Madama Umbridge sedeva tranquillamente
dietro la sua scrivania esaminando i risultati degli ultimi test di valutazione
che le erano arrivati. I dati raccolti iniziavano a farsi interessanti agli
occhi della strega la quale stava scrivendosi un appunto, intenzionata ad avere
una parola in privato con i tre nuovi membri del corpo docente, per valutare alcune
sue mosse, quando udì qualcuno bussare alla porta.
“Prego, entrate pure.” disse la
strega alzando lo sguardo, finendo di scrivere l’appunto.
La porta si aprì poco dopo rivelando
la figura della professoressa McGranitt, la donna era vestita in abiti verde
smeraldo e portava con sé alcuni fogli di pergamena, accuratamente raccolti con
fasce di doppio nastro a formare un faldone.
“Buonasera, Dolores” disse la donna
salutando l’altra con un cenno del capo e mettendosi dall’altro lato della sua
scrivania.
“Buonasera, Minerva” disse questa
sfoggiando un sorriso di cortesia, non rivelando il turbinio di emozioni che le
aveva suscitato vedere il faldone che l’altra teneva in mano. Con tono cortese,
disse:
“Prego, accomodati. Desideri una
tazza di tè?”
“No, grazie. Sto bene così” le
rispose la direttrice della casa di Grifondoro con sguardo duro. Era chiaro che
le due streghe non si amassero particolarmente a pelle. Dolores poteva comprendere
tale riluttanza, ma doveva cercare di far breccia nell’esercito che Silente si
era creato in tutti quegli anni se voleva portare a casa un qualche risultato,
e valeva la pena lanciare i primi dadi con la sua numero due.
“Va bene. Suppongo che questi siano
i fascicoli riguardanti il signor Potter, giusto?”
“Sì esatto. Sono tutti i documenti
conservati ad Hogwarts su Harry Potter, anche se non capisco il bisogno che
possa avere il Ministro di averli, considerando che sono gli stessi in suo
possesso.”
Dolores sorriso vedendo come le
informazioni della donna non fossero aggiornate. Si prese il tempo di bere un
altro sorso di tè, prima di rispondere:
“Non è Cornelius che li vuole, ma
Madama Bones”
“Continuo a non capire perché visto
che le decisoni prese dal preside su questo argomento
hanno sempre avuto il benestare del Ministro.” la rimbeccò Minerva, accigliata.
“Beh, in realtà non è stata
direttamente madama Bones a chiedere questi documenti.” disse Dolores,
prendendo il faldone e mettendolo in un cassetto della propria scrivania e
chiudendolo a chiave.
“E chi allora?”
“Madama Nightingale” concluse la
donna notando con piacere, l’espressione di sorpresa della strega davanti a lei.
“Non capisco perché la Speaker…”
esordì Minerva ma Dolores la bloccò subito, aspettandosi una simile domanda.
“Beh in qualità di presidente del
Wizengamot ha facoltà di richiedere documentazioni ai vari uffici per
verificare che nessuna legge sia stata violata e credo che voglia vederci
chiaro su alcune scelte del Preside.”
Vedendo le labbra assottigliate
della donna, segno di evidente malcelato nervosismo, Dolores decise di lanciare
il suo primo amo.
“Andiamo Minerva, io la conosco,
lei per prima ha lavorato diversi anni fa al ministero nello stesso
dipartimento di Madama Bones, sotto la direzione di Elphinstone Urquart, famoso
per la sua intransigenza ed il suo scrupoloso attaccamento alle legge. So che
lei ha avuto numerosi riconoscimenti prestigiosi per aver seguito le sue orme,
dimostrando un paragonabile zelo. E lei mi vuol dire che non ha mai trovato
eccentriche alcune decisioni di Silente riguardo al ragazzo?”
Minerva cercò di controllare al
meglio il turbinio di emozioni che provava in quel momento e di rispondere
prontamente alle accuse che la donna gli stava rivolgendo, anche se
indirettamente.
