Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: iron_spider    17/10/2019    2 recensioni
Tony respira affannato, cercando di trovare una soluzione. “È stato uno di loro?” gli chiede. “Ti… ti hanno tolto la maschera? Ti hanno toccato direttamente?”
Peter chiude gli occhi per un lungo secondo, e la pistola gli traballa nelle mani. Tony fa un esitante passo in avanti e vede lo strappo del costume, sull’avambraccio del ragazzo. Merda. “Okay, ragazzino, l’ho visto,” dice. “L’ho visto. Ma questi pagliacci dovrebbero sapere che io sono a prova di proiettile.”
Peter apre gli occhi e adesso sembra spaventato, ancor più di prima. Con lenta fermezza solleva la pistola e se la punta alla tempia. Vi preme contro con forza.

[Traduzione // post-Endgame What If? // Tony&Peter // whumptober: gunpoint]
Genere: Generale, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'whumptober'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Grilletto facile
 


[whumptober 2019: #5. gunpoint]
 
 
Tony si sposta nella stanza successiva del magazzino, e tutta questa faccenda gli sta richiamando alla mente degli spiacevoli ricordi del periodo di Ultron. Riguardo al momento in cui Wanda gli è entrata nella mente per piantare la sua bomba, facendolo poi andare un po’ fuori di testa e spingendolo a creare un super-robot omicida. Cose che capitano. Non ci sono robot coinvolti, in questo caso, no, solo un gruppo di teste di cazzo che, per chissà quale motivo, riescono a controllare la mente.

Non sa dove sia il ragazzo, il che fa del trovarlo la sua priorità numero uno. Non le informazioni apparentemente così importanti che dovrebbero essere custodite nei piani superiori dell’edificio, né i pezzi grossi di quell’azienda che dovranno rispondere per qualunque tipo di esperimento folle abbiano condotto qui dentro innescando il tutto. No, a Tony interessa una sola cosa: trovare Peter immediatamente, in questo preciso istante. Ci sono Steve e Nat ad occuparsi del resto.

Tutto ciò che sa è che questi tizi hanno bisogno di un contatto diretto, pelle a pelle, per usare i loro poteri. Quindi il ragazzo dovrebbe essere a posto. Assolutamente a posto. L’ha bardato da capo a piedi per un motivo. Però stanotte non indossa l’Iron-Spider, il che è leggermente… preoccupante. Ma Tony è sempre preoccupato, quando si tratta di Peter. Salta sempre alle conclusioni. Ne ha ogni diritto, maledizione, considerando quello che gli ha fatto passare il ragazzo e quello che ha passato lui stesso, e quello che Tony ha fatto passare al mondo per riaverlo nella propria vita.

Così Tony si inoltra in quel labirinto, in cerca di Peter.

“Steven,” dice sulla loro linea, osservando la pianta dell’edificio che gli sta fornendo FRIDAY. “Ehi. Rogers. A rapporto. Marsc’, dove sei?”

Riceve risposta, ma non quella che si aspettava, e decisamente non quella che voleva sentire. È la voce di Steve, questo è certo, ma è per lo più coperta da statico, va e viene. L’accesso di fronte a lui è aperto, e si apre su un corridoio.

“Friday, che diavolo succede?” chiede, guardando avanti e indietro e perlustrando i dintorni.

Non ne sono sicura, Capo.

“Dammi i miei puntini, mh?” ordina Tony, dirigendosi alla sua sinistra. “Dove sono i miei puntini rossi e verdi? I buoni e i cattivi? Le mie lucine di Natale? Eh? Su, ragazza, forza.” Sta diventando pressante con una maledetta intelligenza artificiale, perché: dove diavolo è Peter? Non qui.

Di solito non perde occasione per straparlare e chiacchierare allegramente esternando ogni suo minimo pensiero, e Tony non sente un suo commento da almeno venti minuti. Da quando si sono separati tutti, ognuno per conto suo. Cerca di ricordare l’ultima cosa che ha detto. Magari FRIDAY ha una registrazione? Sta già uscendo fuori di testa, dannazione?

Il ragazzo sta bene. Deve stare bene. È un supereroe, può sollevare un autobus, sta bene. Sta bene.

Ma... questa storia del controllo mentale. Tony sa cosa vuol dire avere qualcuno che gli fruga in testa, e non vuole che accada a Peter.

