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Autore: wepickedthisgame    16/10/2019    0 recensioni
"Mi hai preso senza chiedermi il permesso forse perchè ero giá tuo, forse perchè le tue braccia mi avvolgevano così bene, come quei vecchi maglioni che non vuoi buttare e che sono sformati dal tuo corpo che è cambiato, da altri abbracci che non erano così stretti come i nostri. Tu le persone non le abbracci come abbracci me, Louis. Gli altri li saluti, li tocchi, li sfiori ma sono io quello che vivi, quello sul quale lasci impronte, quello sul quale passi correndo senza chiederti se almeno un po' mi faccia male. Tu sei così, mi fai male senza volerlo e in fondo pensavo chi se ne frega del dolore, io voglio te."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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escapology (n.) the art of escaping from restraints and other traps

I tuoi abbracci dovrebbero provarli tutti, Louis. E non lo dico tanto per dire, lo dico perchè è così. Arrivi e non te ne frega niente se sto parlando con qualcuno, mi guardi - sì, a te basta un'occhiata - e io sono subito da te, mettendo da parte un discorso importante, come quei vecchi biglietti del treno che uso come segnalibri e che se ne stanno tra le pagine così, immobili, senza chiedere il perchè. E senza chiedere il perchè io sono da te, tra le tue braccia e ci sei tu che mi stringi, che lasci impronte sulla mia schiena come una mano sporca di vernice nera su di una parete bianca. Tu mi hai macchiato senza farti scrupoli perchè ti andava di farlo, perchè volevi giocare a fare il piccolo artista che osa perchè può, perchè a lui tutto è concesso. Mi hai preso senza chiedermi il permesso forse perchè ero giá tuo, forse perchè le tue braccia mi avvolgevano così bene, come quei vecchi maglioni che non vuoi buttare e che sono sformati dal tuo corpo che è cambiato, da altri abbracci che non erano così stretti come i nostri. Tu le persone non le abbracci come abbracci me, Louis. Gli altri li saluti, li tocchi, li sfiori ma sono io quello che vivi, quello sul quale lasci impronte, quello sul quale passi correndo senza chiederti se almeno un po' mi faccia male. Tu sei così, mi fai male senza volerlo e in fondo pensavo chi se ne frega del dolore, io voglio te.
Tu scappi, scappi sempre, non fai altro che correre. Hai scritto sul muro cosa significa scappare e non fai altro che ripeterlo, mattina e sera, come se fosse una preghiera, un mantra, qualcosa di cui ricordarti come ci si ricorda della lista della spesa. E di me ti ricordi? O sono l'ultimo nome della tua lista? Qualcosa da prendere solo se ti viene in mente, che tanto va bene lo stesso perché si può vivere anche senza. Mi pensi mai? Dimmi, Louis, cos'hai in mente quando mi svegli alle tre e hai voglia di far l'amore e io voglio solo dormire e sognare che in quella lista non ci sono perché anche senza scrivirmi ti ricordi di me, delle mie mani intrecciate alle tue, di quei tatuaggi che hai voluto fare perché volevi sentirmi più vicino anche se vicini non lo siamo mai abbastanza. Abbiamo storie sulla pelle, storie che si completano, immagini che coincidono, ma la nostra storia l'abbiamo persa. Tu continui a scappare e io mi chiedo dove corri mai.
Ho iniziata a leggerla anche io la definizione di fuga, lo faccio ogni mattina. La ripeto come se fosse una poesia, una formula matematica, la definizione di velocità, qualcosa che devo imparare a memoria perché altrimenti a scuola faccio scena muta e mi mandano a casa con un'insufficenza. Io sono insufficiente per te, l'ho capito che non ti basto mai e che tu non sei mai sazio. All'inizio pensavo fosse bello, che tu non fossi mai sazio di me, ma ho capito che mi cercavi sempre perché non ne avevi mai abbastanza, perché volevi di più, un di più che evidentemente io non posso darti.
