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Autore: Azaliv87    19/10/2019    1 recensioni
Avverto subito che questa ff non vuole essere un proseguimento dell'opera di Ai Yazawa, ma più che altro una sorta di storia originale ricreata nel contesto di Nana. Non abbiamo certezze del tempo trascorso nei capitoli del futuro di quel manga, ma considerate che la mia storia vi aggiunge altri 10 anni ancora, quindi è ambientata quasi 15-20 anni dopo la morte di Ren. Non ci saranno i personaggi che già conoscete, ci saranno davvero poche apparizioni sporadiche, ho volutamente cercato di creare dei personaggi tutti miei.
La trama gira attorno ad un gruppo di adolescenti che frequentano il classico liceo giapponese. Come sfondo abbiamo anche una nuova band musicale, che avrà modo di influenzare in un modo o nell'altro i protagonisti principali.
Vi lascio ora un pezzetto del primo capitolo così che possa introdurvi a questa ff.
"Ogni ragazza lo guardava con aria trasognata, immaginandosi di diventare presto la sua fidanzata; dalle più disinvolte, alle più timide. Tutte stravedevano già per lui. Tutte, tranne una."
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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È stata l’unica a non avermi nemmeno rivolto la parola! Sbuffò spazientito, coi nervi a fior di pelle, come se rappresentasse un affronto al suo ego. Questo pensiero lo continuava a tormentare, mentre si dirigeva verso il banco vuoto, dove la professoressa Uzumi gli aveva consigliato di accomodarsi. Quasi rappresentasse una sconfitta personale, una macchia nella sua virilità, nel suo essere maschio. Non che a scuola gli fosse mai interessato avere fama di essere un donnaiolo, ma nessuna aveva resistito o rifiutato una sua attenzione, anzi anche in passato fuori dalla sua sezione c’era la fila di ragazze che lo aspettavano per chiedergli un appuntamento. Il fatto che ora, per la prima volta fosse accaduto il contrario in maniera così plateale lo innervosiva parecchio. E allo stesso tempo era stuzzicato all’idea di scoprire la ragione dell’indifferenza mostrata da quella ragazza. Magari è già fidanzata e non pensa ad altri se non al suo ragazzo. Questo la rendeva ancora più perfetta ai suoi occhi. Una vera donna, fedele al suo cuore e senza tante altre ambizioni. Per la beltà che madre natura le aveva concesso avrebbe potuto anche fare strage di cuori, ma non pareva interessarle. Forse la sua indole è più riservata delle altre ragazze a cui sono abituato. Certamente era così, dopotutto se fosse stata una persona più estroversa avrebbe sicuramente volto lo sguardo su di lui.
Non ebbe modo per crogiolarsi ancora per molto in quei pensieri contraddittori tra loro, dato che il ragazzo seduto alla sua sinistra, si sporse leggermente oltre il banco per porgergli la mano e presentarsi.
-Piacere, io sono Kamamura! Kyosuke Kamamura. Ma chiamami Kyo. – un sorriso smagliante lo contraddistinse, a differenza delle occhiatacce che invece gli stavano rivolgendo gli altri ragazzi della classe, invidiosi delle attenzioni che aveva ricevuto dalle compagne.
Kyo aveva un’aria solare e raggiante. Aveva gli occhi castani accesi sempre da uno spirito allegro. I capelli erano di una tonalità leggermente più chiara e formavano un caschetto scalato e corto. Aveva la carnagione bronzea, uno sguardo vivace ed un sorriso che contagiava chiunque gli fosse vicino. Takeru ricambiò il saluto e si ritrovò a sorridergli a sua volta. Dopotutto gli era andata bene, il suo compagno sembrava simpatico e qualcosa gli diceva che presto sarebbero diventati amici.
La professoressa Uzumi cominciò la lezione ed il silenzio piombò in aula. Verso l’una il suono della campanella annunciò l’ora del pranzo ed il professor di matematica, Sashime Moramoto, che era sopraggiunto alla professoressa Uzumi, uscì dall’aula. Nel corridoio pian piano si sentì un chiacchiericcio crescendo, un ronzio di voci giovanili e un continuo rumore di passi. Takeru notò che i suoi compagni stavano uscendo in atrio a gruppi. Alcuni ragazzi dall’aria saccente rimasero ancora in aula per finire di meditare sull’ultimo concetto di calcolo appena spiegato dal professor Sashime, altri invece erano già fuggiti via chissà per quale destinazione. Alcune ragazze si stavano dirigendo al bagno con tanto di borsetta per i trucchi per andarsi ad incipriare il naso, sebbene fosse vietato dalla scuola. Tre di loro diedero un’ultima occhiata verso di lui, ma si affettarono ad uscire dalla classe con un sorrisetto timido e le guance lievemente arrossate. Ma ciò che si era prima immaginato si stava avverando proprio di fronte ai suoi occhi: un gruppetto di cinque o sei ragazze si stavano dirigendo verso di lui. E proprio quando esse lo avevano circondato pronte a presentarsi e chiedergli di pranzare assieme, una mano sconosciuta lo prese per una spalla e lo costrinse a voltarsi. Alzò lo sguardo e vide il volto gioioso di Kyo sorridergli.
