Videogiochi > Danganronpa
Ricorda la storia  |      
Autore: meilunye    06/11/2019    1 recensioni
{ Danganronpa V3: Killing Harmony || Shuichi Saihara x Kokichi Ouma || Contiene SPOILER!! }
Da quando è rinchiuso in quella scuola e il killing game è iniziato, Saihara si è abituato persino alle cose più assurde e imprevedibili. Eppure, Ouma riesce sempre e comunque a coglierlo di sorpresa con le sue idee bizzarre...
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note
Questa storia contiene spoiler sugli ultimi capitoli del gioco!
Era da un po' che mi frullava per la testa questa idea, sebbene sia molto semplice. Spero che i personaggi risultino abbastanza IC ;__;
È a tema natalizio, ma la sto postando con un mese di anticipo perché non so se più avanti ne avrò il tempo.
Un grazie enorme a Sora che mi ha fatto da beta reader e mi ha aiutato a migliorarla!!

Buona lettura!

 


Quando sentì qualcuno suonare alla porta della sua stanza, Saihara si rigirò fra le coperte con uno sbuffo. Non aveva idea di che ora fosse, e la testa minacciava di scoppiargli per il dolore. Una cosa era certa: era troppo presto, non era nemmeno stato emesso l’annuncio del mattino.

Come già aveva fatto presente più volte ai suoi compagni, lui non era una persona mattiniera. Gli piaceva dormire fino a tardi, crogiolarsi nel letto e godersi il caldo fino all’ultimo minuto. E amava specialmente farlo dopo aver passato un’intera nottata sveglio per consolare Himiko dopo la perdita delle sue due migliori amiche.

Decise di ignorare l’interfono. Di chiunque si trattasse, poteva sicuramente aspettare qualche ora. Si rimboccò le coperte, per poi girarsi su un fianco e appoggiare la testa sul cuscino.

Era immerso in quel soffice tepore, quando il campanello suonò una seconda volta.

Persistente. Ma lui sapeva essere anche più testardo, quando voleva. Si coprì le orecchie con il lenzuolo, cercando di isolare quel rumore irritante e di riposare in pace.

Dlin dlon. Dlin dlon. Dlin dlon. L’interfono sembrava essersi animato di vita propria, e non cessava di svegliarlo ogni volta che osava sprofondare nel dormiveglia.

Saihara poteva associare tutta quell’insistenza solo a una persona: Kaito. Non bastavano gli allenamenti serali, adesso doveva essersi inventato qualche altro espediente per rubargli ore di sonno, come la ginnastica del buongiorno, per esempio.

Sarebbe bastato qualche secondo per risolvere la questione. Erano amici, e vedendolo in viso avrebbe capito quanto fosse stanco e impossibilitato a fare qualsiasi cosa che non fosse dormire.

Si alzò, la testa pesante come un masso, e si diresse alla porta proprio mentre l’interfono stava suonando per la sesta volta. « Che succede, Momota-kun? », momorò, strofinandosi un occhio con la manica del pigiama.

« Oh, ma che bella visione! », cinguettò una voce inaspettata che gli congelò all’istante il sangue nelle vene. « Saihara-chan appena sveglio! ».

Saihara sussultò. Al posto del sorriso di Kaito che lo confortava ogni volta, si ritrovò di fronte il ghigno di Ouma. Vederlo comparire alla sua porta era quanto di più raro potesse succedergli in un posto del genere, e questo la diceva lunga sul loro rapporto.

Lanciò un’occhiata veloce allo specchio dietro di sé e controllò di essere almeno presentabile. Era avvolto in un pigiama di flanella, scalzo e i suoi capelli puntavano in tutte le direzioni. Senza parlare dell’aria distrutta che aveva stampata sul viso. Sembrava reduce da una rissa da cui non era decisamente uscito vincitore.

Arrossì di colpo all’idea di aver lasciato che qualcuno, soprattutto qualcuno di pettegolo come Ouma, lo vedesse in quello stato pietoso. Si schiarì la gola con un colpo di tosse, mentre con una mano provvedeva a pettinarsi alla svelta e darsi una parvenza di decenza.

