Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |      
Autore: Mydepression    19/10/2019    1 recensioni
Nascere in un corpo che non è il tuo è difficile. E lo è ancora di più quando per capirlo devi attraversare una malattia che quasi ti porta alla morte, una famiglia strana e la società. Oh sì, la società con le sue regole ed i suoi canoni e ancora peggio i suoi pregiudizi.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

QUEL CHE SEI 

 

« Femmina, è una femmina! » La voce dell’infermiera quasi rimbombava all’interno della sala operatoria mente l’equipe si cominciava a rilassare. Il cesareo era andato bene, non c’erano state complicazioni di nessun tipo e non rimaneva altro che riportare la paziente in camera ed occuparsi della piccola che era appena nata, che oltretutto sembrava essere in perfetta salute. Tranne che era nata con qualche giorno di anticipo ma nulla di rilevante, routine, era impossibile determinare l’esatto giorno in cui un bambino sarebbe venuto al mondo, la data che si forniva alle madri era generalmente indicativa. Fuori stava lentamente sorgendo l’alba, erano le 6:30 del mattino e i primi raggi di sole cominciavano a farsi vedere tra le nuvole, timidi e lentamente uscivano allo scoperto per dare il buongiorno a quella parte di Terra ed anche alla piccola che si trovava ora tra le mani delle esperte ostetriche. Il chirurgo si diresse verso il lavello, togliendosi i guanti e gettandoli nel bidone più vicino, per lavarsi le mani. Quello sarebbe stato l’ultimo intervento della giornata di lavoro, giusto il tempo di sistemarsi e sarebbe finalmente andato a casa dopo un intera notte passata nelle varie sale operatorie dell’ospedale. Una collega lo aiutò a togliere il camice e ringraziandola mentre tutti uscivano si prese un momento per rimanere in quel luogo. Ricordava ancora la prima volta che si era ritrovato in una sala operatoria, ricordava l’emozione, i conati di vomito, la voglia di andare avanti nonostante tutto e di impegnarsi al massimo delle sue forze. Oramai era diventata quasi un’abitudine stare là dentro e quel fervore giovanile non lo sentiva più, al suo posto era subentrata la routine, l’abitudine di trovarsi là. Ma quando tra le sue mani una nuova vita veniva al mondo eccola, quella scintilla di emozioni turbinanti che gli stringeva il cuore e tutte le volte si ritrovava a commuoversi. Finalmente si decise ad uscire dalla sala per dirigersi verso la sua piccola automobile che con molta pazienza lo avrebbe ricondotto a casa. Per un momento il pianto di quella creatura che solo mezz’ora prima teneva tra le mani gli tornò alla mente. Sorrise al ricordo di quella piccina ed espresse nel suo cuore che potesse avere una vita piena e felice. 

 

Nello stesso momento la piccola fu lavata, asciugata, le fu messo una piccolissima coperta attorno al corpo per tenerla calda ed infine fu portata nel reparto ostetrico assieme a tutti gli altri bimbi nati da pochissimi giorni. Sua madre, che ancora dormiva per l’anestesia, fu ricondotta in camera dove il marito, la figlioletta più grande e i genitori della donna attendevano. Alla vista dell’infermiera e del sorriso che si stagliava rassicurante sul suo volto i loro visi si distesero un poco. « Eccoci qua finalmente. Fra poco dovrebbe svegliarsi. Può darsi che si lamenti un poco per i dolori al ventre ma il cesareo è andato benissimo. Nel caso i dolori siano troppo forti fateci chiamare che vediamo di provvedere. Ed ora passiamo alla piccola nata. Se volete potete venire a vederla là di là. Poi quando la signora si sveglia fateci chiamare che le facciamo incontrare! » Uscendo piano dalla stanza per non disturbare seguirono tutti la donna con il camice bianco che li portò dove stavano affiancate tutte le culle dei neonati. Si diresse con passo sicuro verso la culla all’angolo sinistro e gli fece cenno di avanzare e poi sporgersi per vederla. Era brutta, sembrava una rana ma un po’ tutti i neonati erano così. Le sue manine si agitavano nell’ aria, gli occhi ancora ciechi chiusi ed il volto tutto contratto in un pianto liberatorio, un pianto di vita. Chissà quanti rumori sentiva, quante luci ed ombre vedeva dietro le palpebre serrate, quanto anche solo l’aria sulla pelle doveva sembrarle dolorosa per le forti sensazioni che tutto il mondo attorno a lei le stava trasmettendo, quasi a darle il benvenuto. 

 

Era il 29 mm aaa ed una bimba era nata, là in quell’ospedale di quella città del nord Italia.  

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Mydepression