Ho imparato a scappare anche io, ho dovuto farlo. La mattina esco quando ancora tu dormi e rientro in casa quando non ci sei e quando torni io già dormo. Non mi svegli neanche più per far l'amore ma con la coda dell'occhio io ti osservo mentre ti spogli e ti infili nel letto. Puzzi di fumo. Hai ricominciato a fumare e non me l'hai detto. Sono contento per te, forse le sigarette colmano quei vuoti che ti lascio io dove le mie mani non riescono ad arrivare. Vorrei arrivare ovunque, prendere i tuoi spazi e farli miei e magari fare in modo che non ci siano più spazi tra di noi. Sarebbe bello, combaciare come un barattolo e il suo coperchio: tu sei il barattolo, vuoto, io il coperchio che ti chiude per far sì che niente di brutto ci entri dentro. Questo è l'amore, no? Tu sei la persona e io l'ombrello che ti protegge dalla pioggia che tu odi, mica come tutti quei ragazzi di oggi che dicono di amarla ma alla fine con l'ombrello ci escono anche loro per proteggere i capelli, il trucco, i loro abiti firmati. Una volta mi hai strappato la camicia e io ti ho rotto le mutande. Lo ricordi quel giorno? Avevamo troppa fretta di fare l'amore e ci siamo strappati i vestiti di dosso e non solo per modo di dire, ce li siamo letteralmente strappati di dosso. Forse ci siamo strappati anche l'anima, chissà. Tu l'hai ripresa la tua, o l'hai lasciata andare? Quella camicia ce l'ho ancora, è da qualche parte nell'armadio e ogni tanto la prendo in mano. E' ancora macchiata perché non l'ho mai lavata ma il bianco non si vede più e io un po' mi sento strano perché è svanita la purezza ed è rimasto solo l'errore. Quante volte l'abbiamo fatto, l'amore, Louis? Ho perso il conto, ho smesso di contare quando hai deciso di provarlo in tutte le stanze di casa nostra: prima la cucina, poi le scale, il divano nel salotto, il tappeto in camera da letto, la scrivania del mio studio e il muro bagnato della doccia. Abbiamo dimenticato il balcone, ma solo perché lo facciamo sempre nei giorni di pioggia e mai quando c'è il sole. Ti ho dato sempre tutto e anche la mia camicia preferita, soprattutto quella. Era la camicia che ho indossato il giorno del mio diploma, quella che mia sorella mi aveva regalato per l'occasione e che non indosserò mai più, ora che i bottoni sono saltati e che le maniche sono lacerate. Peccato, mi piaceva ma mi piaci di più tu. Dipende dai punti di vista. Forse ti amo, ma solo se ti piace essere amato se sei disposto a uscire con l'ombrello, a prendere il treno, a bere quella birra che ho lasciato per te nel frigo nonostante la volessi bere io.
Questa mattina sono uscito e ho incontrato la tua ex. Mi chiede come stai, ma cosa vuoi che ne sappia io di come stai tu se non mi parli, se non mi dici cosa hai, cosa macchia il blu un po' strano dei tuoi occhi. Che poi i tuoi occhi non hanno un colore, sono un susseguirsi di immagini, il ricordo dei bagni al mare, di quelli in piscina, della volta che l'abbiamo fatto a riva a mezzanotte. E chi se la scorda più. Tu eri ubriaco, ma io no. La tua ex mi chiede se stiamo ancora insieme e io rispondo che non lo so, mi guarda ride e senza salutare se ne va. Se ne vanno tutti, forse anche tu, ma ti tengo legato a me e non importa che scappare significhi anche liberarsi dalle corde o da altre trappole perché tu da me non te ne andrai. Ti terrò al buio, nel mio cuore, o se preferisci magari in cantina. Cammino ancora e vedo quel fioraio dove mi hai comprato la rosa. Ne conservo ancora un petalo nel mio libro preferito, Farewell to arms di Hemigway. Te ne ho letto qualche passo una volta, ti ricordi? Quelle frasi che sembravano parlare di te, di noi, dei miei pensieri che a volte fatico ad esporti perché tu non mi capisci, non mi hai capito mai o forse mi comprendi troppo bene e hai capito che in fondo di tempo con me non ne vuoi perdere. Saggia scelta, neanche io perderei del tempo con me stesso se potessi. Ancora un passo e un altro ancora e c'è quel bar dove una mattina alle sei abbiamo preso un caffè prima di partire per Berlino. Tu mi guardavi con lo sguardo assonnato e parlavi di quel muro che avresti voluto veder cadere e di Hitler che la tua insegnante definiva sempre come qualcuno che ha fatto qualcosa che andava fatto. È così che siamo noi, Louis, amiamo qualcosa anche se è sbagliato farlo e la glorifichiamo perché per noi è giusto così, perché è la cosa migliore (o forse la meno peggio) che possiamo avere. Forse i tedeschi lo sapevano che Hitler li avrebbe condotti alla rovina, ma mica avevano scelta e si sono dovuti fidare per forza. E così siamo io e te. Io non avevo nessuno e sei arrivato tu. Mi hai raccolto da terra e sei diventato il meglio che potessi avere. I miei amici dicono che mi sono accontentato, ma io penso che tu fossi un po' come Hitler e io un po’ come tedeschi. Avevo perso una guerra, non potevo perderne un'altra, ma l'ho persa comunque, come i tedeschi. Pensavo di averti e invece tu scappi. Di guerre ne ho perse due anche io, come i tedeschi, e sono diviso in due come la Germania dopo la seconda guerra mondiale. E di tutti i territori che potevo perdere, io ho perso proprio te e i tedeschi la Polonia. Che me ne faccio della Polonia, se poi posso avere te? Ho un muro anche io, magari quello lo vedrai crollare prima o poi se ti deciderai a dargli una spallata, è fatto di cartongesso il mio, mica di cemento armato. Ci divide un muro sottile, che eppure c'è, e magari possiamo incontrarci ad Alexanderplatz quando sarà crollato. Non manca molto, devi solo aprire gli occhi e dirmi che mi vuoi ancora come quella volta che mi hai presto la mano in pubblico e tutti si sono fermati a guardarci sbalorditi.
