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Autore: acchiappanuvole    29/10/2019    1 recensioni
Dalle gallerie asettiche percorse da gente a maree contrarie, il suono di una chitarra rimbalza sui muri scrostati, vortica nell'aria respirata mille e mille volte, si espande come un richiamo che Reira segue accompagnata sempre da quella infantile, folle, speranza che cancella le leggi divine, le riduce a incubi dai quali è possibile svegliarsi e ritrovare ciò che si credeva perduto.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nana Komatsui, Reira Serizawa, Satsuki Ichinose, Shinichi Okazaki, Takumi Ichinose
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Hachi sorseggia un bicchiere d’acqua, il display del cellulare segna le tre del mattino ma il sonno non vuole proprio saperne di coglierla; si aggira per la grande cucina indecisa sul da farsi, combattuta tra il voler buttare giù suo figlio dal letto per chiarire le cose una volta per tutte ed il prendere la porta e vagare per le strade fino ad arrivare alla stanza 707. Sa che lì riuscirebbe a dormire, è già successo altre volte, bastava chiudere gli occhi per fare un salto di oltre dieci anni indietro, pensare a Nana che dorme nella stanza accanto, al vestitino carino da indossare l’indomani per andare al lavoro, il pomeriggio in sala prove passato a sfuggire arrossendo agli sguardi di Nobu. E poi pensare alla cena, una tavola tanto piccola per un gruppo così vario di persone, e poi…poi i fuochi d’artificio, piccole scintille che Nobu e Shin avrebbero acceso, qualche lattina di birra e grandi progetti per il futuro enunciati sotto un cielo di fine estate.
Si vuota dell’altra acqua dandosi della stupida, i sogni fanno più male che altro, il passato è talmente desiderabile e malinconico che le provoca un fastidioso groppo in gola, per quanto possa riproiettare la spensieratezza dei suoi vent’anni la realtà è così lontana, così diversa… non avrebbe mai potuto neanche lontanamente immaginare che il treno preso in quella notte di un lontano inverno l’avrebbe condotta ad un presente impossibile da contemplare.
“Sei ancora sveglia.”
Hachi annuisce svogliatamente “non riesco a dormire,” riempie un altro bicchiere  porgendolo al marito “nemmeno tu a quanto vedo.”
“In realtà mi ero addormentato in camera di Satsuki senza nemmeno rendermene conto.”
“Come sta?”
“E’ più matura di quel che crediamo, vedrai che dimenticata questa serata tornerà vivace come sempre.”
“Dicevi seriamente prima?”
Takumi la fissa perplesso “rinfrescami la memoria…”
“Hai intenzione di lasciare qui Ren per davvero?”
“Credevo fosse quello che volevi.”
“Infatti.”
“Anche se, ad essere onesti, dovremmo lasciare che sia lui a decidere.”
Hachi scuote il capo, “sceglierebbe di partire e non avremmo risolto nulla.”
“Senti Nana c’è una cosa che devo dirti…”
Improvvisamente Hachi s’irrigidisce, uno strano presentimento le fa battere il cuore più forte, le parole di Jun le rimbombano nella testa come un presagio:
“prima o poi sarà lui a chiederti il divorzio. Credi che a Londra non si sia rifatto una vita? E se non ricordo male laggiù c’è anche Reira.”
Takumi le si avvicina “avrei già voluto dirtelo quando siamo arrivati ma diciamo che non c’è stata occasione.”
“O è più corretto dire che non hai voluto trovarla l’occasione.”
A quella risposta tagliente Takumi alza gli occhi al cielo, sua moglie è sul piede di guerra e lui non è particolarmente propenso a fare da parafulmini.
“L’orario è infelice, ne riparliamo domani.”
“No dimmelo ora, ora ce l’hai l’occasione,” e tuttavia Hachi si pente un istante dopo di quell’improvviso moto di coraggio. Si domanda che reazione potrà avere, forse si sentirà liberata da un legame che non avrebbe mai dovuto esserci fin dall’inizio, forse è il solo modo per far sì che tutto vada a posto, che le loro vite continuino senza il fardello di quel matrimonio disastroso. Ren e Satsuki capiranno, d’altronde hanno vissuto per anni con due genitori di fatto separati. Ma pur dandosi tutte queste ragioni il cuore martella più forte, la costringe ad arretrare, a fingere di essere, in qualche misura, distaccata da qualunque cosa l’uomo che ha davanti potrebbe dirle.