« Ouma-kun, cosa vuoi? », gli chiese in modo più sgarbato di quanto avesse voluto. La stanchezza gli giocava brutti scherzi.

Ouma non sembrò prendersela, anzi il suo ghigno si fece persino più ampio. « Ci siamo svegliati con la luna storta, Saihara-chan?~ », ridacchiò, « Si dà il caso che oggi sia un giorno molto speciale ».

« ...Eh? », fu l’unica cosa che Saihara riuscì a formulare. Quel ragazzo se ne usciva con un’idea assurda dopo l’altra, non era in grado di stargli dietro, specialmente di prima mattina e con così poco sonno alle spalle.

« Ma come? », Ouma finse di mettere il broncio. « Com’è possibile che l’Ultimate Detective non lo sappia? ».

Okay, era il momento di mettere al lavoro le proprie cellule cerebrali. Che giorno poteva essere? Non aveva un orologio in stanza, figuriamoci un calendario. Faceva freddo, quindi supponeva fosse inverno, ma non aveva altre informazioni. Nemmeno il suo talento gli tornava utile con così pochi dati. « Uhm, è... », provò a indovinare, « Il tuo compleanno? ».

« Beeeep! », Ouma imitò il classico suono delle risposte errate nei giochi a premi, assordandolo. « Dovrai fare meglio di così, Saihara-chan ».

Saihara sospirò. Dove voleva andare a parare? « Non ne ho idea », si arrese, troppo esausto per pensare oltre. « Che giorno è oggi? ».

Qualcosa di morbido gli atterrò di colpo sulla testa. « È Natale! », urlò Ouma, suonando pericolosamente simile a un bambino al luna park.

Saihara guardò in alto. Gli aveva infilato un cappello da Babbo Natale, con tanto di luci a forma di renna accese sul bordo bianco. Cose del genere non si vedevano neppure nelle scuole elementari, ma in effetti Ouma gli sembrava il tipo di persona che amava questi cliché. O, forse, era solo un modo come un altro di prendersi gioco di lui.

« Ma non sappiamo neanche che giorno sia », protestò Saihara con il tono di una mamma esasperata. « E se devo dirla tutta, non credo sia già dicembre... ».

« È Natale! », lo interruppe Ouma con un altro grido. « È Natale, ti dico! ».

« Ugh », mugugnò Saihara. Stava urlando troppo. Non solo la sua testa continuava a pulsare e i suoi timpani gridavano pietà, ora iniziava anche a temere che quella peste svegliasse tutto il dormitorio con la sua voce. Meglio assecondarlo e sperare che se ne andasse il prima possibile. « Okay, buon Natale. E quindi? ».

Il broncio di Ouma fece ritorno sul suo viso. « “E quindi”? », ripeté, « Quindi dobbiamo festeggiare, no? ».

Shuichi si portò le dita alle tempie. Cosa gli saltava in testa? Erano rinchiusi in un luogo sconosciuto, costretti a partecipare a uno spietato killing game, ben tre dei loro compagni erano morti giusto la sera prima... nessuna persona sana di mente avrebbe avuto voglia di far festa in quel momento.

« Scusami », declinò l’offerta con il suo solito sorriso gentile. « Sono molto stanco e non esattamente dell’umore giusto ».

Una frase del genere avrebbe distrutto l’entusiasmo di tutti. Ma non di Kokichi Ouma, Ultimate Supreme Leader. Lui era immune.

« Saihara-chan, stai uccidendo il mio spirito natalizio », si lamentò sconsolato.

Il modo in cui si permise di usare la parola “uccidere” dopo quello che era appena successo fece infuriare Saihara in un istante. « Come puoi pensare al Natale in una situazione del genere?! », sbottò.

Si pentì subito di averlo fatto. Non tanto per ciò che aveva detto, perché erano i suoi veri pensieri, bensì per il modo. Non era da lui essere così sgarbato, persino con chi lo portava al limite. Tutto lo stress iniziava a intaccare anche il suo carattere mite.

