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Autore: Aristofane4ever    02/11/2019    1 recensioni
Il bagno non è il luogo migliore dove incontrare il proprio idolo, soprattutto se, dopo le prime frasi, si sfocia in una discussione sul coming out. Per fortuna esiste ancora il perdono.
Tra dubbi, indecisioni, amici pazzi, partite di calcio e lavatrici, la storia di un Harry e di un Louis.
________
"Harry" Louis si rivolse nuovamente al cantante "la tua voce è davvero fantastica."
"E i miei testi, non sono anche loro bellissimi?" si intromise timidamente il più giovane.
"Certo, magnifici! Molto personali e carichi di spunti di riflessione."
"E la musica?"
"Ovviamente. Tutto riguardo te, le tue canzoni e i tuoi ricci è incredibile!"
"Ehi, cosa c'entrano i miei ricci?"
*Estratto dal secondo capitolo*
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Questa è la mia prima storia, che sto pubblicando anche su Wattpad (il mio profilo si chiama melodyofart), e spero vivamente vi possa piacere! Mi impegnerò ad aggiornare ogni settimana, probabilmente di venerdì.
Disclaimer: questo scritto non intende descrivere in alcun modo la realtà o offendere qualcuno, poichè i personaggi non mi appartengono.
Detto questo, buona lettura!
L


Sotto ai riflettori, a telecamere spente




Prologo: Applausi o pomodori? 
♫Sweet but psycho♫
Ava Max

 
L’ultima nota vibrò sul piatto, trillò nell’aria ed echeggiò tra le pareti, rimbalzando nella testa degli
spettatori.
Poi ci fu silenzio.
Era come se il tempo si fosse fermato, come se le persone non avessero compreso che la canzone era finita.

Una goccia di sudore percorse l’attaccatura dei capelli del cantante, per scivolare lungo il collo, sul pomo
d’Adamo e sparire sotto il colletto della camicia.
Aveva gli occhi chiusi, ed era anch’egli immobile, attendendo la reazione del pubblico col cuore in gola,
avendo paura che, quella volta, la sua musica non fosse piaciuta. Era terrorizzato dal fatto che forse aveva
sbagliato qualcosa: poteva aver mancato un accordo alla chitarra, non aver centrato una nota, la scaletta
non aveva stimolato l’entusiasmo del pubblico…
Nella sua mente si disegnarono centinaia di risvolti, per lo più apocalittici, che prevedevano anche dei
pomodori in faccia.

Le luci, finalmente, si riaccesero, e la folla, come risvegliatasi improvvisamente da uno strano torpore, iniziò
a battere le mani con fervore e acclamazione verso la figura sul palco, che ancora non aveva fatto un
movimento.

Al suono chiassoso ma quanto mai armonioso dell’applauso rilasciò l’aria trattenuta nei polmoni in un
sospiro soddisfatto, si sistemò un ciuffo anarchico di lunghi capelli ricci che gli aveva coperto un occhio,
fece un ultimo inchino e sorrise raggiante a tutte le persone che lo avevano ascoltato.

Scese la scaletta a lato del rialzo dove si era esibito, dopo l’ennesimo abbraccio con i componenti della
band, e sparì qualche minuto nel camerino per darsi una rinfrescata.
Intanto gli addetti avevano lavorato alacremente per togliere tutti gli strumenti e le sedie, in modo tale che
tutte le persone potevano muoversi e parlare tra loro più agilmente.
Ritornato nella sala notò che, appunto, la folla si era diradata e, molti, erano in prossimità del tavolo da
buffet, che aveva fatto allestire il suo staff, a godersi la compagnia delle chiacchiere frivole tra amici e della
bontà degli stuzzichini.

