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Autore: Lady I H V E Byron    07/11/2019    3 recensioni
"Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utron, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato."
Sono passati quattro anni dalla battaglia finale contro lo Shredder virtuale, ma non è ancora finita, per le Tartarughe Ninja. Presto si troveranno coinvolti in una nuova avventura, che riguarderà una coppa di fattura umile, Cavalieri Templari, Dimensioni Mistiche, visioni di un passato lontano, un nuovo nemico e un nuovo alleato.
Quale destino attende le Tartarughe Ninja?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Note dell'autrice: salve, bella gente. Da questo capitolo e per tutta la storia vedrete l'incontro tra due discipline sportive diverse tra loro, ma quasi simili e il coinvolgimento delle nostre adorate Tartarughe Ninja con una cultura totalmente differente dalla loro. Buona lettura. XD
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Era calata la notte a New York.
Le persone non guardano mai il cielo: le luci della città impediscono di vedere le stelle.
Ma in questi ultimi anni le persone non guardano le stelle, ma i loro iPhone.
Se avessero avuto anche la minima curiosità di guardare in alto, si sarebbero resi conto che una grande città non è il posto ideale per ammirare le stelle.
Ma non parliamo di stelle, in questa storia. Ma di ombre.
Anche la persona più acuta, anche guardando attentamente, non sarebbe stata capace di notare quattro insolite ombre saltare da un tetto all’altro.
Ombre di esseri non umani. Quattro tartarughe giganti, alte quasi un metro e ottanta, se non di più.
-Chi arriva ultimo è un uovo marcio!- esclamò Michelangelo. Ovviamente, era in testa al gruppo.
Raffaello, Leonardo e Donatello lo seguivano.
-Mick, non hai più quattordici anni!- fece notare Leonardo, comunque continuando a seguirlo. Non era chiaro, però, se fosse un rimprovero o una presa in giro.
O una strategia per farlo rallentare e passare, così, in testa. Tanto finiva sempre così.
Sembrava essere passata un’eternità da quando potevano concedersi una serata di libertà, di divertimento.
Le loro avventure erano ormai un lontano ricordo.
Shredder, Stockman, Hun, i Dragoni Purpurei, gli Utrom, i Triceraton, Savanti Romero, Karai, Bishop, Sh'Okanabo, Viral, Khan… tutti nomi che ormai appartenevano al passato.
Erano passati quattro anni dalla battaglia finale contro Shredder. Era finita sul serio.
Finalmente le Tartarughe Ninja erano in pace.
Ma i tumulti a New York non erano ancora finiti: sgominati Shredder, Karai ed il clan del Piede, le bande criminali avevano preso possesso delle periferie della città, senza uno di loro in grado di ergersi come capo. Nessuno di loro era forte e carismatico come Shredder. E le bande erano in continua guerriglia, per il totale controllo della città.
Guerriglie spesso sedate dalle Tartarughe Ninja, non senza spiacevoli conseguenze: le quattro tartarughe, infatti, era l’unica cosa che univa le bande criminali newyorkesi, il tipico nemico comune.
Forse dire che fossero in pace era un’enfasi. Non vivevano più episodi paragonabili a quelli provati quattro anni prima, ma anche scontrarsi con le bande non era un’impresa facile.
Non erano organizzati come i Dragoni Purpurei o i Ninja del Clan del Piede, ma le Tartarughe provavano costantemente un senso di angoscia, ogni volta che li affrontavano. Come se affrontarli li stesse irritando, annoiando.
Ogni notte la stessa routine: non erano proprio dei “cacciatori” di teppisti. Ma ogni volta che li sorprendevano compiere un crimine, sentivano il dovere di intervenire.
New York era pur sempre la loro città, dovevano proteggerla.
Forse anche quella sera di libertà e divertimento si sarebbe trasformata nella stessa repressione di una guerriglia tra bande.
-Stai pur certo che stavolta ti batterò!- esclamò Raffaello, dopo aver saltato il tetto dell’ennesimo edificio ed eseguito una perfetta acrobazia.
Donatello fece semplicemente uso del suo bastone per saltare, come un saltatore d’asta.
-Scommettete, invece, che sarò io il primo, stavolta?-
-Andiamo, Don. Tu sei sempre l’ultimo!- provocò Raffaello –Passi più tempo con i tuoi computer che ad allenarti. Ovvio che sei il più lento!-
Donatello serrò le labbra, offeso.
Faceva il possibile per raggiungere almeno Leonardo.
Una semplice gara fino alla loro pizzeria preferita, “Da Gigi”. La loro nuova pizzeria preferita da quando si erano trasferiti per l’ennesima volta.
In gare simili, era ovvio che fosse Michelangelo ad essere in testa.
Il suo stomaco brontolava e si stava già leccando i baffi.
-Pizza mia, sto arrivando…- canticchiò, toccandosi la pancia.
Era lontano dai suoi fratelli. La vittoria sarebbe stata di nuovo sua. E di nuovo sarebbe toccato a Donatello pagare.
L’insegna era sempre più vicina.
Poi, un urlo.
Un urlo femminile.
Michelangelo si inquietò.
-Ma come? Un’altra guerriglia? Adesso?- mormorò, guardandosi intorno.
Ma non udì altre urla, né imprecazioni, né suoni di ferro o catene che si incrociavano.
Saltando un edificio, notò un gruppo di uomini intorno ad una ragazza. Uno di loro stava cercando di strapparle qualcosa dalle mani.
Non poteva non fare qualcosa. Era pur sempre un ninja. Per quanto irresponsabile, non era mai stato un egoista.
Raffaello, Leonardo e Donatello erano ancora lontani: forse poteva farcela.
-Molla l’osso!-
La ragazza non accennava a cedere. Stringeva un borsone a sé come fosse la cosa più cara che avesse.
Nonostante fosse circondata e i suoi aggressori fossero più larghi e muscolosi di lei, non sembrava terrorizzata.
-Giammai!- esclamò, infatti, senza cenno di timore. Li osservava, infatti, con determinazione e rabbia insieme.
Resisteva. Non cedeva.
-Ehi, voi!- udirono tutti; si guardarono intorno, allarmati, ma non notarono nessuno nei paraggi –La mammina non vi ha spiegato come trattare le ragazze?-
Gli uomini guardarono in alto: due di loro vennero colpiti da un nunchaku a testa. Michelangelo aveva attaccato dall’alto, cogliendo gli avversari di sorpresa.
Si mise in posizione di combattimento, facendo da scudo alla ragazza.
-Tutti questi uomini contro una fanciulla indifesa?- schernì, senza smettere di far roteare i suoi nunchaku –Non è carino.-
La ragazza osservò il suo “salvatore” sorpresa: reazione comune di qualunque persona che avesse visto per la prima volta le Tartarughe Ninja, comprese le urla. Ma lei non urlò.
Anche gli uomini non rimasero impassibili alla vista di Michelangelo, ma non si scomposero.
-E’ uno delle Tartarughe! Prendiamolo!- ordinò uno di loro, forse quello che si era momentaneamente erto a leader del gruppo.
Dalle tasche estrassero tutti tirapugni, catene e coltelli. Tipiche armi dei teppisti newyorkesi.
Sei contro uno.
Niente che Michelangelo non potesse gestire: in confronto ai ninja del Clan del Piede, quei teppisti erano dilettanti.
Infatti, con i nunchaku riuscì a disarmarli, colpendo sulle loro mani.
Ma gli uomini non demorsero: passarono subito alle mani. Senza indugio, Michelangelo eseguì un calcio tornado, mettendo tutti a tappeto, prima ancora che riuscissero a toccarlo.
Un combattimento troppo semplice per lui.
Tipici teppisti da strada più bravi a fare i prepotenti che dare un semplice pugno.
-Niente scippo per voi, belli miei.- schernì, facendo un lieve balletto di vittoria –Ve la siete presa con la tartaruga sbagliata.-
La ragazza osservò la scena paralizzata e meravigliata nello stesso tempo, tenendosi stretta la borsa al petto.
Osservava inquieta il suo salvatore: non era umano, ma si muoveva come tale. Una tartaruga che si muoveva come un umano…
E ora quella creatura si era voltata verso di lei, per poi avvicinarsi.
Lei cercò di indietreggiare. Non disse una parola, nemmeno una minaccia.
Ma Michelangelo si fermò: fece un inchino goffo.
-Bonsoir, ma cherie.- salutò, sorridendo –Quei cattivoni ti hanno fatto del male?-
La ragazza non disse nulla: teneva gli occhi fissi su quella strana creatura, che aveva peraltro parlato! Era sorpresa, ma non sembrava spaventata.
Michelangelo tornò eretto. La osservò: portava un gilet sopra una felpa larga e jeans strappati. Il berretto sulla testa le copriva i capelli, ma da esso spuntava una frangetta castano chiaro. E gli occhi erano molto scuri, quasi neri. Non esprimevano paura. Non era nemmeno scappata urlando, appena le aveva parlato.
Ma ancora non si era mossa. Anche la paralisi è una forma di manifestazione di paura.
-Beh, a quanto pare no.- disse, alzando una mano, come saluto –Beh, stai attenta, quando torni a casa. I banditi, in queste strade, si riproducono come conigli. Stammi bene!-
In quel momento, i teppisti si stavano rialzando.
In effetti, Michelangelo non aveva sferrato colpi eccessivamente potenti contro di loro. Non tali da farli giacere a terra incoscienti per molto tempo.
-Nah, questo non va.- commentò.
Tornò ad osservare la ragazza, che si guardava nervosamente intorno, in cerca di una via di fuga; doveva pianificare qualcosa in pochi secondi.
Solitamente era Donatello l’uomo, o meglio, la tartaruga dei piani.
Osservò di nuovo in alto; poi sorrise.
Prese la ragazza per un fianco e la caricò su una spalla.
-Tieniti forte, ma cherie.- avvertì –Perché ora si vola!-
Saltò in alto, senza dare il tempo alla ragazza di chiedere spiegazioni. Ma lei urlò ugualmente, al primo salto.
-Ah! Smettila!- lamentò lui, facendo un movimento scattoso della testa di lato –Così mi fai saltare il timpano!-
Raggiunsero il tetto, poi ne saltarono altri due e altri due ancora, per essere sicuri che i teppisti avessero perduto le loro tracce. E naturalmente un edificio che concedesse alla ragazza di tornare per strada.
