. È tutto chiaro?”

Non si aspettava una risposta negativa. Rey annuì. “Sì, signore.”

Hux apparve compiaciuto. “Molto bene. Ora ho delle faccende da sbrigare prima dell’ora di cena. Ti suggerisco di utilizzare il resto della giornata per ambientarti nella tua stanza, troverai la chiave già inserita nella serratura.” La congedò senza aggiungere altro, girò sui tacchi e sparì, diretto verso le stanze sul retro. Forse era andato ad avvisare del suo arrivo il resto del personale, pensò Rey. O forse doveva controllare che la porta del seminterrato fosse effettivamente chiusa, per evitare che l’ultima arrivata cedesse alla tentazione di andare a curiosare lì sotto…

Questo lavoro ti serve, si sgridò mentalmente. Non puoi rovinarlo così, solo perché sei abituata a fare sempre di testa tua.  Salì le scale trascinando il bagaglio e, una volta giunta davanti alla propria stanza, spinse la porta e lo trascinò all’interno. Vi trovò solo un letto molto spoglio, un armadio e un tavolino da toletta che sembrava essere stato infilato lì dentro per toglierlo dalla circolazione, ma era molto più di quanto si sarebbe aspettata. Posò la vecchia valigia accanto all’armadio, appese alla sbarra i pochi vestiti che possedeva e sistemò lo scrigno nella parte più bassa, dove nessuno avrebbe potuto trovarlo. Dopo aver acceso la candela posata sul tavolino, si distese sul letto: fuori dalla finestra la tempesta si era calmata, ma una pioggerellina sottile continuava a cadere imperterrita. Dalla sua posizione riusciva a vedere il giardino della villa estendersi per molti metri, gli alberi secolari che trattenevano l’acqua tra le foglie e si muovevano al vento in una danza malinconica.

Questo lavoro ti serve. Potrai mangiare. Potrai dormire. Ogni posto è migliore di quella discarica, e delle mani viscide di Unkar. Ogni posto…
 
 

*
 
 

Dopo cena, tirò fuori la lettera che aveva riposto nello scrigno per continuarla.

“Ho appena finito di mangiare assieme al resto del personale di servizio, in completo silenzio. Non penso di piacere molto a miss Netal, la cuoca (credo si chiami Bazine), mentre Mitaka – il giardiniere – è troppo silenzioso perché possa davvero capire quel che pensa. Ha servito lei il pasto a padron Hux, e dalla sua espressione ho capito quanto fosse sollevata di poter finalmente delegare a me il compito. Mitaka se n’è andato dopo cena, abita in un quartiere popolare poco distante da qui.
La villa è… non so nemmeno come descriverla. Enorme, e inquietante, ma qualcosa nel suo silenzio mi affascina, come se non potessi fare a meno di restare qui.  La mia stanza, invece, mi rassicura. È piccola e non sono nemmeno sicura che il caminetto sia stato pulito, ma non appena ho chiuso la porta mi sono sentita in pace, almeno per un po’. Spero che le cose restino così, e che mi aspetti una vita migliore di quella su Jakku.
Domani inizierò a lavorare. Augurami buona fortuna, e stammi bene.
 

 
Rey
 
 





________

All'inizio dell'anno non ero sicurissima di partecipare all'Anthology 2019, ma una volta scoperto il tema - il mistero, l'orrore, insomma tutto ciò che riguarda il romanzo gotico - le idee mi sono arrivate tutte insieme. Ho sempre adorato i romanzi gotici, e sperimentare sul tema giocando con la Reylo è stato un modo fantastico di partecipare a quest'edizione. 
Come sempre, ringrazio la mia beta/anima gemella Ailisea per aver curato l'edizione inglese (e aver letto e commentato quella italiana) e la famiglia della RFFA: sono ragazze straordinarie, che mi hanno fatta sentire a mio agio fin dal primo giorno e spronata in ogni modo possibile, anche se l'inglese non è la mia lingua madre e ho sempre qualcosa da imparare. Se avete Tumblr visitate il blog dedicato all'Anthology, merita assolutamente. 

Grazie per aver letto fin qui, prode lettore!
Rey 


 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Nat_Matryoshka