“Credo che questa sia una domanda che
dovrebbe porre al preside direttamente.”
“Non sarò io a farlo Minerva, io sto solo eseguendo
disposizioni dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia. Ma se posso
chiederglielo, lei davvero non ha mai nutrito dubbi su alcune decisioni di
Silente riguardanti il signor Potter? Facciamo solo un esempio, lei crede
davvero sia stato saggio averlo fatto crescere con i suoi zii materni? Da
quanto ho scoperto i babbani in questione sono fanatici nella loro negazione di
qualsiasi tipo di magia e che hanno cresciuto il giovane Potter non solo nella
completa ignoranza del nostro mondo ma in un ripostiglio del sottoscala della
loro casa, facendogli patire persino la fame e trattandolo peggio di un servo,
lei questo lo sapeva?”
Minerva guardò Dolores profondamente colpita dalle sue
parole. Sapeva che gli zii di Harry erano una brutta specie di babbani, ottusi
e poco empatici, ma non sapeva che si fossero spinti fino a quel punto. Non
sapeva se credere alle parole della strega davanti a sé ma osservandola dritta
negli occhi non vedeva traccia di menzogne. Tuttavia si stava accorgendo dove
Dolores voleva portarla, quindi cercò di calmarsi prima di rispondere posata:
“No, non lo sapevo. So comunque che il preside non avrebbe
preso una decisione così alla leggera. So per certo che l’ha fatto per
proteggere il giovane Harry. Esiste una potente magia che lo protegge da
qualsiasi attacco in quella casa, una magia data dal sacrificio di sua madre
Lily Evans.”
Dolores sorrise ammorbidendo ulteriormente la voce prima di
risponderle: “E anche se così fosse lei crede veramente che Potter non sarebbe
potuto essere adeguatamente protetto in una casa di un auror ad esempio? O che
la protezione del Ministero non potesse essere sufficiente contro i seguaci di
un signore oscuro sconfitto ed i suoi seguaci dispersi o rinchiusi ad Azkaban?
E se qualcuno l’avesse attirato il giovane Potter fuori di casa, magari con
l’ausilio della maledizione imperius su un babbano??
La donna fece una pausa prima di continuare, non lasciando
trasparire alcuna emozione. Poteva vedere di aver smosso qualcosa nella
freddezza granitica della strega davanti a sé.
“Io e lei non siamo mai stati madri ma personalmente non
condannerei ad una simile vita nemmeno il figlio del mio peggior nemico,
dopotutto capisco meglio ora la tendenza di Potter a inventare storie
incredibili.”
“Non sono qui per commentare simili affermazioni” rispose
dura Minerva.
Dolores sospirò, sollevando un’altra obiezione. “Bene, e che
mi dice di quanto successo il primo anno di scuola del signor Potter? A quanto
ho saputo lui e suoi due compagni, Ronald Weasley ed Hermione Granger, si sono
lanciati nel recupero della pietra filosofale che era custodita qui ad Hogwarts
pensando che fosse in pericolo, dico bene?”
“Sì, è esatto” disse Minerva, non comprendendo dove volesse
andare a parare l’altra strega, rivangando qualcosa di ben quattro anni prima.
“Bene, da quanto ne so anche lei aveva contribuito alla
difesa della pietra con un enigma a forma di scacchiera magica. E non era il
solo. Nessuno di voi professori ha pensato a mettere un allarme ad una delle
porte fra le varie stanze? Che ne so, quando uno risolveva o falliva il vostro
enigma voi potevate facilmente esserne informati. In questo modo non solo
potevate sapere subito che qualche studente stava per accedere alle prove ma
avreste avuto il tempo di intervenire e fermarli o quantomeno correre in loro
aiuto.”