“Abbiamo fortuna con la posizione della tuta di Peter?” chiede, continuando a marciare lungo il corridoio e cercando di rimanere con la testa sulle spalle, imperturbabile. Adesso vorrebbe che Peter non si fosse aggregato a questa missione. Vorrebbe in segreto che andasse in pensione a ventun anni.

C’è qualcosa che blocca le mie trasmissioni, Capo,” dice FRIDAY. “Ci sto lavorando. E anche sui tuoi puntini rossi e verdi.

“Grazie, signora,” replica Tony, con un sospiro tremante. Almeno ha la pianta di quel piano, e vede che si sta avvicinando alla zona di carico. Quei tizi potrebbero essere usciti di lì e spera di tagliare loro la strada, fermando la cosa sul nascere prima che diventi troppo grande.

Beh, è già abbastanza grande. Considerando che qui ci sono tre– no, quattro Vendicatori. Cristo, non può dire al ragazzo che stava per esonerarlo dal titolo di Vendicatore.

In realtà al momento vorrebbe potergli dire qualsiasi cosa.

“Va bene, va bene,” mormora tra sé, spazientendosi.

Ci sono due porte con due battenti e degli oblò, poco più avanti, e riesce a distinguere una sagoma al di là, nel buio, ma non riesce a riconoscerne il volto. Bene, finalmente: forse sta facendo progressi. Non può esattamente muoversi di soppiatto quando indossa l’armatura, quindi opta per fare irruzione a fucili spianati – o meglio, a repulsori spianati, perché non vuole uccidere nessuno

Si ferma. Col cervello vuoto. Le mani che tremano.

Peter è in piedi di fronte a lui, senza maschera. Ha una pistola tra le mani e la solleva, puntandogliela contro. Sta tremando, e digrigna i denti.

“Ragazzo,” lo chiama Tony, ora completamente nel panico.

“Non riesco–” dice Peter, ed è come se ogni parola gli causasse un dolore fisico.

Tony respira affannato, cercando di trovare una soluzione. “È stato uno di loro?” gli chiede. “Ti… ti hanno tolto la maschera? Ti hanno toccato direttamente?”

Peter chiude gli occhi per un lungo secondo, e la pistola gli traballa nelle mani. Tony fa un esitante passo avanti e vede lo strappo del costume, sull’avambraccio del ragazzo. Merda. “Okay, ragazzino, l’ho visto,” dice. “L’ho visto. Ma questi pagliacci dovrebbero sapere che io sono a prova di proiettile.”

Peter apre gli occhi e adesso sembra spaventato, ancor più di prima. Con lenta fermezza solleva la pistola e se la punta alla tempia. Vi preme contro con forza.

Tony sente il mondo che perde l’equilibrio, e l’aria che viene risucchiata via attorno a sé. Fa un altro passo titubante, e ritrae la maschera così che Peter possa vederlo in faccia.

“No, no,” balbetta.” “No, ehi– ragazzo, riesci a resistere? So quanto sei forte, ragazzino. So quanto sei forte.”

“È– è molto difficile,” dice Peter, con la faccia distorta dal dolore e dalle emozioni.

Tony continua a fissare il suo dito sul grilletto. È tutto in bilico, adesso, tutto, tutto quanto, e riesce a vedere come sarà, quanto sarà orribile, il sangue, e cerca di scacciarlo dalla propria mente. Non può succedere. Non può succedere.  

“Sono qui intorno?” chiede, ritrattando le proprie intenzioni riguardo al non voler uccidere nessuno stasera. Stasera vuole davvero uccidere qualcuno. Vuole fare a pezzi qualcuno con le proprie mani.

“Non lo so,” risponde Peter, a bassa voce. Sembra che stia cercando di resistere con tutto se stesso e le vene delle sue braccia si gonfiano, le sue dita tremano violentemente.

Il dito sul grilletto. Il dito sul grilletto.

A Tony non interessa cosa sia accaduto a quelle persone. Non adesso. Perché hanno fatto questo. Stanno facendo questo al suo ragazzo. Hanno messo sul suo volto quell’espressione.

“Andrà tutto bene,” sussurra Tony, facendo un altro passo in avanti, e gli duole tutto il petto, è pieno di spilli e di tensione stringente. “Andrà tutto bene, okay? Promesso. Te lo prometto.”