Quasi tutti avevano sia le scale esterne ed interne, per fortuna.
La ragazza si teneva stretta al guscio di Michelangelo, per non guardare il paesaggio sottostante.
Questi cercò di non fare alcuna acrobazia, proprio perché aveva una persona a carico.
Quando si fermò, si guardò intorno.
-Ok, il Michelangelo Express si ferma qui.- avvertì, aiutando la ragazza a scendere; lei, intanto, aveva alzato la testa -Prego, uscita sul lato destro. Non dimenticate oggetti personali, grazie.-
La ragazza si guardò intorno: sembravano essere lontani dal luogo di poco prima.
-Tranquilla. Non ci sono più.- rassicurò Michelangelo, con tono gentile –Qui dovresti essere al sicuro.-
Lei, per la prima volta, gli rivolse un sorriso. Aprì la bocca.
-Grazie… per avermi aiutato…- disse, in un inglese molto incerto. Come se non fosse la sua lingua.
Quella frase sorprese ed incuriosì la tartaruga dalla benda arancione.
-Ehi, allora parli!- esclamò; poi la scrutò più da vicino –Hai anche uno strano accento. Tu non sei di queste parti, vero?-
La ragazza scosse la testa.
-No.-
-Beh, da qualunque parte tu venga, devi stare attenta a certi tizi! Chissà cosa poteva capitarti se non fossi intervenuto! E pensare che ho…- fece una pausa, ripensando a qualche istante prima; si batté la mano sulla fronte -Mondo Pizza! La gara! Quelli saranno già arrivati!- voltò le spalle alla ragazza, alzando la mano, per salutarla -Spiacente, cherie, devo salutarti qui. Altre donzelle da salvare richiedono il mio aiuto. Stai attenta, quando ritorni a casa, e non parlare con gli sconosciuti. Au revoir!-
Corse e saltò giù dall’edificio, eseguendo un’acrobazia.
La ragazza lo rincorse, fermandosi al bordo dell’edificio: affascinata, osservò ogni minimo movimento di quella strana tartaruga, come riusciva a risalire gli edifici e saltare da un tetto all’altro con agilità.
Tutti movimenti riconducibili al Ninjutsu, pensò.
Intanto, Michelangelo, saltando e correndo più veloce che poteva, sperò di poter rivendicare il primo posto per raggiungere la pizzeria “Da Gigi”.
-Forse sono ancora in tempo!- esclamava, affannato –Erano molto lontani da me! Ma sì, non possono essere già arrivati!-
Il tetto era ancora sgombro: tirò un sospiro di sollievo.
-E ancora una volta il vincitore è Michelangelo!- esultò; poi ballò di nuovo –Vai Mick! Vai Mick! Vai Mick!-
Poi, uno scapaccione sulla nuca: Raffaello.
E Leonardo e Donatello erano con lui. Con aria da scherno.
-A quanto pare, stavolta non sono arrivato ultimo…- ridacchiò Donatello.
Michelangelo, preso dallo sconforto, si sedette sulle sue ginocchia, mettendosi le mani sulla testa, in posa melodrammatica.
-NOOOOOOOO…!!!- lamentò; il salvataggio lo aveva privato del primo posto. Inutile illudersi.
-A quanto pare, stasera tocca a te pagare la pizza, bello…- derise Raffaello, strofinando la sua mano sulla testa del fratello.
-Già, eri in netto vantaggio rispetto a noi…- fece notare Leonardo, tenendo le braccia incrociate –E poi sei sparito.-
-Ti hanno rapito gli alieni, forse?-
-O volevi fare come la lepre e la tartaruga?- derisero Raffaello e Donatello.
Michelangelo li osservò offeso.
-Nah, niente di tutto questo.- spiegò –C’era una ragazza in difficoltà e l’ho salvata da un branco di brutti ceffi.-
Non sembravano credergli.
Raffaello, come al solito, lo mise in mostra senza girarci troppo intorno: lo prese per le spalle e lo fece voltare da una parte.
-Sì, certo. Tutte scuse per non farti ammettere la sconfitta. Scommetto che hai preso una strada alternativa sperando che fosse una scorciatoia. Ma guarda un po’, siamo qui. E tu sei arrivato ultimo. I patti sono patti. E tu sai cosa significa, vero?-
-Ma c’era davvero una ragazza in pericolo, lo giuro!-
-Mick, non dire le bugie ai tuoi fratelli…- cercò di persuaderlo Leonardo, ma non con tono da rimprovero.
Donatello ridacchiava.
Nessuno gli credeva. Michelangelo dovette rassegnarsi e poi pagare una pizza grande con formaggio, funghi e pepperoni.
Come al solito, il fattorino era in un angolo, non molto lontano dalla pizzeria, con il cartone bollente in mano.
Sentì qualcuno picchiettargli la spalla destra: si voltò, senza vedere nessuno. Poi tornò ad osservare in avanti: il cartone della pizza era sparito. Al suo posto, precisamente sulla mano sinistra, c’era una banconota da venti dollari e un bigliettino.
“Tieni il resto. Mancia per te.” c’era scritto. Come al solito.
Era la loro solita procedura, ogni volta che ordinavano una pizza: chiedevano di portarla ad un dato indirizzo, e poi la ritiravano senza farsi vedere.
Ormai il fattorino non badava più a questi particolari, neppure si chiedeva più il motivo per cui non volessero farsi vedere: finché pagavano, non c’era nessun problema.
Michelangelo non prese bene la sconfitta, tantomeno il dover pagare la pizza, ma almeno si sarebbe consolato con le sue fette. Sempre che Raffaello non facesse di nuovo il bullo e gli rubasse le fette a lui spettanti.
-E ricordate. A me una fetta in più, perché ho vinto la gara!- annunciò, infatti, Raffaello, mentre tornavano a casa.
Gli altri gli rivolsero uno sguardo da “Che strafottente…”.
Da quattro anni erano tornati a vivere nelle fognature. Era il luogo migliore per nascondersi dal mondo esterno. Avevano provato a vivere in una fabbrica abbandonata per un paio d’anni, tuttavia, venne demolita per ordine del sindaco, per costruirci un supermercato.
Per fortuna, le Tartarughe e Splinter erano fuggiti in tempo.
Esattamente come con la vecchia stazione di pompaggio, quel luogo era troppo esposto all’esterno.
La cosa migliore per loro era stare nelle fogne, l’unico luogo raramente calpestato dagli umani, quindi con meno possibilità di essere visti.
Era esattamente come la loro seconda casa, la vecchia stazione della metropolitana: ampia, a più piani, con una stanza a testa, un angolo TV per Michelangelo, un angolo per il laboratorio di Donatello, un angolo palestra per Raffaello, un angolo per meditare per Leonardo ed il Maestro Splinter e, ovviamente, un luogo per cucinare e mangiare.
L’unica differenza era che non avevano un ascensore che portava ad un garage dove tenevano il TartaCorazzato.
Per quello, dovevano percorrere un paio di metri, per poi raggiungere un tombino che li conduceva in una vecchia rimessa degli autobus dove tenevano il nuovo TartaCorazzato, ricavato da un camion della spazzatura, adeguatamente modificato da Donatello, e la moto di Raffaello.
Splinter, come al solito, stava meditando: quella sera stava a testa in giù, tenendo ben salda la presa sul bastone regalatogli dall’Antico, ancorato sul pavimento.
-Ancora dieci secondi e avrò raggiunto l’apice della meditazione… cinque… quattro… tre… due…- mormorò, concentrato.
-Non puoi pretendere una fetta in più perché hai vinto!-
-Tu mangi sempre l’ultima fetta, Mick! Stasera spetta a me!-
Michelangelo e Raffaello stavano litigando. Di nuovo.
Splinter sobbalzò a quelle urla, e tornò con i piedi per terra: dovette interrompere bruscamente il suo allenamento, per causa loro.
Erano sempre rumorosi.
E soprattutto, si stavano spintonando a vicenda. Leonardo e Donatello, come al solito, facevano il possibile per dividerli e allontanarli l’un dall’altro, per evitare che il tutto convergesse di nuovo ad una rissa tra fratelli.
In quel momento, comprese cosa intendeva Michelangelo con: -Lei e il Maestro Shifu siete simili.- mentre stavano guardando “Kung Fu Panda” per l’ennesima volta, e non si stava certo riferendo all’aspetto fisico:
entrambi dovevano armarsi di estrema pazienza con i propri allievi. Ma Splinter era ormai abituato ai litigi dei suoi figli.
Tuttavia, non era una buona scusa per lasciarli litigare e non fare loro la ramanzina. Per aver interrotto il suo addestramento, per l’ora tarda e altre cose.
-Figlioli! Un po’ di contegno!- esclamò, battendo il bastone per terra con sguardo severo; tutti e quattro si fermarono, mettendosi lievemente sull’attenti; quando usava quel tono, era meglio non contraddirlo o ci sarebbero state gravi conseguenze; Raffaello lo sapeva molto bene, avendolo sperimentato sulla sua pelle –Vi rendete conto che ore sono?!- rimproverò, poi, camminando avanti e indietro, seguendo la linea formata dalle quattro tartarughe –E dove siete stati per tutto questo tempo?!-
Michelangelo deglutì.
-Scusaci, Maestro Splinter…- balbettò con un filo di voce; mostrò il cartone ancora fumante con mano tremante –Eravamo andati a prendere la cena e ne abbiamo approfittato per fare una gara e…-
Il bastone picchiò la mano della tartaruga dalla benda arancione, costringendolo a far cadere il cartone.
-Il Battle Nexus è tra una settimana e voi osate prendervi il lusso di bighellonare?!- riprese il topo, sempre più severo –E osate bighellonare quando un’intera città è assediata dalle bande criminali?! Con Shredder eliminato e sgominato il Clan del Piede, queste bande hanno preso il comando della città, trasformandola in anarchia! La gente ha paura persino di uscire di casa! Dovreste difendere la città da questa gente, non fare stupide gare! Lo avete dimenticato?!-
Nessuno disse nulla: si limitarono a tenere gli sguardi bassi.