-A meno che tu non voglia essere smembrato in mille pezzi ti conviene battere in ritirata. Quelle sono capaci di tutto. – gli disse sottovoce.
-Grazie per avermi avvisato. – fece eco, lui alzandosi in piedi.
-Mizuki, vorresti pranzare con noi, oggi? – provò a farsi spazio una ragazza coi codini e le lentiggini sul naso. Era spavalda ed intraprendente.
-Eddai, è il tuo primo giorno, non vorrai rimanere in classe tutto soletto con questa bella giornata! – aggiunse un'altra con delle forcine colorate tra i capelli. Mostrò di saperci fare quando gli accarezzò il torace, risalendo con la mano fino al suo colletto. Takeru deglutì, intuendo che la prontezza di Kyo non era affatto da ignorare. Stava per dire qualcosa, ma venne subito fermato da un’altra ragazza.
-Non sarebbe stato solo soletto a lungo, mia cara Maki. – questa aveva una treccia laterale che le ricadeva sulla spalla. I suoi occhi erano sottilissimi, aveva una bocca carnosa ed era molto formosa, tuttavia nel complesso era particolarmente attraente – Il mio nome è Suzue, Takeru. Ti va di pranzare con me nel terrazzo all’ultimo piano? – si era impossessata del braccio di Takeru senza che nemmeno se ne rendesse conto.
-Chi ti dice che vuole stare con te, Moradoshi? – gracchiò l’altra. Takeru le guardò stranito da tant intraprendenza e si liberò con educazione dalla stretta di Suzue.
-Siete tutte molto gentili, davvero. Avrei accettato ogni vostro invito, purtroppo però ho già dato parola a… -
-A chi??? – urlarono tutte in coro come delle vere assatanate.
-A… Kyo. – Takeru lo prese per le spalle e lo costrinse a restare, dato che stava provando a svignarsela – Mi ha promesso di farmi far un giro della scuola per quest’oggi. Sono davvero costernato. Vi prego di scusarmi. – congiunse le mani e si inchinò rispettosamente, abbassando anche il capo.
 
-Lo sai vero che hai solo ritardato la tua condanna a morte? – Kyo non gli mancò quella frecciatina mentre si incamminavano fuori dall’aula.
-Perdonami se ti ho coinvolto, ma non sapevo come uscirne. – gli rispose Takeru sorridendo e unendo le mani per scusarsi.
-Figurati. – rise beato – E visto che ci siamo vieni con me. Conosco un posticino tranquillo dove poter pranzare. Prima però accompagnami in sala professori; devo portare questi fogli. –
-Ti seguo. –
Nel tragitto Kyo ebbe modo anche di mostrargli un po’ l’istituto. Quando arrivarono di fronte una classe denominata dall’insegna “3-C”, lo sentì dire – Ti consiglio di evitare questo lato del corridoio a meno che tu non voglia trovarti linciato da metà dei nostri compagni. Questa è l’aula preferita dai ragazzi di tutto la scuola! – e infatti c’erano molti di loro fermi davanti la porta vantandosi ad alta voce e cercando di attirare l’attenzione di alcune ragazze. L’immagine che gli venne alla mente era di molti galli davanti ad un pollaio.
-Cosa stanno facendo tutti qui? –
-Vedi, quest’aula è composta solo da ragazze! E ce ne sono di davvero carine! –
Takeru sorrise educatamente, ma dentro di sé pensò che tutto ciò era davvero assurdo. Lui non aveva mai dovuto scervellarsi così tanto per attirare l’attenzione di una ragazza, di solito venivano attirate dal suo charme come api col miele. Sperava di aver cambiato vita, tuttavia anche quella mattina aveva purtroppo constatato che non era così. chissà per quale ragione ogni ragazza che lo incrociava finiva per piegarsi ai suoi piedi. Ogni ragazza, a parte lei. Gli ricordò una vocina nella sua testa. Un’ondata di calore gli arrivò forte dal basso. E la visione di quelle mutandine a scacchi rosa e nere gli coprì ogni altra visuale. Scosse il capo per scacciarla via dalla testa. E ritornò a guardare quella scenetta ridicola di fronte a quell’aula. Pensò che dopotutto la cosa non gli interessava, quindi cercò di chiudere il discorso più in fretta che poteva – Ricevuto, ma ora possiamo andare, per favore? Ho una fame… -
-Credo tu sia l’unico ragazzo che conosco, che preferisce soddisfare le papille gustative invece che… beh altro. –
-Non sono venuto in questa scuola per rimorchiare il primo giorno. –
-Sei per caso uno dai gusti difficili? – chiese serenamente, prima di rabbuiarsi – Non è che ti piacciono i maschi? – gli domandò serio – Spero tu non abbia frainteso le mie intenzioni, perché si dal il caso che a me piacciano le femmine. –
-Anche a me piacciono le femmine! – puntualizzò inviperito – Ma al momento non cerco la ragazza. Tutto qui. –
-Oh… allora è come pensavo. –
-A cosa ti riferisci? –
-Al fatto che sei appena uscito da una storia seria. – affermò comprensivo e mettendogli una mano sulla spalla.