Peter preme con più forza la pistola alla tempia, e Tony riesce a vedere la tacca che incide sulla sua pelle. Peter risucchia un grosso respiro dalla bocca, con delle lacrime che luccicano agli angoli degli occhi. “Riesco quasi– se mi concentro– davvero tanto–”

“Si farà del male!” grida una voce, da una delle porte aperte nella zona di carico.

Tony volge di scatto la testa verso l’alto e vede due uomini là, sulla piattaforma appena fuori dall’edificio. È sul punto di entrare in modalità offensiva, ma sa che non può. Deve essere furbo. “Nah, io farò male a voi,” dice, ribollente di rabbia. “Questo non è un buon modo per stringere amicizia e influenzare le persone.”

“Stark, dovresti essere un po’ più padrone delle tue emozioni–”

“Voi dovreste essere un po’ più fuori da questo cazzo di posto–”

“Precisamente,” replica l’uomo. “Tutti sanno che ci tieni molto a proteggere Spider-Man. E adesso sappiamo perché… è un bambino!”

“Io– non sono–” Peter si interrompe da solo premendo più forte la pistola contro la propria testa, e Tony vede le stelle.

“Lasciatelo andare e basta,” dice, già del tutto disperato, perché quest’istantanea di fronte a lui è da incubo, per entrambi, ed è ancor peggio dover vedere il ragazzo che tenta di opporsi con le unghie e con i denti.

“Lasciaci andare,” dice l’uomo. “E non appena saremo a un chilometro di distanza [1], lui potrà far cadere la pistola. Intesi?”

“Un chilometro, cazzo?” chiede Tony, serrando la mascella e spostando il peso da un piede all’altro. “Io sono pronto a far saltare in aria qualcosa sperando di colpirvi…”

“E io lo costringo a spararsi in testa,” ribatte l’uomo. È snervante vedere solo le loro ombre là fuori. Dovrebbero darsela a gambe, cazzo, visto che Tony sente fuoco e fiamme scorrergli nelle vene. “Morirà di fronte a te,” continua lui. “Con le cervella ovunque.”

“Chiudi quella cazzo di bocca,” sbotta Tony. “Andate. Andatevene.”

“Tony–” comincia Peter, sbarrando gli occhi.

Tony scuote la testa. Riesce a malapena a sopportare di guardarlo, di vederlo così. Con quella pistola puntata alla testa. È un qualcosa che non avrebbe mai, mai voluto vedere.

“Andate!” grida di nuovo, e i due uomini saltano giù dalla piattaforma e si allontanano nella notte che avanza. Quando sono lontani, Tony lascia che l’armatura si ritragga nella propria unità di alloggio, e si avvicina di più a Peter sulle proprie gambe. “Pete,” sussurra.

“Okay,” balbetta Peter, sbattendo rapido le palpebre. “Okay, okay.” La sua mano trema ancora.

“Un chilometro,” dice Tony, in piedi di fronte a lui, troppo spaventato per toccarlo ma impaziente di risolvere tutto, in qualche modo. “È meglio per loro se corrono forte. Molto forte, cazzo.”

“Stai dicendo un sacco di parolacce,” esala Peter, fissandolo con occhi imploranti. “Di fronte a me.”

“Lo so,” replica Tony, mordendosi l’interno della guancia. “Scusa.”

“Fa niente, devi solo mettere, tipo, una montagna di soldi nel barattolo delle parolacce [2] quando torniamo al Complesso…”

Tony sbuffa dal naso, e quasi scoppia a piangere a dirotto, con tanto di singhiozzi, perché vuole che tutto questo finisca. Adesso. Adesso. Continua a fissare il dito di Peter, teso sul grilletto. Un passo falso, ed è finita. È finita e, a tutti gli effetti, sono entrambi morti.

“Ehi, un attimo, io–” Peter digrigna i denti, lasciandosi sfuggire un piccolo lamento. “Ehi, un attimo–”

“Che succede?” chiede Tony, con gli occhi che saettano qua e là. Lancia uno sguardo al punto in cui c’erano prima i due stronzi, ma non sono più lì. “Ragazzo, non farti del male, non fare follie, ti prego–”

Peter si strappa via la mano dalla testa e Tony balza via dalla traiettoria quando parte il colpo, diretto contro il muro. Peter getta via da sé l’arma, barcolla all’indietro, portando la mano ad artigliarsi la fronte.

