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Autore: Freya Crystal    20/10/2019    4 recensioni
Terza classificata al contest "Pesca la coppia" indetto da EstherGreenwood e giudicato da Dark Sider sul forum di EFP.
Forse Lysander non se n'è mai andato, forse è ancora lì, tra la neve. Forse la sta chiamando, le crepe negli occhi verdi che provano a confessarle una verità taciuta per sempre.
Storia partecipante al contest "Pesca la coppia" indetto da Eshtergreenwood e giudicato da Dark Sider sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lily Luna Potter, Lysander Scamandro | Coppie: Lily Luna/Lysander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Occhi di pietra

 





 

Lily non riesce a muoversi. La casa è vuota e il silenzio le consuma le ossa. Sente il suo odore ovunque, un odore pungente che le mozza il respiro. Lui non smette di tormentarla. La sua sagoma inghiotte la luce e adombra ogni cosa. Le pareti, pareti così bianche da far male agli occhi, i quadri, gli specchi, i tappeti — tutto  parla di lui. 
Lily avanza verso il balcone. Posa una mano sul vetro, guarda all’esterno, si rifugia nel passato. La sedia rossa e il tavolino rotondo sono coperti di neve, ma lei è persa in un ricordo di sole e tramonti incendiati. Quello che vede e quello che sente stridono come i tasti di un pianoforte scordato. È un’agonia disarmonica.



 

“Se ti vedesse tua madre, le verrebbe un colpo.”
Lysander aspira il fumo della sigaretta con aria distratta, lo sguardo rivolto all’orizzonte. Lily si appoggia al parapetto e ne insegue la scia. 
“Non lo saprà mai.”
È una serata di maggio. Una di quelle serate che si trascinano lente, senza che succeda niente di particolare. Ma loro due stanno bene così. In alto, il mondo ai loro piedi, lontano. Quando sono insieme le giornate di lavoro sfiancanti, i colleghi impertinenti e le visite indesiderate finiscono in secondo piano. 
“Quel tipo fissato coi libri d’alchimia ti fa ancora il filo?”
“E tu che ne sai di questa storia?”
Lysander si volta appena a guardarla, mentre accende un’altra sigaretta. “Ho le mie fonti.”
“Ah, divertente! Comunque non mi fa il filo, il suo è solo interesse professionale.”
“Certo, e io sono Barnaba il Babbeo.” 
Lily scuote la testa, producendo un suono a metà tra uno sbuffo e una risata. “Sposti sempre la conversazione su di me non appena si parla di te. Sei sleale.”
Non ha intenzione d’insistere, se lui non vuole parlarle, ma vederlo tornare a casa ogni sera con quel sorriso triste è uno strazio. Sopporta sempre meno di vederlo struggersi per una persona che non capisce, che non
lo capisce. 
“Guarda che è una questione superata.” Lysander le dà un buffetto sulla fronte. “Sul serio. Ormai ci ho messo una pietra sopra. Stasera ci siamo visti soltanto per un aggiornamento sulla prossima missione in Egitto.”
Si siede sulla seggiola rossa e stappa una bottiglia di Burrobirra. “Ne vuoi un po’?”
Lily intravede le crepe nei suoi occhi verdi, il sole in declino si diverte a creare giochi di luce tra le sue ciglia. Per un istante le sembra di vederli lucidi, ma non ha il tempo di chiederselo. 
“Sì, non mangio da dieci ore.”
“E pensi di saziarti con una Burrobirra?”
A volte il suo tono saccente le ricorda quanto lo detestava a scuola. C’era stato un tempo in cui non digeriva la sua presenza, un sentimento reciproco che nessuno dei due avrebbe mai immaginato potesse trasformarsi in amicizia e, addirittura, in una convivenza. 
“Stasera mi scoccia cucinare. Pensa a qualcosa da ordinare.”
Lysander alza gli occhi al cielo. “Se continuiamo così dovremo raddoppiare il tempo della corsa mattutina. Non credo che l’alchimista Bel Ciuffo gradirebbe invitare a cena una ragazza con la stazza di un cucciolo di Troll.”
“Ma non mi viene dietro!”
“Sicuro, Lily, e io sono un procione che suona il clarinetto appeso a testa in giù sul nostro lampadario.”
“No, sei un cretino.”
“Più di te?”
“No… non sei ancora arrivato a quel livello.”
“Meno male che te lo dici da sola!”
“Bene, dopo questo intenso scambio di battute, potremmo ordinare da mangiare? Ah, io non ho contanti, grazie, sei davvero un tesoro a pagare anche la mia parte!”
“Non ho mai detto che lo farò!”