E infatti Ouma si congelò per qualche secondo. Siccome era un bugiardo professionista, Saihara non era in grado di leggere la sua espressione – era ferito? Arrabbiato? O forse solamente sorpreso di aver visto un simile lato della sua personalità? –, ma proprio quando stava per scusarsi il suo buonumore infantile ritornò di prepotenza.

« Ma Saihara-chan », esclamò felice, « È ben in momenti come questi che bisogna festeggiare e distrarsi! ». Gli mise una mano sulla spalla, sorridendogli. « Sei troppo teso, sai? ».

Saihara chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Non aveva tutti i torti, lo sapeva. Non poteva non essere teso, con tutto quello che gli capitava ogni giorno. La logica di Ouma era fin troppo semplicistica e faceva acqua da tutte le parti, però non c’era niente di male nel lasciarsi andare un po’. Era soltanto strano, molto strano, che fosse lui a consolarlo. Non erano esattamente... amici, ecco.

Saihara allontanò le mani di Ouma da sé e aprì solo un occhio per guardarlo. « Non c’è nessun altro con cui tu possa festeggiare? », domandò, pur conoscendo già la risposta.

« No », ovviamente, « E poi voglio passare del tempo con te. Qualcosa in contrario? ».

Quella frase lo imbarazzò. Ouma sapeva usare le parole in modo da colpire i punti più deboli e sensibili degli altri, e Saihara si trovava sempre preso in contropiede quando parlava con lui. Era raro che qualcuno (eccezion fatta per Kaito) lo invitasse per primo da qualche parte, di solito era il detective a unirsi agli altri nel loro tempo libero. Era quasi un onore per lui.

L’idea di trascorrere del tempo da solo con il personaggio più pericoloso, problematico e indubbiamente odiato del gruppo lo metteva in soggezione. Voleva conoscerlo meglio, visto che non sapeva granché di lui, e al tempo stesso scappare e mettere fra loro quanta più distanza possibile.

Comunque, quell’offerta non sembrava né una bugia né una trappola, quindi forse poteva dargli corda per qualche minuto. Poi, sperava di riavere un pochino della sua amata quiete per riposare prima della vera sveglia.

« D’accordo », acconsentì infine. Aprì meglio la porta, permettendogli di entrare nella stanza. « Vado a cambiarmi, tu accomodati pure ».

« Grazie, Saihara-chan! », esclamò Ouma. Saltellò fino al letto, dove si tuffò senza fare complimenti.

Saihara non vi badò neppure e afferrò i vestiti dalla sedia prima di sparire in bagno. Impiegò più tempo del solito per cambiarsi, i movimenti rallentati dalla stanchezza. Quasi quasi, sperava che Ouma si stancasse di aspettarlo e se ne andasse via subito, ma ovviamente era un sogno vano.

Quando uscì, rimase di sasso. La stanza era irriconoscibile – ovunque erano appesi addobbi, festoni e stelline colorate. Un piccolo alberello faceva capolino dal cassetto del comodino. Nel giro di tre minuti Ouma aveva trasformato la sua camera perfettamente in ordine in una succursale del laboratorio di Babbo Natale.

Saihara non sapeva se essere furioso o ammirato. Si sforzò di sorridere per nascondere la voglia impellente di strappare tutte quelle decorazioni una a una, il labbro tremante che tradiva le sue vere emozioni.

Ouma notò la sua presenza. « Ti piace? », chiese.

Saihara deglutì mentre si apprestava a mentirgli. « S-sì... », balbettò, « Diciamo che è molto... tipico ».

O meglio, sembrava la scenografia di un musical natalizio.

La sua risposta, sebbene fosse una chiarissima bugia, parve soddisfare Ouma. Sempre con un ghigno furbo stampato sul volto, il ragazzo si sedette sul letto e picchiettò sul lenzuolo accanto a sé con la mano, facendo cenno a Saihara di raggiungerlo.

Titubante, il detective obbedì e prese posto sul materasso. Ah, quanto gli mancava dormire tranquillo sopra quel morbido lenzuolo...

« Allora, si comincia », disse Ouma, interrompendo le sue fantasie. « Non c’è Natale che si rispetti senza uno scambio di regali, quindi... », rovistò nelle tasche dei pantaloni fino ad estrarne un piccolo pacchetto blu. « Ecco il tuo, Saihara-chan ». Glielo porse con entrambe le mani, in modo formale.