“Voi donne siete terribili e Reira mi aveva avvertito che la faccenda non ti avrebbe entusiasmata.”
Hachi stringe più forte i pugni, quel nome balza fuori così tra di loro, così come è sempre balzato fuori, l’immagine di quella donna sempre frapposta a loro due.
“Reira? Avete deciso la data?”
Takumi pare non capire “la data? In realtà volevo prima discuterne con te, sempre se sei d’accordo.”
“Come fai a chiedermelo così!”
“Aspetta Nana perché esattamente non so di cosa stiamo parlando, Ren ti ha già accennato la cosa quindi?”
“Ren?” Hachi è allibita “quindi è questo che vuoi fare, lasciare qui Ren per qualche tempo in modo da poter sbrigare le tue faccende private con lei per poi portamelo via? Non vi darò mio figlio, fatevene uno vostro!”
“Cos’è il teatro dell’assurdo? Di che stai parlando?”
“No tu di cosa stai parlando!”
“Del viaggio in America che ho intenzione di far fare ai nostri figli, vorrei che Ren frequentasse la Berklee School per qualche mese, potrebbe essere un eventuale orientamento sulle sue decisioni future e Satsuki potrebbe andare con lui per un viaggio studio, a Boston ci sono scuole eccellenti…mi ascolti?”
Hachi non ascolta, si porta una mano al petto come se avesse ricominciato a respirare solo in quel momento, ma dura poco, quel tempo sufficiente a realizzare quanto suo marito ha appena detto.
“Vorresti allontanarli entrambi?”
Takumi la prende per mano costringendola a sedersi, ora sono ai due lati del tavolo l’uno di fronte all’altro.
“Diamoci una calmata e respiriamo, sarebbe solo per un paio di mesi, onestamente allontanarli dal ginepraio delle nostre vite la reputo una cosa salutare. Insomma un sacco di ragazzi fanno dei viaggi studio non è certo la fine del mondo. Non l’avresti fatto anche tu avendone la possibilità?”
“Il punto è che prima di decidere certe cose dovresti parlarmene, se ora io fossi contraria ferirei Ren che, immagino, sia entusiasta di partire.”
“Ed il fatto che sia entusiasta dovrebbe renderti felice.”
Hachi scuote il capo “il punto è che…è troppo fragile in questo momento, lo vedi anche tu. C’è un problema, un problema che lo tormenta ed io non voglio certo lasciarlo partire senza sapere di cosa si tratta.”
“Guarda che partirebbe la prossima estate, credo che di tempo per chiarire prima di allora ce ne sia, lo lascio qui apposta per questo.”
“Mentre tu te ne scappi.”
“Ancora con questo discorso? Mi pare di non essere mai scappato di fronte alle responsabilità verso i miei figli.”
“Ah no?” ed Hachi sente le lacrime inclementi bagnarle il viso “chi è che di noi due vive a Londra?”
“Sei ingiusta Nana, lo sappiamo benissimo entrambi per quale motivo non sei voluta venire a vivere con me.”
“Perché non sono mai stata la donna in cima ai tuoi pensieri, per quanto tu possa negarlo dimmi da chi sei sempre accorso in tutti questi anni!?”
Takumi si alza “è inutile ragionare con te, vaneggi e la verità è che vivi nell’attesa che un fantasma ritorni, non desideri ne aspetti altro; quella specie di santuario che seguiti a tenere immutato e spacci per appartamento ne è una prova evidente. Se almeno in questa attesa ti decidessi a metterti con Nobu, continuate da anni a scambiarvi sguardi colmi di rimpianto ed ancora mi domando cosa ti impedisca di coronare la vostra unione, e non dire che sono io perché mentiresti sapendo di mentire.”
Hachi non ce la fa più, d’improvviso si sente stanca, quella disperazione nera che era riuscita ad arginare ora la risucchia facendola scoppiare in lacrime. Takumi le si avvicina, pare pentito, le poggia una mano sulla spalla “Nana tranquillizzati, mi spiace ho esagerato. Purtroppo non siamo mai stati bravi a comunicare io e te…Nana?”