-Diciamo così. – sintetizzò Takeru sperando di chiudere in fretta il discorso.
-E non è andata bene. – Kyo però non voleva demordere.
-Da cosa lo avresti capito? – alzò un sopracciglio alterato.
-Beh, quando ne parli hai un’aria triste… Questo fa presumere che sia stata lei a mollarti. Al contrario, se l’avessi lasciata tu, avresti approfittato dell’occasione per pavoneggiarti del fatto che lei fosse una rompiscatole, che non ti mollava mai e ti assillava sempre con le solite sciocchezze da femmine. Invece dato che rimani sul vago deduco che… -
-L’ho lasciata io. – puntualizzò seccato. Non lo conosceva abbastanza per dirgli tutto, ma ciò che maggiormente lo infastidiva era questo suo impicciarsi.
-Ah… - lo fissò perplesso – Allora ti ha fatto le corna e non sei riuscito a perdonarla. – tentò ancora.
-Era finita da tempo, ma ho tentato inutilmente di riscaldare un brodo ormai vecchio. –
-Uhm… sei strano. – concluse fissandolo strabiliato. Takeru si limitò ad osservarlo in silenzio – E la cosa è ancora più strana dal momento che ora come ora non sembri disposto a rimpiazzarla. Quindi o ne eri follemente innamorato, o la vuoi riconquistare, oppure… –
-Ho solo voglia di non riempirmi ancora di impegni. Ed una ragazza ora mi incasinerebbe la vita. –
-Eh, già. Le ragazze scombussolano la mente e il cuore. Su questo ti do ragione. – pareva capirlo fin troppo bene quel concetto. Che anche lui stia soffrendo per un amore finito? Oppure per uno non corrisposto?
 
Dopo essere passata dall’aula professori, ripresero a camminare tra i corridoi dell’istituto. Takeru lo seguì senza porgli alcuna domanda. La sua sola compagnia era piacevole.
-Ho notato che in classe guardavi sempre verso le finestre. – Kyo tornò a rivolgersi a lui con rinnovato interesse, eppure nella voce vi era ora un leggero sospetto, o così parve a Takeru – Dimmi, ti piacciono i bei panorami oppure in quella parte dell’aula c’era qualcosa che aveva attirato il tuo interesse? – lo stava palesemente interrogando. Forse voleva sapere i suoi interessi all’infuori della scuola, per cui Takeru pensò di rispondere con sincerità, non trovandoci nulla di strano.
-Non capisco a cosa ti stai riferendo. – rimase vago, prima di svelare ogni sua carta, voleva prima sapere con chi aveva a che fare. Si era ripromesso di non commettere più gli stessi errori del passato.
-Sì… lo hai capito benissimo! – Kyo lo canzonò bellamente con espressione di sufficienza – L’hai guardata più di una volta. – Takeru lo fissò confuso, non capiva a chi si stesse riferendo. Se considerava le due file di banchi che lo separavano dal lato finestrato della stanza poteva contare circa una dozzina di ragazze e capire di quale di queste era la diretta interessata era impossibile. Kyo parve perdere le staffe – E dai, non fare il finto tonto. Mi sono accorto di come la guardavi! – il tono di voce del suo amico pareva essere diventato un filino più duro.
-Ma chi? – Takeru ancora non riusciva a seguire il suo discorso.
-Hoshihime, mi par ovvio. – Kyo era infuriato come se avesse udito una bestemmia uscire dalle sue labbra – La bionda in prima fila. –
-È così che si chiama? – Takeru lo fissò esterrefatto. Mutandine nere e rosa aveva quindi un nome… un nome che era tutto un programma poi! Hoshi-hime, principessa delle stelle. Guardò nuovamente Kyo negli occhi; era come quando si comincia a costruire un puzzle e si cercano i tasselli col lato diritto per creare i bordi. Kyo lo osservava come si guarda qualcuno che ha detto un’ovvietà.
-Non hai prestato attenzione all’appello? – soppesò però la sua espressione stranita.
-Sì… cioè, no. – balbettò incerto Takeru senza saper bene come rispondere. Perché se la prende così tanto? Era forse il suo ragazzo? Osservò Kyo per un lungo momento, i suoi occhi analizzarono il giovane dai mocassini alla punta dei capelli. Era anonimo, ordinario, mediocre, per nulla adatto ad una tipa come lei… una parte di sé, quella più nascosta avrebbe voluto ridergli in faccia, l’altra quella più ponderata, invece considerò che sarebbe stato maleducato. Quindi rimase serio attendendo che Kamamura tornasse a parlare.
-Davvero non conoscevi il suo nome? Quindi non sai nemmeno chi è lei. –
-Dovrei conoscerla? – Takeru si prese il mento col pollice e l’indice e provò a far mente locale cercando di ricordare il profilo di quella ragazza – Fa la modella? L’attrice, forse? Se ha preso parte ad uno degli ultimi spot pubblicitari non la conosco… ultimamente sono stato all’estero e mi sono perso molte cose. – ora che ci pensava quella ragazza era davvero molto alta ed aveva un fisico che avrebbe potuto permetterle di sfondare in quel campo.