 

Lily vede la sua sagoma in movimento, sente la sua voce contro la pelle. Vorrebbe abbracciarlo, ma sa che stringerebbe soltanto il vuoto. L’aria fredda, lo schienale della sedia imbrattato di neve, nient’altro che un pugno di ricordi spietatamente vividi. Ridicoli. Parlare del niente, punzecchiarsi, litigare sul cibo — quello è un mondo lontano che sanguina da vicino. 
Lily si allontana dal balcone e serra le tende. Dà le spalle a quello squarcio di vita ordinaria, una vita che non le appartiene più. Ha bisogno di bere. Dalla dispensa della cucina proviene un rumore ritmico e irritante, sicuramente provocato dal coperchio di una pentola rimasto in bilico. Lily apre l’anta e in un istante un suono assordante le invade la testa.



 

“Per tutti i Goblin...”
Lily è ferma sulla soglia della cucina, l’aria decisamente irritata. Un Lysander semi-svenuto fa capolino dal tavolo e accenna un sorriso falsissimo nella sua direzione. “Ehi! Sono… inciampato.”
Il pavimento è un campo di battaglia. Pentole, padelle, tazze  e bicchieri addobbano le piastrelle. Lysander si tiene le mani sulla testa e non accenna ad alzarsi. 
“Sei ubriaco?”
“No!”
“Sicuro?”
“Sì! Okay... no.”
Lily sospira. “Un giorno di questi darai fuoco alla casa. O mi ucciderai nel sonno, scambiandomi per un Inferius. Devi smetterla di… mamma mia, puzzi da schifo!” Lily soffoca un colpo di tosse e ritrae la testa di scatto. “Quanto hai bevuto?”
Ma poi lo guarda più attentamente, lì seduto sul pavimento, la testa ciondolante e lo sguardo perso. In altre circostanze lo troverebbe divertente, ma non ora. 
“Ho provato qualche incantesimo di guarigione. Non funzionano, non so perché. Stavo… stavo prendendo del ghiaccio per —
Lily lo blocca con un gesto della mano. Estrae la bacchetta e gliela punta contro. Ha il labbro spaccato, un livido violaceo sull’occhio e un grumo di sangue rappreso intorno all’altro sopracciglio. “Perché sei ridotto così?”
Lysander non la guarda, mantiene lo sguardo ostinatamente fisso sulla parete. “C’erano dei ragazzi. Degli idioti. Hanno insultato…” Le parole gli muoiono in gola, Lily sente il sapore dell’acido grattare contro le sue corde vocali, o forse è quello delle proprie a infastidirla, non è in grado di stabilirlo. “Ruben è grande e grosso, pensi davvero che fosse necessario difenderlo?” mormora mentre fa sparire il sangue dal suo viso e richiude le ferite.
“Il punto non è se fosse necessario o meno.” Lysander ha la mascella contratta, l’aria di chi non sembra accorgersi di nulla. È altrove. 
Lily si sente bruciare. Di rabbia, di frustrazione, per l’ingiustizia di quella serata. Ed è con forza che lo spinge ad alzarsi in piedi, gli sfila la giacca e lo spinge verso il bagno. Sa perfettamente che odora di alcool per un altro motivo, un motivo ben diverso da un gruppo di ragazzi idioti. Lysander è spigoli e rigidezza sul viso, ma si lascia guidare da lei come cera fusa. Entrambi non dicono più niente. 
Lily si sente un po’ una madre alle prese con un figlio problematico, mentre gli prepara il letto e gli cerca un pigiama. Sa che dovrebbe detestare quella sensazione, eppure c’è una parte di lei che non vede nulla di sbagliato. In qualunque forma, in qualunque modo, se può essere d’aiuto a Lysander il resto non conta.



