A
Trip in Time
Un tesoro perduto
La sedia
scricchiolò, mentre si lasciava cadere pesantemente su di essa. Dopo aver preso
i fogli che aveva ripiegato in malo modo in tasca, li guardò nuovamente con aria
preoccupata. Se qualcuno lo avesse visto in quel momento, lo avrebbe scambiato
solamente per un genitore preoccupato, e non per il più pericoloso cronocriminale esistente. Ma al Razziatore tutto questo non
importava al momento. Ciò che lo impensieriva erano proprio quei disegni, quei
fumetti che da un po’ di tempo a quella parte il suo piccolo Trip aveva la
mania di disegnare. Era stato avvertito anche dall’omninsegnante,
ma aveva pensato che non ci fosse nulla di male. Almeno finché non li aveva
visti.
Nelle
vignette che aveva fra le mani era rappresentato un incubo ricorrente del suo
ragazzo. Gliene aveva anche accennato una mattina, ma ci aveva prestato scarsa
attenzione. Vederli disegnati, però, era tutta un’altra cosa.
Era la
stessa storia, raccontata da due punti di vista differenti. In una lui, il
Razziatore, moriva in un incidente e l’Organizzazione adottava Trip,
crescendolo e facendolo diventare un cronocriminale
di nome Grifone, intenzionato a vendicarsi di Pikappa,
responsabile, secondo lui, della sua dipartita.
Nell’altra
versione, invece, Trip era ancora bambino e veniva portato in salvo dal famoso Odin Eidolon prima che
l’Organizzazione lo andasse a prendere, trascinandolo nel ventesimo secolo e
affidandolo proprio a Paperinik. Lì, però, l’avrebbe
raggiunto anche il Grifone…
Il
Razziatore alzò un sopracciglio, preoccupato. Storia originale, sicuramente nel
ventesimo secolo avrebbero anche pubblicato un fumetto con quella trama. Il
problema erano proprio i disegni. Erano troppo
precisi.
Che Trip
avesse visto da qualche parte un’immagine di Odin Eidolon e l’avesse riprodotta gli poteva star bene, ma come
aveva fatto a disegnare con così tanta precisione i tre capi
dell’Organizzazione e persino Pikappa, che non aveva
mai conosciuto?
Una
spiegazione c’era, e il Razziatore la conosceva bene.
Paradossi temporali.
Una
volta, il suo pane quotidiano.
Già, era
difficile giocare con il tempo, perché non sempre le cose andavano come
previsto. Se si venivano a creare paradossi particolarmente significativi,
spesso nel giro di poco le persone coinvolte dimenticavano gli episodi
riscritti. Ma non accadeva sempre: lui e Pikappa
ricordavano bene di aver cambiato la storia di Paperopoli
con la faccenda del Sole Freddo, e come loro la Tempolizia.
Eppure, bastava che una sola delle persone dimenticasse l’episodio perché, in
un effetto a cascata, tutti quelli che erano coinvolti lo scordassero. Era
necessario per mantenere l’equilibrio temporale e per non impazzire, ricordando
eventi mai avvenuti. E allora perché Trip ricordava un evento sconosciuto a
tutti gli altri? Non aveva risposte e non poteva chiederle a nessuno,
soprattutto ora che era disoccupato a causa della microcontrazione.
Il
Razziatore ripiegò nuovamente il foglio in tasca. Era meglio non far vedere al
figlio che aveva razziato anche quello.
Poco dopo
Trip entrò nella stanza sbadigliando rumorosamente.
«Ciao pà!»
«Ciao
Trip!»
Il
ragazzino si sedette per fare colazione. Il Razziatore si rese subito conto che
era più pallido del solito.
«Stai
bene?»
Trip si
strofinò gli occhi: «Sì, ma ho fatto di nuovo uno strano sogno…»
Il
genitore lo guardò preoccupato, ma Trip era ancora troppo addormentato per
accorgersene: «Cosa hai sognato?»