-Sì, lo sappiamo, maestro…- rispose Leonardo, con un filo di voce –Non facciamo altro da quattro anni, ormai. Una banda compie un crimine e noi interveniamo per fermarli. Ma nonostante il nostro impegno, tornano sempre e più di prima. Io… sono stanco, maestro. Volevamo solo concederci un momento di svago, anche piccolo. Perdonaci.-
Splinter lo aveva già intuito. Percepiva la stanchezza nei suoi figli.
I loro nemici erano stati sconfitti, ma New York era ancora in pericolo: le bande rappresentavano un pericolo minore, rispetto a coloro che avevano affrontato negli anni precedenti, ma erano comunque un fastidio.
Una piaga per la città. Uno sciame di insetti senza la sua regina.
Ma almeno lo sciame rimane in un punto stabile, fino all’arrivo di una regina che ordini loro dove dirigersi alla ricerca di cibo. Le bande esercitavano la propria giurisdizione in ogni angolo della città che toccavano.
Shredder era stata la regina di quello sciame. Aveva reso la vita delle Tartarughe un inferno, ma almeno la gente poteva uscire tranquillamente in strada senza il timore di essere aggredita o rapinata.
No, la vita non sarebbe stata migliore: se fosse stato ancora in vita, avrebbe distrutto l’intero pianeta, o addirittura conquistato.
Scosse la testa e sospirò. Mise una mano sulla spalla di Leonardo.
-Lo so, figlioli. Lo so.- disse, stavolta con tono premuroso -Ma la via del guerriero richiede anche pazienza e tenacia. Non è facile, figlioli miei, ma dovete stringere i denti e resistere, per il bene della città.-
Non era la prima volta che faceva quel discorso, ma le Tartarughe non sembravano più molto convinte. Per quanti sforzi facessero, ogni tentativo di portare la pace a New York si rivelava futile.
Non era da biasimarli, se volevano concedersi un momento di svago.
Splinter doveva scuoterli, per far loro sollevare il morale, e sapeva esattamente come.
-Allora? Tutta questa strada e non mangiate la vostra cena?-
Quella frase fece cadere dalle nuvole le quattro tartarughe.
-Mondo Pizza! Ha ragione!- esclamò Michelangelo –Mangiamola in fretta o rischia di diventare fredda e immangiabile!-
Il cartone venne aperto sul tavolino usato per i pasti. Per fortuna, la pizza non era diventata fredda. Ma dovevano affrettarsi a mangiarla.
-Pancia mia, fatti capanna!- disse Michelangelo, leccandosi i baffi.
Allungò una mano per prendere la prima fetta, ma Raffaello la prese, lesto.
-Scusa, Mick, ma la prima mi spetta.- schernì, prima di darvi il primo morso.
Michelangelo serrò le labbra e gonfiò le guance, oltre a chiudere gli occhi. Il suo volto divenne rosso di rabbia, mentre uno strano fumo sembrava uscirgli dalle orecchie.
-Eddai, Mick, non te la prendere.- cercò di sollevarlo Donatello, sarcastico –A tutti capita di perdere, ma non a tutti piace ammetterlo.-
-Ma ho salvato davvero una ragazza!-
-Oh, sì, certo, certo…-
Ancora non gli credevano: mangiavano le loro fette di pizza, arricchite dal sapore della sconfitta di Michelangelo.
-Maestro Splinter, non mi credono.-
Splinter si concedeva la sua solita tazza di tè.
-Ciononostante, non significa che la loro versione sia la verità oggettiva.- disse, vago come al solito.
Michelangelo sospirò di nuovo, poi prese finalmente una fetta di pizza e se la gustò.
Sentì lievemente l’amaro della sua sconfitta, tra il formaggio, i funghi e i pepperoni.
Isolati più lontani dalle fognature in cui vivevano le Tartarughe Ninja ed il Maestro Splinter, una ragazza si stava avvicinando ad una porta.
Era la stessa ragazza salvata da Michelangelo. Aveva ancora la borsa a tracolla di cuoio.
Appariva delusa ed amareggiata.
Bussò tre volte sulla porta. Poi di nuovo tre volte. E infine altre tre volte.
Una voce all’interno parlò: -Non Nobis, Domine, Non Nobis…-
-…Sed Nomini Tuo Da Gloriam.- rispose la ragazza.
La porta si aprì e lei entrò.
L’interno era buio. Fu quando la porta si aprì che si accesero le luci.
Una lunga scala di metallo di due metri, legata al muro, separava la porta dal pavimento.
Era un vecchio hangar.
Sul muro era stata dipinta un’enorme croce greca rossa su sfondo bianco sopra e nero sotto.
E su quella croce era stato infisso un Gesù crocifisso.
Sotto di esso c’era un enorme tavolo di forma circolare, dal diametro di circa tre metri, con un rilievo della croce del muro. E intorno alla croce, seguendo il perimetro del tavolo, vi era inciso “PAUPERES COMMILITONES CHRISTI TEMPLIQUE SALOMONIS”.
C’erano delle persone sedute intorno a quel tavolo, giovani ed anziani. Il più anziano aveva sessant’anni, mentre il più giovane diciassette anni. Erano vestiti con tuniche bianche con una croce rossa sul petto.
E le sedie erano semplici, come sedie da commensali, in legno. Tuttavia, su quella più grande era seduto un uomo che aveva superato i cinquant’anni, barba grigia come i capelli, volto pieno, fisico grossolano, e con la tunica bianca sembrava persino più grasso.
Freddi occhi grigi che sembravano avere il potere di leggerti nella mente e poi distruggerla con un solo sguardo.
Era seduto con i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani incrociate.
-Sei tornata, Elisabetta…- disse, con freddezza, notando la ragazza scendere le scale. Stava parlando in italiano.
La ragazza si tolse il berretto: i suoi capelli erano molto corti, quasi da maschio, a scodella. Sopra erano castano chiaro, quasi biondi, mentre la parte inferiore era castano scuro, probabilmente il vero colore dei suoi capelli.
Con sguardo serio e senza dire una parola, prese la borsa in cuoio e la gettò sul tavolo: era ancora pesante.
L’uomo osservò quella borsa con indifferenza, senza muoversi.
-E naturalmente hai fallito. Una missione così semplice.-
-Io ho fatto del mio meglio, Magister…- tagliò corto lei, incrociando le braccia, con tono disgustato –Ma quelle scimmie senza cervello insistevano nel voler prendere solo i soldi, rifiutando categoricamente la nostra offerta. A quel punto, ho dovuto usare le maniere forti, per convincerli che non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno.-
Sguainò infatti un coltello, ancora gocciolante di sangue.
Si voltarono tutti verso il Magister, in attesa di una sua risposta; questi si mise comodo sulla sedia, incrociando una gamba e di nuovo le mani.
-Ciononostante, non riesco a spiegarmi il motivo per cui tu ci abbia messo così tanto tempo.- notò –Per un cavaliere del tuo rango, tenere testa a degli stupidi teppisti da strada dovrebbe essere semplice, diplomaticamente e anche nel corpo libero.-
-Mentre cercavo di farli ragionare, sono stata interrotta da uno strano essere, una tartaruga gigante praticante il ninjutsu e armata di nunchaku che li ha messi a tappeto in poco tempo.-
Lo aveva pronunciato tranquillamente, come fosse una cosa comune, senza curarsi delle reazioni o del giudizio dei confratelli.
Il Magister si fece più serio e sospettoso.
Ma uno di loro, quasi suo coetaneo, scoppiò a ridere a gran voce. Altri risero della sua rivelazione.
-Una tartaruga gigante con dei nunchaku!- ripeté; da come parlava, era del sud Italia –E’ la scusa più assurda che abbia mai sentito per giustificare la tua inadeguatezza per compiti simili!-
Elisabetta non si scompose da tale derisione.
-Mi ha portato qualche isolato più lontano dal rifugio dei Thurgh, ma poi sono tornata a riproporre l’affare.- riprese a raccontare, infatti -Al loro secondo rifiuto hanno minacciato di uccidermi e io mi sono difesa.-
-Sì, sì, sì. Ma ora spiegami come era fatta questa tartaruga!-
-Ora basta, Luigi.- ordinò il Magister, diretto; Luigi smise di ridere, tornando serio e composto. Anche quelli che ridevano con lui fecero lo stesso.
Poi sospirò.
La notizia di una creatura non umana non sembrava averlo sconvolto. Anzi, ne era indifferente.
La porta si aprì di nuovo.
-Ehi, buona sera a tutti!-
Era un giovane alto, di quasi trent’anni, con occhiali da sole, nonostante fosse sera. Vestito anche lui in borghese, come Elisabetta. E aveva salutato tutti agitando la mano, come tra amici.
-Oh, non esultate così tanto per il mio ritorno! Non sono stato via molto, in fondo.-
Lo stavano osservando tutti in silenzio e seri. Nessuno stava esultando o urlando “Bentornato”.
Il suo era chiaramente sarcasmo.
Si schiarì la voce, tornando quasi serio.
-Comunque, Magister, temo che i miei sforzi siano stati inutili.- poggiò anche lui una borsa di cuoio ancora pesante –Nessuno ha voluto il denaro. O meglio, non per stare ai nostri ordini. Dicevano di non voler tornare ad essere i galoppini di un prepotente la cui miglior qualità è un’occhiataccia da far paura.-
Il Magister sospirò di nuovo, strofinandosi le mani sul volto, tirandosi i capelli, ma senza cedere alla rabbia.
I confratelli erano inquieti.
Il più anziano gli rivolse la parola.
-David, cosa facciamo, adesso?- disse, con voce grave.
Il Magister, David, si alzò in piedi, tenendo gli occhi chiusi.
-Elisabetta, Andrea, prendete i vostri posti.-
I due annuirono, eseguendo il suo ordine. Elisabetta prese posto accanto ad un ragazzo, seduto a sua volta accanto al Magister. Era grasso come lui; gli occhi, che guardavano di sfuggita la consorella, avevano un colore misto tra verde e marrone, che quasi parevano gialli.
Anche David tornò a sedere. Mise di nuovo le mani sul volto, strofinandole una sola volta contro di esso.