-Seee… le piacerebbe essere famosa pure lei. Così magari avrebbe anche modo di stare vicino a quell’idiota che le piace. – Kyo stava parlando in maniera del tutto schietta, ma quando i loro occhi si incrociarono di nuovo, si zittì all’improvviso senza continuare. L’idiota che le piace? questo significava che era fidanzata con uno famoso?
-Hoshihime è una studentessa particolare. Se la contengono moltissimi istituti, ma non ha niente a che vedere col suo aspetto fisico. – spiegò ambiguamente – Per cui, non capisco, se non hai idea di chi sia davvero, perché continuavi a fissarla come se la conoscessi? –
-Ti sei fatto un’idea sbagliata. – mentì. Perché Kyo doveva pensare quello? Fissarla come se la conoscessi… Kamamura lo guardò sbattendo le palpebra perplesso, Takeru non doveva essere stato affatto convincente – Beh, l’avrò guardata un paio di volte… Ammettilo, è difficile non notarla. –
-Hai messo gli occhi su di lei, per caso? – gli domandò circospetto, aveva l’aria di un assassino.
-No, assolutamente. – non era nelle sue fantasie più recondite trovarsi subito la ragazza, e quella poi non gli pareva per niente adatta ai suoi ideali. Di nuovo di fronte agli occhi gli si mostrarono quelle maledette mutandine a scacchi nere e rosa – Non credo sia il mio genere… e poi, non lo so, mi sembra una tipa strana! –
-Non sai neanche quanto. – Kyo parve convincersi e lo condusse allora verso il giardino sul retro – Ma sia chiara una cosa: se hai intenzione di provarci con lei, la nostra amicizia termina qui. –
-Te lo ripeto, non sono interessato a farmi la ragazza. Vuoi un giuramento col sangue o ti basta la mia parola? – questa volta gli rispose a tono, ma col sorriso sulle labbra. Non voleva apparire arrogante.
-Uhm… il sangue non mi piace molto. Quindi mi accontento della tua parola. – rispose ammiccante pure lui – Non so se conosci quel vecchio saggio che dice: ogni bella rosa, nasconde delle spine… quelle di Hoshihime sono irte e velenose. –
 
Non ebbe il tempo per chiedergli per quale motivo glielo stesse dicendo, però una cosa l’aveva capita: Kyo era legato in qualche modo a quella ragazza. Sembrava tenerci a lei, oppure si comportava così perché la conosceva. Takeru però era più incuriosito dal fidanzato di quella ragazza. Che genere di ragazzo poteva piacere ad una così? Non seppe spiegarsi la ragione, ma quella curiosità lo stuzzicava parecchio. Quella frase che Kyo aveva lasciato a metà continuava a seguitarlo. Quella, e le sue mutandine. Senza neanche accorgersene erano arrivati in una zona abbastanza appartata e si stavano dirigendo verso una piazzola d’erba all’ombra di un grosso ciliegio. I suoi rami erano ancora colmi di fiori. Al di sotto di esso stavano sedute tre ragazze che chiacchieravano tra loro. Non avrebbe mai pensato che quella fosse la loro meta, anzi stava già per muovere i suoi passi verso il sentiero affianco, quando Kyo salutò le sue amiche e si sedette lì con loro, allungando una mano per presentarlo.
-Ciao, ragazze. Questo è Mizuki, è arrivato oggi. –
-Uh, il nuovo studente? – intervenne subito una delle tre, sbarrando gli occhi dallo stupore – Ho posto domande a tutti gli altri capoclasse dell’istituto, ma nessuno mi ha saputo dire in che classe ti avevano assegnato. Non so per quale ragione ma non avrei mai immaginato che capitassi nella sezione E. – a parlare era stata una giovane dai capelli castani e mossi. Era seduta sulle ginocchia e si presentò a lui con fare amichevole e gentile. Era molto carina, femminile, spigliata ed estroversa. Aveva grandi occhi di un castano chiaro simile al nocciola, il taglio era dolce e quando sorrideva si socchiudevano in un modo talmente grazioso che era difficile staccare gli occhi da quella visione. Gli porse una mano per presentarsi.
-Sono Meiko Akatsuki, della 3-B. Purtroppo non siamo nella stessa classe, ma se ti dovesse servire qualsiasi cosa, fammelo sapere e provvederò ad aiutarti. Faccio parte del consiglio studentesco e so come farmi rispettare. – Kyo sbuffò esasperato.
-Figurati, quand’è che non ti mostri disponibile con un ragazzo? –
-Coi bei ragazzi, sempre. Con quelli acidi un po’ meno. – gli rispose lei, facendogli una linguaccia. Takeru notò che era ancora più carina quando scherzava.