“Ehi, ehi,” lo chiama Tony, afferrandolo per la vita per non farlo cadere. “Ehi… sono già a un chilometro da qui? Hai spezzato il controllo mentale, o qualcosa del genere? Porca troia.”

“Non sono sicuramente a un chilometro da qui,” dice Peter, poggiandosi a peso morto contro di lui. “Oddio, il cervello.”

“Stai bene?” chiede Tony, portando entrambi a terra. “Richiesta informazioni immediata, su, ragazzino.”

“Bene,” risponde Peter, sussultando e tenendosi ancora la testa. “Una crema.”

“Mh-hm,” mugugna Tony, tra i denti serrati, perché adesso ha le vertigini, e la nausea. Preme sul suo auricolare. “Steve,” chiama. “Mi senti?”

Tony! Ti ho perso per un po’! Hai trovato qualcosa?

“Grazie a Dio, Cap,” esala Tony, aumentando la stretta sul ragazzo. “Quei bastardi sono diretti a nord, sono scappati circa cinque minuti fa, al massimo. Prendeteli.”

Ci pensiamo noi, tu stai bene?

“Tra poco,” risponde Tony. Rivolge la propria attenzione a Peter e lo aiuta a sedersi un po’ più dritto. “Ehi, guardami, Peter. Guardami un momento.”

Peter emette un lamento, agitandosi, e lo guarda da dietro gli occhi socchiusi ondeggiando un poco. “Che c’è?”

Tony emette un verso incredulo. “Che c’è, dice lui. Sono ancora là dentro? In quella tua zucca vuota?”

“No,” risponde Peter. “No, sento solo come... delle formiche in testa, ora, e prima era come se qualcuno mi stesse strizzando il cervello con una mano enorme e sporca.”

Tony rilascia un respiro, scostando via i capelli dagli occhi di Peter. “Che schifo. Okay, ti sembra che avessero qualche… vero motivo per toglierti la maschera? Abbiamo un problema d’identità segreta se Stevie non li raggiunge?”

Peter scrolla le spalle.

“Okay,” gli concede Tony, sapendo che poi dovrà pensare anche a quello. Semplicemente meraviglioso. “Bene, ne ho abbastanza. Andiamo a casa.” Medita su come raccontare tutta la storia a May. Medita se non dirgliela affatto.

“Okay,” concorda Peter, il che è un po’ preoccupante, considerando che di solito tende ad arrivare in fondo alle questioni. “E quando arriviamo, mangio io l’avanzo di gelato al caramello. Me lo merito.”
Tony annuisce, avvolgendogli un braccio attorno alla vita e issandolo di peso in piedi. Ecco, questo suona già più come Peter. “Vero,” risponde. “Te lo meriti, assolutamente.”

Peter si appoggia a lui, e lo fissa a occhi sgranati. “Sul serio?”

“Certo che sì,” ripete.

Lancia un’occhiataccia alla pistola mentre escono dalla stanza, e sa che gli ci vorrà una settimana buona per scartavetrare via l’immagine mentale di Peter che se la punta in testa.

“Adesso troviamo la tua maschera. Prossima tappa: gelato.”





 
– Fine –






Tradotto da trigger finger di iron_spider da _Lightning_


Note di traduzione:
 

[1] In originale è un miglio, ma preferisco convertire da sistema imperiale a decimale per chiarezza (un miglio è circa un chilometro e mezzo, ma ho arrotondato).
[2] Il famigerato “swear jar”, di cui purtroppo in italiano esiste solo questo corrispettivo ufficiale un po’ cacofonico.


Note della traduttrice:

Non potevo certo rimanere a lungo con le mani in mano dopo aver ultimato la traduzione di Ever in your favor, no? (vi invito caldamente a leggerla, sia in traduzione [qui] che in originale! [qui])
Prossimamente arriveranno molte altre piccole storie, in quanto l'autrice originale, iron_spider, sta partecipando al whumptober... quindi mi sto dando alla pazza gioia con le traduzioni <3

Grazie a chiunque abbia letto e non abbiate paura di lasciare un commento e di lasciare kudos alla storia originale su AO3!
Come sempre, trovate il link alla mia pagina autrice a piè di pagina <3

-Light-


P.S. La traduzione del titolo è un po' libera, ma francamente "dito sul grilletto" era piuttosto orrendo :')
 
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare queste traduzioni altrove, anche se creditate e anche con link all'originale su EFP.

©iron_spider 
©_Lightning_

©Marvel
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: iron_spider