Saihara lo afferrò per guardarlo meglio. Era piccolo, e decisamente incartato da mani inesperte, però nel complesso sembrava che Ouma vi avesse dedicato molta cura. Il fiocco fatto con il nastro era come una piccola opera d’arte azzurra.

« Lo hai preso per me? », chiese Saihara. Nessuno gli faceva mai regali. Anzi, ad essere onesto non ricordava neppure di avere chissà quanti amici. In ogni ricordo che gli veniva restituito con una Flashback Light, era sempre da solo oppure si sentiva a disagio nei gruppi più numerosi. Oddio, magari non aveva mai festeggiato un Natale se non con la sua famiglia.

Il pensiero che proprio Ouma, con cui battibeccava durante ogni indagine e ogni Class Trial, e che in generale faticava a sopportare per la maggior parte del tempo, avesse trascorso del tempo a riflettere su cosa regalargli lo emozionava non poco.

Non era la prima volta che notava un interesse particolare nei suoi confronti. Già solo il modo in cui gli si rivolgeva, con quel -chan che all’inizio tanto lo infastidiva, e i mezzi complimenti che gli faceva in ogni occasione, erano un segno lampante. Però, conoscendo la sua natura di bugiardo, Saihara tendeva sempre a considerare tutte le sue frasi delle bugie o delle parole vuote.

Che si fosse sbagliato a giudicarlo?

Sentì le lacrime annebbiargli la vista e si sforzò di ricacciarle indietro. Succedeva spesso, ma di solito non amava piangere davanti agli altri. E soprattutto, ammettere di essersi commosso per un gesto così semplice era troppo imbarazzante anche per lui.

Ouma ridacchiò sotto i baffi. Conoscendolo, era più che soddisfatto di avergli causato una simile reazione. Di sicuro non aspettava altro.

« Posso aprirlo? », chiese Saihara. Era meglio fare qualcosa prima di umiliarsi ulteriormente.

Ancora una volta, Ouma rise. Era la sua classica risatina furba, quella che di solito lo irritava a morte e che invece ora gli sembrava quasi carina. « Certo, altrimenti perché te lo avrei dato adesso? ».

Saihara annuì con un cenno del capo. Afferrò un angolo della carta e lo strappò, svelando il contenuto del pacchetto. Dentro una scatolina di cartone, c’era... « Una pipa? », gli rivolse uno sguardo confuso.

Ouma portò le braccia dietro la testa. « Una pipa! », ripeté, « Ho pensato che fosse perfetta per l’Ultimate Detective. Prova a tenerla fra le labbra al prossimo Class Trial, ti darà più credibilità ».

Fu il turno di Saihara di ridacchiare. Si era aspettato qualcosa di stupido, certo – dopotutto non c’erano esattamente dei negozi in quella scuola, quindi anche con le migliori intenzioni era difficile procurarsi roba utile – e non era rimasto deluso. Eppure, nella sua totale idiozia, era un pensiero dolce.

« Spero che non dovrà esserci un prossimo Class Trial », non perse occasione di ricordarglielo, « Però hai ragione, dovrei provare. Grazie ».

« Non c’è di che, Saihara-chan~ », rispose Ouma, soddisfatto come non mai.

Poi, tese una mano verso di lui.

Saihara non si mosse. Che cosa significava quel gesto?

Restarono immobili in quella posizione per un intero minuto prima che Ouma rimettesse il broncio per l’ennesima volta. « Perché te ne stai lì impalato?! », sbottò.

La sua voce era tanto acuta e carica di rabbia che Saihara tese le  mani a mezz’aria come scudo contro quella minaccia invisibile. « C-che dovrei fare...? ».

Ouma lo scrutò con aria indignata per un po’, prima di incrociare le braccia e distogliere lo sguardo, offeso. « Se non ci arrivi da solo, non voglio dirtelo ».