-La nostra capoclasse Meiko-san è sempre la migliore. – enunciò la seconda ragazza, accondiscendente e servizievole nei confronti dell’amica. Era seduta al centro, portava i capelli corvini, tagliati in un caschetto corto, ma femminile, che incorniciava il suo volto tondo. La frangetta le copriva due splendidi occhi verde grigio. La vide allungare solamente un braccio per stringergli la mano, ma non si scompose troppo, restando seduta con le gambe strette tra loro, attendendo che fosse Takeru ad avvicinarsi. Il ragazzo non si fece scrupoli e in modo contenuto abbassò il busto per prenderle la mano e omaggiarla con un inchino galante.
-Molto piacere, il mio nome è Takeru Mizuki. – rialzò il capo per guardarla direttamente negli occhi. La giovane divenne rossa in volto per l’imbarazzo e Meiko si apprestò a intervenire. Takeru in quel momento non seppe spiegarsi se lo avesse fatto per aiutare l’amica in difficoltà o se fosse più una questione di invidia.
-Lei è Ayami Aoito, frequenta la mia stessa sezione. – questa tempestività riuscì nell’intento, qualunque esso fosse, perché Ayami riprese a respirare e lui tornò al suo posto contemplando la giovane. All’apparenza pareva timida e insicura, tuttavia il suo abbigliamento in qualche modo contradiceva la prima impressione. Non stava parlando però della divisa scolastica, dove contrariamente a Meiko, anziché accorciare la gonna di una spanna sopra al ginocchio, aveva scelto di mantenerla a lunghezza originale; piuttosto faceva riferimento ad un particolare collarino di velluto che aveva al collo con un ciondolo verde e ad un bracciale di cuoio al polso destro, che appariva in tutto il suo splendore poiché aveva risvoltato i polsini della camiciola fino al gomito. Anche la forcina che aveva tra i capelli era caratteristica e stuzzicante; un fiocco verde con al centro un piccolo teschio. Poteva trattarsi di un caso, eppure in quel momento ebbe l’impressione che quei dettagli non fossero del tutto insignificanti.
-Aya, se ti levassi la frangetta dal viso, probabilmente Mizuki ha modo di vederti in faccia. – la rimproverò l’amica, incrociando le braccia al petto come una maestrina.
-È un peccato che tu nasconda i tuoi occhi. Hanno un colore decisamente bello. – si lasciò scappare. Ayami arrossì violentemente.
-Le dico sempre di mettere un cerchiello, infatti. – Meiko non si lasciò sfuggire anche in quel momento l’occasione per intervenire e Takeru cominciò a sospettare qualcosa.
-Scusa l’indiscrezione, ma quei piccoli dettagli del tuo look… - con un movimento del mento indicò la forcina sui capelli, poi guardò ancora Ayami negli occhi – Hanno un significato specifico o ti piacciono solo per una questione estetica? –
-Io… beh, ecco io… - balbettò timidamente.
-Li mette per emulare una bizzarra band che adora. Per fortuna il regolamento scolastico vieta di presentarsi in maniera troppo vistosa… non hai idea di cosa nasconda nel suo armadio! – spiegò Meiko facendo l’impicciona.
-No, Mei-chan! Ti prego non dire altro… mi vergogno! – la strattonò per un braccio, con occhi tremendamente supplichevoli. L’amica si impietosì, ma mantenne comunque il suo fermo contegno.
-Ma, Aya, ti rendi conto che non ha affatto a senso tutto questo? – affermò Meiko con aria di chi la sa lunga – Ti vergogni a parlarne con uno sconosciuto, quando poi nei weekend cammini per strada dove ti vedono tutti conciata in quel modo? – Ayami divenne paonazza e chiuse la bocca dell’amica prima che rivelasse altro. Takeru si domandò cosa Meiko stesse per dire, ma non riuscì a concepire con la fantasia nulla di coerente con ciò che gli si presentava di fronte. Aya sembrava di carattere talmente timido da non poterla immaginare con abiti trasgressivi o appariscenti.
-Perdona la mia indiscrezione allora. Non volevo metterti in imbarazzo. – si scusò con la giovane moretta, la quale si immobilizzò a guardarlo per un secondo, prima di nascondere gli occhi coi capelli e annuire timidamente.
-Mizuki, lascia che ti dia un consiglio: non darle troppa corda con certi argomenti, altrimenti non te la scrollerai più di dosso. E quando comincerà a stressarti l’anima coi suoi pessimi gusti musicali, mi dirai che ho ragione. – si lamentò ancora Meiko, lanciando un’occhiata infastidita nei confronti della ragazza – Vero Aya? – lei le rispose facendogli una linguaccia, prima di rinchiudersi nel suo guscio. Takeru comprese per il suo bene e di Ayami, era meglio che lui si attenesse ad un modico comportamento piuttosto che spezzare altri cuori. Si costrinse a dimenticare gli occhi magnetici della Aoito, e s’accorse di averla guardata anche troppo poiché la vide abbassare il capo e girarsi un ciuffo di capelli tra le dita. Probabilmente l’aveva messa in imbarazzo e stava quasi per scusarsi quando Kyo, mettendogli una mano attorno alle spalle gli fece portare l’attenzione anche sulla terza ragazza lì presente. Ora non c’era il sole ad illuminarla, eppure a lui parve di venir accecato anche questa volta dal suo bagliore.