Ma Hachi lo spinge via, alzandosi in piedi per battergli i pugni contro il petto con una rabbia esausta, “come ho fatto ad innamorarmi di un uomo crudele come te! Come! Come!”
 

“E’ proprio ora che io me ne ritorni a casa, Chiaki sarà preoccupata.”
Misato recupera la giacca di pelle abbandonata su di una sedia del soggiorno “credo che abbiamo analizzato un numero sufficiente dei mie testi depressivi.”
“Potresti fermarti a dormire qui, sono praticamente le quattro del mattino, non mi va che giri per strada a quest’ora.”
“Ti preoccupi per me?” Misato lo guarda con sarcasmo ma il viso di Shin è inusualmente serio.
“Sì mi preoccupo.”
La ragazza distoglie lo sguardo “non ce n’è bisogno.”
“Hai paura che ti salti addosso?”
Misato sorride stancamente, ritorna sui suoi passi sedendosi sul vecchio sofà accanto a Shin, l’odore della sigaretta accesa che il ragazzo tiene tra le dita si mischia al profumo della colonia, è un profumo forte che però la tranquillizza, sarebbe bello dormire avvolta in quel profumo.
“Siamo proprio due barche alla deriva io e te,” mormora poggiando la testa sulla spalla di lui “o forse siamo semplicemente terrorizzati all’idea di trovare un porto in cui approdare definitivamente. Chissà cosa o chi stiamo aspettando…”
 Shin tira un’altra boccata di fumo, “abbiamo troppi fantasmi ingombranti,” e forse lo sta dicendo a sé stesso “sempre il solito discorso.”
Misato non cambia posizione “ma sarà davvero così? Saranno davvero i fantasmi a pesarci addosso o a lungo andare è diventata una scusa? Potremmo andare e fare qualunque cosa ed invece ci muoviamo come pesci nello stesso acquario.”
Shin le bacia una tempia “vuoi fare psicanalisi a queste ore? E’ sexy in un certo senso.”
“Parlo seriamente,” è un rimprovero ed ora lo fissa negli occhi, Shin ricorda che Nana aveva quello stesso identico sguardo.
“C’è un posto dove voglio andare…è un viaggio che rimando da una vita. Dovevo andarci con uno di quei fantasmi ma la cosa non è mai andata in porto.”
“Dove?”
“In Svezia. Verresti con me?”
Misato è sorpresa, confusa rivolge lo sguardo ad un mappamondo che Shin tiene su di una mensola sopra il televisore, si alza per andare a recuperarlo e sorridente lo porge al ragazzo “quando si dice tenere il mondo tra le mani.” Si risiede accanto a lui osservando il mappamondo che Shin fa girare, l’Asia passa velocemente ed ecco che Shin indica un piccolo Stato “qui.”
“La città delle sirene” e mentre lo dice Misato sembra una bambina, il suo entusiasmo è sincero, “sei nato a Stoccolma giusto?”
“Così dice il mio passaporto, “preme la sigaretta nel posa cenere.
“Potremmo scriverci una canzone sopra, è poetico.”
“Questi tuoi sprazzi di romanticismo sono inquietanti.”
“Perché? Io sono fondamentalmente romantica.”
“E melodrammatica.”
“Quando mai sarei melodrammatica?”
Ma Shin non risponde, si limita ad avvicinarsi ed appoggiare le labbra contro le sue, un bacio casto che Misato ricambia, sa che Shin non andrebbe oltre, pertanto trattiene l’impulso di gettargli le braccia intorno al collo e chiedere di più.
“Lo dicevi sul serio?” chiede una volta che il ragazzo si allontana.
“Che sei melodrammatica?”
“Scemo. Della Svezia, lo dicevi sul serio?”
Shin non distoglie lo sguardo “sì, lo dico sul serio. Avevi ragione riguardo al copione ed hai ragione riguardo all’assuefazione al passato, assuefarsi è più facile e non cambierà mai se non si decide, quantomeno, di provarci. Quindi voglio tornare al punto di partenza. Ho una ventina di giorni prima dell’inizio delle riprese.”