Saihara alzò gli occhi al cielo. Ecco, ora lo riconosceva. A volte si comportava come un bambino capriccioso, ed erano i momenti in cui lo trovava più adorabile e più fastidioso allo stesso tempo.

Va bene, doveva arrivarci da solo. Gli aveva fatto un regalo, perché a Natale ci si scambiano doni, e...

Aspetta un attimo. « Oh », si illuminò, « Vuoi che ti dia qualcosa anche io...? ».

« Hmpf », da quel verso stizzito Saihara capì di aver fatto centro.

« Ma, Ouma-kun... », disse, « Come facevo a prepararti un regalo se non sapevo neppure che oggi fosse Natale? ».

Ouma parve rifletterci su. Interruppe la sua interpretazione di bimbo capriccioso e riprese a sorridere, gli occhi che brillavano in modo pericoloso. « Hai ragione », convenne, « Però sai una cosa? Così e noioso. Pensa a un regalo adesso! ».

Ecco, sapeva che avrebbe trovato un modo per vincere il dibattito anche se aveva torto marcio.  Ouma era sempre così, il modo in cui ribaltava le situazioni a suo favore era quasi ammirevole.

« N-Non c’è molto in questa stanza... », si giustificò Saihara, mettendo in moto le rotelle nel suo cervello per provare a inventarsi qualcosa di furbo e togliersi d’impaccio.

« Conto fino a tre », sentenziò invece Ouma, « Uno... ».

Panico. Lo sguardo di Saihara corse in ogni direzione, alla ricerca di un oggetto, un qualsiasi oggetto, che potesse spacciare per un regalo. Il suo cappello era fuori questione, la Flashback Light era stata usata e quindi ridotta a una torcia inutile e ingombrante...

« Due... ».

Una lampada? No, sarebbe rimasto senza luce per leggere prima di andare a dormire. Il suo libro? No, altrimenti non avrebbe più avuto alcun passatempo...

« Tre! », esclamò Ouma.

Saihara afferrò la prima cosa che trovò. Era il modello di una macchinina con la faccia di Monokuma disegnata sopra. Ogni tanto gli capitava di trovare oggetti simili mentre esplorava la scuola, e li raccoglieva per passare il tempo. Ne aveva allestito una collezione sulle mensole per pura noia.

« Ecco, questo è per te! », urlò, il fiato corto per la tensione che aveva provato finora.

Ouma rimase colpito da quello scatto, forse era convinto di avere già la vittoria in pugno. Gli strappò la macchina di plastica dalle mani per osservarla meglio. « C’è Monokuma sopra », commentò.

Saihara iniziava a sudare freddo. Il suo regalo era stato carino, non voleva deluderlo al cento per cento, insomma. « Lo so... », disse, « Ma qui è difficile trovare qualcosa che non abbia la sua faccia disegnata ».

Ouma si strinse nelle spalle. « Monokuma a parte », disse, « Come facevi a sapere che adoro i modellini? ».

Oh. Non ne aveva la minima idea. Che fortuna sfacciata. Anche l’Ultimate Detective ogni tanto era baciato dalla dea bendata, allora. « Hehe », sogghignò, « Dopotutto sono un investigatore, no? ».

« Non sei bravo a mentire, Saihara-chan », rispose subito Ouma con una risata, « Mi hai regalato la prima cosa che ti è capitata a tiro. Però mi piacciono davvero queste cose, quindi grazie sul serio! ».

Touché. Beh, almeno era felice. Questo era l’importante.

« Mi fa piacere », disse, « Quindi, ora che abbiamo fatto anche questo... ».

« Manca solo una cosa! », saltò su Ouma, instancabile. Fece sparire la macchinina nella stessa tasca da cui aveva estratto la scatola con la pipa, e infilò una mano nell’altra.

Prima che Saihara potesse capire cosa stesse succedendo, Ouma appoggiò un dito sotto al suo mento e gli sollevò il viso. I loro sguardi si incontrarono per un lungo istante. « Però, devi chiudere gli occhi per questo », sussurrò, in un tono che gli fece venire i brividi. « Perché è un trucco di magia ».