-Lei già la conosci, il suo nome è Reira Hoshihime. La principessa della nostra classe. – l’espressione della ragazza si rabbuiò, nell’istante in cui udì l’ultima parte della frase. Quello che prima nel suo volto poteva apparire come turbamento o incertezza ora era divenuto astio e repulsione.
-Non chiamarmi a quel modo, Kyo. – rispose con aria furente che riservò non solo all’amico, ma anche a Takeru. Spiazzato da quel suo decisivo atteggiamento, rimase incerto sul da farsi. Allungò la mano quasi di scatto come un perfetto idiota, se ne rese conto. Quella ragazza lo stava mettendo a disagio. Era la prima volta che gli capitava di sentirsi irritato e nervoso di fronte ad una femmina. Una leggera brezza di vento, le fece smuovere i capelli fini che si allungarono verso di lui, quasi fossero braccia di un amante pronte ad avvinghiarlo. Hoshihime li rispostò in fretta, ma non abbastanza per lui che venne investito dal suo buon odore. I suoi occhi non poterono che restare incantati da quei fili di seta dorati e brillanti… subitaneamente nella su mente riapparve il motivo di colori delle sue mutandine, e si sentì sporco dentro. Smettila, Takeru, nemmeno la conosci.
Reira Hoshihime stava seduta ai piedi dell’albero e osservava con repulsione la sua mano a mezz’aria, riluttante all’idea di stringergliela. Non seppe dire quanto tempo lo tenne lì in balia degli eventi, ma attorno a loro non volò nemmeno una mosca. I loro amici parvero scomparire, assorbiti da tenebre invisibili. Ogni altro rumore svanì, mentre Takeru aspettava una sua reazione. Quando questa avvenne non si poté dire soddisfatto dell’esito. Hoshihime gli rivolse appena un’occhiata di sfuggita, completamente disinteressata a fare la sua conoscenza. Si girò interamente, appoggiando una spalla al tronco dell’albero, serrò le mani attorno alle ginocchia e si rifiutò di rispondere al suo saluto. Takeru si sentì un idiota, ancora col braccio a mezz’aria, lì, inebetito, senza aver nemmeno provato a dirle una parola gentile. Una parola gentile? Gli ripeté una vocina dentro di lui Perché, se la merita, anche?
Per quale motivo continuava su questo atteggiamento scostante? Un brivido gli percorse su tutta la schiena, il gelo lo pervase. Ora aveva la convinzione che non solo lo stesse ignorando già da quella mattina, ma persisteva nel dimostrarsi fredda e distaccata, completamente disinteressata a fare la sua conoscenza. Si può sapere che diamine ti ho fatto, ragazzina? Che problemi hai? Gli avrebbe voluto urlare, invece non uscì nulla dalla sua bocca, seppur l’avesse aperta per parlare, ne era convinto. Quasi lei gli avesse letto nella mente, lo fulminò con lo sguardo e assottigliò gli occhi come fanno alcuni serpenti.
-È inutile che stai lì, immobile come una statua. Non stringerò la tua mano, se ancora non l’hai capito non mi piaci. Per cui vai a cercare attenzioni da un’altra parte. –
-Reira, non è buona educazione… - cominciò Meiko rimproverando l’amica.
-Me ne sbatto della buona educazione, Meiko. – la gelò – Parlaci tu, se tanto ti piace. – detto questo prese con le mani le cuffiette e si esternò completamente, mettendosi ad ascoltare la sua playlist. Aveva l’espressione imbronciata, Takeru si domandò se avesse interpretato malamente le sue intenzioni, eppure era certo di non averle mancato di rispetto in nessuna maniera. Non aveva detto nulla per infastidirla… ma era già la seconda volta che quella ragazza lo stava respingendo. E gli sarebbe tanto piaciuto capirne il motivo.
-Sei sempre la solita, Reira. – borbottò Meiko, passandole un cestino del pranzo in maniera brusca e prendendo invece con più leggiadria la mano di Takeru ancora a mezz’aria e mettendogli nel palmo un onigiri – Tieni, assaggia questo, e ignorala. – Takeru si lasciò condurre come una marionetta. Ebbe modo di scorgere Reira con la coda dell’occhio, mentre chiudeva gli occhi e si lasciava abbandonare alle note musicali che solo lei poteva ascoltare. Si stringeva nelle braccia come una bambina in cerca di calore e affetto. Se anche dentro di lui si era acceso un incendio di sentimenti misti tra l’irritazione e la rabbia, quella visione gli trasmise tanta dolcezza e tristezza assieme. Assaporò l’onigiri sovrappensiero, prima di essere rapito dal gusto succulente del riso condito. Quel sapore lo destò da ogni altro pensiero.
-Accipicchia, Akatsuki, è davvero buonissimo. – disse dopo aver mandato giù il primo boccone.