“No, l’obiettivo degli enigmi era quello di bloccare eventuali
intrusi. Non abbiamo mai pensato che degli studenti potessero passare il
Cerbero a guardia della botola nel corridoio del terzo piano.” Disse la strega
maledicendosi, in evidente difficoltà.
“E a quanto mi risulta il signor Potter è stato attirato in
una trappola che per poco non gli è stata fatale. Dopotutto se lui non avesse
inseguito il defunto professor Raptor la pietra sarebbe rimasta nello specchio
delle Emarb, considerato che non sarebbe mai stato
capace di trovarla, visto il suo desiderio spasmodico di averla, dico bene?”
“Come le ho detto prima….”
“Aspetti Minerva e non contenti di ciò, invece di punirlo per
aver messo in pericolo la sicurezza della scuola e del nostro mondo se ma un
seguace di Lei-sa-chi avesse messo le mani su un artefatto del genere, infrangendo
per inciso una dozzine di regole della scuola, Silente ha pensato bene di
premiarlo, ma non solo lui, tutti coloro che, inconsapevolmente ci mancherebbe
altro, hanno compito un’impresa del genere. Cioè, si rende conto della follia?
E questo ha fatto sì che Serpeverde perdesse la Coppa delle Case, conquistata
col sudore e col rispetto delle regole oltre che con l’impegno per le gesta
inconsapevoli ma potenzialmente disastrose di quattro undicenni. Non so se mi
segue…” concluse la strega allargando le braccia e guardandola come ad
affermare la più banale delle ovvietà.
Minerva in cuor suo si accorse per la prima volta del punto
della collega. Tuttavia decise di rispedire le accuse al mittente, il modo era
semplice in quel caso.
“Se ricordo bene in tale occasione Dolores, fu proprio il
Ministro della Magia a perdonare il giovane Harry, affermando che era solo un
ragazzino e quindi non poteva essere considerato colpevole.
Dolores si accigliò di colpo, perdendo completamente la nota
zuccherosa della voce e sfoggiandone invece una dura e corrucciata:
“E mi duole dire che non avrebbe dovuto farlo, ma tutto
questo è ormai finito. Ricordi bene Minerva e lo ricordi al suo pupillo che non
godrà più di alcuno sconto d’ora in avanti. Per troppo tempo si è considerato
ed ha agito al di sopra delle regole e delle leggi del nostro mondo.”
“E’ solo un ragazzo Dolores, non può essere…”
“E invece Sì,
Minerva. E’ proprio questo il punto. Questo lassismo che vedo gocciolare da
ogni lato, sta corrodendo ingranaggi centenari e non mi riferisco solo al
signor Potter e alle sue bugie…” esordì la strega irata, battendo un pungo sul
tavolo.
“Non ho intenzione di commentare simili affermazioni Dolores,
disse la McGranitt alzandosi. Quella conversazione era finita per quanto la
riguardava.
“No, infatti” concluse Dolores con un sospiro, alzandosi a
sua volta. “Non voglio farti perdere altro tempo, grazie per il fascicolo.”
“Di nulla.” disse la McGranitt voltandosi e uscendo
dall’ufficio. Dolores sospirò corrucciata. La questione era più grave del
previsto, doveva finire il suo lavoro il più in fretta possibile e sentire
prima di tutto il professor Costa; quell’uomo era la sua miglior pista.
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Harry si svegliò di soprassalto, madido di sudore nel suo
letto con la cicatrice che gli bruciava da morire.
“AHI!” disse a voce alta, guardandosi attorno immediatamente.
Nessuno del suoi compagni di stanza si era svegliato per fortuna, poteva
sentire chiaramente il russare di Ron alla sua destra ed il respiro pensante di
Seamus alla sua sinistra. Guardandosi attorno vide il bagliore perlaceo della luna
farsi strada dalla finestra poco lontano, illuminando debolmente il centro
della torre.