« Uhm... d’accordo », acconsentì Saihara, seppure un po’ scettico. Era un detective, se c’era una cosa in cui non credeva era proprio la magia. Anzi, di solito scopriva i trucchi in un batter d’occhio.

« Quando te lo dico, apri gli occhi », diede istruzioni Ouma.

Saihara annuì con il capo e si preparò al peggio. Sentì un rumore di stoffa, un fruscio e il tintinnio di un campanellino.

« Ora », arrivò il segnale.

Ouma era nella stessa posizione di prima, soltanto molto, troppo più vicino. Non era successo niente di niente. Lo osservò con attenzione per individuare eventuali differenze, ma... invano. Continuava soltanto a sorridere e aspettare, paziente, che lui si accorgesse di qualcosa.

Ma cosa?

Alzò lo sguardo, e allora capì. Ouma teneva un braccio alto sopra le loro teste, e stretta fra le sue dita era una piantina di vischio decorata con un nastrino e un minuscolo campanello.

« E quello dove l’hai preso? », gli chiese.

« Non te lo dico », disse Ouma, e gli fece l’occhiolino. « Però sai cosa significa, vero Saihara-chan? ».

Quella domanda lo colpì come uno schiaffo. Non ci aveva assolutamente pensato.

Arrossì di colpo e provò a indietreggiare, ma Ouma lo afferrò per un polso e, prima che potesse dire anche solo una parola di protesta, le loro labbra erano già unite.

Saihara non era certo un esperto di relazioni o baci, tuttavia era abbastanza informato da sapere cosa si potesse definire “buono” e cosa si potesse definire invece “maldestro”. E Ouma era... beh, decisamente maldestro. Quel bacio era goffo, infantile, e socchiudendo appena le palpebre Saihara riuscì a vedere quanto fosse arrossito per quel gesto di coraggio.

Dapprima, Saihara fu tentato di ritrarsi con uno scatto e, chissà, magari persino schiaffeggiarlo. Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a baciare Ouma, e a mente lucida l’idea lo avrebbe senz’altro infastidito. Eppure, in quel momento non era disgustato, anzi a dirla tutta non sentiva affatto il bisogno di separarsi dalle sue labbra. Ricambiò il bacio, sentendo il cuore battere a mille nel petto, e chiuse gli occhi.

Le mani di Ouma si aggrapparono alla sua maglia. A saperlo in queste condizioni, imbarazzato al massimo e stretto a lui come fosse la sua ancora di salvezza, non avrebbe mai detto che si trattasse dello stesso Kokichi che si divertiva a seminare zizzania nel gruppo e parlare di morti, omicidi e colpevoli. Sembrava solo un ragazzino che finge di essere grande e più furbo degli altri ma sotto sotto è solamente spaventato e inesperto. O chissà, forse anche questa era un’altra delle sue bugie.

Quando si separarono, entrambi avevano il fiatone e Ouma non riusciva a smettere di deglutire per l’emozione. Il vischio era caduto sul letto, dimenticato, e non si preoccupò nemmeno di raccoglierlo.

La tensione nell’aria era palpabile. Chissà da quanto tempo Ouma stava progettando di baciarlo in quell’occasione, mentre lui era cascato dalle nuvole completamente. E dire che, all’inizio, pensava fosse Kaito ad averlo svegliato. Di certo, quando aveva ignorato l’interfono per la prima volta, non si sarebbe immaginato di terminare la mattinata in quel modo.

E stranamente, quella piega inaspettata degli eventi non gli dispiaceva affatto.

Toccò a lui interrompere il silenzio. La pipa per il detective, lo scambio di regali, e ora il bacio sotto al vischio... « Ti piacciono le cose stereotipate, vero, Ouma-kun? »

Ouma si imbronciò. « Ehi, con i classici non si sbaglia mai », disse.

Saihara gli sorrise divertito. Era proprio un bambino.

 


 

La porta si chiude dietro la sua schiena con un sibilo. Il resto del gruppo è uscito lasciandolo indietro, immerso nei suoi pensieri. Trovarsi in quel luogo non gli piace, gli fa bruciare il petto, tuttavia soltanto là si sente a suo agio. È un paradosso, questo lo sa benissimo – ma ormai cosa ha senso nella sua vita, dopotutto?