-Siamo riusciti a mettere le mafie italiane sotto il nostro dominio, eliminandole definitivamente, e voi non siete stati capaci di corrompere degli stupidi vandali da strada?-
-David, se posso permettermi…- il più anziano si alzò in piedi, prendendo la parola –Dobbiamo considerare che fino a qualche anno fa, tutte le bande di New York erano comandate e regolate da Shredder, capo del Clan ninja del Piede, uno dei peggior criminali del mondo. Dopo la sua scomparsa, nessuno ha preso il suo posto. Da quanto sono riuscito a sentire in giro, nessun capo delle bande è paragonabile a lui, per forza, arguzia e abilità.-
-Un gregge senza pastore, insomma… Un pastore degno, s’intende.- aggiunse un altro uomo, più giovane del Magister e di Luigi, ma più anziano di Andrea –Inoltre, c’è da considerare che qui non siamo in Italia. Quindi dobbiamo usare un altro tipo di approccio, se vogliamo portare quella gente dalla nostra parte ed imporre l’ordine in questo tumulto…-
David mantenne gli occhi chiusi, tornando a sedere con la schiena dritta, appoggiandola alla sua sedia.
Espirò dal naso.
-Non importa.- disse; ma sembrava infastidito da qualcosa.
Si alzò, voltandosi verso la croce rossa e il crocifisso ivi infisso.
Poi riaprì gli occhi, voltandosi verso il tavolo.
-Giacomo ha ragione.- dichiarò, serio –Non possiamo più usare la corruzione per convincere queste persone ad abbracciare la nostra causa. Ne andrebbe della nostra reputazione e del nostro fine. Dovremo pianificare un’altra strategia. Se necessario, abbassarci al loro livello. Tutto se falliamo il piano principale.-
Divennero tutti più seri a quelle parole.
Quegli sguardi fecero sorridere lievemente il Magister.
-Dovete essere tutti all’altezza delle mie aspettative.- avvertì -Non possiamo permetterci distrazioni, dubbi o esitazioni. E stavolta non tollero sbagli o ammutinamenti. Sono stato chiaro?-
Annuirono tutti, seri e determinati.
Elisabetta si fece più cupa, guardando in basso. Poi osservò di lato, verso una rastrelliera con delle spade di varia misura: il suo sguardo era fisso su una spada lunga, dall’impugnatura nera. La sua vista la rendeva cupa e malinconica.
David si alzò, tornando serio e stoico.
-La riunione è terminata.-
Si alzarono tutti in piedi, seguendo il suo esempio.
Strinsero tutti le mani a pugno e le misero sui propri cuori.
-Deus vult.- disse il Magister.
-Deus vult.- fu la risposta dei confratelli.
Molte cose sarebbero cambiate, dal giorno seguente. In entrambi i mondi.
-Di nuovo!-
Leonardo e Donatello ripresero a combattere tra di loro; lo stesso fecero Michelangelo e Raffaello.
Poi, cambiarono avversario: Michelangelo contro Donatello e Raffaello contro Leonardo. E poi Leonardo contro Michelangelo e Donatello contro Raffaello.
Raffaello eseguì un affondo con un sai, ma Donatello riuscì a saltare, usando il suo braccio per darsi la spinta, per poi finire alle sue spalle. Contrattaccò, invano, con il bastone, dopo averlo fatto roteare, che fu schivato con una rapida mossa verso il basso. In quel momento, Michelangelo cercò di colpire Raffaello con un nunchaku, ma lo stiletto del sai riuscì ad infilarsi nella catena e con un rapido gioco di polso deviò il colpo. Leonardo cercò di attaccare Donatello dall’alto, caricando le spade sopra la testa, ma il fratello le evitò con una capriola laterale. Seguì uno scambio di colpi, dove Donatello colpiva e Leonardo parava, e viceversa.
Tutti e quattro alternavano colpi di armi con calci o gomitate. Ma ogni colpo era più potente e più veloce del precedente.
Scambiavano spesso avversario: secondo Splinter li avrebbe aiutati a prepararsi a qualunque imprevisto, nel Nexus Battle, oltre ad aumentare i riflessi. Le regole sarebbero state le medesime, e, probabilmente, avrebbero rivisto avversari-amici come Usagi, Gennosuke e Traximus: ma medesime erano le probabilità di incontrare nuovi nemici.
Per una settimana, le Tartarughe Ninja non avevano fatto altro che alternare allenamenti a meditazioni. Senza sosta. Con le eccezioni per i pasti e le ore di sonno.
Si allenavano insieme, combattendo l’un contro l’altro, altre volte contro manichini.
Il bastone di Splinter batté per terra.
-E ora, ripasso tecniche di base senza armi!- annunciò.
Gli allievi/figli rinfoderarono le armi, mettendosi uno accanto all’altro.
-Calcio frontale!-
Ed eseguirono un calcio frontale.
-Colpo ascendente!-
Eseguirono una gomitata verso l’alto.
Ogni colpo che Splinter ordinava, le tartarughe eseguivano.
-Doppio calcio rotante! Pugno diretto! Pugno laterale! Parata in alto!-
Batté di nuovo il bastone per terra.
-Riposo!-
Le tartarughe si fermarono di nuovo, eseguendo il consueto saluto.
La stanchezza si manifestò un secondo dopo.
Si sedettero per terra, quasi ansimando.
-Ah… mi fa male la schiena…- si lamentò Raffaello.
-Io non mi sento più le gambe…- aggiunse Donatello.
-Io non mi sento e basta.- disse Michelangelo, forse il più esausto di tutti. Come al solito.
Leonardo non disse niente. Anche lui era stanco, come i fratelli. Riprendeva fiato gradualmente, respirando adeguatamente. Non voleva sprecarlo con inutili lamentele.
-Ottimo lavoro, figlioli.- complimentò Splinter, con un lieve sorriso; durante la settimana, anche lui aveva preso parte agli allenamenti. Si era iscritto anche lui al Nexus insieme ai figli. Gli faceva piacere provare ancora un po’ di emozioni, alla sua età, e ritrovare vecchi amici –Siete finalmente pronti per il Nexus. Avete fortificato il vostro corpo, rafforzato la vostra mente, ed incrementato le vostre abilità. Non sappiamo chi sarà presente, ma non sarà nemico cui non sarete in grado di dare testa. Spero riusciate a vincere anche questo Nexus.-
Michelangelo, alle parole “vincere” e “Nexus”, riprese le forze: balzò in piedi e mostrò i bicipiti.
-Eh, sì! Chissà, magari potrei vincerlo di nuovo io!- pavoneggiò, mettendosi in varie pose, come se qualcuno lo stesse fotografando.
Raffaello lo colpì sulla nuca.
-Ehi, “campione”, ti ricordo che l’ultima volta lo ha vinto Leonardo.- gli fece notare.
Ciò fece subito incupire il fratello, che si piegò sulle ginocchia, con le mani verso l’alto.
-Noooo…!!!- lamentò, come se prima di allora avesse scacciato un brutto ricordo, poi, però, improvvisamente tornato.
Karai, anni prima, distruggendo la vecchia casa delle tartarughe, aveva distrutto anche il trofeo Nexus vinto da Michelangelo, quindi non aveva più un ricordo di quel giorno.
L’ultimo Nexus Battle, infatti, tre anni prima, era stato vinto da Leonardo, con un combattimento completo e leale. E senza interruzioni o tentativi di sabotaggio da parte di terzi.
Donatello e Leonardo risero allo spettacolo da attore drammatico di Michelangelo.
-E scommetto che tu verrai di nuovo eliminato al primo turno.- derise Leonardo, indicando proprio Donatello.
Anche Donatello cercò di rimuovere i brutti ricordi: la prima volta che aveva partecipato al Nexus ed era stato eliminato, i suoi fratelli lo avevano deriso per due settimane.
Anche tre anni prima era successa la medesima cosa: quella volta fu vittima di una sola settimana di burle da parte dei fratelli.
-Te lo dico sempre che perdi tempo con quelle diaboliche apparecchiature, mentre dovresti allenarti a dovere.-
Donatello sbuffò.
-Ehi, mi sono allenato tanto quanto voi.- protestò –E poi non è colpa mia se mi capitano sempre avversari forti…-
I fratelli risero. Un po’ anche Splinter. Poi si schiarì la voce.
-Ad ogni modo, restare qui non vi aiuterà certo a vincere il Nexus.- concluse –Ora godetevi una buona notte di riposo. E’ l’ideale per ripristinare le energie e svegliarvi più forti di prima.-
Si inchinarono di nuovo tutti e quattro, come saluto di congedo, prima di ritirarsi ognuno nelle proprie stanze.
Splinter, però, non rientrò subito nella sua stanza: poco prima di mettervi piede, infatti, avvertì una lieve fitta alla testa.
Una vibrazione.
Un avvertimento.
Si voltò in alto, sospettoso.
Aveva già avuto una sensazione simile, in passato. Con Shredder.
Ma non poteva essere lui. Ch’Rell era in esilio su un altro pianeta, forse persino ivi deceduto.
Bishop?
No, era diverso.
Forse era stanchezza, pensò. O forse un nuovo pericolo si stava avvicinando. Della stessa gravità di quattro anni prima.
Isolati più lontano dal rifugio, in un hangar illuminato solo dalla luce delle candele, persone vestite di bianco, alcune di nero, con i capi coperti dai cappucci, erano chini di fronte un crocifisso.
Il Gran Maestro Templare, David, affiancato dall’Andrea anziano e dal fiero Giacomo, aveva in mano una Bibbia aperta.
-… per omnia secula seculorum.- concluse, chiudendo la Bibbia.
-Amen.- disse il resto dei templari, con il capo chino.
Si rialzarono, alzando la testa. Ma non si mossero dai propri posti.
-Fratelli…- disse il Gran Maestro, allargando le braccia –Presto, il Graal sarà nelle nostre mani. Porteremo l’ordine in tutto il mondo. Nessuno mai conoscerà più la guerra. Vigeranno la carità, la pazienza, l’amore. Il cammino non è stato semplice per nessuno di voi, fratelli miei. E il prezzo che richiederà la nostra ricerca sarà alto. Ma non temete. Presto ogni vostro sforzo sarà ricompensato. E qualunque sarà il prezzo che saremo costretti a pagare per ottenere il Graal, saremo pronti a pagarlo, per il bene del nostro mondo. Ma ora vi chiedo di intonare un canto con me.-
Seguì un lieve momento di silenzio.