 

La sua sagoma non è più sul pavimento della cucina. Ora è in piedi contro la finestra, una bottiglia di Whisky tra le mani, poi vicino ai fornelli, mentre annusa con aria scettica i fumi provenienti dalle padelle sul fuoco. Lily insegue il suono dei suoi borbottii scocciati, delle sue lamentele a mezze labbra, della sua bassa risata. Adesso fissa quello stupido orologio appeso alla parete e le manca l’aria. Lo detestava, come un tempo aveva detestato lui, ma Lysander ne andava matto e le aveva impedito di toglierlo. “Toccalo e ti scaglio un Imperius!” è l’eco della sua voce che le rimbomba nelle orecchie. Lily continua a fissare l’orologio a forma di corvo, curiosamente fermo da tre giorni — morto come la casa. Il becco sporgente dell’animale e gli occhi di uno spettrale rosso scarlatto le infondono un senso di malessere, eppure Lily si decide a staccarlo dalla parete e a portarlo con sé. 
Si dirige in sala con lo sguardo rivolto al pavimento, timorosa di vedere altri lampi, altri inganni. Ma Lysander  le respira dentro, contro, addosso, è una maledizione che non le dà tregua. 
Lily vede le proprie pantofole ai piedi del divano. Un plaid azzurro sfiora il tappeto, il tavolino è ingombro di piatti e bottiglie. Il televisore è acceso, una vivace fiamma incantata danza in un barattolo di vetro e getta languide luci sulle pareti. Lysander occupa prepotentemente tre quarti del divano e Lily è rannicchiata in un angolo, i cuscini dietro la schiena che le danno fastidio. 



 

“La smetti di dimenarti come una Salamandra isterica?”
“Hai fregato tutto lo spazio disponibile, sto’ scomoda!”
Lysander addenta alcune patatine e scuote le spalle. “Sono alto, per questo sono ingombrante. Tu però nel tuo metro e sessanta non sei da meno, hai la delicatezza e la compostezza di un orango obeso.”
“Fottiti.”
“Ah, potessi farlo da solo…”
Lily gli tira contro un cuscino. “Deficiente!”
“Le patatine!”
Il piatto di cui Lysander si era impossessato è ormai caduto a terra, riversando tutto il suo contenuto sul pavimento. 
“Così impari!”
“A non dire più la verità?”
Lily si allunga verso il tavolo e afferra il telecomando, decisa a scaraventarlo contro la sua testa, ma Lysander spalanca la bocca e fissa lo schermo del televisore come se l’avesse appena preso a schiaffi. 
“Quello stronzo…! È lui il Supremo, è sempre stato lui!”
Lily si blocca con il braccio levato a mezz’aria e quasi cade dal divano per lo stupore. “Alphred? Alphred è il Supremo?”
Dimenticano le patatine cadute a terra, la scomodità di uno spazio ristretto, il battibecco. 
“Maledetto il giorno in cui mi sono fatta convincere da Rose a seguire queste cose babbane!  Ah, ne sono diventata dipendente!”
“Sta’ zitta, voglio sentire!”
“Togli quel piede dalla mia gamba!”
“Come fa il mio piede a essere sulla tua gamba se li ho entrambi infilati nelle pantofole?”
“Merlino, cosa diamine…!?”
Lily inciampa sul plaid e cade a terra, i capelli arruffati e il pigiama stropicciato. 
“Cretina, è il telecomando!”
Fuori è notte e il cielo è un groviglio nero di pioggia, ma si sta bene, dentro casa. Lily e Lysander hanno il loro telefilm preferito, una fiamma incantata a scaldarli, cibo rigorosamente d’asporto — perché lei è tremenda ai fornelli — e un plaid sufficientemente grande per due. Si sta bene, così, anche se lo spazio è poco e un po’ di cibo è andato sprecato. Si sta bene, perché fuori piove ma la casa è calda e loro sono insieme. Lily non riesce a trovare la posizione giusta, eppure quando la testa di Lysander le scivola sulla spalla non ha più bisogno di muoversi. Sente il suo respiro regolare solleticarle il collo, mentre capisce che si è addormentato, ed è così che sceglie di restare. 