Poco a poco il dolore stava svanendo ma Harry poteva ancora
percepire le sensazioni del suo sogno di poco prima; Voldemort, ovunque egli
fosse, doveva essere in preda all’ira, era qualcosa che ormai si ripeteva da
diverse notti. Non volendo tentare di rimettersi a dormire in preda ad una
forte sensazione di malessere allo stomaco ed un forte mal di testa, il ragazzo
decise di scendere dal letto; aveva bisogno di una boccata d’aria fresca e di
schiarirsi le idee, da solo. Con questi pensieri prese il mantello
dell’invisibilità e se lo ficcò addosso, sparendo alla vista. Facendo molta
attenzione a non far rumore uscì dal dormitorio e prese a camminare senza una
meta precisa, vagando fra i corridoi del castello.
Ripensando a quello che stava accadendo quelle notti, si
immaginava come Voldemort stesse cercando qualcosa probabilmente, dopotutto
Sirius se l’era lasciato sfuggire l’ultima volta a Grimmauld Place “Qualcosa che non aveva l’ultima volta” ,
gli fecero eco nella mente le parole del suo padrino. Harry non aveva idea di
cosa potesse essere ma di sicuro erano sorti dei problemi. Per quanto fosse
doloroso passare così le notti il giovane Grifondoro aveva scartato a priori
l’idea di parlarne con qualcuno, almeno per il momento. Anche a Ron e Hermione
non aveva detto nulla, non voleva che si preoccupassero per lui più di quanto
avevano già fatto quell’estate.
Appena voltato l’angolo si ritrovò di fronte ad un piccolo corridoio
in cui non era mai stato prima, doveva trovarsi da qualche parte al terzo piano
ma in un’ala del castello a lui sconosciuta. Fatti i primi passi al suo interno
il giovane Grifondoro fu attirato da il suono di ante di legno che venivano
sbattute. Addentrandosi lentamente per vedere la fonte di quel rumore, al
riparo sotto il mantello, vide la figura di Draco Malfoy in un aula, che stava
osservando un vecchio armadio all’apparenza vuoto, controllandone l’interno
come se si aspettasse di trovarci qualcosa dentro.
Alla luce della lanterna dell’altro vide come il volto del Serpeverde
mostrasse evidenti segni di stanchezza e di impazienza mentre procedeva ad
aprire un altro armadio dal lato opposto dell’aula, sbattendone subito le ante,
poco dopo.
“Dannazione!” esclamò l’altro passandosi una mano fra i
capelli, stranamente non impomatati come al solito.
Harry vide l’altro prendere un foglio di pergamena in mano e
scriverci qualcosa sopra con un carboncino velocemente, prima di ripiegarlo e
rificcarselo sotto il mantello, procedendo rapidamente nella sua direzione, per
uscire dall’aula. Il giovane Grifondoro si scostò di qualche passo da dove si
trovava, verso sinistra della porta, per non farsi notare, rimanendo appiattito
lungo il muro del corridoio.
Malfoy uscendo guardò nuovamente la mappa che aveva in mano,
rimanendo quasi sulla porta. Grazie alla luce della lanterna Harry poté
intravedere meglio di cosa si trattasse: era uno schizzo di quell’ala del
castello, al terzo piano, con disegnate tutte la aule dove si intravedevano
vari punti segnati con una x disegnata a carboncino. Osservando Draco mentre si
guardava attorno spaesato, Harry si chiese cosa stesse cercando così
insistentemente a quell’ora; certo essendo un prefetto poteva vagare per il
castello la notte ma era molto distante dai sotterranei di Serpeverde.
Vedendo Draco proseguire per qualche passo nella direzione
opposta a lui Harry tirò un sospiro di sollievo. Fu in quel momento che l’altro
si bloccò come colpito da un fulmine; non si girò subito ma Harry avvertì
chiaramente come l’altro stesse respirando a pieni polmoni l’aria notturna.