Insieme cantarono il Dies Irae. Solo un soprano in mezzo a tenori, baritoni e bassi. L’unica donna templare, ma con le vesti e fattezze di un uomo.
Il suo canto si armonizzava a perfezione con quello dei confratelli. Non era un fastidio.
-Pie Jesu Domine, dona eis requiem. Amen.-
Con queste parole, il canto finì.
-Ite, Missa est.-
Ognuno dei templari ivi presenti camminò verso direzioni differenti, molto probabilmente verso le proprie stanze.
Due di loro camminavano affiancati.
-Tu non stai andando in camera tua, vero, Eli?- disse uno di loro, il ragazzo grasso e dagli occhi che sembravano gialli. Si erano tirati giù il cappuccio, rivelando i loro volti e capelli.
-Come ogni sera, mi sembra ovvio.- rispose l’unica donna templare.
Il ragazzo ridacchiò dal naso.
Camminarono insieme verso delle candele: le candele accese per onorare i defunti.
Elisabetta usò una candela ormai alla fine per accenderne un’altra.
Lei e il ragazzo, Federico, fecero entrambi il segno della croce.
-Aeternam requiem dona ei, Domine, et lux perpetua luceat ei. Requiescat in pace. Amen.- recitarono in coro, con le mani in preghiera.
Non sembravano sereni. Quanto, piuttosto, tristi. Malinconici.
-Fede, sarà sufficiente?- fece la ragazza, forse la più triste.
Federico storse la bocca, mentre gli occhi guardavano verso il basso.
-C’è solo da sperare che non sia andato all’Inferno.-
-Chi non è andato all’Inferno?-
Quella voce fece sobbalzare entrambi: David. Alle loro spalle.
Prese entrambi delicatamente per le mandibole esterne. Elisabetta e Federico rimasero paralizzati, senza voltarsi o parlare.
-Ah, capisco… state pregando per lui…- sibilò il Gran Maestro Templare, accarezzando le guance di entrambi i ragazzi –I vostri sforzi sono inutili, ragazzi miei. Nessun’anima dell’Inferno è degna delle preghiere dei vivi. Nessun’anima dell’Inferno vivrà la pace eterna che i suoi cari desiderano. E voi, ragazzi miei… mi deludete… pregare… per un traditore…-
Nessuno osò negare o ribattere le sue parole. Era impossibile definire le sue intenzioni con le sue parole o il suo gesto: David sapeva essere tanto gentile come un padre, quanto severo come un educatore.
Elisabetta e Federico si limitarono a restare fermi, con lo sguardo basso. Il loro respiro si fece lievemente affannoso.
David non smetteva di carezzare loro le guance con il pollice delle sue mani. Ma il suo tono continuava ad essere tra il confortante ed il minatorio. Non era sicuro se volesse confortarli o avvertirli.
-Giusto, dimenticavo che voi tre eravate amici…- ricordò, ridendo lievemente -Ma voi sapete bene che, nel nostro ambiente, non possiamo permetterci di abbandonarci ai sentimenti. Siete templari. Il dovere verso Dio viene prima di ogni altra cosa, persino della famiglia. Quindi non voglio mai più vedervi qui a pregare per l’anima perduta di un traditore, sono stato chiaro?-
I due ragazzi annuirono con un movimento scattoso; ma i loro cuori diedero tutt’altro tipo di risposta.
David, infine, si abbassò: il suo volto era vicino a quello dei due ragazzi.
-Il Nexus è sempre più vicino. E anche il Graal. Mi aspetto molto da voi due.- sussurrò: era come avere un serpente alle spalle.
-Sì, Magister.- rispose Elisabetta, tornando a guardare in avanti, seria.
-Sì, padre.- rispose, invece, Federico.
David gli diede un colpo dietro la nuca.
-Sono Magister anche per te, Federico.-
Il ragazzo annuì.
-Sì, Magister…-
L’uomo sorrise, soddisfatto.
-Molto bene.- concluse –Sapete, mi siete piaciuti molto all’allenamento di oggi. Se combatterete al Nexus con la stessa energia, la vittoria sarà nostra.- assunse un’espressione seria e tornò in piedi -Ciononostante, non è abbastanza. Ora, da bravi ragazzi quali siete, recitate dieci Ave Maria e venti Pater Noster, come penitenza. E vi aspetta un’altra sessione di allenamento.-
Tolse le mani da entrambi i discepoli, che eseguirono l’ordine: congiunsero di nuovo le loro mani in preghiera, pregando come fossero un’unica voce:
 
Ave Maria, gratia plena,
Dominus tecum,
Benedicta tu mulieribus
Et benedictus fructus ventris tui, Iesus
Sancta Maria, Mater Dei,
Ora pro nobis peccatoribus
Nunc et hora mortis nostrae
Amen
 
Pater Noster, qui es in caelis,
sanctificetur Nome Tuum
adveniat Regnum Tuum
fiat voluntas tuam
sicut in caelo, et in terra
Panem Nostrum
Cotidianum da nobis hodie,
Et dimitte nobis debita nostra,
sicut et nos
dimittimus debitoribus nostris.
Et ne nos inducas in tentationem
Sed libera nos a Malo
Amen
 
Dieci Ave Maria e venti Pater Noster.
Elisabetta e Federico prepararono le proprie armi: una spada a una mano e scudo con l’insegna templare.
Niente armature, niente elmi. Solo con le loro vesti monacali.
Si misero entrambi in posizione: la spada di Elisabetta spuntava dallo scudo, pronta a colpire di punta; Federico, invece, mise la spada sulle spalle, poggiandola.
Si guardavano dritti negli occhi.
-A vobis!- annunciò David, lì presente per giudicare i loro movimenti, i loro colpi, la loro traiettoria e potenza.
Piccolo scambio di spade per saluto; poi, il combattimento.
La prima a colpire fu la ragazza, con un colpo caricato dall’alto. Federico lo parò con lo scudo. Poi passò ad un colpo orizzontale.
-Elisabetta, più fluida nei movimenti! Federico sii più veloce con quel colpo! Molto bene! Più in alto quegli scudi!- continuava a dire David, per correggerli o elogiarli per i loro colpi –Non siate gentili con i colpi! Dimenticate che siete amici! Immaginate di avere un nemico di fronte a voi! Il peggior nemico che abbiate mai affrontato! Dovete metterci tutta la vostra forza! Dovete ODIARE il vostro nemico! Dovete dimostrargli di cosa sono capaci i Templari!- urlava; tutto al fine di spronarli a vincere il prossimo Nexus e non esitare di fronte a qualsiasi nemico.
Elisabetta e Federico si fermarono per un attimo, per studiarsi; ripresero a combattere; i loro colpi erano più forti e più decisi. I loro sguardi si incrociavano, come due veri nemici.
David sorrise, soddisfatto.
-Molto bene…-
Un’altra persona entrò nel salone: Giacomo. Il templare pelato e dallo sguardo fiero.
-Allenamenti extra per i rampolli?- notò, ironico, prendendo posto accanto a David.
David ridacchiò.
-Mi aspetto molto da loro.- spiegò –Voglio solo accertarmi che non avranno esitazioni, durante il torneo.-
Anche Giacomo ridacchiò.
-Sembri tenerci in particolar modo a questo Nexus…- mormorò.
Entrambi avevano lo stesso colore degli occhi: si fissarono per qualche secondo, come se stessero comunicando qualcosa l’un l’altro, parole che non potevano essere pronunciate per via orale.
Il Gran Maestro si rivolse ai giovani allievi: -Molto bene, ragazzi. Potete smettere. Ora andate a riposare. Avete bisogno di tutte le energie necessarie per la giornata di domani.-
Elisabetta e Federico si inchinarono di fronte al Gran Maestro Templare, come ringraziamento e come forma di congedo. Depositarono le proprie armi. Ed uscirono insieme dal salone, per dirigersi nelle proprie stanze.
-Galvano ci ha salvato da una sessione infinita di allenamento, eh?- notò Federico, sarcastico.
Elisabetta storse la bocca.
-Non so se la sua presenza sia stata una benedizione o un presagio cattivo…- mormorò, cupa –Hai mai notato che quando appare Giacomo non accade niente di buono?-
Federico rise. Nonostante lo sguardo cupo, aveva notato che anche lei aveva fatto del sarcasmo.
Ma forse la ragazza non aveva torto.
David e Giacomo girarono insieme per il salone, verso il crocifisso.
-A cosa devo il piacere della tua presenza?- domandò il Gran Maestro, facendosi il segno della croce di fronte al crocifisso –Forse l’arruolamento delle bande non è andato a buon fine?-
-No, non esattamente.- rispose Giacomo, facendosi anche lui il segno della croce –Ne ho arruolata una proprio prima di tornare per la messa serale. Il capo, Anthony, è una vera testa calda, ma gli è bastata la promessa di denaro, armi e governo su tutta la città per farlo cadere ai miei piedi, accettando le condizioni. Dei tipi tutto muscoli e senza cervello, propensi alla violenza, odiano tutto quello che non conoscono e tutto quello che non sia loro, quindi facilmente manovrabili con le parole giuste. Proprio l’ideale per noi. Tutti ragazzi dai diciotto anni ai ventotto anni, tipici teppisti da strada con almeno un tatuaggio sul corpo e istinto di far parlare prima i pugni, poi le parole. Si fanno chiamare i “Thai Weasels”. E sono un bel gruppetto.-
David gli mise una mano sulla spalla, ridendo, come per complimentarsi con lui.
-Non mi deludi mai, Giacomo.- disse, infatti –Dovrebbero tutti prendere esempio da te, invece che fare di testa loro.-
-Hai di nuovo mandato Flagello ad arruolare nuove leve, eh?-
Giacomo aveva intuito il disagio del Gran Maestro: davano idea di conoscersi da tanto tempo. Era così.
David, infatti, annuì, tornando serio.
-Già. E ho provato anche con Salterio.- spiegò, infatti -Ma si sono rivelati entrambi degli incapaci: Salterio è troppo vivace e mette troppo entusiasmo nelle sue parole. Dato il suo passato da animatore, non mi sorprende. Flagello, invece, ha di nuovo perso la testa. Diventa incline all’ira, se le cose non vanno come vuole o quando si sente con le spalle al muro.-
-Più utile nei combattimenti che nelle relazioni, del tipo…- commentò, sarcastico, Giacomo.