“Quindi sarebbe una partenza imminente.”
“Ti tiri indietro?”
“Ti piacerebbe. Ormai hai lanciato il sasso e non puoi più nascondere la mano.”
 
 
Hachi si rigira tra le lenzuola, uno spicchio di luce dalla finestra taglia la stanza come una ferita, la testa un po’ le duole, scorge i vestiti sparsi sul pavimento e si rannicchia di più prima di avere il coraggio di voltarsi. Non era la prima volta, anche in passato era successo, un litigio, la rabbia reciproca, il pianto, un bacio. Avevano concepito Satsuki nello stesso identico modo. Ma stavolta non può addossare la responsabilità a Takumi, lo ha chiamato uomo crudele più volte, lo ha colpito e lui l’ha lasciata fare. Stavolta era stata lei a prendere l’iniziativa, si era sollevata in punta di piedi battendogli ancora i pugni contro al petto e lo aveva baciato. A pensarci fa quasi fatica a riconoscersi in quello slancio di iniziativa, e lui forse aveva provato a scostarsi, a dirle che sarebbero andati incontro all’ennesimo disastro, ma lei era troppo arrabbiata per capire. Aveva in quella casa tutti i pezzi della sua famiglia, pezzi sparsi come i vetri di un bicchiere appena rotto. Come si può aggiustare il vetro?  Le erano tornati alle mente quei bicchieri con le fragole sovrapposti sul pavimento della stanza 707. Tante schegge che lei si era inginocchiata a raccogliere ferendosi le ginocchia e le mani, nel ventre la vita di Ren che cominciava a formarsi, mentre fuori sua madre si disperava di quanto aveva appena perso. E poi era arrivato Takumi a rimproverarla, a farla rialzare e a sciacquarle vie tutte quelle piccole schegge incastonate nella pelle. Quante volte aveva dovuto salvarla seppur controvoglia.
Ed ora quelle stesse schegge sono i membri della sua famiglia, sono i suoi figli e quell’uomo. Come si può ricomporre il vetro? Esiste un modo? Ed è giusto aggiustare qualcosa che si è frantumato da tempo?
Avverte un lieve movimento ed istintivamente si volta, Takumi è in piedi nell’atto di allontanarsi, il corpo nudo rivela dei segni sulla schiena ed Hachi arrossisce come una ragazzina, lui non si è ancora accorto che lei è sveglia e questo potrebbe permetterle di rimettersi giù e fingere di dormire, potrebbero lasciar scivolare l’accaduto come negli anni hanno lasciato scivolare nel non detto tante altre cose.
“Scappi?”
Takumi si volta a fissarla, non sembra sorpreso.
“Devo preparare la mia roba, ho il volo nel pomeriggio.”
“Quindi ho ragione, scappi.”
Lo sente sospirare ed abbandonarsi a sedere sul letto, sembra un padre esasperato da una bambina.
“No Nana, se tu vuoi che rimanga rimarrò.”
“Qui non si tratta di me ma di Ren.”
“Certo,” scettico volge lo sguardo alla sveglia “sono le 7.00 direi che potremmo buttarlo giù dal letto legarlo ad una sedia e obbligarlo a dirci perché ha deciso di far esplodere il periodo nero dell’adolescenza proprio in questi giorni.”
“Vuoi che riprendiamo da dove abbiamo lasciato ieri sera!” Hachi trema di nervosismo e l’accenno di sorriso di Takumi non l’aiuta.
“Se intendi la seconda parte a me sta bene.”
“Finiscila.”
Nonostante tenti di dissimularlo Hachi vorrebbe parlare con suo marito di quanto accaduto, del perché siano finiti a letto nonostante non facciano altro che rinfacciarsi i rispettivi errori, del perché Takumi ad un certo punto l’abbia stretta a sé talmente forte da toglierle il respiro.
“Credimi non sto sottovalutando la cosa e mi pento di quello che ho detto a Ren ieri sera, ho sbagliato a rimandare, il momento di parlare era quello.”
Tentenna Hachiko, raramente Takumi manifesta ripensamenti sulle sue azioni.
“Posticiperò il volo quel tanto che servirà per risolvere questa situazione.”
 
 
 
  
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