Girandosi indietro il giovane Serpeverde si avvicinò pericolosamente alla sua
posizione. Harry trattenne il respiro non muovendo un muscolo, cercando si
diventare tutt’uno con il muro. Malfoy gli arrivò quasi davanti, prima di tirare
evidentemente su col naso appuntito a pochi passi da lui.
“Limone, cardamomo e menta…” udì Harry percependo la voce
dell’altro, flebile come un sospiro, rivolta chiaramente a se stesso. A quelle
parole si maledisse; quella mattina si era messo qualche goccia di profumo che
Hermione gli aveva regalato per il suo compleanno, gli piaceva particolarmente,
nonostante non fosse mai stato un tipo che amasse quel genere di cose.
Malfoy avanzò a due passi dalla sua posizione, tirando fuori
la bacchetta.
“Lumos!” pronunciò rivolto verso di lui.
Harry chiuse gli occhi rimanendo abbagliato ma non facendo un
singolo rumore, nonostante gli mancasse quasi il respiro. Erano talmente vicini
che ci sarebbe bastato pochissimo a tradire la sua posizione e l’ultima cosa
che voleva era che Malfoy lo trovasse in quel momento.
Dopo qualche secondo di sbigottimento Malfoy dissolse
l’incantesimo, sbuffò leggermente e si avvicinò di un altro passo. I due erano
praticamente a pochi centimetri l’uno dall’altro. Harry sentì il cuore battergli
forte, sentì il profumo di acqua di colonia addosso a Malfoy, prima che questi
distogliesse improvvisamente lo sguardo con una smorfia.
“Sto impazzendo…” disse rivolto a se stesso proseguendo nella
direzione opposta ad Harry, entrando nell’aula successiva e scomparendovi
all’interno.
Il giovane Grifondoro dal canto suo deglutì, ricomponendosi,
contento della fortuna insperata che aveva avuto: sarebbe bastato che Malfoy
allungasse la mano di pochi centimetri, perché lo avesse scoperto. Doveva stare
più attento.
Harry tuttavia decise di non darsi per vinto e di continuare
ad osservare Malfoy da lontano; stava chiaramente cercando qualcosa, ma cosa?
Avvicinandosi all’ingresso dell’aula successiva, vide l’altro
lanciare l’incantesimo di apertura su di un armadio posizionato al lato della
cattedra ed aprirlo di colpo, per poi sbattere l’anta ed imprecare con sguardo
misto di disperazione e rabbia. Fu quello più di ogni altra cosa a far varcare
la soglia dell’aula ad Harry; non aveva mai visto Malfoy da solo e mai
impaurito; lo sguardo di poco prima, prima che l’altro si prendesse la testa
tra le mani singhiozzando, era di paura.
“Di che cosa poteva aver mai paura Malfoy?” si chiese Harry
fra sé e sé. Certo suo padre era un mangiamorte ma era sicuro che mai avrebbe
messo in mezzo suo figlio ad un età come la loro. Dopotutto, se Voldemort aveva
un piano da portare avanti, era pieno di seguaci pronti a servirlo.
“A meno che quello che stia cercando non si trovi ad
Hogwarts” gli sussurrò una vocina nella testa mentre continuava ad osservare
l’altro, dall’altra estremità della sala, tenendosi stavolta a debita distanza.
A questo Harry non aveva mai pensato prima; era certo che qualsiasi cosa
Voldemort volesse fosse nascosta da qualche parte ma non ad Hogwarts, tuttavia
non poteva davvero scartare quest’eventualità.
Con questi pensieri Harry seguì Malfoy per un’altra ora buona
mentre maniacalmente cercava qualcosa nelle varie aule del corridoio del terzo
piano, senza successo. La stanchezza infine prese il sopravvento ed Harry
decise di lasciar perdere per quella sera, aveva seguito Malfoy abbastanza. Fu
in quel momento che l’altro con passo incerto si appoggiò un attimo con la
schiena alla balaustra della scalinata che saliva verso il piano successivo, di
fronte a loro, respirando affannosamente. Harry osservò il corpo di Draco
afflosciarsi lentamente a terra mentre questi sembrava essere svenuto per la
stanchezza.