Sono passato davanti a quella libreria, dove una volta sono andato per comprarti quel libro che volevi assolutamente e poi sono tornato indietro. Perché tu avevi bisogno di quel libro, ma io ho bisogno di te adesso e ora. Forse per sempre, se ne hai il tempo.
Rientro in casa e ti sento urlare, un urlo che vale tutte le volte che non ci sei, che manchi, che sei lontano e che questi miei silenzi non li copre nessuno. Mi piace sentirti urlare perchè vuol dire che ci sei, che io ci sono, che io ti sento. Le scale le ho fatte in fretta, quasi di corsa, inciampando nell'ultimo gradino perchè lo sai che sono scordinato, un po' impacciato come un burrattino che solamente tu sai far muovere con grazia. Creta, argilla, cosa sono se non materia che solo con te prende forma? Mi rialzo. Non ci sei tu a tendermi la mano, sei troppo impegnato ad urlare e quelle urla le riconsco. Le sento ogni notte, la tua bocca premuta contro il mio orecchio e tu su di me che ti prendi tutto lasciandomi addosso il tuo odore forte che non sa di niente, solo di te. E mi basta. Entro in camera e tu sei seduto al centro letto, non mi vedi ma è meglio così. Sei mezzo nudo, mezzo vestito o mezzo svestito come quella volta che mi hai detto che volevi far l'amore con i vestiti perchè il tuo corpo non ti è mai piaciuto. Eppure sei bellissimo, non coprirti. Spogliati chè io dei tuoi errori voglio farne il mio mantello e delle tue cicatrici voglio farne il mio fardello. Ti tocchi. Sei sfacciato quando lo fai perchè a me non lasci niente, non lasci niente mai. Ti prendi tutto di me e di te non mi dai nulla e io mi accontento, non mi lamento mai. Io sono tuo e se tu non sei mio in fin dei conti non importa. Non voglio nemmeno più tenerti con me che sia il cuore o la cantina. Basta con le corde, puoi scappare tutte le volte che vuoi ma almeno una volta a settimana torna da me e resta anche domani. Mi basta vederti lì al centro del letto con il sudore sulla fronte e le mani sporche di te proprio come io sono eternamente sporco di te. Non indossi le mutande e forse un po' ti odio per questo. Quelle che ti ho strappato le hai buttate, io la camicia la conservo ancora come il tesoro più prezioso che ho. Tu butti tutto via, io colleziono errori e tu sei il pezzo forte della raccolta. Quello per il quale i collezionisti di tutto il mondo venderebbero anche la moglie per avere. Ma che me ne faccio dei soldi, se posso avere te. Meglio essere povero e averti qui, che avere ogni richezza tranne te che sei la più grande mia povertà. Se tu fossi una donna penserei che tu sia una puttana o che tu sia solo estremamente facile, ma in realtà questo sei solamente tu e mi basta. Mi basta sempre e non importa se posso avere di più perchè a me sazi tu, mi accontento di te. Sei il mio limite. Il massimo della velocitá. Il mio confine. E aprili quegli occhi che voglio peccare un po' guardandoli, aprili che voglio scoprire cosa si prova ad appartenersi.
Io appartengo a te ma tu, Louis, tu di chi sei?
   
 
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