 

Lily si accascia a terra, la schiena contro la poltrona. Vorrebbe strapparsi via gli occhi, così forse smetterebbero di sanguinare. Vorrebbe che fossero di pietra, così non potrebbe più aprirli. Vorrebbe dimenticare. Lysander le passa accanto, la supera senza notarla e parla a una lei del passato. È irritato perché quella sera toccava a lei buttare la spazzatura, e poi è di nuovo solo, a notte fonda, che sgattaiola sul balcone a fumare per scacciare l’insonnia. C’è un post-it arancione appeso al televisore, dice ‘Ritiro divisa da Madama McClan, consegna relazione Hestia Jones, acqua, scorta di Dittamo. No stramaledetto Whisky al caramello, è rivoltante! Buon lavoro.'
Un pacchetto di sigarette mezzo vuoto giace ancora sul tavolino, in quella casa che è troppo calma e troppo chiassosa. 
Lily spegne la luce e si dirige verso l’ingresso. La porta della sua camera da letto è aperta, immersa in un silenzio innaturale, e l’aria che esce dal suo interno sembra più fredda, come se la finestra fosse rimasta aperta un giorno intero.
Lysander è un’ombra che scivola lenta sul materasso, accanto a lei. 



 

Lily apre gli occhi e non si muove. Ha paura di spezzare la magia. Lysander la stringe a sé e a lei sembra di galleggiare. Osserva il suo viso rapito dal sonno senza battere ciglio. Ha il respiro lieve, l’espressione serena, e lei si perde nella curva delle sue labbra sempre piegate all’ingiù. 
Fuori nevica. Lily non ricorda come sia arrivata in camera sua. Stava finendo la relazione per il Ministero e si era addormentata in sala. “Ehi.”
Lysander ha aperto gli occhi. Lei annega inevitabilmente in un verde che sa di prati assolati. 
“Non ti ho sentito tornare, stanotte.”
Lysander richiude gli occhi e deglutisce. “Perché erano le cinque” dice con voce impastata. Non ha ancora smesso di cingerle la vita e Lily pensa che i loro corpi siano uniti in un incastro perfetto. 
“Com’è andata?”
Lysander libera uno sbuffo che tramuta in una mezza risata. “Una serata da dimenticare.”
Restano abbracciati per un tempo indefinito, senza parlare, mentre la mente di Lily inciampa su sentieri costellati di rovi. Vuole sapere, e non vuole. Si è talmente abituata a indossare la propria maschera che il dolore è diventato un ronzio di sottofondo, come il freddo sulla pelle a furia di uscire di casa senza sciarpa. Ma forse lui qualcosa lo nota, adesso, perché lei muove leggermente i polpastrelli sulla sua schiena, accarezzandolo, e ha le labbra dischiuse, vicine alle sue — troppo vicine. 
Lysander non smette di guardarla, trattiene il respiro e per un istante, per un solo, terribile istante, le sembra che abbia l’impulso di spezzare la poca distanza che li divide. Ma forse immagina che lei lo prenderebbe a calci, che lo deriderebbe per il resto dei suoi giorni, che lo scambierebbe per un pazzo. Perché lui non sa niente. Non sospetta nulla.
Lily è congelata in quel tormentoso istante di silenzi e illusioni, le labbra di Lysander la chiamano senza bisogno di parlare, e il dolore fisico che prova quando lui si allontana da lei è il declino che non può evitare. Forse ha fatto bene a non muoversi. Avrebbe potuto distruggere tutto ciò che sono diventati con un solo gesto. O forse no. 
Lily non ha risposte. Sa solo che non appena lui si è allontanato da lei il gelo ha divorato ogni cosa. 



 

Quel giorno non si erano più rivolti la parola. Lily ricorda il loro imbarazzo come si ricordano i lividi lasciati a marcire su un corpo che ha smesso di vivere. 
Ha spento tutte le luci. La casa è buia, eppure lei ne riconosce ogni angolo. L’eco dei suoi passi l’accompagna all’ingresso.
 



 

“Chi diavolo sei?”
Ci è cascata. Di nuovo. Eppure a guardarli bene si nota che Lorcan e Lysander non sono proprio identici. Lily ricorda una frase di Rose che a detta sua calza a pennello per entrambi: “Lysander ha lineamenti più affilati del fratello. Quelli di Lorcan invece sono più dolci tanto quanto sa essere più stronzo.” 
“Sono Lily Luna, non ti ricordi di me?”
Lorcan arriccia le labbra, l’espressione annoiata. “Ah, giusto.”
“Scusa se ti ho disturbato, ti avevo scambiato per tuo fratello.”
“Ma non mi dire…”
Lily getta un’ultima occhiata alle fate danzanti tra i cespugli fioriti e lascia il balcone, lo sguardo inquisitorio di Lorcan — colmo di fantasie insospettabili — che la insegue  allontanarsi da lui da una vita. 
Luci di diverse tonalità bombardano il palco della sala da ballo. James ha voluto fare le cose in grande per festeggiare la promozione di Teddy. La musica è alta e i camerieri si destreggiano a fatica tra gli invitati. Trovare Lysander sarà un’impresa. 
Lily pensa che sarebbe tutto più semplice, se fosse innamorata di Lorcan. Il suo caratteraccio le sarebbe d’aiuto, perché forse le permetterebbe di dimenticarlo. E forse, adesso, non si ritroverebbe a guardare Ruben che stringe rabbiosamente Lysander a sé, mentre gli strappa via un bacio che lei — lo sa, Lysander ha cercato per anni. 
Forse non si troverebbe in quella pista da ballo, sola, col mondo frantumato ai suoi piedi e l’eco di un grido inascoltato nella testa.