Harry si bloccò per un attimo, da una parte quella era
l’occasione per esaminare meglio il foglio che l’altro si portava dietro,
un’occasione che non si poteva lasciar sfuggire ora che il Serpeverde era privo
di sensi, anche se significava uscire dal riparo del mantello
dell’invisibilità. Il giovane Grifondoro valutò per un secondo le sue opzioni e
decise infine di tentare; esponendosi si avvicinò a Malfoy che respirava
lentamente, profondamente addormentato, cercano di individuare la tasca del
mantello dove gli aveva visto mettere il foglio di pergamena poco prima.
Proprio in quell’istante tuttavia Harry sentì un rumore di
pietra che scorreva e con orrore vide che la scalinata di fronte a sé stava
cominciando a cambiare direzione, facendo retrarre all’interno del muro la
balaustra contro cui era appoggiato a peso morto il giovane Serpeverde. Harry
agì d’istinto: uscendo completamente dal mantello dell’invisibilità, tirò
Malfoy per le gambe facendogli battere una bella zuccata sul pavimento del
pianerottolo ma evitandogli una caduta nel vuoto di diversi metri. Ansimando
cercò di rimettersi in piedi e fu allora che vide un rivolo di sangue provenire
dal retro della testa di Draco.
Ad Harry si gelò il sangue nelle vene, inginocchiandosi
accanto al Serpeverde vide che aveva una ferita aperta alla base della testa.
D’istinto prese un lembo della sua uniforme, lo raddoppiò, tentando di
tamponarla, inzuppandosi la manica, ma riuscendo nel suo intento. Guardandosi
attorno in cerca d’aiuto, Harry vide una piccola luce alla fine dall’ombra del
corridoio dietro di sé.
“AIUTO!” urlò Harry in preda al panico, sentendo il calore
del sangue misto al profumo di acqua di colonia di Draco.
Nel men che non si dica la piccola luce avanzò rapida verso
di lui, rivelando la sagoma corpulenta del professor Costa, il nuovo insegnante
di Storia della Magia.
Cos’è successo qui!?” disse l’uomo rivolto ad Harry, fiondandosi
su Draco, con la bacchetta in mano.
Prima che questi potesse rispondere, Harry vide l’uomo,
allontanargli il braccio con un colpo secco e puntare la bacchetta sulla ferita
di Draco dicendo, in un tono cantilenante, per tre volte:
“Vulnera Sanentur”
Harry rimase immobile accanto al professore mentre con
sollievo vedeva il flusso del sangue alla base della testa di Draco fermarsi
dapprima e poi invertire il suo flusso, fino a cicatrizzarsi. Senza dire una
parola o degnarlo di uno sguardo il professor Costa, toccò il polso di Draco e
poi il collo. La sua espressione quindi si distese e sembrò vedere Harry per la
prima volta.
“Seguimi Potter!” gli ordinò con sguardo severo, mentre con
un movimento della bacchetta sollevò il corpo di Draco a mezz’aria
orizzontalmente e avviandosi spedito dall’altra parte del corridoio. Harry non
osò contraddirlo e gli caracollò dietro, l’uomo infatti era estremamente veloce
per la sua corporatura.
Il loro percorso terminò alle porte dell’infermeria dove ad
Harry fu ordinato di aspettare fuori. Il giovane Grifondoro si era disteso
contro la parete di pietra accanto all’ingresso dell’infermeria aspettando
notizie ed il ritorno del professor Costa. Smaltendo lentamente la tensione di
quello stupido incidente si augurò che niente di irreparabile fosse successo a
Draco; tanto stupido era stato quell’incidente che Harry si maledisse più volte
per la sua scarsa prontezza di riflessi.