Strinse la mano a molti, da famosi produttori a semplici amici d’infanzia, e tutti si complimentarono con lui
per la magnifica serata.
Quello era stato l’ultimo concerto del lungo e stancante (ma appagante) tour che aveva fatto in giro per il
mondo. Aveva suonato in Giappone, luogo la cui cultura lo affascinava tantissimo. Si era esibito in Siria,
dove la guerra ancora spezzava vite e sogni, e lui aveva cercato di riaccendere una piccola fiammella di
speranza, oltre che aiutare economicamente devolvendo l’intero ricavato in favore dei bambini. Aveva fatto
una data anche alle Hawaii, su una spiaggia dorata, dove le persone avevano danzato al ritmo delle sue
canzoni e quello delle onde.

Aveva deciso di terminare questo bellissimo viaggio a Londra, a casa, con le persone che più gli stavano a
cuore, e amici di amici, come capita sempre alle feste più cool. E gli infiltrati, quelli che non sono stati
invitati ma trovano sempre il modo di entrare. In questo caso quest’ultima categoria era la meno sofferta
dal cantante.

Stava per dirigersi anch’egli verso le leccornie disposte sul tavolo a lato della sala, quando una mano forte si
posò sulla sua spalla, a fermare la sua avanzata, e una voce amica colpì le sue orecchie sovrastando tutti gli
altri rumori.
“Oh, Harry! Sei sempre fantastico, ma questa sera sei stato fenomenale…ineguagliabile…perfetto!”

Il cantante si voltò verso un giovane ragazzo castano, occhi blu coperti da un paio di occhiali dalla
montatura tondeggiante, sorriso smagliante e allo stesso tempo impertinente.
Subito i loro corpi si avvilupparono in una stretta ferrea, carica di emozioni. Felicità e nostalgia.

“Grazie Niall, ma non mi merito tutti questi complimenti!” Sciolsero l’abbraccio, dopo l’ennesima pacca
sulla schiena. “E poi… come sei vestito?!” indicò gli abiti del nuovo arrivato, che indossava un completo
total black a partire dai piedi, avvolti in scarpe nere lucidissime, i pantaloni morbidi sulle gambe toniche,
alla maglietta completamente abbottonata, al centro della quale svettava una cravatta gialla.
Fortunatamente quest’ultimo elemento dava un po’ di colore e allegria a un completo che sembrava più
adatto a un funerale che a un concerto.

“Cosa hai da dire su di me e il mio fantastico ed elegantissimo look? Vogliamo parlare della tua camicia da
capitano-naufrago su un’sola sperduta dei Caraibi che non mangia né beve da una settimana?”
Gli occhi di entrambi si posarono sull’oggetto in questione: una morbida camicia lilla con le maniche
svolazzanti, semi-aperta sul petto, a lasciare scoperte gli uccelli sulle clavicole, ma che non permetteva
nemmeno di intravedere la farfalla al centro dello stomaco.
Poi gli sguardi si sollevarono, incastrandosi l’uno nell’altro, e scoppiarono a ridere, complici.

Improvvisamente un’altra figura si affiancò a Niall e chiese:
“Per cosa state sghignazzando senza di me?”
Un attimo, e le lacrime appannarono gli occhi del cantante, che, però, non fece fatica a riconoscere in quel
ragazzo il suo secondo migliore amico, Liam.

“Payno, sei arrivato anche tu! Stavamo giusto dicendo che dovremmo ascoltare maggiormente i consigli dei
nostri stilisti, e vieni qui tu, con la tua camicia bianca, le tue scarpe bianche, la tua giacca bianca, i tuoi
pantaloni bianchi, con un fiore bianco nel taschino e sembra che devi andare a un matrimonio…” disse
Harry tra le risate.

“O forse sei tu che ti devi sposare? Chi la fortunata?” rincarò la dose Niall.
“… beh, direi che nessuno di noi tre sa scegliere il vestito giusto per ogni circostanza” terminò il cantante,
stringendo in un abbraccio il Ragazzo Bianco, che li stava ancora guardando leggermente confuso.
Ma li conosceva oramai da cinque anni, e sapeva di non doversi porgere troppe domande, perché tanto non
gli avrebbero risposto in modo esaustivo.