-Sono felice che ti piaccia. L’ho preparato stamattina seguendo una ricetta di mia nonna. Era la prima volta che li preparavo in questo modo, per cui non sapevo come sarebbero venuti. – rispose Meiko con un sorriso dolcissimo – Sono contenta che ti piacciano. – era davvero un’ottima cuoca – Ma immagino che sarai abituato a mangiare già cibi squisiti preparati dalla tua fidanzata. –
-La mia cosa? – sorrise amichevolmente – Costernato, ma non ho la fortuna di avere una fidanzata al momento. –
-Coff… coff… Sei rovinato… coff… coff… - Kyo simulò alcuni colpi di tosse, prendendolo in giro. Meiko fissò il suo amico con un’espressione seccata.
-Per favore, Kyo, smettila di fare il cretino. – lo rimproverò – Takeru! Ma che bella notizia! – cambiò completamente tono di voce quando tornò a rivolgersi a lui, mostrando calore e trasporto a quella notizia – Da domani se vuoi posso preparare anche per te un cestino del pranzo. Lo faccio volentieri. – e proseguì spiegandogli che era solita cucinare dosi abbondanti per il suo pranzo ogni mattina oppure, se erano piatti più difficili, li preparava anche la sera prima. Le piaceva molto cucinare, lo si vedeva dal modo in cui ne parlava e da quello che traspariva amava soprattutto cucinare per i suoi amici e sentirsi apprezzata da loro e riempita di complimenti.
 
-Bah, almeno i tuoi sono tutti commestibili. Quelli di Aya sono immangiabili! – rivelò Kyo schietto.
A quella battuta risero tutti e tre, mentre Aya si mostrò costernata.
-Guardate che io ci metto tutto il mio impegno. Seguo le ricette con devozione, ma gli ingredienti si rifiutano di collaborare! – gli altri scoppiarono a ridere e lei si aggiunse a loro con entusiasmo. Passarono il resto del pranzo continuando ad assaggiare le pietanze di Meiko e congratulandosi per la sua bravura. Takeru non ci mise molto a sentirsi a suo agio. Si trovava bene in quel connubio di caratteri diversi tra loro. L’allegria di Kyo, la dolcezza di Meiko, la timidezza di Aya che pian piano si apriva sempre più. Erano persone uniche nel loro genere eppure rappresentavano i componenti ideali per un gruppo svariato e misto. L’unica nota negativa e dubbia restava quella Hoshihime che si ostinava nel suo autoimposto isolamento auto estromissione, senza toccare cibo, completamente rapita dagli auricolari. Chissà che genere musicale ascolta una come lei… si ritrovò a chiedersi.
-Ma almeno nella tua precedente scuola avevi la ragazza? – gli domandò Meiko, tornando nuovamente sull’argomento. Quella domanda doveva essere una fissa delle ragazze di quell’istituto.
-Sì. L’avevo. Ma ci siamo lasciati. –
-Oh, ma che peccato. – la sua voce appariva dispiaciuta, ma dai suoi occhi traspariva invece qualcos’altro.
-A me no. – rise Takeru, portandosi una mano dietro la nuca per scompigliarsi i capelli – Non me la sentivo di obbligarla ad una relazione destinata a finire. – si giustificò – Non sarebbe stato giusto, né per lei, né per me. E la distanza ha fatto il resto. Negli ultimi tempi stava diventando difficile vedersi. Non era giusto tenerla legata a me, se avremmo dovuto vivere in due città diverse… poi però ho deciso di tornare e di trasferirmi qui. –
-Che pensiero profondo. Ce ne fossero di ragazzi così maturi anche in questa scuola. – sottolineò Meiko, facendo un chiaro rimando a qualcuno in particolare, che però Takeru non colse.
-Dove vivevi prima? – questa volta fu Kyo ad apparire incuriosito.
-A Kyoto. –
-Kyoto? – Aya gli fece eco – Ci sono stata due anni fa. È una città bellissima e… -
-Ma se nemmeno l’hai vista? – Meiko alzò un sopracciglio dubbiosa.
-Non è vero; dal treno ho scorto qualcosa. – protestò invece Aya.
-Sì, è una città molto bella, ma mai come Tokyo. – intervenne Takeru per calmarle.
-Lascia perdere, Takeru. Tanto Aya di Kyoto ha visto solo che una piazza affollata e rumorosa. –
-Beh, ma se non fosse stato per quell’occasione, io e Reira non ci saremmo mai incontrate e io e te non saremmo mai diventate amiche. – Aya le mostrò la lingua e Meiko alzò gli occhi al cielo.
-Lo saremmo diventate dato che quest’anno siamo finite in classe assieme. –
-Ma loro hanno permesso lo diventassimo prima. – loro? Takeru non si lasciò sfuggire quel dettaglio.
-Oh, cielo. Sempre siano lodati, allora. – sbuffò esacerbata Meiko. Pure Kyo sbuffò e portò la sua attenzione verso Reira. Takeru ebbe come l’impressione che gli mancasse un pezzo, ma ciò che comprese bene in quel preciso istante era l’interesse che Kyo mostrava verso la fredda biondina. Hoshihime non si era mossa da lì, restava isolata dal resto del gruppo, ancora accovacciata contro al tronco del ciliegio. Prima l’ha addirittura chiamata principessa… ma lei non pare averla presa bene. Ma c’era davvero qualcosa che le piaceva a quella lì?
-Come si chiamava la tua ragazza? – gli domandò improvvisamente Meiko.