Trip si
scompigliò i capelli: «C’è sempre questo strano vecchio che blatera da solo
roba incomprensibile, tipo che ora il tempo è di nuovo sotto il suo controllo e
bla, bla, bla. Una volta, più o meno
quando hai perso il lavoro, mi ha proprio stufato e l’ho preso a calci nel
sedere.»
Il
Razziatore ridacchiò: anche nei sogni suo figlio sapeva come imporsi!
Trip
continuò: «Da quella volta sembra essersi accorto di me, ora mi parla tutte le
notti. Continua a invitarmi ad andare con lui, mi porta in giro per la storia.
Stanotte mi ha accompagnato dagli antichi romani e mi ha persino regalato una
spada. Solo che lui la chiamava gladio.»
Il
Razziatore sospirò: «Probabilmente sarà perché alla Pivù
parlano troppo di questa storia della microcontrazione.
Adesso preparati, è tardi!»
«Sì, ma…»
«Niente
storie, ti voglio pronto fra cinque minuti per andare alla tecnoscuola!»
Trip si
morse il becco, come se volesse ancora aggiungere qualcosa, poi ubbidì quasi
senza replicare. Il Razziatore, preso da mille pensieri, non notò la stranezza
e chiuse lì la conversazione.
Senza sapere che sarebbe stata l’ultima per
molto tempo…
«Trip,
sono a casa! »
Nessuna
risposta, ma la cosa non preoccupò troppo il Razziatore. Prima, quando il
figlio aveva a disposizione la cronovela da polso
tarata su quindici minuti, avrebbe potuto impensierirsi un po’, ma l’unico
vantaggio della microcontrazione era che finalmente
Trip poteva spostarsi solo nello spazio e non più nel tempo.
«Frau
Frida, dov’è mio figlio?»
Una voce
metallica gli rispose: «Il signorino è in camera a studiare.»
Il Razziatore
alzò gli occhi al cielo. Studiare,
che parolone! Al massimo, forse, lo avrebbe trovato a disegnare…
Spalancò
la porta di scatto, pronto a cogliere in fallo il figlio, ma inaspettatamente
trovò la camera vuota.
«Frau
Frida, ve lo ripeto: dov’è Trip?»
«In
camera.»
«Venite a
vedere con i vostri occhi sintetici… qui mio figlio non c’è!»
Il droide
entrò nella stanza e si aggirò perplessa: «Non capisco… i miei sensori non ne
segnalano l’allontanamento…»
Il
Razziatore sospirò: «Fate un diagnostico completo, non sarebbe la prima volta
che Trip vi manomette i circuiti…»
Dopo
qualche secondo, l’automa dichiarò: «Diagnostico completato. Nessuna anomalia
rilevata. Il signorino deve essere in
camera.»
«Stupidi
aggeggi incapaci di andare oltre la vostra programmazione…»
Il
Razziatore cercò di darsi una calmata. Dopotutto, non era niente di insolito.
Trip era sempre stato una peste, cosa c’era di così strano se aveva deciso di
farsi una passeggiata senza permesso? Era pur sempre suo figlio, era normale
che fosse un po’ allergico alle regole! Ma era davvero già così abile da poter
sgattaiolare fuori di casa senza manomettere Frau Frida?
No, ne dubitava seriamente.
«Signorina
Frau Frida, lasciate stare, me ne occuperò io. Personalmente.»
«Buongiorno.
Come posso aiutarla?»
Una
strana voce distorta le rispose in malo modo: «Fatti da parte, bambola
sintetica, che oggi è tutto fuorché un buon giorno.»
«Come…
ehi, dove va? Quella è zona riservata, fermo!»
«Allarme
sicurezza! Allarme sicurezza!»
Una mano
premette un pulsante.
«Cosa sta
succedendo?»
«Signore,
c’è un intruso che sta bruscamente
superando ogni linea di difesa…»
Un
sospiro.