-Esatto.-
Il più giovane fece spallucce.
-Beh, prendilo come monito.- suggerì, fermandosi –Mai più inviare Flagello per arruolare nuove leve. Oddio… è sempre meglio che inviare Cataclisma.-
David si rimise a ridere, rimettendo la mano sulla spalla di Giacomo.
Insieme, entrarono nei dormitori, per ritirarsi nelle proprie camere.
-Domani voglio anche te al massimo della forma, Galvano…- avvertì il Gran Maestro, prima di entrare nella sua stanza; era tornato freddo e severo; il lato che incuteva più timore –Nessuno di voi deve deludermi.-
Giacomo annuì silenziosamente, con aria seria anche lui.
Due zone diverse di New York. Templari e ninja. Stesso obiettivo. Stesse emozioni. Ma diversi fini.
I loro cammini si sarebbero incrociati.
Per tutta la notte, Splinter continuava a percepire quella sensazione sgradevole: di pericolo, di angoscia. Sembrava che qualcosa lo stesse comprimendo dall’interno, come un’implosione.
Perse il sonno, per questo.
Il suo primo pensiero, ovviamente, era per i suoi quattro figli, ecco perché non riusciva a dormire. Come ogni padre dignitoso, non voleva fossero esposti ad alcun pericolo.
Questa minaccia… sarebbe stata più o meno pericolosa dei loro nemici? E se fosse stato persino più forte di Bishop?
No, Splinter avrebbe dato la vita per i suoi figli, pur di salvare le loro vite.
Sperò fosse solo un’impressione, stanchezza dovuta agli eccessivi allenamenti e l’emozione di partecipare di nuovo al Nexus.
Una magra consolazione, ma almeno riuscì a dormire per un paio d’ore.
Dovevano partire presto, ancor prima dell’alba.
Si alzarono alle cinque del mattino, svegliati di soprassalto dal suono della Tarta-Sveglia costruita da Donatello.
-Ah! Don!- si lamentò Raffaello, coprendosi la testa con il cuscino –Ma non c’è modo di abbassare questo inferno?!-
Nonostante ci fosse il muro ed il suono della sveglia, riuscì ad udire la risposta del fratello.
-Avevate detto specificatamente “Qualcosa che ci faccia alzare”. Prendere o lasciare.-
In effetti, il volume era molto alto: per poco Michelangelo non uscì fuori dal guscio, come diceva sempre ogni volta che si spaventava.
Motivo per cui non veniva molto usata. Solo per momenti straordinari. Ma ogni volta le reazioni erano le medesime.
Persino Leonardo si spaventava: il suono era quello tipico delle radiosveglie, solo con il volume molto alto.
Si riunirono in cucina, per una colazione frugale. In vista del torneo, non potevano mangiare molto, ma nemmeno digiunare.
Semplici fette biscottate con del burro d’arachidi sopra e tè. Michelangelo bevve la sua tazza con la mano che ancora gli tremava.
-Quella tua maledetta sveglia mi fa sempre perdere due anni di vita…- borbottò, parlando a Donatello; era raro vederlo con lo sguardo omicida. Assomigliava a Raffaello.
Donatello sospirò, alzando gli occhi.
-Figlioli, vi prego…- interruppe Splinter, calmo, alzando la mano –Non sprecate energie preziose. Dovete essere pronti sia fisicamente che mentalmente per il Nexus.-
-Ero pronto anche mentalmente, prima della Tarta-Sveglia…- borbottò di nuovo Michelangelo.
Ricevette occhiate severe dai fratelli e dal padre. Non vi diede peso e continuò la sua colazione.
Per il Nexus non dovevano portare oggetti superflui, solo il necessario, ovvero le armi e il gessetto per accedere al mondo del daimyo.
Ma prima dovettero recarsi al negozio di April. O meglio, alla finestra del suo appartamento.
-Noi andiamo via per qualche giorno…- salutò Michelangelo, accarezzando Klang; aveva poche settimane, quando era stato adottato in quella fredda vigilia di Natale di cinque anni prima; era diventato grande, snello, dal pelo morbido e folto; e continuava ad essere affettuoso con i suoi padroni; infatti, fece le fusa, mentre veniva carezzato –Fai il bravo con April e Casey.-
Klang fece un miagolio come per dire “Va bene.”. Aveva un bigliettino sul collare:
 
“Il giorno del Battle Nexus è arrivato!
Teneteci Klang fino a quando non torniamo.
Fate il tifo per noi!
Le vostre Tartarughe preferite.”
 
Ovviamente era stato scritto da Michelangelo.
Entrarono in un vicolo. Nessuno li aveva visti. Era ancora buio. I newyorkesi ancora dormivano.
Ma non per molto.
Splinter prese un gessetto e fece uno strano disegno sul muro.
Poi, lui e Leonardo unirono le mani e cantarono una litania: il disegno si illuminò. La pozzanghera di fronte al quel muro si mosse, salendo sempre più in alto, formando un portale.
Oltrepassato, sarebbero entrati nel Nexus. E sarebbero rimasti fino alla fine, fino all’incoronazione del vincitore.
-Fratelli…- iniziò Leonardo, mettendo la mano di fronte a sé –Facciamoci valere.-
Uno ad uno, compreso Splinter, misero le loro mani sopra la sua.
-POTERE TARTARUGA!- esclamarono le quattro tartarughe. Il loro grido di battaglia e di fortuna.
Il portale li condusse in un’ampia distesa erbosa. Come ogni anno che partecipavano al Nexus.
In lontananza, si potevano udire i gridi di battaglia ed il rumore delle spade che si incrociavano.
Non potevano fallire. Niente li avrebbe fermati. La loro determinazione era irrefrenabile.
-State pronti, figlioli.- avvertì Splinter, allarmato –Non sappiamo chi potremo avere come avversari. Non facciamoci cogliere di sorpresa.-
Ognuno di loro, come risposta, sguainò le proprie armi.
Erano pronti.
Concentrati.
Non si sarebbero fatti cogliere di sorpresa.
Non più.
Un altro portale si aprì.
I loro avversari.
Cinque. Esattamente come loro.
Esseri simili a cavallette. Bipedi. Alti quasi due metri. Grandi occhi neri. Corazza naturale. Quattro zampe uncinate, come quelle di una mantide.
Il torneo era definitivamente iniziato.
Entrambi gli avversari si misero in posizione di combattimento, scambiandosi sguardi agguerriti.
Le Tartarughe e Splinter decisero di prendere la tattica difensiva: attesero un attacco da parte dei loro avversari.
Come intuito, i loro avversari saltarono, puntando i pugnali verso di loro.
Era il momento: i cinque ninja si dispersero, eseguendo delle acrobazie all’indietro, cercando di confondere gli avversari e per fare un combattimento uno contro uno.
Così avvenne.
Come le cavallette terrestri, anche quelle creature potevano saltare; i loro salti erano il doppio della loro altezza.
Splinter e le tartarughe si accorsero ben presto che la strategia “uno contro uno” non poteva funzionare: le cavallette giganti continuavano a saltare, scambiandosi i posti. Ad ogni salto eseguivano un colpo con un pugnale, comunque parato dagli avversari.
Si misero in cerchio, schiena contro schiena.
-Ehm… qualche idea?- fece Michelangelo, preoccupato, senza smettere di roteare i suoi nunchaku –Questi qua mi fanno girare la testa…-
-A me fanno solo arrabbiare…- aggiunse Raffaello, furioso, come al solito; odiava non essere in grado di colpire un avversario. Odiava qualsiasi creatura che osasse tenergli testa.
Leonardo osservò i suoi avversari, studiandoli uno ad uno: li avevano accerchiati, avanzando lentamente, pronti per un nuovo attacco.
I salti erano molto probabilmente il loro punto forte: i loro attacchi erano prevedibili, nonostante avessero quattro zampe armate. Ma la quantità non era a loro favore. Si affidavano alla strategia di disorientare gli avversari con i loro salti, confondendoli e farli abbassare la guardia, per sconfiggerli.
Leonardo aveva un piano.
-Sensei, ragazzi…- disse, avendo premura di non farsi sentire dalle creature -Quando saltano, saltiamo anche noi, e li atterriamo.-
-Mh! Semplice, ma a prima analisi efficace.- commentò Donatello, approvando il piano.
-Sì, tutto per sbarazzarci di queste odiose creature!- aggiunse Raffaello, digrignando i denti.
Splinter sorrise, annuendo.
Anche Michelangelo sorrise, pregustando la vittoria.
Infatti, le cavallette saltarono un’altra volta, simultaneamente, per dare il colpo definitivo ai loro avversari.
-Ora!- esclamò Leonardo.
-Cowabunga!-
I fratelli ed il padre saltarono al suo segnale, lui compreso. Colpirono i loro ventri con un semplice calcio; Leonardo e Raffaello eseguirono un secondo calcio, verso il basso, per atterrare le cavallette; Donatello, Michelangelo e Splinter fecero la medesima cosa, ma con le loro armi, essendo meno offensive delle katane e dei sai.
Esattamente come le cavallette terrestri, nemmeno quelle aliene non sapevano come rialzarsi.
Erano state sconfitte.
In quel momento, apparve l’arbitro del Nexus, da una bolla d’acqua.
-Vincitori, Splinter e le Tartarughe. I Mansoppers sono stati sconfitti.- decretò.
Le tartarughe si permisero di fare una lieve ovazione di vittoria.
Soprattutto Michelangelo: sembrava John Travolta nel film “Saturday Night Fever”.
-Oh, sì! Oh, yeah!- esultò –Potere Tartaruga regna!- incrociò le braccia, con aria fiera –Non potevamo deludervi. Siamo pur sempre i vostri terrestri preferiti, nonché gli unici. Il prestigio è importante.-
Splinter scosse la testa, sospirando; Leonardo abbassò lo sguardo, imbarazzato; Donatello si coprì il volto con una mano; Raffaello dovette combattere la tentazione di prendere a sberle il fratello.
Se l’arbitro fosse stato dotato di sentimenti, anche lui sarebbe stato imbarazzato.
-Veramente…- si limitò a dire –Un altro gruppo di terrestri si è iscritto a questo Nexus Battle.-
Quella rivelazione fece stupire i cinque ninja.