“Comunque sono qui non per ricevere parere sul mio modo di vestire ma per congratularmi con Hazza che,
come sempre, ha sfondato il palco.” Gli sussurrò all’orecchio. “Spero che non mi ruberai tutti i fan, piccolo
teppista, come hai sempre fatto!” gli tirò uno scappellotto in testa, mentre il destinatario si allontanava
abbassandosi per non venire colpito.

“Ed ecco che abbiamo i Multy direction al completo!”
Una quarta voce. Quella che aveva sperato di non udire quella serata. Una voce che gli aveva procurato
davvero tanto dolore e tristezza.

“Simon, che piacere! Come stai?” fu Liam a parlare, ed il suo tono denotava una gentilezza e una
educazione forzate e sforzate. Agli altri due ragazzi, a destra e a sinistra dell’amico, si creò sul volto un
sorriso falso. Era come se un pittore avesse preso due modelli tristi, impauriti e un po’ arrabbiati, e sulle
loro facce, lasciando perfettamente trasparire ciò che provavano, avesse alzato gli angoli della bocca.
Non si formarono fossette sulle guance di Harry.

“Alla grande! Sono tornato questa mattina da un piccolo viaggetto in Australia, dove mi avevano invitato
come ospite al programma che, onestamente, ho inventato io! E già che ero lì sono andato a incontrare i
vostri amichetti, come si chiamano? I 5 second of summer, beh, direi che loro, al contrario vostro che siete
diventati cantanti solisti, se la passano bene.”

L’uomo diede una pacca sulla spalla a Niall, poi si rivolse ad Harry, che chiuse le labbra in un’espressione
indifferente:
“E tu, mio piccolo Harold, sei cresciuto davvero tanto, sei diventato il cantante che hai sempre sognato di
essere!” si sporse a dargli un buffetto sulla guancia, ma il ragazzo si sporse sussurrando fievole: “Non
toccarmi…”

Simon scoppiò improvvisamente a ridere, tenendosi le mani sulla pancia come se fosse stata appena detta
la cosa più divertente del mondo. Il secondo dopo tornò serio, raddrizzandosi, e ad Harry sembrava che
fosse molto più grande, alto e minaccioso.

“Ehi, stronzetto! Vogliamo ricordare che sei arrivato così in alto solo grazie a me?” si voltò verso gli altri due
ragazzi “E anche voi dovreste inchinarvi ai miei piedi e venerarmi: se quel giorno non avessi avuto pena e
pietà di voi e delle vostre voci e non vi avessi messi insieme in un gruppo, sareste a lavorare in qualche
squallido bar, a pulire la griglia di un lurido fast food, a vendere il vostro corpo pur di sopravvivere! Basta
una parola e schiaccio la vostra carriere come farei con una fastidiosa mosca che mi vola attorno! Perché
voi siete questo: siete insetti! Abbiate rispetto verso chi vi ha migliorato l’esistenza!” rivolse le spalle ai tre
giovani, camminando verso un altro uomo elegantissimo, per intavolare una conversazione con lui.

Liam, Niall e Harry rimasero fermi.

Gli occhi del primo erano venati da filamenti rossi. La rabbia si era impossessata del suo corpo, aveva le
mani strette a pugno per non rischiare di tirare un pugno a qualcuno.
Lo sguardo del ragazzo totalmente vestito di nero era vacuo, non lasciava trasparire nessuna emozione.
Quello di Harry era velato di lacrime.

Aveva sentito molte volte quella frase, così tante che ormai si era convinto della veridicità di quelle parole.
Si era rassegnato al fatto che tutte le persone che lo seguivano non ci sarebbero state se Simon Cowell non
gli avesse permesso di esibirsi con due sconosciuti- sotto il nome di Many directions- con la sua casa
discografica.

Portò una mano ai lunghi capelli ricci, smuovendoli, in quello stesso gesto che aveva fatto cadere ai suoi
piedi milioni di ragazzine, donne e signore. A quel pensiero fermò il suo movimento. Strizzò un paio di volte
gli occhi, per ricacciare indietro le lacrime, e si slacciò un ulteriore bottone della camicia, che a quel punto
lasciava interamente scoperta la farfalla. Sembrava che gli mancasse l’aria.