«Penso di
sapere di chi si tratta. Fatelo passare. Tanto, anche se glielo impediste, lui
entrerebbe comunque.»
«Vedo che
mi conoscete bene, signor Eidolon.»
Il papero
alzò lo sguardo, per nulla stupito di vederlo lì.
«Meglio
di quanto crediate, signor Razziatore. Tuttavia non abbastanza per intuire il
motivo della vostra visita…»
Il
Razziatore si limitò a gettare un oggetto sulla scrivania di Odin Eidolon.
Il papero
alzò un sopracciglio: «Non capisco perché tanta fretta per mostrarmi un
souvenir di uno dei vostri viaggi temporali… a meno che non vogliate
costituirvi per i vostri crimini passati, ma in tal caso dovreste rivolgervi
alla Tempolizia, non a me.»
Il
Razziatore lo fissò con una serietà che difficilmente aveva sfoderato prima:
«Analizzatelo.»
«È un
pezzo originale, lo vedo da me.»
«Fatelo.»
Odin sospirò,
poi si alzò dalla poltrona per prendere un analizzatore. Prima di utilizzarlo,
però, rivolse ancora lo sguardo al suo ospite, cercando una qualche emozione
che potesse tradire il vero motivo della sua visita. Non riuscendoci, si dedicò
all’analisi che gli era stata richiesta.
Il
Razziatore attese, in silenzio. Era questione di secondi, un evento così
macroscopico non poteva certamente sfuggire a un eminente studioso come lui.
Come non era sfuggito a lui, poco prima.
Il Razziatore non riusciva
a spiegarsi in alcun modo l’improvvisa scomparsa del figlio. Anzi, ad essere
sinceri una spiegazione istintivamente gli era venuta, ma era assolutamente
illogica, assurda, e scientificamente impossibile. Eppure, per quanto ci
pensasse, era l’unica idea che gli martellasse continuamente il cervello.
Più per scrupolo che per
vera convinzione, il Razziatore andò nella sua stanza a prendere un oggetto che
fino a quel momento aveva creduto di poter utilizzare solo come strambo
contenitore per il cachet.
Con un profondo sospiro,
accese nuovamente la sua amata cronovela. Non poteva
più utilizzarla per viaggiare nel tempo, ma forse riusciva ancora a rilevare
eventuali tracce tachioniche residue…
Non appena premette il
pulsante, il falco si diede dell’idiota da solo. Sapeva benissimo che con la microcontrazione ogni viaggio temporale era impossibile. E
allora perché stava ancora perdendo tempo a…
Una lucina lampeggiò,
facendolo trasalire.
«Tracce tachioniche di… meno
di quattro ore fa?»
Il
Razziatore sorrise soddisfatto. Né più, né meno la reazione che aveva avuto
solo un’oretta prima.
Il Razziatore si sedette
sul letto del figlio, incredulo. Impossibile, semplicemente impossibile. La microcontrazione gli impediva di compiere viaggi nel tempo
da ben cinque mesi. Come poteva essere avvenuto un viaggio nel tempo proprio
nella camera di Trip solo tre ore
prima?
Aveva bisogno di una
boccata d’aria. Alzandosi, tirò un calcio a un oggetto sotto il letto che
tintinnò con un rumore metallico. Incuriosito, il Razziatore si chinò per
vedere cosa fosse.
C’è sempre questo strano vecchio …
Le parole che Trip gli
aveva detto quella mattina gli risuonarono nella testa come un eco, mentre le
gambe gli cedevano, schiacciate da un immenso senso di vuoto.
Stanotte mi ha portato dagli antichi romani e mi ha persino
regalato una spada.
Solo sogni, solo stupidi
sogni. Non gli aveva forse risposto così?
Solo che lui la chiamava gladio.
Sì, quello che aveva fra
le mani era indubbiamente un gladio romano. Impossibile non riconoscerlo, era
uno dei suoi periodi storici preferiti.