-Ayako. Ma tutti si faceva chiamare Aya dagli amici. –
-Oh, abbiamo qualcosa in comune allora. – si stupì la giovane dai capelli corvini.
-Già… - sorrise lui ammiccante, ma tornò presto serio – A ogni modo so che ora frequenta altre persone. Era ciò che mi auspicavo per lei. –
Vivi la vita che vuoi, Aya. Domani lascerò questa città. Non penso che tornerò mai più. Queste erano state le ultime parole che le aveva detto prima di andarsene. Ricordava ancora le lacrime che le rigavano il volto, ricordava la sensazione di velluto che aveva la sua pelle, ma in quel momento non aveva avuto la forza di allungare la mano per toccarla. Aveva deciso di ricacciare indietro ogni sentimento, mentre il suo cuore ancora sanguinava. Aveva preso a camminare, con uno zaino in spalla ed il cuore gonfio di dolore. Non voleva più voltarsi a guardare ciò che lasciava indietro, credendo di farcela, ma la verità era che non poteva scappare dal suo destino e ciò che più amava, aveva finito per seguirlo nel luogo dove stava andando.
-Dai raccontaci, com’era? – chiese Meiko mostrando un certo interesse.
-Era una ragazza allegra, spigliata, intraprendente… originale. Aveva usare le lenti a contatto colorate. Abbelliva i suoi capelli con nastri e forcine. Erano castani, però amava schiarirli di biondo… - raccontò, e mentre parlava una certa amarezza gli salì in gola.
-Uhm… bionda, dici? Più scuri o come quelli della nostra Reira? –Meiko non si lasciò sfuggire quell’occasione, tirando una leggera gomitata a Reira, ridestandola dal suo sopore.
-Che vuoi, Meiko? – le domandò contrariata l’altra tornando alla realtà e levandosi solo un auricolare.
-Potresti degnarti almeno di dare una possibilità, prima di chiudere tutti i fronti ogni volta che ti raggiunge una novità. –
-Non amo i cambiamenti. – dunque era di questo che lo accusava? In qualche modo aveva messo in crisi la sua vita entrando senza preavviso. Beh, poteva avere anche essere una spiegazione ragionevole, tuttavia Takeru considerò che era fin troppo suscettibile. Se nella vita non ci sono imprevisti che noia sarebbe? Meiko poi usò le mani indirizzandole verso di lui e invitandola a partecipare.
-Senti qui, potreste pure diventare amici. – Reira sbarrò gli occhi come se i suoi processi mentali avessero raggiunto la sua più grande aspirazione – A Takeru piacciono le bionde. –
-Ah… - ogni emozione svanì dal volto di Hoshihime – Che delusione. – abbassò lo sguardo e sbuffò.
-N-non è vero. Non ho detto questo! – cercò di giustificarsi lui, alzando le mani e sentendosi in imbarazzo. “Takeru, sei una mammoletta.” “Stattene zitto!” impedì ad ogni suo impulso di fuoriuscire.
-Quindi? – insistette Meiko incentivandola a dire qualcosa di più.
-Quindi cosa? – la bionda allargò le braccia infastidita – Che ci dovrei fare io? – nemmeno lo considerò. Non che fosse cosa strana, anzi. Ormai ci stava facendo pure l’abitudine.
-Ci potresti andare a nozze. – scherzò l’amica ridente.
-A nozze un corno! Prima dovrai passare sul mio cadavere, Takeru! – Kyo si frappose tra loro, alzando un ginocchio da terra e serrando un pugno davanti al volto. Meiko lo fissò con indifferenza.
-Kyo, sei ridicolo. – Meiko lo spinse indietro facendolo cadere a terra nuovamente – Inoltre Reira non ha bisogno di un paladino della giustizia. Se la sa cavare anche da sola! – Kyo parve scoraggiato da quella frase e si calmò – Ma se non comincerai a guardarti attorno, tu… - e tornò a fissare la sua amica negli occhi – Finirai per diventare zitella, senza uno straccio di fidanzato. – saette partirono in entrambi le direzioni dalle occhiate che le due si stavano lanciando.
-Io ce l’ho già un fidanzato. – l’apostrofò lei scorbutica – Se la cosa non ti sta bene, sono fatti tuoi. Io non lo cambierò per nessuno al mondo. Vedi di restare fuori dalla mia vita privata! – Reira risistemò l’auricolare all’orecchio e si richiuse nel suo isolamento. Meiko assottigliò lo sguardo, incassando composta ed educata, non mostrò alcun risentimento per quella frase e per la maleducazione che Reira mostrava nei suoi confronti.
-Fai un po' come ti pare. – con nonchalance distolse lo sguardo da lei e tornò ad avvicinarsi a Takeru. Il ragazzo era rimasto a fissare la scena incredulo. Anche Ayami non aveva mosso un muscolo, era rimasta zitta, e aiutava Kyo a rimettersi in piedi.
-Meiko, non insistere, lo sai che è inutile. – provò a convincerla Aya – E poi non vorrai mica rovinare il primo giorno di Mizuki, ti pare? –
   
 
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