Dopo quelle che erano sembrate ore, Il professore di Storia
della Magia spuntò inaspettatamente alle sue spalle, sorprendendo Harry che si
aspettava di vederlo uscire dalla porta principale dell’infermeria.
“Seguimi nel mio ufficio, Potter.” gli disse con espressione
severa. Harry non proferì parola seguendo l’uomo per i corridoi del castello
fino ad arrivare ad una porta di mogano, che il professore aprì facendogli
cenno d’entrare.
“So già cos’è successo stasera, Potter” gli disse il
professor Costa, alzando la mano proprio nel momento in cui Harry stava per
iniziare a parlare. “Siediti. So che è stato un incidente”. disse l’uomo
sedendosi pesantemente sulla poltroncina davanti a lui.
“Davvero?!” disse Harry incredulo, riuscendo a proferire la
prima parola nel giro di due ore.
“Sì, e so anche che se non fosse stato per te, probabilmente
il signor Malfoy si sarebbe ferito molto più gravemente, questa sera.” disse
con espressione seria.
“E lei come…?” inizio
Harry
“Potter suvvia, ne saprò di magia un po’ più di lei, non
crede?”
Harry si zittì arrossendo d’imbarazzo.
“Non mi sarei mai aspettato un simile gesto da parte sua.” disse
l’uomo prendendo un sigaro da una scatola in un cassetto della scrivania. “Vista
la sua rivalità col signor Malfoy…intendo” concluse accendendoselo con un
fiammifero.
“Non l’ho mai odiato a morte, professore” disse Harry quasi
sincero.
L’uomo sorrise appoggiando il sigaro su un posacenere
accanto. “Beh, ho i miei dubbi in proposito. Io sono ad Hogwarts da poco ma so
già molto sulla vostra inimicizia. Eh beh, un Grifondoro che rischia la propria
vita per un Serpeverde questo non l’avevo mai visto fino a qualche ora fa.”
“Beh, non credo…” esordì Harry, imbarazzato per un simile
commento.
“Cosa?! Lei sa, signor Potter, che se avesse calcolato male i
tempi il peso del signor Malfoy avrebbe rischiato di trascinare anche lei oltre
il pianerottolo, facendovi fare un volo di parecchi metri, probabilmente fatale?”
Harry non sapeva cosa rispondere. Non ci aveva davvero
pensato, aveva agito d’istinto. Gli era sembrata la cosa giusta da fare.
“Il signor Malfoy si riprenderà presto. Non le chiederò cosa
ci faceva fuori dal suo dormitorio a quest’ora della notte perché so che questi
sono momenti difficili per lei.” aggiunse, riprendendo in mano il sigaro.
Harry provò un insolito moto di gratitudine per quel professore
che non conosceva che da qualche mese. Era un tipo singolare davvero.
“Quello che le chiedo è di fare attenzione e di non abusare
delle sue…risorse.” disse indicandogli il mantello dell’invisibilità,
accuratamente ripiegato su un tavolino in un angolo della stanza.
Harry lo guardò sbalordito.
“Può andare signor Potter. Il suo dormitorio l’aspetta.
Cerchi di fare tesoro di quanto accaduto stasera.” concluse l’uomo aprendo un
libro davanti a sé.
Harry si alzò senza dire nulla, prendendo il mantello dell’invisibilità
e rimettendoselo addosso. Non capiva a cosa si riferisse l’uomo con
quell’ultimo commento ma dal tono usato dal professor Costa la conversazione
era chiaramente finita.
Il viaggio di ritorno alla torre di Grifondoro avvenne senza
intoppi. Harry non riuscì a reggere alla stanchezza appena entrò nel suo comodo
letto a baldacchino. Quella notte dormì un sonno molto agitato; il mattino dopo
non ricordava nulla, solo l’odore di sangue misto ad acqua di colonia.