Era in perfette condizioni,
neanche un filo di ruggine, quasi come appena forgiata.
La sua fresca fonte di
tachioni.
Il Razziatore si rialzò,
tenendo il gladio in mano e cercando contemporaneamente di armeggiare con la
sua cronovela.
Forse la microcontrazione era finita, forse poteva andare a
riprendersi suo figlio…
Con un profondo sospiro,
si risedette, sconsolato.
No. Bonaccia tachionica assoluta, come quella volta alla camera blindata
nel ventesimo secolo, durante il suo primo scontro con Pikappa.
Quella
volta si era trattato solo di lavoro. Questa volta la posta in ballo era molto,
molto più preziosa.
«Frau Frida, vado a
cercare Trip. Non aspettatemi per cena.»
E si chiuse la porta alle
spalle senza sentire l’eventuale risposta.
Per quanto gli scocciasse
ammetterlo, aveva bisogno di aiuto. E c’era una sola persona di suo conoscenza
in grado di darglielo.
Il
Razziatore guardò negli occhi la sua unica speranza: «Sono riuscito ad attirare
la vostra attenzione?»
Odin Eidolon sospirò: «Direi proprio di sì, signor Razziatore.
Ma, per quanto la scoperta sia senza dubbio eccezionale, ancora non comprendo
il motivo di tanta premura… tenete così tanto alla vostra vecchia attività?»
Il
Razziatore si appoggiò sul tavolo, per poter avvicinarsi il più possibile al
volto del suo interlocutore: «Vedete, quella è l’unica traccia lasciata da un ladro che ha osato rubare in casa mia…
e non posso proprio lasciar correre la cosa. Immagino che capiate, deontologia
professionale… mai rubare qualcosa a un altro ladro, una vecchia regola che non
muore mai.»
Odin Eidolon restituì l’occhiata penetrante, incrociando le dita
sotto il mento: «E si può sapere cosa vi avrebbero rubato?»
«Tutto e
niente, il mio passato e il mio futuro.»
«Risposta
poetica, ma un po’ aleatoria…»
«Non vi interessa
sapere nulla di più, signor Eidolon. Quello che vi
offro è solo una proposta di affari.»
Il
Razziatore allungò una mano: «Mettiamola così: io vi metto a disposizione la
mia esperienza di cronoviaggiatore e, soprattutto,
l’unico indizio attualmente esistente nel ventitreesimo secolo per risolvere
il problema della microcontrazione e ottenere
probabilmente un Nobel per la fisica; in cambio voi mi aiutate a recuperare ciò
che mi è stato rubato. Siamo d’accordo?»
Odin osservò
a lungo sia il volto che la mano del falco, prima di decidersi a stringerla.
«D’accordo.
Mettiamoci al lavoro.»
Rieccomi qua! È da un bel po’ che non pubblico nulla, purtroppo
sono per vari motivi in una fase di blocco, ma rispolverando la chiavetta ho
ritrovato questa storia un po’ vecchiotta che mi ero dimenticata di pubblicare…
e allora perché no? In attesa che la situazione si calmi a sufficienza da poter
ritrovare la concentrazione per nuove storie, vi lascio questa vecchia
avventura da leggere… ma vecchia o nuova non ha importanza quando si parla di
viaggi nel tempo, no?
I fumetti di Trip a cui mi riferisco sono quelli a cui
dedicarono un’intera miniserie negli ultimi numeri di PKNA, dove lui interpreta
un supereroe sullo stile di Pikappa. Trip inizia a disegnarli
a partire dal numero 34, in cui è presente tutta l’avventura del Grifone che ho
riassunto. Inoltre nel numero 43, Tempo al tempo, c’è davvero la
personificazione del Tempo che parla e Trip che gli tira un calcione nel
sedere.
Questi sono gli spunti da cui parlo, per il resto la storia è
totalmente originale e non vi serve altro per comprenderla.
Vi auguro buona lettura, al prossimo capitolo!
Hinata 92