 

Credeva che non avrebbe mai rimpianto quel giorno. Quel giorno in cui aveva desiderato occhi di pietra, occhi di pietra per non vedere. Perché Ruben, la questione superata, era sbagliato per lui. Ruben e i suoi scoppi di rabbia, Ruben e le sue decisioni avventate, Ruben e la sua arroganza — non aveva nulla da spartire con il composto Lysander. Lily non si capacitava del fatto che fossero entrambi Spezzaincantesimi. Servivano nervi saldi per quel mestiere. Ruben non aveva idea di quante notti Lysander fosse tornato a casa ubriaco perché l’aveva visto baciarsi con una ragazza. Non c’era, non c’era mai stato. E sarebbe stata lei a raccogliere i cocci sanguinanti da terra quando si sarebbe stancato di Lysander.
Lily è imprigionata in quel ricordo. La pista da ballo illuminata, i due ragazzi al centro che si baciano, incuranti di tutto — e lei in un angolo, a covare rancore nel buio, come una vipera ferita.
Adesso vorrebbe che Lysander fosse lì, i imbrattare la casa con la sua presenza, a spargerle addosso il suo profumo. Le andrebbe bene saperlo felice accanto all’uomo di cui si è innamorato. Ma Lysander è rimasto in Egitto, sotto le macerie di una tomba dimenticata. Lysander è morto in spedizione e non può più tornare. 
Lily afferra le valigie, apre la porta d’ingresso e le fa levitare fuori, nel corridoio. L’ombra di Lysander, ferma al centro della sala, regge un asciugamano sopra la testa, i capelli ancora umidi. “Non addormentarti di nuovo sul divano, sei più pesante di quanto si possa immaginare. Non avrei la forza di rimetterti a letto.”
A Lily non resta nient’altro che quell’ombra troppo ingombrante, troppo rumorosa. L’ironia nella voce di lui è una nota stonata in quel buco nero di dolore. 
Chiude la porta. Non può restare lì, dove tutto le parla di lui, di loro, in quella casa che non smette di sanguinare. 
Fuori nevica e lei cammina per strada con addosso soltanto un paio di jeans e una felpa. Non c’è stato tempo per raccogliere altre cose. Non ce l’ha fatta. 
Un uomo avvolto in un cappotto viola la scruta con apprensione, sembra sul punto di dirle qualcosa, ma Lily trascina le valigie lungo il marciapiede e continua a camminare. 
Forse Lysander non se n’è mai andato, forse è ancora lì, tra la neve. Forse la sta chiamando, le crepe negli occhi verdi che provano a confessarle una verità taciuta per sempre. Forse non l’ha mai sospettato, forse l’ha sempre saputo, che lei lo amava. 
Lily continua a camminare, finché la casa in cui hanno vissuto non diventa un puntino invisibile all’orizzonte. 
Lysander resta lì, tra le pareti buie. Dove a insaputa di entrambi s’era innamorato di lei.













 

Spazio dell’autrice
Non so bene come sentirmi riguardo a questa storia, so solo che avrei voluto raddoppiarne la lunghezza, ma non ci sono riuscita, era troppo masochistico. Spero che anche così possa lasciare qualcosa a chi l’ha letta. Grazie a tutti!
La OS partecipa al contest “Pesca la coppia” indetto da EstherGreenwood e giudicato da Dark Sider sul forum di EFP. 
Bisognava scegliere tre personaggi e abbinare a uno di questi un personaggio sorteggiato nel contest: io ho scelto Lily/Lysander. 
Alla prossima!

  
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