-Un altro gruppo di terrestri?- domandò Leonardo, incuriosito –Sei sicuro?-
-Assolutamente. Stanno combattendo ora contro i Glorgh.-
Indicò un punto non molto lontano dalla posizione tenuta: era un punto situato più in basso, ma bastava avvicinarsi un poco per osservare in modo chiaro i combattenti.
Non era possibile intervenire in un combattimento del Nexus, ma ciò non impedì a Splinter e le Tartarughe di assistere al combattimento: videro cinque esseri viola, alti quanto un umano di media altezza, con due tentacoli al posto delle braccia, e quattro tentacoli al posto delle gambe e una testa tonda grande il triplo di una testa umana, con tre occhi. Brandivano lance e asce.
Di fronte a quelle creature, i Glorgh, il gruppo terrestre, formato da cinque persone.
-Cavalieri! Scudi!- urlò uno di loro, il più grosso.
Si misero più vicini, alzando, poi, gli scudi all’altezza del petto; la punta delle spade spuntava sopra questi.
-Mondo Pizza!- si stupì Michelangelo –Guardate che costumi che hanno!-
Erano vestiti con una tunica bianca, le braccia erano rivestite di metallo, come le gambe. E gli elmi non avevano la visiera, erano tutt’un pezzo. Per rivelare i loro volti, avrebbero dovuto togliersi l’elmo.
Ma ciò che colpì di più i cinque ninja, soprattutto Splinter, fu il simbolo sugli scudi: una croce rossa a doppie punte su sfondo bianco sopra e nero sotto. La stessa croce che avevano sulle tuniche.
-Non sono costumi, Mick. Mica sono supereroi.- corresse Donatello –Sono tuniche.-
-E le loro armi sono interessanti…- aggiunse Leonardo –Mi domando cosa siano…-
-Si direbbero Cavalieri Templari.- rivelò Splinter, quasi perplesso.
Mai quanto lo furono i suoi figli.
-Tem… plari?- ripeté Michelangelo, confuso.
-Aspetta, sensei…- riprese Donatello, anche lui confuso –So poco della cultura europea, ma i Templari non erano scomparsi nel XIV secolo?-
-Finché la Storia li ricorderà, non svaniranno mai del tutto.- spiegò Splinter –Le loro idee resteranno sempre una solida base su cui ricostruire l’ordine.- osservò di nuovo in avanti, strizzando lievemente gli occhi, per studiare bene il combattimento imminente, alternando gli sguardi tra i contendenti.
I Glorgh scrutavano i loro avversari, mostrando le loro bocche zannute, dalle quali stava già scendendo un rivolo di bava.
-Cavalieri!- urlò di nuovo il cavaliere più grosso –Preparatevi!-
I Cavalieri batterono le spade sugli scudi, a tempo. Prima lentamente, poi sempre più veloce. Un ritmo di battaglia. Per darsi forza. Per incutere timore agli avversari. Ma questi non si lasciarono impressionare.
-Cavalieri!- il battito finì –Alla pugna!-
Si levò un urlo generale: i Cavalieri Templari levarono le loro spade al cielo, correndo verso i loro avversari.
Persino i Glorgh ruggirono, alzando le loro armi. Anche loro caricarono contro i cavalieri.
Scontro uno contro uno. Come le Tartarughe avevano escogitato contro i Manshopper.
I Glorgh sembravano essere quelli più avvantaggiati, rispetto ai terrestri: avevano quattro armi, una per tentacolo. Ma non avevano una corazza. I loro attacchi erano anche la loro difesa. Le asce e le lance venivano usate anche come scudi.
I terrestri erano solo armati di uno scudo, che usavano per proteggersi dagli attacchi degli avversari, e una spada particolare, che i cinque ninja non avevano mai visto. O forse solo quattro di loro. La forma assomigliava a quella della spada di Tengu, anche la lama, ma non avevano il medesimo potere. Anzi, quelle spade non avevano alcun potere.
Alternavano parate ad attacchi. Spesso paravano persino con le spade. A volte contrattaccavano con il pomo attaccato alla fine dell’impugnatura o agganciavano l’arma nemica con l’elsa. Si permisero persino di colpire i ventri degli avversari con un calcio. Niente acrobazie, niente salti. La loro armatura non lo permetteva. Solo passi laterali o circolari. E tenevano le ginocchia leggermente piegate.
Il loro stile di combattimento si basava sulla forza e sulla resistenza, non sull’agilità. Non erano come i ninja.
Il loro modo di combattere ricordava quello dei samurai.
Ai cavalieri, per deviare i loro avversari, bastò solo eseguire una rapida spinta con lo scudo, colpendoli nel punto dove gli esseri umani tengono il naso. Era pur sempre un colpo sul volto; e il volto era un punto delicato. E i Glorgh non erano diversi da qualunque altra creatura dell’universo, a meno che non vi fossero anche popolazioni acefali.
Infatti, arretrarono, chiudendo i loro tre occhi, anche per un solo attimo.
Quell’attimo fu definitivo: i cavalieri colpirono i loro avversari in punto preciso, per atterrarli. Chi diede un calcio sul ventre, chi un colpo di pomo sulla tempia, chi eseguì un colpo basso, proprio sui tentacoli ambulanti, chi un altro colpo di scudo, dopo aver eseguito una giravolta. Uno di loro, il più grosso, era riuscito, poco prima, a disarmare il suo avversario, bloccando una lancia ed un’ascia con la sua spada, poggiata sullo scudo, per maggiore resistenza, e poi, con un giro di polso, fece roteare la spada, come fosse Zorro, facendo mollare la presa sulle armi del suo avversario. Questi, stupito, non si mosse. Non reagì nemmeno quando il cavaliere gli spezzò una lancia con la spada e l’ascia con lo scudo.
L’arbitro apparve di nuovo.
-Vincitori, i Cavalieri Templari. I Glorgh, sconfitti.- decretò.
Nel punto in alto, Splinter e le tartarughe avevano assistito al combattimento, stupiti.
-Che stile di combattimento interessante…- commentò Leonardo, affascinato –Completamente diverso dal nostro. Non so voi, ragazzi, ma io vorrei tanto scendere e fare loro i complimenti. E vorrei tanto vedere le loro armi da vicino.-
I fratelli volevano dire la loro, ma Splinter li interruppe.
-Sono d’accordo con Leonardo.- disse; la sua frase li stupì tutti e quattro –Venite con me.-
Lui era sempre per la segretezza, per la prudenza. Era strano vederlo così spontaneo.
Scese dal pendio, con aria serena e sicura, seguito dai figli, ancora perplessi.
“Quelle mosse…” pensò, sereno “Le ho viste solo una volta… ma è davvero incredibile… se è davvero lui…”
I cavalieri fecero un inchino di congedo agli avversari, prima che questi venissero mandati nuovamente sul loro pianeta. Poi si scambiarono i relativi complimenti.
-Molto bene, ragazzi miei. Ottimo lavoro.- disse il più grosso; da come parlava, era lui il capogruppo; mise una mano dentro l’elmo, sganciando la cintura che lo teneva saldo alla testa; tirò persino la cotta di maglia indietro, sistemandosi i capelli grigi –Toglietevi gli elmi, meritate di respirare.-
La voce suonava familiare nelle orecchie di Splinter. Ma poi riuscì a vederlo in faccia, non appena si voltò.
Il topo si illuminò.
-Che mi venga un colpo…- mormorò, avvicinandosi sempre di più al templare –David…?!-
Le quattro tartarughe erano sempre più stupite: -EH?!-
Mai quanto David, appena notò chi lo aveva appena chiamato.
-Splinter?!- esclamò, infatti, in inglese; poi sorrise –Deus mi! Da quanto tempo!-
Si strinsero le mani e si toccarono le spalle con la mano libera.
-Saranno ormai tre lustri che non ti vedo o non ho più tue notizie. E’ bello rivederti.-
-E’ vero, scusami. Ma da dopo quel Nexus sono stato investito a Gran Maestro Templare. Non avevo più tempo di allenarmi come prima.-
-Gran Maestro? Allora hai realizzato il tuo sogno! Sono contento per te, David.-
Le tartarughe non sapevano cosa dire. Nemmeno il resto dei cavalieri sapeva cosa dire.
Raffaello ebbe il coraggio di farsi avanti, con una mano lievemente alzata.
-Ehm… deduco che voi vi conosciate da tempo…- disse, un po’ imbarazzato.
Splinter si voltò verso il figlio.
-Ah, sì, scusatemi.- indicò le quattro tartarughe, rivolto a David –David, loro sono i miei figli. Leonardo, Raffaello, Donatello e Michelangelo.-
-Come va?- fece l’ultimo, con un gesto della mano, come per saluto. Gli altri si erano limitati ad un inchino.
Il templare li osservò uno per uno tra lo stupito ed il perplesso.
-Quindi siete voi i famosi figli di Splinter dai nomi di noti pittori del Rinascimento. Negli ultimi Nexus ai quali ho partecipato, non faceva altro che parlarmi di voi.- commentò; si inchinò –Quod Deus voscum ambulat.-
Le quattro tartarughe inclinarono la testa, confusi.
-Ehm, maestro Splinter…- sussurrò Michelangelo –Tu hai capito cosa hanno detto…?-
Splinter ridacchiò.
-E’ latino.- spiegò –“Che Dio cammini con voi”. Giusto, David?-
-Esatto. E’ il nostro saluto che rivolgiamo a persone amiche, ma fuori dall’ordine. Da un certo punto di vista, le benediciamo.- indicò i cavalieri a lui retrostanti –E loro, Splinter, sono i miei allievi. O meglio, alcuni dei miei allievi. Siamo un bel gruppo, ma non potevo portarli tutti, qui al Nexus. Lui è mio figlio, Federico. Avvicinati, ragazzo.-
Il citato camminò in direzione del padre: si era tolto l’elmo, rimanendo solo con la cotta di maglia. Solo il volto era visibile.
-Onorato…- disse, con un filo di voce. Il padre gli aveva messo un braccio sulle spalle.
Splinter osservò entrambi.