Poi, sentì qualcuno tirargli i pantaloni.
Abbassò lo sguardo, incrociando quello vispo e curioso, del colore di un prato rigoglioso, capace di
illuminare qualsiasi cosa. Lo stesso verde che colorava i suoi occhi quando era felice.
Harry si inginocchiò, cosa che fecero anche Niall (che aveva sospirato pesantemente), e Liam (che si era
notevolmente rilassato).
“Ehi, tesoro, cosa ci fai qui?” chiese il cantante accarezzando una guancia al piccolo batuffolo infagottato in
un vestito rosa shocking mentre questo si aggrappava al suo collo.

La risposta della bambina venne preceduta da una domanda preoccupata: “Amily, perché sei scappata via?”
Al gruppetto si aggiunse una donna con un ampio cardigan a fiori, mentre la bimba, staccatasi da
Harry, si era già tuffata tra le braccia di Niall.
Si alzarono tutti da terra, un po’ traballando, come se si fossero appena svegliati.

“Gemma?!” il cantante abbracciò la nuova arrivata, stringendola forte per la vita.
Successivamente lei si staccò lasciando un veloce bacio tra i capelli del fratello guardando, alle sue spalle, Amily arpionata
a Niall, mentre questo la teneva stretta per le piccole gambe e, seguito poco più indietro da Liam, si
avvicinava al buffet.

“Mi dispiace, Haz: volevamo farti una sorpresa, restando dietro le quinte, ma tua nipote, appena ti ha visto,
è corsa da te!”
“Da me, eh? Guarda dov’è adesso!” il cantante fece una faccia accigliata e un po’ scettica, e aggiunse
melodrammaticamente: “Non hai paura a lasciare tua figlia nelle mani di quel pazzo?”
Come a sottolineare la tragicità dell’evento, si sentì un urletto felice innalzarsi dalla zona del buffet, e molte
persone si voltarono verso Amily che, con le guance piene di torta, stava cercando di infilare qualcosa nella
bocca del suo paladino, mentre, seccato ma sorridente, Liam stava attento che quei due bambini non si
facessero male.

“Non essere geloso! Ha solamente preferito Nello a te, e “continuò la donna, arricciandosi una ciocca di
lunghi capelli biondo platino attorno al dito e guardandosi intorno con circospezione, come se stesse per
rivelare un segreto, abbassando addirittura la voce “non la rimprovero nemmeno un po’: il tuo amico è più
simpatico di te!”

Un lampo di irriverenza le sfrecciò negli occhi, come un fulmine, e un sorriso malizioso le si dipinse sulle labbra.
Sorriso che si trasformò presto in risata quando il fratello le iniziò a fare il solletico.
“Va bene, mi arrendo: sei tu il migliore!” Harry lasciò i fianchi della sorella, che divenne improvvisamente seria.
“Ti ho visto parlare con Cowell, se quel lurido ti fa ancora del male lo prendo a calci nel sedere!”

“Tranquilla” si affrettò a dire l’altro “solo normale, normalissima amministrazione… niente che non si possa
sistemare con una buona fetta di torta!”
Gemma, tornata serena, si incamminò verso sua figlia, mentre il cantante venne fermato più volte da tutti i
presenti che si volevano complimentare con lui.

Dopo l’ennesima patatina immersa in una salsa piccantissima- di torta ne aveva mangiata fin troppa- in
compagnia di Ed Sheeran e Selena Gomez, suoi amici e colleghi dall’inizio della sua carriera, andò in bagno.
Si stava lavando le mani quando, improvvisamente, un giovane uscì da una delle toilette, e lo salutò con un
sussurrato ma entusiasta “Ciao”.

Harry, colto alla sprovvista, si voltò troppo velocemente, e si scontrò con il ragazzo che, per evitare che
cadesse a terra, lo tenne saldamente per i fianchi.
Il cantante, con le mani bagnate ancora aggrappate alla felpa dell’altro, riuscì solamente a esclamare:
“Oops!”
   
 
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