Da quando è terminato il Class Trial, non riesce più a pensare a niente senza avvertire dentro sé un’immensa voragine che non riesce a colmare in nessun modo. Si sente vuoto, come se avesse perso ogni scopo.

Muove un paio di passi in avanti. Qualcosa si spezza sotto la sua scarpa. Guarda in basso: una maschera da clown giace ora in mille frammenti ai suoi piedi. Il pavimento a specchio riflette il suo viso, con tutta la stanchezza e la disperazione che sta provando da ore, da giorni.

È ora di abbandonare questo posto una volta per tutte. Bisogna chiuderlo, dimenticarlo, lasciarselo alle spalle. Si concede un ultimo giro, per imprimersi ogni dettaglio a fuoco nella mente. Il suo sguardo cade su una mensola, da cui lo saluta una macchinina con la faccia di Monokuma stampata sopra.

Armi giocattolo, maschere, elicotteri, persino un trono gigante... ogni angolo di quel laboratorio ricorda il covo segreto del cattivo di un film di supereroi. O di un cartone animato per bambini.

Con la mano tremante, cerca la sua pipa nella tasca della giacca e se la porta alle labbra. Sa che non funziona, è poco più di un soprammobile, però la tiene comunque lì, spenta. Lo aiuta a calmarsi.

Un detective con una pipa è un ridicolo stereotipo e lo hanno preso in giro mille volte, eppure non può farci niente; non appena quell’oggetto sfiora la sua bocca si sente subito più tranquillo.

Forse perché gli ricorda la persona che gliel’ha regalata. Il modo in cui dopo quel primo bacio nella sua stanza si siano avvicinati sempre di più, in modo graduale, fino a diventare una coppia fissa. Un rapporto un po’ burrascoso, le cui redini erano totalmente nelle mani di Ouma e del suo animo capriccioso, che teneva fede al suo titolo di Ultimate Supreme Leader e si divertiva a comportarsi da comandante anche nella loro relazione. Non mancavano i litigi e i battibecchi su tutto, dalla cosa più futile a quella più importante, che terminavano ogni volta con lo stesso scenario: Saihara che si scusava, Ouma che fingeva di non volerlo perdonare, e poi un bacio a tradimento mentre il detective stava ancora parlando. Una vittoria facile e senza fallo.

E fino ad ora, a Saihara bastava appoggiare la pipa alla bocca per arrossire, mentre la sua mente ripercorreva tutti gli istanti che avevano trascorso assieme. I pensieri negativi e le preoccupazioni che affollavano il suo animo venivano spazzati via, sostituiti dal ghigno furbo di Ouma e dal calore delle sue labbra.

Già, Ouma... un vero amante dei cliché. Quel luogo è perfetto per lui, sembra fatto su misura per la sua concezione infantile di cosa fosse un “Supreme Leader”. Di sicuro gli sarebbe piaciuto tantissimo... se solo avesse fatto in tempo a vederlo.

Ma ora è troppo tardi.

Si avvicina con passo incerto al modellino di auto e lo accarezza con le dita. Ha sperato fino all’ultimo di essersi sbagliato, che fosse tutto uno scherzo, che alla fine del Class Trial lui sbucasse da un angolo dicendo “Era solo una bugia!” come al suo solito.

Però non è successo. Saihara è rimasto da solo, abbandonato a sé stesso.

Senza nessuno che gli regali i cioccolatini a San Valentino, gli porti i fiori per il compleanno, e gli dia baci sotto al vischio. Già, quel giorno... era cominciato tutto da lì, e questo è tutt’ora il suo ricordo più prezioso.

Non sa da quanto tempo sono chiusi lì dentro, né quando finirà quella tortura.  

Chissà se riuscirò a festeggiare il prossimo Natale nella mia vera stanza”, si ritrova a pensare.

La macchinina cade dalla mensola con un tonfo, come a fargli notare la stupidità di quella riflessione.

 

Saihara ridacchia amaramente. Ma come può pensare al Natale in una situazione del genere?

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Danganronpa / Vai alla pagina dell'autore: meilunye