-Ti somiglia tanto, David. E scommetto che è abile a combattere come te.-
-Oh, sì. Ma la strada da intraprendere è ancora lunga. Comunque, lui è Carmine, il figlio di Luigi. Ti ricordi di Luigi, vero?- indicò un ragazzo alto, occhi neri come quelli di un cervo, labbra carnose, volto pieno di acne –Lui è Giacomo, il terzo in comando. Si è unito all’ordine poco dopo l’ultimo Nexus al quale ho partecipato. E ultimo, ma non meno importante, Eliseo, uno dei migliori cavalieri dell’ordine.-
Occhi scuri come il cioccolato. Li aveva lievemente sgranati dalla sorpresa, appena vide il ninja dalla benda arancione.
Persino Michelangelo osservò l’ultimo cavaliere presentato con aria sospetta.
Nessuno sembrò accorgersi di entrambe le reazioni.
-Quindi, cosa ti porta qui dopo tanto tempo, David?- riprese Splinter.
-Beh, volevo mettere alla prova le capacità dei miei allievi contro guerrieri non terrestri. E sembra che il primo turno lo abbiamo superato. Come voi, del resto. A proposito, ho sentito che due dei tuoi figli hanno vinto gli ultimi due Nexus. Congratulazioni.-
Leonardo e Michelangelo si osservarono, sorridendo imbarazzati.
-Come ho anche sentito di quanto accaduto sei anni fa. Una vera tragedia. Dovevo esserci anch’io. Ti avrei aiutato, Splinter.-
-Già. Per fortuna, Lord Simultaneous ha risolto tutto. Per il resto, tentiamo di rimuovere i brutti ricordi.- concluse Splinter, muovendo la mano come se stesse scacciando una mosca -Ma ora sei tornato e spero di confrontarmi di nuovo con te. Come ai vecchi tempi.-
-Sentimento reciproco.- rispose David, ridacchiando.
Si strinsero di nuovo le mani.
-Ah, David, fattelo dire. Gli anni non sono stati clementi con te…-
-Con tutto il rispetto, nemmeno a te, Splinter…-
Ridacchiarono di nuovo.
In quel momento, apparve un altro portale. Molto più grande di quelli dei concorrenti del Nexus.
Il Daimyo si unì ai concorrenti, in tutta la sua grandezza, nelle sue vesti sontuose e la maschera dorata che copriva il volto.
Splinter e le tartarughe si inchinarono.
-Onorevole Daimyo, la vostra visita ci onora.- salutò il topo.
-Sono io ad essere onorato della vostra partecipazione al torneo.- ricambiò il Daimyo, con un lieve cenno della testa; notò il gruppo di cavalieri –E noto con piacere il ritorno di David, cavaliere templare, vincitore del Nexus di quindici anni fa. Tra i concorrenti ho notato due gruppi terrestri, e che uno di questi erano i Cavalieri Templari. Volevo verificare con i miei occhi.-
David sguainò la spada, per poi inchinarsi, con le ginocchia a terra, conficcando la lama nel terreno. Il resto dei cavalieri seguì il suo esempio.
-Salve, Daimyo. Quod Deus tecum ambulat.- salutò, con rispetto e cortesia.
Splinter si rialzò. Lo stesso fecero gli altri.
-Stavamo appunto discorrendo dei tempi passati, onorevole Daimyo…- spiegò –Il suo ritorno mi ha sorpreso tanto quanto a voi.-
-Ciò nonostante, ne sono lieto. Non abbiamo più avuto cavalieri da allora. E’ bello veder confrontare due stili di combattimento così diversi, ma anche così simili. Sarete una sfida per il resto dei concorrenti.- concluse il Daimyo, rivolto ai cavalieri.
-E noi saremo onorati di poter incrociare le lame con i nostri avversari e testare il nostro valore.- aggiunse David, inchinandosi di nuovo.
-Temo non troverai gli avversari di quindici anni fa, David. Ma sono sicuro che i tuoi allievi siano preparati per il torneo. Così come spero per gli allievi di Splinter.-
-Sono pronti a tutto, onorevole Daimyo.-
-Così i miei.-
-Sì, e pronto a vincere di nuovo questo torneo!- esultò Michelangelo, di nuovo con posa fiera.
Raffaello gli diede di nuovo uno scapaccione sulla nuca. E ne ottenne un altro da Donatello.
-Ahia!-
Carmine e Giacomo ridacchiarono a quella scena. Forse anche Eliseo e Federico, ma si coprirono la bocca.
Il Daimyo non diede peso alle parole della tartaruga: alzò il suo scettro.
-Venite, dovete unirvi al resto dei partecipanti.-
Una luce azzurra illuminò sia i ninja che i templari, oltre al Daimyo stesso.
Vennero trasportati al luogo dove si sarebbe tenuto il torneo.
I primi si ritrovarono nell’arena, in mezzo agli altri partecipanti. Il Daimyo, ovviamente, sul suo spalto, da cui avrebbe assistito al torneo. Suo figlio, ormai dodicenne, era seduto su un trono più piccolo, accanto a quello del padre.
La folla riempiva gli spalti. Esultavano: -Torneo! Torneo! Torneo!- in attesa delle parole del Daimyo.
Nel frattempo, nell’arena, non mancarono nuovi rincontri per le Tartarughe…
-Leonardo-san!-
Solo una persona chiamava Leonardo in quel modo. Infatti, un coniglio e un rinoceronte samurai antropomorfi si avvicinarono alle tartarughe ed a Splinter.
-Usagi! Gen!- salutò Leonardo, andando loro incontro, seguito dai fratelli –Che bello rivedervi!-
-Partecipate anche quest’anno, eh?- fece Gen, ridacchiando, come suo solito –Ah, vedrete che stavolta ve la faremo vedere! Ci siamo allenati sodo per questo giorno.-
-Gen, non dire così.- lo corresse Usagi –Non dobbiamo mai mancare di rispetto ai nostri avversari.-
-Vallo a dire a questo qua…- mormorò Raffaello, indicando Michelangelo.
-Ehi! Cosa vuoi insinuare?-
-Nemmeno tu sei tanto docile, Raffaello.-
Una voce grave, molto potente.
-Traximus!-
Anche il triceraton si unì al gruppo, salutando le tartarughe.
Splinter era rimasto con David e i templari.
-Ah, i nostri vecchi amici…- notò Splinter, osservando la direzione in cui avevano corso i figli –Vedi quel coniglio, David? Gli devo un favore. Nove anni fa mi ha salvato la vita contro Drako.-
-Chi, il drago?-
Anche David conosceva Drako. Aveva scontrato la sua spada anche con lui, quando era ancora giovane. Ed era anche venuto a conoscenza del suo destino.
-Sì, a quanto pare non aveva accettato che avessi vinto il Nexus e mandò degli assassini ad uccidermi. Non sarei riuscito a tenere loro testa, senza Usagi. E poi, lui e i miei figli sono diventati amici.-
David storse la bocca.
-E’ così forte?-
-Già da giovane era molto abile per la sua età. E col passare degli anni non fa che migliorare.-
-E che mi dici degli altri due?-
-Ah, anche Gen è un bravo samurai, ma è più interessato ai soldi che ad altro. E Traximus è stato un gladiatore.-
Ad interrompere la loro conversazione fu la voce del Daimyo.
-Guerrieri!- annunciò; gli spettatori esultarono di nuovo –Avete viaggiato attraverso gli universi, per prendere parte a questo torneo! Do il benvenuto a tutti voi, nel Nexus Battle! A tutti coloro che non hanno superato il primo turno, riconosco e onoro il loro valore e il loro coraggio. Ma a tutti coloro che, invece, hanno superato il primo turno, faccio le mie congratulazioni! Preparatevi per il prossimo combattimento, il torneo ha inizio!-
Alzò lo scettro in alto: dei fuochi d’artificio esplosero in cielo, per annunciare il vero inizio del Nexus Battle.
-Beh, a quanto pare ora diventeremo avversari, Splinter…- fece notare David, con lieve sarcasmo –E manca ancora un po’ prima dell’inizio. Io ed i miei allievi credo ci ritireremo per un attimo. Voi ninja avrete la meditazione, ma noi cavalieri monaci abbiamo la preghiera, per confortare e rafforzare lo spirito.-
-Sì, ma non metteteci troppo o rischiate di venire eliminati prima ancora di avere cominciato.- avvertì Splinter, ridacchiando di nuovo.
-Non ci vorrà molto. Giusto un Pater Noster e poi torniamo qui. Cavalieri.-
Anche le tartarughe si ricongiunsero a Splinter, non appena i Templari si allontanarono.
-Beh, siamo al conto alla rovescia.- disse Donatello, nervoso, ma anche eccitato.
-Cerca di non farti eliminare di nuovo, piuttosto.- fece ricordare Raffaello.
-Ma, io…!-
Stranamente, Michelangelo non aveva più detto una parola: osservava il gruppo di cavalieri templari allontanarsi ancora con aria sospetta.
Il suo volto… era vagamente familiare…
-Ehi, ragazzi…- mormorò, serio –A voi non sembra che quell’Eliseo avesse tratti un po’… come dire… femminili?-
Fecero tutti spallucce.
-Beh, i maschi che assomigliano a femmine sono rari, ma non unici.- rispose Donatello.
La risposta non convinse il fratello.
Intanto, nel gruppo templare.
-Ehi, Eli…- disse Federico, sottovoce, al cavaliere di nome Eliseo –Uno di quegli esseri che abbiamo incrociato, era una delle tartarughe che ti ha salvato la settimana scorsa?-
-E’ lui.- rispose; aveva una voce femminile –Mai avrei pensato di rivederlo. Non che ci tenessi. Piuttosto, non sapevo che tuo padre conoscesse esseri simili. Ecco perché non ha reagito quando gli ho riferito della tartaruga gigante.-
-Non lo sapevo nemmeno io.-
David e Spliter erano in compagnia dei propri allievi. Erano lontani, eppure sembrava che i loro volti fossero leggermente girati verso le loro spalle, come se si stessero osservando.
Non era un’impressione: David e Splinter si stavano davvero guardando negli occhi.
E non era uno sguardo tra amici, quanto, piuttosto, il contrario…
 
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Chi sono davvero questi cavalieri Templari? Non erano scomparsi con Filippo il Bello?
Quale sarà il loro fine? Il loro destino si incrocerà con le Tartarughe Ninja?
E se David e Splinter sono davvero amici di lunga data,
perché sono sospettosi l'un dell'altro?

 
   
 
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